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Crimini di guerra accusati gli Usa

Numero 7 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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Domenica 10 giugno 2007<br />

SPECIALE<br />

5<br />

Acate: i caduti furono tanti<br />

quasi tutti vicentini e bresciani,<br />

ancora oggi risultano <strong>di</strong>spersi<br />

I parenti delle vittime chiedono<br />

un euro come risarcimento<br />

simbolico per i danni morali<br />

Il sergente imputato è irreperibile<br />

Riprende in Italia il processo chiuso ne<strong>gli</strong> Stati Uniti 64 anni fa<br />

Che fine ha fatto Horace T. West? L’ex sergente<br />

della 180° fanteria, sbarcato in Sicilia nel 1943 per<br />

combattere le truppe dell’Asse, giu<strong>di</strong>cato dalla<br />

Corte Marziale americana nel novembre dello<br />

stesso anno come responsabile dell’assassinio <strong>di</strong><br />

37 prigionieri italiani, rappresenta oggi, per le<br />

fami<strong>gli</strong>e dei caduti, la speranza <strong>di</strong> un riconoscimento<br />

storico. È l’ago della bilancia nel processo<br />

che la Procura militare <strong>di</strong> Palermo ha da poco<br />

riaperto.<br />

Se West è ancora vivo, anche se in contumacia, il<br />

processo continua e la parte civile, l’“Associazione<br />

vittime delle stragi americane”, potrebbe<br />

vincere quell’euro simbolico che ha chiesto come<br />

risarcimento per i danni subiti. Un euro che vale<br />

come rivincita su anni d’oblio.<br />

Se West è morto, senza un imputato il processo<br />

crollerebbe. E anche se per la convezione <strong>di</strong><br />

Ginevra i reati <strong>di</strong> <strong>guerra</strong> non cadono mai in prescrizione,<br />

i 37 caduti risulterebbero ancora come<br />

“<strong>di</strong>spersi”. Fino ad ora il Dipartimento <strong>di</strong> Stato<br />

americano non ha dato alcuna risposta.<br />

In attesa <strong>di</strong> notizie sul sergente, un risultato è<br />

stato comunque raggiunto: la strage, anzi, le stragi<br />

<strong>di</strong> Biscari sono uscite in qualche modo dall’oblio.<br />

Questo si deve, soprattutto, alla testardaggine<br />

<strong>di</strong> un giovane storico<br />

siciliano, Gianfranco Ciriacono,<br />

fi<strong>gli</strong>o <strong>di</strong> Giuseppe, il<br />

ragazzo del borgo colonico<br />

<strong>di</strong> Piano Stella (Acate) che a<br />

13 anni, nel 1943, vide suo<br />

padre morire sotto i colpi<br />

dei fucili americani, insieme<br />

ad altre quattro persone, a<br />

freddo, senza alcun motivo.<br />

«È stata la morte assurda <strong>di</strong><br />

mio nonno a scatenare in<br />

me la sete <strong>di</strong> ricerca - afferma<br />

Gianfranco - e, a partire<br />

dal 2003 ho raccolto le testimonianze<br />

delle persone che<br />

allora abitavano il borgo. In<br />

questo modo sono venuto a<br />

conoscenza de<strong>gli</strong> altri due<br />

ecci<strong>di</strong> ad opera <strong>di</strong> West e<br />

Compton».<br />

Da lì è cominciato un lungo<br />

iter <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Ciriacono è<br />

andato prima a consultare<br />

l’Ufficio storico dell’Esercito<br />

italiano, dove ha scoperto i nomi dei <strong>di</strong>spersi italiani<br />

ad Acate. In seguito a Washington, per spulciare<br />

nell’Archivio militare americano. « Questa<br />

– continua – è stata la svolta: ho rintracciato i<br />

verbali top secret del processo marziale a West e<br />

Compton, de-secretati già nel 1958. È bastata la<br />

carta <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to per acquistarli». Verbali che oggi<br />

hanno una grande portata storiografica.<br />

Dalle <strong>di</strong>chiarazioni de<strong>gli</strong> imputati e <strong>di</strong> altri soldati<br />

della 45° <strong>di</strong>visione, «si evince infatti – ricorda<br />

Ciriacono – che in Sicilia ci furono stupri e violenze<br />

perpetrate ai danni della popolazione, e che<br />

ai soldati, prima de<strong>gli</strong> attacchi, veniva somministrato<br />

un eccitante, la benzedrina. Inoltre, è chiaro<br />

il tentativo da parte del generale Patton <strong>di</strong><br />

insabbiare <strong>gli</strong> ecci<strong>di</strong> <strong>di</strong> Biscari, ed emerge anche<br />

