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TERRITORIO Domenica 6 dicembre 2009 15 Ieri azienda per la lavorazione del pomodoro, oggi roccaforte di gusti tipici, luogo culturale e centro scientifico A lato, l’esterno e l’interno della struttura Alla ricerca <strong>dei</strong> sapori perduti A Battipaglia straordinario esempio di archeologia industriale e culinaria La “Fabbrica <strong>dei</strong> sapori” di Battipaglia non è un ristorante. O almeno non lo è nella concezione classica del genere. E’ un locus, un posto concettuale dove la cucina non è il fine, bensì il mezzo: la partenza e l’arrivo di una filosofia applicata ad un modo di intendere l’arte culinaria come roccaforte di una tradizione in via d’estinzione che, per questo motivo, è degna di essere tramandata ai posteri. Non solo. La “Fabbrica <strong>dei</strong> sapori” è anche uno straordinario esempio di archeologia industriale: vecchio e nuovo, originale e recuperato convivono in perfetto equilibrio grazie ad una ristrutturazione mirata in cui l’originalità è caratteristica che si respira nell’aria. Poi le installazioni di artisti moderni, le fotografie d’autore, i libri di gastronomia, la musica di sottofondo, i tripudi di luce e un pizzico di ricerca scientifica (data dalla presenza dell’Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo diretto dal professor Eugenio Luigi Iorio) rendono unico questo locus dalla storia lunga e controversa. Fino alla fine degli anni ‘70, del resto, la “Fabbrica <strong>dei</strong> sapori” altro non era che un’azienda di lavorazione del pomodoro. Agli inizi degli anni ‘80, però, la crisi del settore stravolse la gestione dell’industria, che per qualche tempo divenne un contenitore utilizzato da altre ditte. Nel 1998, dopo oltre vent’anni di abbandono, la fine dell’oblio: il signor Cosimo Mogavero, imprenditore della ristorazione di qualità, andò a visitare la struttura insieme all’amico architetto Brunello Di Cunzolo. Fu amore a prima vista: Mogavero acquistò l’intera struttura a costo di indebitarsi fino al collo. Da solo, senza nessun aiuto pubblico. Oggi si può dire che “La Fabbrica <strong>dei</strong> sapori” è una scommessa vinta. L’attenzione estrema, quasi maniacale per le materie prime, la cura nel modo di trattare ogni alimento, l’accoglienza e la poliedricità del luogo sono assicurazioni vita natural durante sul ticket “semplicità&qualità”, ovvero il manifesto di questa impresa imprenditoriale e culturale. E sì, perchè varchi il cancello d’ingresso e ti sembra di aver oltrepassato una porta spaziotemporale: auto e mezzi d’epoca, antiche Come arrivarci La “Fabbrica <strong>dei</strong> sapori” è raggiungibile percorrendo l’A3 Salerno-Reggio. Dopo essere usciti a Battipaglia, percorrere la SS 18 e alla prima rotonda svoltare per Paestum. Dopo circa un chilometro, girare per via Spineta e oltrepassare il macello comunale. Ancora 500 metri e siete arrivati. La struttura si estende su 22mila metri quadrati: all’interno, un bar, una pizzeria, due sale-ristorante e laboratori di formazione (ora non in funzione) per insegnare l’arte della pizza. pompe di benzina, macchine agricole, immagini in bianco e nero della lavorazione del pomodoro, utensili, soluzioni architettoniche particolari e silenzio: ogni angolo diventa sorpresa in questo posto fuori dal tempo. Un luogo antiglobale poichè zoccolo duro della tipicità culinaria, ma al tempo stesso simbolo di quella globalizzazione che sublima tutte le tradizioni come culture del popolo. Poi ti siedi a tavola e, in una sorta di monologo interiore del gusto, riscopri i sapori di quella cucina della nonna ormai dimenticata. Pagina a cura di FRANCESCO M. BORRELLI PIERLUIGI G. CARDONE PARLA IL TITOLARE Idee per lo sviluppo del Sud Cosimo Mogavero: «<strong>Il</strong> nostro obiettivo è tramandare l’arte e i segreti della gastronomia tradizionale» L’architetto Brunello Di Cunzolo e lo spirito della ristrutturazione Architetto Brunello Di Cunzolo, secondo quali principi ha ristrutturato la fabbrica? Era una struttura abbandonata, con quattro capannoni popolati da un insieme di materie e forme povere, ma proprio per questo molto esaltanti. C’era bisogno, però, di aggiunte funzionali per non rompere la spazialità degli ambienti interni, che abbiamo solamente pulito e attrezzato con l’impiantistica essenziale, al fine di avere uno spazio che nella sua complessità potesse ospitare eventi