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Il Paese dei finti scontrini

Numero 29 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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10 Domenica<br />

6 dicembre 2009 PRIMO PIANO<br />

Gli shopper tradizionali assorbono l’otto per cento della produzione mondiale di petrolio<br />

Mater bi,<br />

la busta amica<br />

dell’ambiente<br />

La plastica resta però più economica<br />

Numeri<br />

allarmanti<br />

Mezzo chilo di amido di mais e un chilo di olio di<br />

girasole: è questa la ricetta per ottenere cento buste<br />

biodegradabili in mater bi, la bioplastica del futuro<br />

derivata da materie prime rinnovabili come<br />

l’amido di mais o delle patate. Tramite un processo<br />

di destrutturazione, la struttura molecolare<br />

dell’amido viene riorganizzata per creare un nuovo<br />

ordine cristallino resistente all’acqua e al calore<br />

fino a 85°. La scoperta risale ai primi anni ’90 grazie<br />

a un’industria ternana ancora oggi leader mondiale<br />

del settore. La bioplastica consente di ridurre<br />

i gas serra derivanti dalla lavorazione del petrolio<br />

(la plastica usa l’8% della produzione mondiale<br />

di greggio), riduce il consumo di energia, e alla<br />

fine torna alla terra da cui è partita. La sua assoluta<br />

biodegradabilità in ogni tipo di ambiente in<br />

massimo sei mesi la rende infatti particolarmente<br />

adatta alla produzione di compost.<br />

Grazie alla sua versatilità, il mater bi ha svariati<br />

campi di applicazione: buste, stoviglie, imballaggi,<br />

penne, abiti, teli a uso agricolo, pannolini, persino<br />

pneumatici. Ma la popolarità del mater bi si deve<br />

soprattutto agli shopper, le buste per la spesa,<br />

spesso protagoniste del degrado urbano e tra le<br />

cause primarie di inquinamento.<br />

Lentamente, complice anche<br />

la legge che prevede l’abolizione<br />

delle buste di plastica dal 2011,<br />

gli ecoshopper stanno rimpiazzando<br />

le tradizionali buste della<br />

spesa a tutto vantaggio dell’ambiente.<br />

Altri Paesi sono già più<br />

avanti rispetto all’Italia: a Parigi<br />

e San Francisco sono vietate dal<br />

2007 mentre divieti e misure<br />

deterrenti sono già in vigore a<br />

Melbourne, Hong Kong, Taiwan,<br />

Irlanda, Sudafrica. La Cina<br />

le ha bandite a giugno 2008,<br />

risparmiando 1,6 milioni di tonnellate<br />

di petrolio.<br />

È stato stimato che, solo in<br />

Europa, ogni anno vengono<br />

dispersi 100 miliardi di sacchetti<br />

con un danno incalcolabile<br />

per l’ecosistema, visto che ciascuno,<br />

per degradarsi, può<br />

impiegare duecento anni.<br />

Per la produzione di 300 mila<br />

tonnellate di buste, vengono<br />

bruciate 430 mila tonnellate di<br />

petrolio con la produzione di<br />

200 mila tonnellate di biossido<br />

di carbonio. Solo un sacchetto<br />

su tre viene avviato al riciclo<br />

mentre gli altri finiscono nell’ambiente,<br />

soprattutto in mare.<br />

Secondo uno studio giapponese svolto dalla<br />

Nihon University a Chiba, la plastica, decomponendosi<br />

nell’acqua salmastra, rilascia elementi<br />

chimici nocivi per l’ecosistema marino, tra cui il<br />

bisfenolo A, sostanze a base di polistirolo e polimeri<br />

cancerogeni, che sono in grado di squilibrare<br />

i sistemi ormonali della fauna acquatica. Sono<br />

centinaia di milioni le tonnellate di buste di plastica<br />

che galleggiano sugli oceani, formando, a volte,<br />

