LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA - Istituto storico della ...
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Giorgio Rochat<br />
americani è praticamente dimenticata, potrebbe essere ricuperata con ricerche<br />
negli archivi delle potenze detentrici (fino all’India e all’Australia), con<br />
costi che esulano dalle possibilità dei privati, ci vorrebbe un grosso piano di<br />
studi condotto dagli Uffici storici. Purtroppo i nostri Stati maggiori non vogliono<br />
capire che un potenziamento degli studi sulla storia delle Forze armate<br />
avrebbe varie ricadute, una valorizzazione <strong>della</strong> loro identità nazionale per<br />
i giovani ufficiali (anche un approccio critico agli imprevisti del loro mestiere),<br />
una promozione <strong>della</strong> loro immagine, un migliore rapporto con la cultura<br />
nazionale.<br />
Ho divagato, torno al tema centrale, militari e Resistenza. L’incrocio tra<br />
due approcci diversi, il Dizionario <strong>della</strong> Resistenza edito da Einaudi, che<br />
riassume decenni di attività degli Istituti per la storia <strong>della</strong> Resistenza, e il<br />
col. Coltrinari nell’ultimo volume <strong>della</strong> “collana Muraca” 3 , permette una definizione<br />
<strong>della</strong> Resistenza contro il nazifascisno in quattro fronti (elencati<br />
senza una graduatoria di valore morale, pur nella loro diversità di numeri e<br />
vicende).<br />
A) la guerra partigiana, compresa la deportazione di partigiani e antifascisti<br />
nei lager tedeschi;<br />
B) la Resistenza militare nel settembre-ottobre 1943, continuata con la<br />
partecipazione di truppe italiane alla guerra partigiana nei Balcani;<br />
C) la partecipazione delle Forze armate regolari alla campagna d’Italia,<br />
oggi generalmente definita come “guerra di Liberazione” (un termine che<br />
una volta comprendeva la guerra partigiana, ma i nomi cambiano);<br />
D) la Resistenza senz’armi dei 600.000 militari prigionieri nei lager tedeschi,<br />
che in grande maggioranza rifiutarono di sottrarsi alla prigionia aderendo<br />
alla Repubblica sociale.<br />
Come tutti gli schemi, questo presenta rigidità e lacune. La più evidente è<br />
che non comprende i quasi 8.000 italiani deportati nei campi nazisti di sterminio<br />
perché ebrei, donne e uomini, vecchi e bambini mandati a morire soltanto<br />
perché ebrei. Più che nel campo <strong>della</strong> Resistenza, che presuppone una<br />
scelta individuale, ci pare vadano collocati tra le vittime <strong>della</strong> bestialità nazista,<br />
come i tanti civili massacrati dalle truppe tedesche nel corso <strong>della</strong> campagna<br />
d’Italia.<br />
Tre dei quattro fronti indicati vedono i militari come protagonisti. Ne parleranno<br />
il gen. Montanari, il col. Multari, il prof. Mantelli. Mi limito a accennare<br />
(in assenza del gen. Muraca) ai militari che dopo l’8 settembre passarono<br />
con i partigiani. Trattati in modo vergognoso dai greci, sia comunisti<br />
(con poche eccezioni), sia monarchici, inquadrati e pagati da ufficiali inglesi.<br />
Accolti non senza difficoltà dai partigiani comunisti jugoslavi e albanesi (fino<br />
a pochi giorni prima si sparavano), poi con lo stesso trattamento dei loro<br />
uomini, ossia fame, marce e privazioni. Molto apprezzati gli specialisti, medici<br />
e ufficiali di artiglieria e genio. Una vita durissima, grandi perdite, re-<br />
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