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Il Paese dei finti scontrini

Numero 29 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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RUBRICHE<br />

Domenica 6 dicembre 2009<br />

21<br />

L’idea <strong>dei</strong> due autori<br />

è quella di descrivere<br />

il dramma <strong>dei</strong> soldati<br />

rinchiusi nei campi<br />

di concentramento,<br />

dopo l’armistizio del‘43<br />

e raccontare una storia<br />

a lungo dimenticata<br />

In “Internati militari italiani” la prigionia degli uomini in divisa<br />

il cui primo nemico è la fame onnipresente che diventa ossessione<br />

Subire la deportazione nei campi di concentramento<br />

o continuare la guerra al<br />

fianco <strong>dei</strong> tedeschi.<br />

Dopo l’armistizio dell’8 settembre del<br />

1943, migliaia di italiani furono costretti<br />

a scegliere la loro prigione. In “Internati<br />

militari italiani”, Aldo Avagliano e Marco<br />

Palmieri riportano alla luce una pagina<br />

della storia contemporanea a lungo<br />

dimenticata.<br />

Alcuni rifiutano di combattere al fianco<br />

<strong>dei</strong> soldati del terzo Reich e non aderiscono<br />

alla Repubblica di Salò. Una decisione<br />

difficile, con una sola conseguenza: l’internamento<br />

nei lager nazisti. Non prigionieri<br />

di guerra, ma persone con uno “status” fino<br />

ad allora sconosciuto: Imi, Internati<br />

militari italiani. Una sigla coniata dallo<br />

stesso Hitler per sottrarre quelle vite alla<br />

Convenzione di Ginevra e sfruttare liberamente<br />

quegli uomini. <strong>Il</strong> libro, presentato a<br />

Napoli il 28 novembre, racconta la seconda<br />

guerra mondiale con un’altra voce. Attraverso<br />

i diari e le lettere i due autori affrontano<br />

un viaggio: dall’ingresso nei campi<br />

al ritorno a casa <strong>dei</strong> sopravvissuti.<br />

Emerge così un affresco nitido, ma soprattutto<br />

dettagliato, della vita e della morte in<br />

quei giorni drammatici. La fame, il freddo,<br />

le violenze e il lavoro coatto: tutto questo è<br />

riportato nel libro. Avvenimenti a cui mol-<br />

Gli scrittori<br />

Mario Avigliano, nato a Cava<br />

de’Tirreni, è un giornalista e<br />

studioso dell’età contemporanea.<br />

Lavora a Roma e dirige il<br />

Centro studi della resistenza<br />

del Lazio. Tra le sue opere:<br />

“Personaggi e vicende della<br />

Resistenza” e “Muoio innocente.”<br />

Marco Palmieri, nato a<br />

Isernia, è cronista e autore di<br />

molti saggi sull’olocausto e la<br />

Seconda guerra mondiale.<br />

A destra, soldati deportati nei lager<br />

In basso la copertina del libro<br />

Lettere dai lager nazisti<br />

arte<br />

Scatti e fantasmi moderni<br />

all’Art24 di Napoli<br />

Denunciare la violenza sulle donne. Questo il messaggio<br />

lanciato da quattro artisti, due italiani e due<br />

giapponesi, nella mostra fotografica che, fino all’8<br />

dicembre, sarà esposta alla galleria d’arte Art24 di<br />

Napoli. Noriaki Yokosuska, Nobuyoshi Araki, Luciano<br />

D’Inverno e Michele Zaza: sono loro che raccontano<br />

la sofferenza del gentil sesso. Gli scatti,<br />

ambientati in abitazioni private e nei quartieri a luci<br />

rosse, sono carichi di sensualità; ma, improvvisamente,<br />

nei pensieri dell’osservatore, si trasformano<br />

nei fantasmi del mondo moderno. Immagini che<br />

toccano la profonda intimità dell’essere.<br />

De Chirico e il mondo arcaico<br />

in mostra a Cava de’Tirreni<br />

«Senza la scoperta del passato non è possibile la scoperta<br />

del presente». Questa la filosofia che il pittore<br />

Giorgio de Chirico trasferisce nelle sue ope-re, esposte<br />

alla Galleria Civica d’arte di Cava de’Tirreni fino<br />

al 14 febbraio del 2010. Una mostra in cui cinquanta<br />

dipinti, realizzati dall’artista greco tra gli anni Venti e<br />

i Settanta, svelano la propensione al-l’antico e al<br />

mondo ellenico del maestro della pittura metafisica.<br />

Gli elementi arcaici intervengono, in-fatti, in maniera<br />

