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LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA - Istituto storico della ...

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Brunello Mantelli<br />

slavi), ed infine 265.000 nel settore affidato al gruppo di armate E (Grecia).<br />

In sintesi, quindi, 517.000 sono i disarmati in territorio metropolitano,<br />

58.700 in Francia, ben 430.000 nei Balcani. Oltre un milione, quindi.<br />

Lo sbandamento dei reparti italiani è favorito, oltre che da condizioni generali<br />

di inferiorità e disorganizzazione, dalla mancanza di disposizioni precise<br />

sul da farsi da parte del governo italiano e delle massime autorità militari<br />

di Roma: nella settimana precedente la proclamazione dell’armistizio, infatti,<br />

Badoglio ed il Comando supremo delle forze armate emanano soltanto<br />

ordini vaghi e generici (cosiddetti Promemoria 1 e 2, e Memorie 44 e 45<br />

OP), dove ci si limita a prescrivere l’obbligo di difendersi contro attacchi da<br />

qualsiasi parte provengano, ma si fa esplicito divieto di passare all’offensiva,<br />

cosa che non di rado sarebbe stata tecnicamente fattibile ed avrebbe permesso<br />

di ottenere qualche successo. Solo l’11 settembre, quando una resistenza<br />

organizzata ai reparti <strong>della</strong> Wehrmacht era ormai diventata impossibile, Badoglio,<br />

re Vittorio Emanuele III, e le massime gerarchie militari – ormai al<br />

sicuro a Brindisi sotto la protezione degli Alleati – diramano l’ordine di<br />

combattere con tutti i mezzi contro i tedeschi, senza per altro dichiarare formalmente<br />

guerra alla Germani nazionalsocialista. La dichiarazione di guerra<br />

sarebbe stata formalizzata solo in seguito, poiché Badoglio ed i suoi cercheranno<br />

di giocarsela come carta per ottenere qualche ammorbidimento delle<br />

condizioni di armistizio. Con risultati nulli.<br />

Nei giorni e nelle settimane immediatamente successivi alla cattura<br />

186.000 italiani accettano di collaborare in varie forme con i propri catturatori;<br />

86.000 (in prevalenza dislocati nell’area balcanica) dichiarano fedeltà<br />

all’alleanza a suo tempo stipulata tra l’Italia fascista e la Germania nazista e<br />

vengono incorporati nell’esercito tedesco, come combattenti o – più frequentemente<br />

– come ausiliari disarmati (Hilfswillige - HiWi); poco più di 20.000<br />

si arruolano nella Waffen SS (la branca militare <strong>della</strong> milizia di partito nazista<br />

guidata da Heinrich Himmler); 60.000 prestano servizio come HiWi nella<br />

Luftwaffe; 15.000 sarebbero passati dai campi di prigionia tedeschi al nuovo<br />

esercito fascista repubblicano che Mussolini ed i gerarchi rimastigli fedeli<br />

stanno cercando di mettere assieme, ed infine 5.000 sarebbero stati rimpatriati<br />

per motivi di vario genere.<br />

Tutti gli altri rifiutano di collaborare in qualsiasi forma con il Terzo Reich<br />

e con i suoi alleati di Salò, e scelgono la prigionia. Circa 25.000 sono ufficiali,<br />

il resto sottufficiali e truppa; come è prassi consueta per qualsiasi esercito<br />

che catturi militari nemici, i due gruppi vengono immediatamente separati,<br />

allo scopo di frantumare la struttura organizzativa e di spezzare le gerarchie<br />

interne ai reparti costretti ad arrendersi. Gli ufficiali (compresi medici e<br />

cappellani) sono detenuti in campi appositi, denominati Offizierslager (abbreviazione<br />

Offlag); gli altri finiscono nei Mannschaftsstammlager (campi<br />

base di prigionia, abbreviazione Stalag). Una statistica parziale di fonte tede-<br />

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