la sua indole sanguinaria, tanto che prima dello<br />

sbarco e<strong>gli</strong> or<strong>di</strong>nava a<strong>gli</strong> ufficiali: kill, kill, and kill<br />

some more, uccidete quanto più possibile».<br />

Da queste testimonianze è nato poi un libro, Le<br />

stragi <strong>di</strong>menticate, dello stesso Ciriacono, e un<br />

dossier, in base al quale, nel 2004, la Procura militare<br />

<strong>di</strong> Padova ha or<strong>di</strong>nato le prime indagini probatorie.<br />

Da allora sono stati ascoltati i parenti<br />

delle vittime, per la maggior parte vicentini e bresciani,<br />

mentre l’Interpol indagava su<strong>gli</strong> altri militari<br />

testimoni delle stragi. Fin quando, nel 2005,<br />

la Procura militare <strong>di</strong> Palermo non ha avocato a<br />

sé il processo per questioni <strong>di</strong> competenza territoriale.<br />

Da allora, un’u<strong>di</strong>enza preliminare, lo<br />

scorso marzo, e poche altre notizie, attese, ogni<br />

giorno, da decine <strong>di</strong> fami<strong>gli</strong>e.<br />

Pagine a cura <strong>di</strong><br />

ANDREA D’ORAZIO<br />

Prigionieri italiani a Ragusa. Dall’archivio privato dello storico Gianfranco Ciriacono, in basso a sinistra<br />

Capelli bianchi, sguardo<br />

intenso, nel volto <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Ciriacono sono scolpiti<br />

