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Vesuvio sorvegliato speciale

Numero 35 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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12 Domenica 25 aprile 2010 SPECIALE<br />

Sono 18 i Comuni<br />

del Napoletano<br />

nella zona rossa<br />

e si estendono<br />

su un’area<br />

di duecento<br />

chilometri quadrati<br />

A lato, il centro di monitoraggio<br />

A destra panoramica del <strong>Vesuvio</strong><br />

Il bello addormentato sul golfo<br />

<strong>Vesuvio</strong>, <strong>sorvegliato</strong> <strong>speciale</strong> dall’occhio vigile dei geologi di tutto il mondo<br />

La Campania è tra le regioni a più intensa attività<br />

vulcanica d’Italia, lo sanno bene quelli dell’Osservatorio<br />

Vesuviano, sezione napoletana dell’Istituto<br />

Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che sorvegliano<br />

costantemente i vulcani attivi campani.<br />

Perché, contrariamente a quanto si pensa, non è il<br />

solo <strong>Vesuvio</strong> a poter generare fenomeni eruttivi,<br />

anche gli altri due vulcani campani, dell’area Flegrea<br />

e di Ischia meritano attenzione e monitoraggio.<br />

Il primato del <strong>Vesuvio</strong> è sicuramente dovuto alla<br />

memoria storica che le eruzioni del vulcano napoletano<br />

hanno scritto nei secoli. Famosissima è l’eruzione<br />

che ha distrutto Pompei, tra le prime catastrofi<br />

vulcaniche di cui abbiamo testimonianza<br />

diretta. Altro primato è quello degli abitanti a<br />

rischio: attorno al <strong>Vesuvio</strong> ci sono 18 comuni, alcuni<br />

densamente popolati come Portici e Ottaviano,<br />

per un totale di circa 600 mila persone coinvolte.<br />

Ma anche le 300 mila persone che abitano<br />

l’area Flegrea e i circa 60 mila abitanti di Ischia<br />

fanno della Campania la zona vulcanica più densamente<br />

popolata al mondo.<br />

Ma, spiegano dall’Osservatorio<br />

vesuviano, che è inutile generare<br />

allarmismi. «Il compito della<br />

comunità scientifica – ci dice il<br />

direttore Martini – è definire l’evento<br />

massimo che allo stato<br />

attuale può generare il singolo vulcano,<br />

cioè l’ipotesi “peggiore possibile”<br />

e i fenomeni associati.<br />

Per il <strong>Vesuvio</strong> è un’eruzione “sub<br />

pliniana”, cioè leggermente inferiore<br />

per quanto riguarda l’energia e<br />

la quantità di materiale emesso, rispetto<br />

a quella che ha distrutto<br />

Pompei».<br />

Un’eruzione di questo tipo è caratterizzata<br />

da una grande esplosione<br />

che genera la cosiddetta “nube ardente”,<br />

cioè, continua il direttore<br />

Martini, «il collassamento della<br />

colonna che si forma nella prima<br />

parte dell’eruzione di materiali piroclastici<br />

che può raggiungere i<br />

15/20 km di altezza. La nube è sostenuta<br />

non solo dalla pressione<br />

ma anche dalla temperatura che<br />

porta ad un certa quota il materiale,<br />

che poi ricade al suolo. Questo<br />

materiale, composto da sostanze<br />

solide e gas, può raggiungere diverse<br />

centinaia di gradi».<br />

Sensori<br />

costanti<br />

Sono costantemente<br />

sotto controllo i tre<br />

principali vulcani<br />

Campani: l’Osservatorio<br />

vesuviano ha<br />

a disposizioni 50 stazioni<br />

di monitoraggio<br />

che trasmettono i<br />

dati alla sede centrale<br />

di via Diocleziano, a<br />

Napoli. Si tratta di<br />

rilevazioni sismiche a<br />

cui si aggiungono le<br />

deformazioni del<br />

suolo, misurate attraverso<br />

