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LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA - Istituto storico della ...

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Michele Calandri, Marco Ruzzi<br />

ste solo sulla carta ed elabora piani assurdi, sballati, mai messi in atto 4 . Evidentemente<br />

la struttura clandestina era una sorta di rifugio, di ricovero attesistico<br />

per i militari in servizio permanente con scarsa volontà di combattere e<br />

molta speranza in un rapido arrivo degli anglo-americani, speranza assai diffusa<br />

nell’autunno del 1943.<br />

Quando appare chiaro che gli alleati risalgono lentamente l’Italia e che la<br />

guerra partigiana è ben altro dalla cospirazione pseudorisorgimentale fatta<br />

nel chiuso di qualche villa, la rete si smantella automaticamente: alcuni passano<br />

alla RSI, altri si arruolano nelle formazioni partigiane ormai organizzate<br />

e la maggioranza resta in attesa nell’ombra.<br />

Arruolarsi nella Resistenza ha il sapore amaro <strong>della</strong> contaminazione politica,<br />

<strong>della</strong> guerra popolare, una scelta mai troppo condivisa dalla casta militare,<br />

specie quando le idee sono orientate in senso progressista e la guerra<br />

non si legge unicamente in chiave patriottica e non si fa con bandiere, gradi<br />

e gerarchie prestabilite.<br />

All’iniziale indifferenza e sufficienza degli ufficiali, in particolar modo di<br />

quelli superiori, generalmente motivate dalla non condivisione di una guerra<br />

irregolare e da un inquadramento non organico, fa riscontro – da un certo<br />

momento in poi – la volontà di coinvolgimento da parte delle formazioni<br />

politiche di quei militari, di quegli ufficiali, che si reputa conoscano il mestiere<br />

delle armi. L’esigenza di sfruttare tale professionalità nelle bande partigiane<br />

(poi nelle brigate e nelle divisioni, per non parlare di comandi militari<br />

dei CLN) fa sì che si giunga a offrire forme di condivisione o di cessione<br />

di una parte del potere di conduzione <strong>della</strong> guerra di guerriglia pur di coinvolgere<br />

nella lotta i militari, come avviene in numerose formazioni, sia di<br />

ispirazione garibaldina che GL. Ai militari viene offerta la guida operativa<br />

mentre i politici si riservano mansioni organizzative e di controllo, di indirizzo<br />

generale. In molti casi la scelta di condivisione funziona: A Paralup, a<br />

Barge ed in altre aree <strong>della</strong> provincia cuneese, militari e politici giungono a<br />

forme di collaborazione più o meno aperte e cordiali; in alcuni casi evolveranno<br />

in vere e proprie sinergie e daranno origine al dualismo commissariocomandante<br />

militare. Spesso, tuttavia, le capacità tecniche dei singoli sono<br />

sopravvalutate oltre ogni dato reale e questo conduce, nel giro di poco tempo,<br />

ad esautorazioni clamorose come quella comminata nel gennaio 1944 ad<br />

un comandante di settore nel Monregalese, già tenente colonnello dell’esercito,<br />

dal comandante Enrico Martini “Mauri”.<br />

Un caso particolare è proprio quello del maggiore Enrico Martini, “Mauri”.<br />

Ufficiale degli alpini, appartenente al Corpo di Stato Maggiore e originario<br />

del Monregalese, dopo l’armistizio torna a casa e si mette subito in contatto<br />

con la struttura clandestina comandata dal tenente colonnello di cui sopra.<br />

Dopo un periodo in cui attesismo e collaborazionismo si sfiorano e si<br />

confondono, “Mauri” decide di intervenire: solleva il tenente colonnello dal<br />

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