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I FILM I FILM - Lombardia Spettacolo

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Giunti infine all’obitorio la bambina non riconosce nel cadavere il suo aggressore e si allontana<br />

di corsa. Ormai è sera. Sciarra smaschera l’uccisione in commissariato, in seguito a un<br />

interrogatorio molto duro, del sospetto. Il riconoscimento doveva servire a mettere a tacere<br />

la cosa. Ora va al porto con Domenica che gli vuole regalare gli occhiali. In contraccambio<br />

lo vuole come testimone al suo matrimonio e pretende che glielo prometta. Sciarra<br />

promette, consapevole com’è della brevità del tempo che gli resta, e parte per la Sicilia.<br />

ANALISI DELLA STRUTTURA<br />

Wilma Labate è una regista che nei suoi due film precedenti Ambrogio (1992) e La mia generazione<br />

(1996) ha dimostrato di essere in grado di raccontare temi difficili con grande equilibrio<br />

e pudore narrativo. Questa volta sceglie un’unità di tempo, di luogo e di azione ben<br />

definita. L’arco di una giornata, la città di Napoli l’ultimo incontro tra un ispettore di polizia<br />

e una bambina. Sgomberiamo subito il campo da quello che narrativamente appare come<br />

un pre/testo: la necessità, da parte del commissario e del suo braccio destro, di coprire l’esito<br />

tragico di un interrogatorio troppo pesante. È l’elemento che serve a dare il via alla<br />

narrazione e a fornire alcuni elementi sull’aspetto “professionale” di Sciarra. Non ha mai<br />

picchiato a sproposito (e si “confessa” il suo pentimento alla suora per l’unica volta in cui<br />

gli è capitato) ed è capace di provare un’umana pietà per gli ultimi, così come sente profondo<br />

disprezzo per chi pensa solo a se stesso trattando gli altri come “cose”.<br />

Il film è piuttosto un viaggio che segue due percorsi che si intersecano: quello all’interno<br />

delle coscienze dei protagonisti e quello attraverso una città pasolinianamente intesa come<br />

un “mondo squallido di destituzione, di afasia, di estremità assoluta…senza sviluppo o redenzione”.<br />

La città, sia sul piano urbanistico che su quello del tessuto sociale, viene mostrata con<br />

modalità assolutamente antiretoriche. Napoli non è solo strade affollate, traffico incontrollato,<br />

“bassi” fatiscenti, abitazioni lesionate dal terremoto e mai ristrutturate. È anche un orfanotrofio<br />

luminoso e ben attrezzato, delle case abitabili, delle piazzette quiete dove ci si può<br />

ancora addormentare all’aperto. Così come l’umanità che la rende viva è caratterizzata da<br />

una varietà di caratteri che non hanno mai nulla di folkloristico o di gratuito.<br />

Proviamo a seguire lo sviluppo del film per evidenziare i “segni” di cui la regista dissemina<br />

una storia apparentemente molto lineare e che Carlo Tagliabue invece definisce così: «Girato<br />

seguendo una sceneggiatura che definiremmo geometrica, Domenica mostra uno stile<br />

rigoroso, dove non c’è spazio per sbavature, o per indulgere in facili coinvolgimenti emotivi<br />

da parte dello spettatore. Il teorema che si vuole dimostrare privilegia una scansione narrativa<br />

asciutta, dove la sospensione del racconto volutamente spinge verso la limatura di<br />

ogni ridondanza per raggiungere e mettere a nudo l’essere di Sciarra e di Domenica».<br />

(Film, n°50, marzo-aprile 2001)<br />

La città è protagonista fin dai titoli di testa. Sciarra non guarda il cadavere all’obitorio così<br />

come Domenica manifesterà un desiderio analogo. Le motivazioni sono diverse e le scopriremo<br />

nel corso del film. Sciarra non è napoletano, lo verremo a sapere dalla destinazione<br />

del suo ultimo viaggio e da un commento della bambina ma lo intuiamo subito dalla richiesta<br />

di puntualità disattesa. Esplicita è la sua risposta: «Magari» al commissario che afferma<br />

che a dare retta ai medici si ritorna tutti bambini.<br />

88 ARRIVANO I <strong>FILM</strong>

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