prepotente negli scenari illustrati da Giorgio de<br />

Chirico. Evocazione e invenzione conducono al processo<br />

di pietrificazione dello spazio; il Mediterraneo<br />

è,invece, fonte di conoscenza.<br />

ti non resistono. In queste circostanze il<br />

cervello umano non può evitare di trasformarsi<br />

in un vulcano di pensieri, raccolti in<br />

questi scritti. La vita, la casa, i tedeschi:<br />

questo riempie la testa <strong>dei</strong> soldati. Gli alleati<br />

sono adesso i nemici. Ma il nemico<br />

numero uno è, per tutto il periodo della<br />

prigionia, la fame. Una fame lancinante e<br />

onnipresente, un buco nero che non si riesce<br />

mai a placare. La sbobba, la quotidiana<br />

brodaglia di rape e pane, è insufficiente. <strong>Il</strong><br />

cibo diventa ossessione che popola le visione<br />

notturne. Alcuni finiscono per contendere<br />

il fieno ai cavalli.<br />

Anche il rischio della pazzia è sempre dietro<br />

l’angolo. E nella crescente disperazione<br />

si tenta la strada del mercato nero. Un orologio,<br />

un paio di scarpe, qualsiasi cosa per<br />

ricevere in cambio una fetta di pane con<br />

una fettina di lardo. Ma anche il tabacco<br />

diventa merce preziosa. Lo scambio avviene<br />

naturalmente di nascosto, nei bagni. I<br />

contrabbandieri devono assicurare la pulizia<br />

<strong>dei</strong> prodotti. Non è però raro mangiare<br />

qualche pagnotta che non sia proprio pulita.<br />

Ma i crampi dello stomaco e la follia nascondono<br />

i difetti. La necessità, infatti,<br />

vince sull’abitudine del vizio. Nei lager nasce<br />

anche quella comunità, definita da<br />

Giovanni Guareschi «città democratica».<br />

Un luogo in cui si affronta, per la prima<br />

volta, il germe della democrazia: libertà<br />

d’espressione mai vissuta da chi è cresciuto<br />

con il fascio littorio e le adunate balilla.<br />

Ritornati nel proprio <strong>Paese</strong>, gli Imi scampati<br />

all’orrore <strong>dei</strong> lager trovano una nazione<br />

distratta. E per sessant’anni, questa storia<br />

finisce per essere allontanata dalla<br />

memoria collettiva.<br />

musica<br />

Esordio magnetico<br />

per i Mesmerico<br />

Pagina a cura di<br />

SANTO IANNÒ<br />

Cuore vulcanico e continui sbalzi ritmici: tutto questo<br />

è Magnete, il primo album <strong>dei</strong> Mesmerico.Un<br />

duo di Napoli che, con una chitarra accompagnata<br />

dalla batteria, fanno «molto casino». Una formula<br />

che, con l’ausilio dell’elettronica, rende il disco d’esordio<br />

della band come una delle realtà più interessanti<br />

nel panorama musicale <strong>dei</strong> gruppi emergenti.<br />

Una coppia possente, i cui suoni e note si muovono<br />

lungo le coordinate dell’hardcore, del metal e delle<br />

pulsioni avant. Una musica muscolare che raramente<br />

esplode, poche volte gli accordi sono pronti<br />

alla detonazione. La catacombale title track è un inno<br />

distorto dalle contaminazioni elettroniche. L’attacco<br />

dell’album, We Live In A Paradise (Inhabitated<br />

By Devils), parte da lidi prima paradisiaci e poi<br />

infernali; attraversa terre inesplorate e si spezza, infine,<br />

in aperture libere e convulse. A ruota, l’attacco<br />

epilettico di Silos, avvalorato dallo schizzo postespressionista<br />

di Rasoterra. A seguire, la sfuriata repressa<br />

e poi trasfigurata in collasso di Dentro Al Vesuvio.<br />

Quando le atmosfere depresse si dilatano e<br />

rarefanno, emerge prepotente l’uso evocativo di altri<br />

generi estranei all’hard-rock. Dietro l’esordio <strong>dei</strong><br />

Mesmerico si nascondono infatti due personaggi<br />

chiave dell’underground italiano: Pupillo degli Zu e<br />

Giulio Ragno Favero del Teatro Degli Orrori. <strong>Il</strong> lato<br />

emozionale rappresenta il valore aggiunto di una<br />

band che fornisce una prova delle proprie potenzialità,<br />

senza esprimerle fino in fondo. Le liriche procedono<br />

a tappe: la musica ha un suo disegno, ma tortuoso.<br />