vere e proprie isole spinte dalle correnti: nel<br />

Pacifico ne è stata scoperta una, la “Great Pacific<br />

garbage patch”, grande due volte la superficie del<br />

Texas, in cui la quantità di rifiuti è doppia rispetto<br />

al plancton. Eppure, secondo la Coldiretti, per<br />

soddisfare il fabbisogno comunitario di sporte<br />

biodegradabili sarebbe sufficiente sfruttare terreni<br />

agricoli per meno di 3 milioni di ettari a granoturco<br />

e girasole, pari all'1,5% della superficie coltivata<br />

nell'Unione Europea.<br />

Unico neo del mater bi, al momento, è il costo di<br />

produzione: uno shopper ecologico costa circa 8<br />

centesimi contro i 3 di uno in plastica tradizionale,<br />

ma con l’uso del mater bi su vasta scala, i costi,<br />

prevedibilmente, diventeranno più competitivi.<br />

Quasi il 90% <strong>dei</strong><br />

rifiuti in mare è<br />

costituito da plastica.<br />

Sono almeno<br />

143 le specie marine<br />

che restano<br />

imbrigliate in sacchetti<br />

o reti plastiche<br />

e finiscono per<br />

morire di fame,<br />

soffocamento o<br />

annegamento. Si<br />

stima che, ogni<br />

anno, la plastica<br />

uccide 1 milione di<br />

uccelli marini e<br />

oltre 100.000 tra<br />

mammiferi marini e<br />

tartarughe, che<br />

ingoiano le buste<br />

credendole prelibate<br />

meduse. Ciò che<br />

ha causato la morte<br />

dell'animale, torna<br />

libero di fare altri<br />

danni una volta che<br />

l'organismo si è<br />

decomposto.<br />

Uno shopper in mater bi. In alto buste di rifiuti.<br />

Se i valloni potessero raccontare<br />

ogni piccolo episodio<br />

della propria vita ci<br />

sarebbe da scrivere molteplici<br />

libri. Gli studiosi<br />

fanno risalire la nascita di<br />

questi canyon a circa 33<br />

mila anni fa. I valloni nacquero<br />

per il lento lavoro<br />

della natura fra un’eruzione<br />

vulcanica, l’azione erosiva<br />

del mare e degli agenti<br />

atmosferici. Tutti, dai greci<br />

ai romani, ne hanno saputo<br />

cogliere il lato positivo, da<br />

approdo sicuro in tempo di<br />

tempesta a confine del territorio.<br />

<strong>Il</strong> ruolo di vero e<br />

proprio varco d’ingresso<br />

alla penisola fu attribuito al<br />

vallone del ponte Orazio, o<br />

del “dazio”. I siti utilizzati<br />

come strada di collegamento<br />

fra le coltivazioni<br />

della collina e la rada della<br />

marina di Cassano, le cui<br />

grotte, che il mare nel<br />

corso del tempo aveva scavato,<br />

hanno consentito alle<br />

popolazioni locali di creare<br />

<strong>dei</strong> veri e propri frigoriferi<br />

naturali per conservare al<br />

meglio i prodotti della terra<br />

destinati al mercato napoletano.<br />

La nuova frontiera,<br />

nell’utilizzo <strong>dei</strong> valloni, si<br />

ebbe dal XVI al XIX secolo<br />

quando le pareti vennero<br />

scavate per ricavarne blocchi<br />

tufacei destinati al mercato<br />

edilizio.<br />

I Comuni della penisola,<br />

nel secondo dopoguerra,<br />

non riuscirono a gestire al<br />

meglio il controllo e la raccolta<br />

<strong>dei</strong> rifiuti che facilmente<br />

venivano sversati,<br />

COSA DICE LA LEGGE<br />

DAL 2011 SI CAMBIA<br />

L’introduzione della pena di morte<br />

per le buste di plastica comincia<br />

con la direttiva europea 94/62/CE<br />

che disciplina i rifiuti da imballaggio.<br />

Dieci anni dopo, nel 2004, l’Ente<br />

europeo di normalizzazione promulga<br />

la norma EN 13432 che colma<br />

le lacune della precedente normativa,<br />

