la libertà Di scelta Del paziente con Disturbi mentali gravi - Personal ...
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l a P s i c h i a t r i a d i c o m u n i t à t r a r a z i o n a l i t à e P a s s i o n e<br />
e sull’esperienza si fonda. Si tratta, ci pare, di <strong>con</strong>cetti<br />
non lontani da quelli di scetticismo creativo ed entusiasmo<br />
<strong>con</strong>trol<strong>la</strong>to, raccomandati da Michael Shepherd e recentemente<br />
ricordati da Tansel<strong>la</strong> (2003). Questa passione<br />
del fare e pensare <strong>la</strong> psichiatria, che nel<strong>la</strong> luce degli<br />
occhi, il ritmo delle parole o dei gesti trova spesso<br />
espressione e immediata leggibilità, attinge in parte<br />
nel suo fondamento a elementi vocazionali e personali<br />
meno facilmente modificabili; ma in parte anche a<br />
scelte organizzative, sulle quali ci soffermeremo.<br />
passione e partecipazione: <strong>la</strong> pdc<br />
come costruzione collettiva<br />
Un problema che ci pare essersi approfondito <strong>con</strong><br />
l’unificazione dei servizi e il processo di aziendalizzazione<br />
del<strong>la</strong> sanità – del quale rischiamo spesso di<br />
non cogliere le opportunità (Ciancaglini et al., 1998) e<br />
mutuare invece in modo acritico gli aspetti deteriori – è<br />
quello di un distanziamento tra i luoghi e i momenti<br />
nei quali si decide e quelli in cui si fa, tra le politiche<br />
complessive di salute mentale (programmazione e<br />
organizzazione dei servizi) e gli interventi (clinici e<br />
socioriabilitativi) specifici, <strong>con</strong>creti; sia perché le prime<br />
sembrano riguardare e interessare prevalentemente politici,<br />
amministratori, direttori di dipartimento e tutt’al<br />
più di unità operativa; e le se<strong>con</strong>de gli operatori (Galli,<br />
1998). Perché le prime sembrano formare l’oggetto di<br />
normative, teorie, assetti organizzativi generali, e le<br />
se<strong>con</strong>de di in<strong>con</strong>tri che nel<strong>la</strong> quotidianità dei servizi<br />
riguardano operatori, o piccoli gruppi di operatori, <strong>con</strong><br />
il <strong>paziente</strong> e <strong>la</strong> famiglia, senza che tra questi due piani<br />
talvolta ci sia <strong>con</strong>tinuità. E perché nel campo del<strong>la</strong><br />
formazione osserviamo un’analoga distanza tra pensare<br />
e fare, tra <strong>la</strong> ristretta porzione di psichiatri, e ancor più<br />
ristretta di operatori, che partecipa al dibattito scientifico<br />
nelle sue varie forme, e <strong>la</strong> grande maggioranza<br />
formata dagli altri. Se <strong>con</strong>sideriamo l’ipotesi formu<strong>la</strong>ta<br />
da Thornicroft & Tansel<strong>la</strong> (2000) dell’esistenza nell’intervento<br />
di tre livelli – nazionale/regionale, locale, del<br />
<strong>paziente</strong> – abbiamo <strong>la</strong> sensazione di trovarci a volte in<br />
situazioni in cui livello nazionale e del <strong>paziente</strong> vanno<br />
ciascuno per proprio <strong>con</strong>to; ciò accade, ad esempio,<br />
quando in un modello di PdC i servizi rischiano di<br />
ripiegare rinunciando al<strong>la</strong> visita domiciliare (Ferro et<br />
al., 2002) e <strong>con</strong>tinuando a non <strong>con</strong>siderare l’affidamento<br />
eterofamiliare, sottovalutando le potenzialità del centro<br />
diurno e <strong>con</strong>centrando risorse e aspettative sul posto<br />
letto. E <strong>la</strong> <strong>con</strong>sapevolezza di una dimensione locale<br />
dell’intervento è spesso molto carente.<br />
