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LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA - Istituto storico della ...

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I militari del Regio Esercito nella Resistenza piemontese: dati e problemi interpretativi<br />

no a posticipare questa decisione. Per fare un esempio, anche se si tratta solo<br />

di sedici persone in tutto, possiamo citare il caso degli ufficiali col grado di<br />

generale, i quali entrano per il 44 per cento nei primissimi mesi, tra settembre<br />

e dicembre 1943, mentre nello stesso periodo compiono la scelta partigiana<br />

il 25 per cento di tutti gli ufficiali, il 13 per cento dei sottufficiali e<br />

l’11 per cento del totale degli ex militari, con un rapporto che si modificherà<br />

progressivamente nei mesi seguenti. Nella fase culminante dell’estate ’44,<br />

infatti, gli ufficiali che entrano nelle formazioni partigiane sono il 32 per<br />

cento, contro il 37 per cento dei sottufficiali e il 38,5 per cento degli ex militari<br />

considerati complessivamente.<br />

Un altro aspetto interessante, su cui è opportuno soffermarsi, riguarda la<br />

provenienza geografica dei resistenti con un passato militare, in quanto<br />

emergono dei dati niente affatto scontati. Si potrebbe infatti suppone che i<br />

non residenti in Piemonte, per la quasi totalità militari sbandati dopo l’otto<br />

settembre, non riuscendo a ritornare nei loro paesi d’origine decidano in<br />

quel frangente di entrare nelle formazioni partigiane. Ci si potrebbe dunque<br />

aspettare da parte dei non piemontesi una scelta partigiana concentrata nella<br />

prima fase <strong>della</strong> resistenza, ma non è così. Il periodo in cui anche i non residenti<br />

in Piemonte entrano in maggior numero nelle bande partigiane (42,8<br />

per cento del totale, contro il 38,5 per cento degli ex militari nel loro complesso)<br />

è quello che ho indicato prima: l’estate del ’44. Questo, anche se si<br />

possono dare letture e interpretazioni diverse, sembra indicare che la scelta<br />

di entrare nel movimento partigiano, operata da questi soggetti, non sia stata<br />

dettata prevalentemente da cause di forza maggiore (non potendo tornare a<br />

casa sono andati a fare i partigiani), ma si sia trattato di una decisione consapevole,<br />

maturata nel momento in cui la resistenza appariva sempre più chiaramente<br />

per i suoi sviluppi e i suoi esiti come la migliore scelta possibile, la<br />

scelta giusta.<br />

A questo punto vorrei introdurre un’osservazione, sempre relativa alla<br />

provenienza geografica, che mi pare abbastanza significativa. I 1.691 ex militari<br />

residenti in Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, che hanno chiesto<br />

di essere riconosciuti come combattenti nella Resistenza, come abbiamo già<br />

visto, costituiscono il 78,5 per cento del totale dei residenti nello stesso territorio<br />

che hanno chiesto il riconoscimento (compresi quindi coloro che non<br />

hanno mai prestato servizio nelle forze armate regie), mentre il totale dei<br />

soggetti con esperienza militare rappresenta il 47,7 per cento del file generale.<br />

Risulta quindi che fra i partigiani provenienti dal Sud gli ex militari erano<br />

presenti in misura decisamente superiore. Il motivo è evidente: i meridionali<br />

che hanno partecipato alla Resistenza in Piemonte e al Nord erano per la<br />

maggior parte soldati sbandati dopo la dissoluzione dell’esercito regio.<br />

Prendiamo ora in esame il colore politico. Anche qui emerge qualche dato<br />

significativo. Innanzitutto si riscontra una diversa distribuzione dell’apparte-<br />

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