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LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA - Istituto storico della ...

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parti capaci di superare con onore le prove più dure. Subito sciolti al ritorno<br />

in patria per timore del contagio comunista, un’offesa a uomini che si erano<br />

battuti come soldati italiani. E che nei decenni successivi conservarono rapporti<br />

di forte amicizia (e periodiche rimpatriate) con i partigiani comunisti<br />

con cui avevano combattuto senza che ciò mettesse in dubbio la loro lealtà<br />

all’esercito e alla Nato.<br />

Sui militari nella guerra partigiana il discorso è aperto, condizionato per<br />

decenni da ostilità e sospetti da entrambe le parti. Un dato anagrafico irrefutabile:<br />

quasi tutti i partigiani erano militari, un fatto normale in un paese in<br />

cui la leva era obbligatoria, i più anziani militari in congedo, gli altri scampati<br />

ai tedeschi all’8 settembre, più i giovani chiamati alle armi dalla Repubblica<br />

di Salò. Il problema (irrisolvibile) è di capire quanti di costoro rifiutassero<br />

l’esercito in cui avevano servito e quanti considerassero la loro milizia<br />

partigiana come continuazione <strong>della</strong> guerra fatta nelle unità dell’esercito. La<br />

gran parte dei quadri partigiani era composta da ufficiali e sottufficiali, effettivi<br />

e di complemento, che avevano esperienza di guerra e capacità di leadership<br />

in condizioni fuori <strong>della</strong> norma. Però la guerra partigiana aveva una logica,<br />

metodi, obiettivi e valori diversi da quelli di una guerra regolare.<br />

Nel dopoguerra l’esercito ricompose i suoi quadri senza una selezione politica,<br />

furono eliminati quelli che sotto Salò avevano commesso crimini “efferati”<br />

(gli altri furono ricuperati) e quelli diventati comunisti nella guerra<br />

partigiana. Governo e paese rifiutavano processi e epurazioni, l’esercito<br />

riammise anche gli ufficiali che per scampare alla prigionia in Germania<br />

avevano tradito il giuramento di fedeltà al re. Gli ufficiali partigiani non furono<br />

discriminati (il ten. Viglione e il ten, col. Marchesi giunsero ai vertici<br />

dell’esercito), ma la guerra partigiana fu rimossa. Oggi viene ricuperata, con<br />

calcoli che ci sembrano difettosi e improbabili.<br />

Una conclusione molto provvisoria è che guerra partigiana e guerra regolare<br />

sono due cose diverse, in Italia come in tutti i paesi, prescindendo dalle<br />

etichette politiche (basti pensare a quelle recenti di segni così diversi). Le<br />

Forze armate italiane devono accettare questa differenza, anche se gran parte<br />

dei partigiani erano militari. Possiamo dire che guerra partigiana e Forze armate<br />

sono entrambe espressioni autentiche e diverse del paese.<br />

NOTE<br />

Resistenza e Forze Armate<br />

1 L’unico studio dettagliato è Pasquale Iuso, La resistenza dei militari italiani all’estero. Isole<br />

dell’Egeo, Roma 1994, pp. 345 sgg. Purtroppo il volume (come gli altri <strong>della</strong> collana sulla resistenza<br />

dei militari all’estero promossa dal gen. Muraca) è quasi introvabile, bisogna richiederlo alla<br />

“Rivista militare” che lo ha stampato o rivolgersi alle poche librerie specializzate.<br />

2 Un solo esempio, fu un antifascista come Mario Scelba a autorizzare la costituzione degli archivi<br />

degli Istituti per la storia <strong>della</strong> Resistenza, in deroga alla legge sulla priorità degli Archivi di<br />

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