spiegando meglio le caratteristiche<br />

di riciclabilità e compostabililità.<br />

Viene chiarito l’equivoco<br />

sul sacchetto di polietilene erroneamente<br />

etichettato con marchio<br />

biodegradabile, ma in realtà composto<br />

anche da residui di metalli<br />

pesanti che rendono tossico il compost.<br />

Nello stesso anno, una nuova<br />

direttiva, la 2004/12/CE, specifica<br />

meglio la definizione di imballaggio.<br />

In Italia, la legge 296 del 27<br />

dicembre 2006 stabilisce, ai commi<br />

1129 e 1130, l’inizio di un programma<br />

sperimentale per ridurre la<br />

Fatta la via<br />

sparisce<br />

il vallone<br />

Nella penisola sorrentina<br />

il cemento batte la natura<br />

dai cittadini, all’interno di<br />

questi anfratti naturali. Per<br />

porre un limite allo scempio<br />

che la popolazione compiva<br />

ben presto le diverse Amministrazioni<br />

comunali de-<br />

cisero di sfruttare queste cavità<br />

per realizzare nuove<br />

strade e piazze, modificando<br />

il paesaggio naturale.<br />

A Piano di Sorrento, il Comune<br />

optò per il parziale<br />

commercializzazione di sacchi da<br />

asporto non biodegradabili. <strong>Il</strong> divieto<br />

degli shopper di plastica viene<br />

posto al 1 gennaio 2010 ma non<br />

vengono emanati i decreti attuativi.<br />

A giugno di quest’anno, il decreto<br />

legislativo 78/2009 fa slittare il termine<br />

al 1 gennaio 2011. Intanto,<br />

piccoli comuni e grandi metropoli<br />

si stanno organizzando con provvedimenti<br />

a macchia di leopardo:<br />

alcuni hanno imposto il divieto agli<br />

shopper di plastica già nel corso del<br />

2009, altri faranno il passo a inizio<br />

2010, altri ancora temporeggiano.<br />

Anche le catene delle grande distribuzione<br />

si stanno lentamente adeguando,<br />

offrendo ai clienti la scelta<br />

tra buste in mater bi, quelle in materiali<br />

naturali riutilizzabili e i tradizionali<br />

shopper in plastica, per<br />

cui spesso viene applicato un piccolo<br />

sovrapprezzo.<br />

riempimento del vallone S.<br />

Giuseppe per costruire dal<br />

nulla una piazza e <strong>dei</strong> palazzi.<br />

Quest’opera che, da<br />

pochi anni, ha subìto significativi<br />

interventi di manutenzione,<br />

ha bloccato lo<br />

storico percorso pedonale.<br />

Uno <strong>dei</strong> varchi di accesso al<br />

vecchio vallone S. Giuseppe<br />

è stato ripristinato<br />

dopo circa trent’anni, mentre<br />

gli altri restano nel<br />

completo abbandono con<br />

rigogliosa vegetazione naturale,<br />

ma senza alcun<br />

intervento di manutenzione.<br />

Dopo pochi mesi, però<br />

l’attuale via <strong>dei</strong> Pini, che fu<br />

costruita riempiendo il vallone<br />

S. Filippo, ha avuto un<br />

cedimento. La causa probabilemente<br />

è da attribuire<br />

all’usura dell’opera realizzata<br />

molti anni fa. <strong>Il</strong> Comune<br />

di S. Agnello è prontamente<br />

intervenuto per ripristinare<br />

lo stato <strong>dei</strong> luoghi.<br />

Urge però capire in che<br />

condizioni versano le opere<br />

pubbliche che risalgono all’immediato<br />

dopoguerra<br />

per evitare che fenomeni<br />

atmosferici, come l’alluvione<br />

del 1950, possano creare<br />

danni e pericoli a un territorio,<br />

cui la storia non perdona<br />

l’età delle infrastrutture<br />

realizzate dall’uomo.<br />

Pagina a cura di<br />

JOSÈ ASTARITA<br />

CLAUDIA ESPOSITO

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