anni <strong>di</strong> lavoro e sacrifici.<br />

Prima come conta<strong>di</strong>no<br />

nel borgo <strong>di</strong> Piano Stella,<br />

poi in <strong>di</strong>visa, come maresciallo<br />

dei carabinieri. Una<br />

storia segnata da un giorno:<br />

13 lu<strong>gli</strong>o 1943. All’epoca<br />

Giuseppe era tre<strong>di</strong>cenne,<br />

troppo giovane per perdere<br />

il padre.<br />

Dove si trovava il borgo<br />

colonico e in quanti eravate<br />

ad abitarlo?<br />

Il borgo esiste ancora,<br />

anche se non è più popolato<br />

come prima. Si trova nel<br />

bosco <strong>di</strong> San Pietro, tra<br />

Caltagirone, in provincia <strong>di</strong><br />

Catania, e Acate, Ragusa.<br />

Ci fu assegnato dallo Stato<br />

nel 1939, a seguito della<br />

legge sulla colonizzazione<br />

del latifondo siciliano. Al<br />

tem-po c’erano 38 fami<strong>gli</strong>e<br />

<strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni, tutte molto<br />

nu-merose, che occupavano<br />

altrettanti poderi. Si<br />

coltivavano frumento,<br />

legumi e foraggio per il<br />

bestiame.<br />

Come trascorreva le giornate<br />

prima che avvenisse<br />

lo sbarco?<br />

La mattina a scuola, poi a<br />

dare una mano nei campi.<br />

Di sera si stava in compagnia<br />

con le altre fami<strong>gli</strong>e.<br />

Allora la televisione non<br />

esisteva e nel borgo non<br />

c’erano ra<strong>di</strong>o. Passavamo il<br />

tempo a casa <strong>di</strong> qualcuno,<br />

con i lumi a petrolio a raccontare<br />

storie.<br />

Vicino il bosco c’era un<br />

aeroporto militare in mano<br />

alla Luftflotte, come<br />

erano i rapporti con i<br />

tedeschi?<br />

Pacifici. Li sentivamo partire<br />

con <strong>gli</strong> aerei Stukas, in<br />

<strong>di</strong>rezione Malta, dove c’erano<br />

<strong>gli</strong> avamposti alleati. I<br />

militari venivano spesso<br />

Il ragazzo<br />

che sentì<br />

il padre morire<br />

nel borgo per comperare<br />

polli, uova e un po’ <strong>di</strong> vino.<br />

Era tutto tranquillo, almeno<br />

fino ai giorni antecedenti lo<br />

sbarco, quando l’aeroporto<br />

fu bersa<strong>gli</strong>ato dalle bombe<br />

de<strong>gli</strong> aerei americani.<br />

Avevamo paura <strong>di</strong> essere<br />

colpiti: il villaggio <strong>di</strong>stava 7<br />

chilometri.<br />

Quando l’aeroporto fu<br />

occupato dalle truppe a-<br />

mericane cosa accadde al<br />

villaggio?<br />

Prima del 12 lu<strong>gli</strong>o, in zona<br />

L’INTERVISTA<br />

Giuseppe Ciriacono,<br />

superstite della violenza<br />

avevamo già visto dei paracadutisti<br />

statunitensi e un<br />

via vai <strong>di</strong> soldati italiani in<br />

ritirata. Capimmo <strong>di</strong> essere<br />

circondati. I bombardamenti<br />

erano cessati, ma con<br />

la mia fami<strong>gli</strong>a e altri amici<br />

passammo molte ore dentro<br />

il rifugio che mio padre<br />

aveva costruito. Era stretto<br />

e lungo, due metri <strong>di</strong> larghezza<br />

e cinque <strong>di</strong> lunghezza.<br />

In pie<strong>di</strong> non ci si poteva<br />

stare, ma a volte fino in 40<br />

ci siamo entrati. Sotto ci<br />

Numeri<br />

<strong>di</strong>menticati<br />

37 i soldati italiani uccisi<br />

dal sergente Horace T.<br />

West.<br />

36, tra soldati e civili, uccisi<br />

a sangue freddo dal capitano<br />

John Compton.<br />

14 lu<strong>gli</strong>o ‘43, data dei due<br />

ecci<strong>di</strong> avvenuti ad Acate<br />

(Ragusa).<br />

Centottantesima fanteria,<br />

quella che entrò ad Acate.<br />

Era formata da giovani al<br />

loro battesimo <strong>di</strong> fuoco.<br />

200 metri: secondo or<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong> Patton, il nemico che<br />

sparava a <strong>di</strong>stanza inferiore<br />

doveva essere eliminato<br />

sentivamo al sicuro.<br />

Ma il 13 lu<strong>gli</strong>o il rifugio<br />

non bastò più a proteggervi.<br />

Cosa ricorda <strong>di</strong><br />

quel giorno?<br />

Io e mio padre eravamo lì<br />

dentro insieme ad altri<br />

quattro coloni, tra i quali<br />

anche un mio coetaneo.<br />

Mamma e fratelli, insieme<br />

ad altre fami<strong>gli</strong>e, erano riuniti<br />

in un una casa vicina.<br />

Pomeriggio, americani circondarono<br />

il rifugio. Entrarono<br />

a casa nostra in<br />

cerca <strong>di</strong> tedeschi. Nell’abitazione<br />

non trovarono<br />

nessuno e se ne andarono.<br />

Ore dopo arrivarono altri<br />

soldati. Ci fecero uscire dal<br />

rifugio e marciare verso<br />

Acate. Dopo un po’ ci fermammo<br />

in una casa rurale,<br />

sotto un albero <strong>di</strong> gelso. A<br />

quel punto vi<strong>di</strong> i soldati<br />

imbracciare i fucili e…<br />

Uccidere suo padre e <strong>gli</strong><br />

altri?<br />

Non ho visto i corpi cadere,<br />

ho sentito papà gridare<br />

e poi i colpi <strong>di</strong> fuoco. Io ero<br />

<strong>di</strong>stante una decina <strong>di</strong><br />

metri: un altro soldato mi<br />

aveva preso per il bavero e<br />

allontanato. Pensai <strong>di</strong> essere<br />

ucciso per primo, invece<br />

fui consegnato ad altri<br />

militari per raggiungere<br />

Acate. Urlavo «Hanno sparato<br />

a mio padre», ma nessuno<br />

mi capiva. I corpi li<br />

avrei visti tre giorni dopo,<br />

insieme a mia madre e ai<br />

miei fratelli.<br />

Perchè colpirono a sangue<br />

freddo 5 persone?<br />

È una domanda alla quale<br />

non sono mai riuscito a<br />

rispondere. Non erano armati,<br />

non erano iscritti a<br />

nessun partito, non erano<br />

spie né proteggevano soldati<br />

tedeschi. Sono vissuti<br />

e morti vicino alla terra.<br />

Non so perché li hanno<br />

uccisi. Davvero, non so.

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