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Avvertiamo, allora, un’esigenza di <strong>con</strong>nessione tra<br />
questi differenti livelli che <strong>con</strong>senta di sfuggire all’illusione<br />
del<strong>la</strong> buona legge, del<strong>la</strong> buona organizzazione<br />
o del “nuovo” modello (oggi dei servizi come ieri del<br />
manicomio) logistico, ma anche neuroscientifico, che<br />
possa, di per sé, risolvere “dall’alto” anche i problemi<br />
del livello locale e del <strong>paziente</strong>. Il che ha anche l’effetto<br />
col<strong>la</strong>terale deleterio di spingere a sentirsi, tutti<br />
coloro che non vi sono coinvolti in modo diretto (cioè<br />
<strong>la</strong> maggioranza), pedine in un gioco che li trascende e<br />
al quale non possono, perciò, partecipare, dimenticando<br />
che <strong>la</strong> possibilità delle buone e delle cattive pratiche è<br />
anche nelle proprie mani. Nel proprio essere, sul <strong>la</strong>voro,<br />
più o meno stanchi, <strong>con</strong>centrati, disponibili a <strong>la</strong>sciarsi<br />
tirare in ballo, ingaggiare nel discorso, raccogliere <strong>la</strong><br />
sfida, appassionarsi. Ma anche a una visione parcellizzata<br />
che s’illuda di costruire buone pratiche a livello<br />
del <strong>paziente</strong>, trascurando <strong>la</strong> necessità di inquadrarle<br />
in politiche, nel<strong>la</strong> dimensione locale e nazionale, che<br />
<strong>con</strong>siderino problemi di equità e prestino attenzione<br />
anche ai fattori di deprivazione sociale e al<strong>la</strong> loro<br />
influenza (Tibaldi et al., 2006). La <strong>con</strong>nessione tra<br />
questi livelli permetterebbe, ad esempio, di riportare<br />
fenomeni generali come i dati e le tendenze emersi<br />
dal<strong>la</strong> ricerca ProgRes o dall’analisi del quadro europeo<br />
(Priebe & Fioritti, 2004), di una crescita dei posti letto<br />
residenziali psichiatrici – che non costituis<strong>con</strong>o in sé<br />
un problema, anzi una risorsa, ma lo costituis<strong>con</strong>o se<br />
tendono a crescere a scapito di altri strumenti – nel<br />
nostro Paese e in Europa e il fatto che nei bi<strong>la</strong>nci di<br />
molti DSM <strong>la</strong> residenzialità tenda a salire a scapito del<br />
territorio, a tanti piccoli percorsi di cura, a livello locale<br />
e del <strong>paziente</strong>, in cui non si è operato per evitare che <strong>la</strong><br />
soluzione residenziale intensiva sul lungo periodo diventasse<br />
l’unica possibile, o che, se adottata, diventasse<br />
difficilmente reversibile (Buscaglia et al., 2003).<br />
il professionista nel<strong>la</strong> pdc: aspetti di formazione<br />
e valorizzazione<br />
Ci pare che per <strong>la</strong> PdC siano necessari operatori<br />
competenti e aggiornati, ciascuno in ciò che per lo<br />
svolgimento del suo ruolo è utile, ma anche tutti nel<br />
<strong>la</strong>voro di équipe e nel<strong>la</strong> storia dell’assistenza psichiatrica,<br />
come fondamento del<strong>la</strong> propria identità <strong>la</strong>vorativa<br />
personale e di gruppo. La storia del<strong>la</strong> psichiatria – in<br />
partico<strong>la</strong>re dagli anni Quaranta – <strong>con</strong> <strong>la</strong> nascita del<strong>la</strong><br />
comunità terapeutica, <strong>la</strong> socioterapia francese, il <strong>la</strong>voro<br />
e gli scritti di Fanon (1959; Peloso & Ferrannini, 2006),<br />
Basaglia, <strong>la</strong> chiusura dei primi manicomi e lo sviluppo<br />
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