I FILM I FILM - Lombardia Spettacolo
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ciclicità, le iterazioni” (Cremonini/Cano). La “narratività” da noi evocata ha più propriamente<br />
a che vedere con la nozione di leit-motiv (in tedesco, “motivo conduttore”): coerentemente<br />
alle sue originarie connotazioni musicologiche, il leit-motiv ha trovato applicazione<br />
nelle partiture cinematografiche in qualità di “tema dominante”, destinato cioè alla costante<br />
reiterazione di un’atmosfera e di un’impronta che possono caratterizzare sia l’intero film<br />
sia uno dei suoi personaggi (in genere, com’è ovvio, quello principale).<br />
Funzioni ritmiche<br />
Il ritmo di un film può essere determinato tanto dalla successione degli eventi che vi hanno<br />
luogo quanto dal découpage, ovvero dalla scansione che il montaggio instaura tra inquadratura<br />
e inquadratura e/o fra sequenza e sequenza (oppure, più spesso, dall’interazione di<br />
entrambi i fattori).Tuttavia, un ulteriore elemento in grado di accentuare la pulsazione ritmica<br />
di una narrazione cinematografica è proprio la componente musicale, specie quando il<br />
suo intervento viene esplicitamente a sovrapporsi alla dinamica imposta dal découpage.<br />
Funzioni produttive<br />
Esistono casi in cui la colonna musicale si svincola in maniera decisa e marcata da qualsiasi<br />
funzione di puro e semplice commento nei confronti di ciò che scorre sullo schermo,<br />
intrattenendo con la componente visiva relazioni assai più complesse e articolate: la definizione<br />
“funzioni produttive” allude appunto a una concezione apertamente dialettica, spesso<br />
ai limiti dello scontro o del contrasto (esempi in tal senso abbondano nel cinema del grande<br />
Stanley Kubrick), della sovrapposizione tra suoni e immagini. Si tratta di una questione<br />
ampiamente dibattuta fin dagli anni immediatamente successivi all’introduzione del sonoro,<br />
allorché vennero formalizzate (da teorici come Béla Balázs) le prime riflessioni intorno<br />
all’esplorazione in senso creativo dei nuovi orizzonti linguistici che il mezzo cinematografico<br />
vedeva schiudersi davanti a sé; l’auspicio era che i suoni potessero essere utilizzati «in<br />
funzione complementare e dialettica rispetto all’immagine e al montaggio, e non puramente<br />
integrativa o pleonastica. D’altronde, già nel 1928 i registi-teorici sovietici Sergej Ejzens˘tejn<br />
e Vsevolod Pudovkin avevano firmato, insieme a Grigorij Aleksandrov, un breve testo teorico-programmatico<br />
sul cinema sonoro, che venne divulgato e conosciuto come “manifesto<br />
dell’asincronismo”, in cui sostenevano la validità del nuovo ritrovato tecnico e si preoccupavano<br />
di indicare, nell’impiego contrappuntistico del suono rispetto all’immagine, delle<br />
“possibilità di nuove e più perfette forme di montaggio”» (Rondolino).<br />
Funzioni emotive<br />
Che la musica possegga la capacità di indurre nell’ascoltatore reazioni di ordine emotivo è<br />
un fatto sul quale tutti - compresi coloro che non hanno grande dimestichezza con i vari<br />
livelli delle esperienze sonore - sono più o meno disposti a concordare. Di conseguenza, è<br />
abbastanza comprensibile che l’accostamento fra musica e immagini cerchi con una certa<br />
frequenza di suscitare effetti che tocchino direttamente la sfera “sensoriale” dello spettatore;<br />
tuttavia, è altrettanto vero che tali stimolazioni possono essere attivate (in funzione dei<br />
differenti tipi di pubblico ai quali ci si rivolge) secondo strategie assai eterogenee, che<br />
vanno dalle più facili e corrive alle più raffinate e sofisticate.<br />
PERCORSI 13