I FILM I FILM - Lombardia Spettacolo
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hanno per sfondo il mondo del jazz, ma in entrambi i casi si tratta fondamentalmente di<br />
storie d’amore: la prima, controversa e tormentata, si svolge nel dopoguerra e lega la cantante<br />
Francine Evans (Liza Minnelli) al sassofonista Jimmy Doyle (Robert De Niro) in New<br />
York, New York di Martin Scorsese; la seconda è, al contrario, un “triangolo” sentimentale<br />
che si dipana nella Brooklyn contemporanea, ed è imperniata sulle oscillazioni del volubile<br />
trombettista Bleek Gilliam (Denzel Washington) indeciso tra due donne in Mo’ Better Blues<br />
di Spike Lee.<br />
Il jazz-film<br />
Rimanendo nell’ambito del jazz, vien fatto di osservare come anche intorno a questo genere<br />
musicale sia venuto stratificandosi, nel tempo, un considerevole corpus cinematografico;<br />
tuttavia, l’argomento rende necessarie alcune precisazioni. In primo luogo, il termine “jazz”<br />
ha progressivamente incorporato un raggio talmente vasto di esperienze musicali (dal<br />
“New Orleans style” dei primordi allo swing, al be-bop, al free, all’improvvisazione di stampo<br />
più intransigente e radicale) che oggi non è più possibile ravvisare in questa denominazione<br />
connotazioni sufficientemente precise. D’altra parte, è pur vero che il grande pubblico<br />
continua ad associare all’universo jazzistico un certo numero di costanti stilistiche e<br />
iconografiche, che vanno dalle sonorità concilianti, dalle facce sorridenti e dal virtuosismo<br />
di Louis Armstrong, Benny Goodman o Ella Fitzgerald alle grandi orchestre alla Duke Ellington<br />
o alla Count Basie, per spingersi solo occasionalmente ai locali scuri e fumosi che<br />
hanno visto agire alcuni tra gli esponenti più popolari della musica afro-americana in senso<br />
stretto (Charlie Parker, John Coltrane, Dizzy Gillespie, Miles Davis, Charles Mingus,...). Per<br />
quanto ci riguarda, occorre distinguere ulteriormente: molto noir americano e francese, per<br />
esempio, utilizza le atmosfere jazzistiche in funzione di “marca di genere”; vi sono poi film la<br />
cui colonna musicale può vantare firme di grande prestigio (come Ascensore per il patibolo<br />
di Louis Malle/Miles Davis o Anatomia di un omicidio di Otto Preminger/Duke Ellington); un<br />
altro filone - datato soprattutto intorno agli anni ’30 e ’40 - mette in scena storie ambientate<br />
nel milieu del jazz o interpretate da celebri musicisti (sulla falsariga di un celebre musical<br />
all-black: Stormy Weather di Andrew Stone, con Fats Waller e Lena Horne); e ci sono<br />
autori - Woody Allen, Spike Lee, John Cassavetes o Martin Scorsese, per fare qualche nome<br />
- che spesso e volentieri hanno fatto ricorso a questa musica, nelle sue varie sfaccettature,<br />
nel progettare le loro soundtrack. Sono “jazzistiche”, ognuna in maniera diversa, pellicole<br />
quali Daunbailò di Jim Jarmusch (in cui il sassofonista John Lurie figura contemporaneamente<br />
nelle vesti di attore e di compositore) o I favolosi Baker di Steve Kloves; e non vanno<br />
inoltre dimenticati i documentari, anche se dal taglio molto particolare (vedi Let’s Get Lost<br />
di Bruce Weber, dedicato al trombettista Chet Baker, o Straight, No Chaser di Charlotte<br />
Zwerin, sul pianista Thelonious Monk). Infine - riallacciandosi a un capitolo già trattato in<br />
precedenza - ecco le biografie, dichiarate o mascherate: ci ha provato anche il nostro Pupi<br />
Avati (alle prese, in Bix, con un mito personale come il cornettista degli anni ’20 Bix Beiderbecke),<br />
ma i risultati non sono stati entusiasmanti. Molto più riusciti ed emozionanti<br />
appaiono, senza alcun dubbio, i tentativi di Bertrand Tavernier e di Clint Eastwood: il francese<br />
nel tratteggiare (avvalendosi, in Round Midnight, della partecipazione di un grande musicista<br />
come Dexter Gordon) gli anni dai ’50 ai ’60, vale a dire l’epoca in cui l’Europa in gene-<br />
10 ARRIVANO I <strong>FILM</strong>