Babel 008 - Parliamo di Videogiochi
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a cura <strong>di</strong> Simone “Karat45” Tagliaferri<br />
LA<br />
CRU<br />
DEL<br />
TA’<br />
E ti capita <strong>di</strong> scrivere un articolo<br />
[http://arslu<strong>di</strong>ca.org/2<strong>008</strong>/08/07<br />
/shepard-il-generale-custer-e-lacrudelta/]<br />
in cui affermi che l’incoscienza<br />
anarchica e amorale<br />
che ha portato qualcuno a sviluppare<br />
un gioco come Custer’s Revenge<br />
per Atari 2600, aveva<br />
mostrato come sfruttare il me<strong>di</strong>um<br />
videolu<strong>di</strong>co per mettere il<br />
giocatore <strong>di</strong> fronte a una scelta<br />
paradossale dettata dal contenuto:<br />
giocare o non giocare?<br />
E ti capita poi <strong>di</strong> pensare che,<br />
in fondo, quel gioco in cui si stuprava<br />
un’in<strong>di</strong>ana legata a un palo<br />
era terribile più per il modo in cui<br />
veniva presentato, che per il contenuto<br />
in sé. Se lo stesso identico<br />
gioco si fosse chiamato Custer’s<br />
Love e se ci fosse stato scritto sul<br />
manuale utente che Custer, innamorato<br />
<strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>ana, doveva raggiungerla<br />
per coronare il loro<br />
sogno d’amore facendo sesso<br />
sfrenato, lo scandalo si sarebbe<br />
evitato. Anzi, probabilmente si<br />
sarebbe ricordato il gioco come<br />
un me<strong>di</strong>ocre tentativo <strong>di</strong> realizzare<br />
un porno interattivo su una<br />
console dalle potenzialità grafiche<br />
decisamente limitate, e magari<br />
qualcuno lo avrebbe innalzato a<br />
esempio <strong>di</strong> tolleranza e amore tra<br />
i popoli. Invece, gli autori hanno<br />
tenuto a sottolineare che <strong>di</strong> stupro<br />
si trattava, venendo giustamente<br />
ad<strong>di</strong>tati come razzisti,<br />
sessisti e anche un po’ stronzi,<br />
<strong>di</strong>ciamocelo.<br />
E quin<strong>di</strong> ti capita <strong>di</strong> riconsiderare<br />
l’oggetto dello scandalo e <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>viduarlo più nel modo con cui<br />
il gioco è stato presentato e ven-<br />
www.arslu<strong>di</strong>ca.org<br />
duto, che nel suo contenuto vero<br />
e proprio. Contenuto, del resto,<br />
tranquillamente manipolabile in<br />
più sensi: un paio <strong>di</strong> frasi e lo si<br />
poteva capovolgere. Magari i puritani<br />
lo avrebbero ad<strong>di</strong>tato lo<br />
stesso - altrimenti che puritani<br />
sarebbero? - ma va ricordato che,<br />
nonostante i pixel grossi come<br />
brufoli, anche le vecchie console<br />
e i computer a 8 bit avevano una<br />
<strong>di</strong>screta scelta <strong>di</strong> titoli proibiti. I<br />
quali, a parte qualche battuta,<br />
non suscitarono reazioni degne <strong>di</strong><br />
passare alla storia.<br />
Nello stesso, citavo come<br />
esempio anche Shellshock dei<br />
Guerrilla (gli stessi <strong>di</strong> Killzone) in<br />
cui è necessario torturare dei prigionieri<br />
per andare avanti. Ovviamente<br />
i torturati fanno parte<br />
dell’esercito rivale, ma poco importa.<br />
In questo caso lo scandalo<br />
è stato sicuramente minore,<br />
anche se non sono mancate parole<br />
<strong>di</strong> sdegno da parte soprattutto<br />
della stampa specializzata,<br />
che pare non abbia apprezzato<br />
molto. Eppure la tortura calza a<br />
pennello in un gioco de<strong>di</strong>cato alla<br />
guerra del Vietnam. Molti film critici<br />
verso l’operato degli Stati<br />
Uniti durante il conflitto ne hanno<br />
in più occasioni mostrato i lati<br />
oscuri. Penso ad Apocalypse Now<br />