strumentazioni<br />

che possono percepire<br />

variazioni subcentimentriche<br />

tra le<br />

stazioni e spostamenti<br />

angolari fino al<br />

microradiante.<br />

L’osservazione si<br />

avvale anche di foto<br />

satellitari e rilevazioni<br />

Gps.<br />

La buona notizia che l’Osservatorio può dare l’allarme<br />

anche diversi giorni prima dell’evento, analizzando<br />

l’attività sismica e gli spostamenti del<br />

suolo. Un“telefono rosso” collega il centro di<br />

monitoraggio alla Protezione civile che immediatamente<br />

allerterà chi in questi territori vive le sue<br />

giornate.<br />

In più nessuno può stabilire se davvero la fine del<br />

periodo di “quiescenza” del <strong>Vesuvio</strong>, iniziato con<br />

l’eruzione del 1944, si concluda necessariamente<br />

con un evento tanto disastroso.<br />

Pagine a cura di<br />

DANIELE DE SOMMA<br />

SANTO IANNÒ<br />

IL VULCANOLOGO ENZO BOSCHI<br />

«La ricerca batte il rischio»<br />

Fondamentale il lavoro di gruppo per la prevenzione<br />

che consente di capire in anticipo cosa succederà<br />

Professor Enzo Boschi,<br />

lei è il direttore dell’Istituto<br />

Nazionale di<br />

Geofisica e Vulcanologia,<br />

perché si è sentita l'esigenza<br />

di riunire tutti gli<br />

istituti di ricerca italiani<br />

in un unico ente?<br />

L’unione di importanti enti<br />

nazionali che si occupavano<br />

di sismologia geofisica,<br />

geochimica e vulcanologia<br />

ha portato ad un sistema di<br />

monitoraggio e ricerca u-<br />

nico al mondo. L’integrazione<br />

di queste componenti<br />

è stato un passo fondamentale<br />

per scoperte o-<br />

riginali. Queste ricerche<br />

hanno aumentato molto la<br />

nostra capacità di prevedere<br />

le eruzioni vulcaniche.<br />

Quanti sono i siti a<br />

rischio in Italia?<br />

Oltre ai vulcani più noti,<br />

Parla Marcello Martini, direttore dell’Osservatorio vesuviano<br />

Dottor Marcello Martini, lei è il direttore<br />

dell’Osservatorio vesuviano, sezione di<br />

Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica<br />

e Vulcanologia. Quanto tempo prima siete<br />

in grado di allertare la Protezione civile in<br />

caso di emergenza?<br />

Sappiamo che fenomeni precursori si manifestano<br />

diversi giorni prima, anche settimane.<br />

Questa stima nasce attraverso lo studio di<br />

dati storici. Il nostro è l’osservatorio più antico<br />

del mondo, quindi ha un archivio di dati<br />

storici notevole.<br />

Potete prevedere quando e se il <strong>Vesuvio</strong><br />

erutterà?<br />

Le conoscenze attuali non permettono di stimare<br />

quando il vulcano erutterà. L’altra cosa<br />

che non possiamo sapere è di che tipo sarà.<br />

È possibile fare dei correttivi a livello<br />

strutturale per arginare questo tipo di<br />

emergenza?<br />

Il problema base non è la resa della struttura<br />

ma la temperatura. Le persone che si trovano<br />

in un edificio sono a rischio soprattutto per la<br />

temperatura altissima e i gas che l’eruzione<br />

propaga. L’altro fenomeno importante è<br />

quello delle colate di fango dovuto al deposi-<br />

Enzo Boschi<br />

(<strong>Vesuvio</strong>, Campi Flegrei,<br />

Etna, Vulcano, Stromboli)<br />

che sono oggi ben conosciuti<br />

e controllati strettamente<br />

grazie proprio alle nostre<br />

reti di monitoraggio, ci sono<br />

altri vulcani “minori” che sono<br />

soggetti a rischi di eruzioni<br />

o di effetti collaterali,<br />

come emissioni di CO2 ai<br />