culturali. <strong>Il</strong> tutto in una logica di integrazione degli spazi esterni per moltiplicare le capacità del luogo di diventare un riferimento urbano all’interno di un percorso talvolta enogastronomico, talvolta culturale-culinario. E’ un’operazione riuscita? E’ una delle poche volte nella mia professione in cui realmente sono riuscito a fare ciò che volevo. Nel nostro mestiere non basta una buona idea: c’è bisogno di chi ci crede, di chi mette i soldi, di una società che riconosce il luogo come evoluzione della propria storia e delle proprie idee. Questo luogo in poco tempo è diventato un cult del circuito enogastronomico ed è la cosa che più mi emoziona Cosimo Mogavero Signor Cosimo Mogavero, qual è l’obiettivo della Fabbrica <strong>dei</strong> sapori? Far sopravvivere il lavoro artigianale nel campo della cucina: il sogno è trasferire nel futuro l’arte della gastronomia tipica (quindi anche della pizza) e fare da volano a tutto il settore dell’artigianato. E’ una scommessa vinta? Stiamo ancora giocando. E’una sfida dura, ma anche da qui passa lo sviluppo. C’è un principio dietro l’idea di gastronomia? C’è un ragionamento di semplificazione: a tutto quello che si è stratificato negli anni nella gastronomia tradizionale, invece di aggiungere abbiamo sottratto qualcosa al fine di ritornare all’essenza originaria della cucina tipica. Questo processo si legge non solo nella scelta delle materie prime, ma anche nella selezione <strong>dei</strong> processi stessi, con piatti semplicissimi che fanno rivivere le esperienze di quelle strutture che una volta servivano per cucinare. Perché miscelare cucina e cultura? Perché la vita è una sola ed è fatta di arte, di sapori, di curiosità. <strong>Il</strong> nostro non è solo un ristorante, è anche un percorso culturale che guarda al futuro facendo rivivere il passato. Quale la sua più grande soddisfazione? Vedere i ragazzi e la gente che si appassionano a questo lavoro. In tutti i settori della vita, e quindi anche nel nostro, ci sono regole che assicurano la riuscita del prodotto. Spesso, però, per pigrizia non vengono rispettate e i clienti ne risentono. Da noi non è così: qui si cucina per amore. «Interpretare l’evoluzione» Spazi interni ed ambienti esterni in un messaggio unico perché ho interpretato l’evoluzione <strong>dei</strong> tempi e il senso dell’evoluzione storica. <strong>Il</strong> bar sospeso nel vuoto è il succo dell’archeologia industriale. E’un ambiente molto tecnologico, in cui il soppalco in vetro retto da due travi sghembe non appoggia sulle murature: il tutto per lasciare la purezza dell’impianto. L’unica variazione è stata la copertura trasparente: abbiamo lasciato questa sensazione perché la luce lo rendeva spazio che si apriva oltre le mura. Brunello Di Cunzolo In cucina La nuova sfida campana <strong>Il</strong> coraggio e la passione di Cosimo Mogavero hanno trasformato in realtà il sogno culinario di molti. La “Fabbrica <strong>dei</strong> sapori” è diventato un non luogo dove le antiche tradizioni si sono integrate con le tecniche e gli arredamenti più moderni. Anche l’occhio vuole la sua parte! Qui sicuramente si resta affascinati dall’atmosfera di una ex fabbrica (per la lavorazione di pomodoro) a dimensione d’uomo, oggi trasformata in un ristorante contornato dai macchinari originali della fabbrica. La forza di questo posto è la semplicità delle persone, degli ingredienti e del perseverare in un’idea nuova: cucinare e proporre i sapori di casa, quelli genuini, ma farlo per centinaia di persone alla volta. La sperimentazione <strong>dei</strong> piatti e <strong>dei</strong> gusti è fatta ogni giorno da Cosimo Mogavero e signora, che sperimentano e provano sempre ricette campane e non, originali o tipiche. <strong>Il</strong> secondo passo è comprare i prodotti migliori per la realizzazione del piatto, quindi sperimentarli prima tra di loro e poi farli preparare in cucina alla “Fabbrica <strong>dei</strong> sapori”. <strong>Il</strong> menù spazia da una vasta fantasia di primi come le “Mafalde della Fabbrica”, a un’ottima selezione di secondi di antica tradizione di cottura come il “Pollo al fuoco”. Ottimo l’antipasto tutto rigorosamente composto da latticini e insaccati campani. Le pizze hanno avuto un successo tale che il marchio è stato registrato come garanzia della pizza tradizionale campana originale. Oltre a essere gustosa la loro è antiossidante.