Ottimo segno di questi tempi.<br />

libri<br />

Antica Bottega Informazione<br />

di Giovanni Mantovani<br />

Edizione Centro documentazione giornalistica<br />

Pagine 189 –15,00 euro<br />

«La scrittura destinata all’informazione non è<br />

solo scrivere: è un atto finale, la conclusione<br />

di un processo lungo e complesso». Con questa<br />

convinzione Giovanni Mantovani, una vita<br />

nel giornalismo e ora professore alla Università<br />

di Urbino, ha realizzato “Antica Bottega<br />

Informazione”. Non un canonico manuale<br />

sui linguaggi e le tecniche giornalistiche.<br />

L’autore sottolinea come questo «atto finale»<br />

sia sottoposto alla velocità della comunicazione.<br />

Un concetto che definisce diverse realtà,<br />

ma che sempre e comunque indica l’attività<br />

destinata allo scambio di informazioni. Un<br />

rapporto che può essere unidirezionale o bilaterale,<br />

consapevole e inconscio. La scrittura<br />

è quindi uno strumento, un medium come lo<br />

definì McLuhan. Un lavoro in cui Mantovani<br />

spiega le trasformazioni di un mondo che oggi<br />

penetra nella vita di ognuno di noi.<br />

Un viaggio nell’universo delle notizie.<br />

Sorry<br />

di Zoran Dvrenkar<br />

Edizione Fazi<br />

pagine 490 – 19,00 euro<br />

Chiedere scusa e risarcire le vittime di propri<br />

soprusi. Ma farlo conto terzi. Questo il<br />

servizio offerto dall’agenzia Sorry, creata da<br />

quattro giovani berlinesi, e descritto da Zoran<br />

Dvrenkar nell’omonimo libro. Ci si libera<br />

di una colpa grazie all’intervento di qualcun<br />

altro. «Ce ne occupiamo noi. Niente più<br />

imbarazzo. Sappiamo cosa dovreste dire.<br />

Diciamo quello che vogliono sentire». Così<br />

si presenta l’agenzia tedesca nel thriller di<br />

Dvrenkar. Ma non è così semplice liberarsi<br />

senza affrontare le proprie responsabilità.<br />

Gli ideatori di Sorry lo capiscono guardando<br />

il corpo martoriato di una donna. Un labirinto<br />

in cui non è più possibile distinguere<br />

tra vittima e carnefice: un percorso pieno<br />

di trappole. Un romanzo in cui la prospettiva<br />

cambia velocemente, perché «la colpa è<br />

privata – scrive l’autore – e alla fine non è<br />

facile assumersi colpe altrui».<br />

L’Italia de noantri<br />

di Aldo Cazzullo<br />

Edizione Mondadori<br />

pagine 192 – 18,00 euro<br />

Noantri: questa la parola chiave dell’Italia<br />

moderna. Un <strong>Paese</strong> frammentato in fazioni<br />

e corporazioni. Diviso eppure uguale: dal<br />

nord al sud, da Torino a Palermo. In L’Italia<br />

de noantri, Aldo Cazzullo descrive una nazione<br />

unita dalla capitale e dal Mezzogiorno.<br />

Un atto d’accusa che comprende tutta la<br />

società, coinvolgendo la politica, ridotta a<br />

«mera prosecuzione <strong>dei</strong> propri affari con<br />

altri mezzi». L’autore osserva come la fedeltà<br />

e il senso di appartenenza ad un partito<br />

premia: la competenza no. Un libro in cui<br />

il familismo prospera perché «si fonda –<br />

scrive Cazzullo – su un vasto consenso».<br />

Perché «gli italiani - osserva - hanno gli<br />

stessi modelli ed eroi di riferimento, gli stessi<br />

personaggi di culto».<br />

Daniele, storia di un bambino che spera<br />

di Cinzia Lacalamita<br />

Edizione Aliberti<br />

pagine 139 – 11,90 euro<br />

Avere tre anni e non sapere che la propria<br />

giovane vita è appesa ai progressi della ricerca<br />

scientifica e alla solidarietà. La storia<br />

di Daniele Amanti, e la sua lotta contro una<br />

delle malattie più insidiose, la distrofia<br />

muscolare, sono raccontati nel libro di Cinzia<br />

Lacalamita. La giornalista diventa la<br />

portavoce di questa battaglia, per raccogliere<br />

fondi destinati al Paren Project Onlus. Al<br />

nipotino virtuale, come l’autrice chiama il<br />

piccolo Daniele, sono dedicate queste pagine:<br />

un messaggio per continuare a sperare e<br />

a sognare non soltanto per lui ma anche per<br />

gli altri ammalati.

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