Colli Albani, eruzioni sottomarini<br />

e possibili Tsunami,<br />

per il vulcano sommerso<br />

Marsili nel Mar Tirreno.<br />

A che punto è la ricerca<br />

scientifica per quanto riguarda<br />

la prevenzione?<br />

La ricerca scientifica finalizzata<br />

alla prevenzione ha fatto<br />

enormi passi avanti sia in<br />

campo sismico che vulcanico.<br />

Pensiamo ad esempio alla<br />

carta di pericolosità sismica<br />

del territorio nazionale realizzata<br />

negli ultimi anni, su<br />

cui si basa la classificazione<br />

del territorio e le norme tecniche<br />

per le costruzioni. Purtroppo<br />

a questi avanzamenti<br />

della conoscenza spesso non<br />

seguono adeguate azioni di<br />

riduzione del rischio, ma<br />

questa è compito della politica<br />

e della società.<br />

«L’eruzione si può prevedere»<br />

I segni precursori si manifestano molto tempo prima<br />

to di materiali per caduta, Ercolano, ad esempio<br />

è stata seppellita da una di queste.<br />

I fenomeni vulcanici quanto sono collegati<br />

tra loro?<br />

I fenomeni di per sé non hanno alcun legame,<br />

ad esempio se analizziamo i Campi<br />

Flegrei e il <strong>Vesuvio</strong> non troviamo analogie.<br />

Non esistono meccanismi di sincronismo o<br />

di causa effetto. Che esista una coerenza geodinamica<br />

è vero, ma legami fenomenologici<br />

non esistono. Predire come si comporta un<br />

vulcano rispetto ad un altro non è possibile.<br />

La sede storica dell’Osservatorio<br />

La storia<br />

Quelle<br />

pagine<br />

di Plinio<br />

Domina il golfo di Napoli.<br />

Incute timore e attira per<br />

la sua bellezza. È il <strong>Vesuvio</strong>,<br />

il vulcano <strong>sorvegliato</strong><br />

<strong>speciale</strong> nella cintura di<br />

fuoco campana. Di diritto<br />

nel guinness dei primati<br />

perché è stato il primo ad<br />

essere sistematicamente<br />

studiato. Alto milleduecento<br />

metri, il <strong>Vesuvio</strong> è<br />

parte del sistema montuoso<br />

del Somma e sul suo<br />

nome da sempre circolano<br />

leggende. Nell’antichità,<br />

si riteneva fosse<br />

consacrato a Ercole (da<br />

cui prende il nome Ercolano),<br />

chiamato Uesouuios,<br />

il figlio di colui che<br />

fa piovere (Giove). Da qui<br />

Vesuvius. Questo vulcano<br />

suscita interesse anche<br />

per la frequenza delle sue<br />

eruzioni. Molti studiosi<br />

sono convinti che l’attività<br />

sia iniziata oltre quattrocentomila<br />

anni fa, anche<br />

se per molti secoli le sue<br />

pareti furono coperte da<br />

orti e vigne. Le eruzioni<br />

più violente sono quelle di<br />

Codola, Sarno Pomici e<br />

Pomici di Avellino. Quella<br />

più conosciuta è certamente<br />

l’esplosione del 79<br />

d.C. che distrusse Pompei,<br />

Ercolano e Stabia,<br />

descritta nelle pagine di<br />

Plinio il Giovane che dal<br />

cratere vide «una nube<br />

inconsueta sia per forma<br />

che per grandezza». Nel<br />

1036, invece, ci fu la<br />

prima fuoriuscita di lava,<br />

mentre fino ad allora le e-<br />

ruzioni non avevano prodotto<br />

magma. Altra data<br />

importante è quella del<br />

1631, quando il vulcano<br />

tornò in attività distruggendo<br />

Torre del Greco e<br />

Portici. Il periodo di attività<br />

meno intenso è quello<br />

del 1872-1944. Dopo, il<br />

vulcano si è fermato e la<br />

ripresa è in forte ritardo.<br />

Ma è sempre il <strong>Vesuvio</strong>: il<br />

bello addormentato sul<br />

golfo.

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