o a Platoon, tanto per fare due<br />
esempi celebri. I videogiochi, invece,<br />
hanno sempre tergiversato<br />
e si sono limitati a proporne il<br />
lato eroico. Il lato buono per la<br />
propaganda, insomma, come del<br />
resto hanno sempre fatto per<br />
tutte le guerre (ad esempio la<br />
Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale). I due<br />
stessi film citati, ridotti in pixel,<br />
sono stati stravolti nel contenuto.<br />
I Guerrilla, con un atto provocatoriamente<br />
consapevole, hanno<br />
volutamente scelto <strong>di</strong> rompere la<br />
retorica dell’eroe, trasformando il<br />
giocatore in un torturatore e mettendolo<br />
davanti a una scelta: giocare<br />
o non giocare? Partecipare al<br />
gioco torturando, oppure rifiutarlo<br />
abbandonandolo? La scelta<br />
non è scontata perché ci sono<br />
molti fattori da considerare, e<br />
credo che, nella stragrande maggioranza<br />
dei casi, chi ha acquistato<br />
il gioco abbia deciso <strong>di</strong><br />
proseguire... almeno per non vanificare<br />
i sol<strong>di</strong> spesi.<br />
Proseguire sì, ma all’interno <strong>di</strong><br />
un contesto alterato in cui l’eroi-<br />
smo è macchiato e appannato da<br />
un gesto collegato, nell’immaginario<br />
comune, ai ‘cattivi’. Sono i<br />
cattivi che torturano provocando<br />
dolore. Lo fanno per estorcere<br />
informazioni, per far confessare<br />
qualcosa oppure, semplicemente,<br />
per causare sofferenza in onore<br />
al loro ruolo. Le torture inflitte dai<br />
cattivi possono essere mostruose<br />
ma, nell’immaginario collettivo,<br />
sono accettabili e, anzi, rendono<br />
più giusta la vendetta. Anche<br />
quando questa sa essere crudele,<br />
non a caso il lettore trova tanta<br />
più sod<strong>di</strong>sfazione nel seguire le<br />
gesta del Conte <strong>di</strong> Montecristo,<br />
più apprende delle sofferenze che<br />
ha patito.<br />
Il deuteragonista è destinato a<br />
morire, oppure semplicemente a<br />
perdere. Ma come si può giocare<br />
con qualcosa che ci rende torturatori?<br />
Anche solo per un attimo<br />
si è costretti a straniarsi dal gioco<br />
e a compiere una scelta esterna a<br />
esso, fosse pure presa in un solo<br />
secondo - a meno che uno non<br />
sia un sa<strong>di</strong>co pazzo che si <strong>di</strong>verte<br />
a torturare le persone - per poter<br />
continuare a giocare. In questo<br />
senso il contenuto videolu<strong>di</strong>co <strong>di</strong>venta<br />
destabilizzante, perché<br />
rompe la trama dell’ovvio e,<br />
senza offrire alternative accetta-<br />
In Shellshock il delirio <strong>di</strong> onnipotenza<br />
del giocatore, solitamente<br />
incanalato su binari morali atti a<br />
giustificarlo, viene smascherato e<br />
brutalizzato. Come in Custer’s Revenge,<br />
l’atto viene mostrato senza<br />
me<strong>di</strong>azioni, ma con una volontà<br />
autoriale più forte e me<strong>di</strong>tata,<br />
meno legata allo sghignazzo volgare<br />
e più cosciente delle sue possibilità<br />
bili in gioco, costringe a rinegoziare<br />
i propri valori fuori da esso.<br />
A quel punto non c’è trama che<br />
tenga e il risultato appare scontato:<br />
per andare avanti ho torturato.<br />
Volente o no, sono stato<br />
partecipe <strong>di</strong> quel gesto. Anzi, io<br />
stesso l’ho compiuto deliberatamente.<br />
Non ne sono colpevole,<br />
ovviamente - neanche tanto - e<br />
non ho causato alcun dolore<br />
reale. Anzi, posso anche vederlo<br />
come un modo per rappresentare<br />
la guerra con più realismo rispetto<br />
a un Vietcong o a un Call<br />
of Duty qualsiasi. Ma è il mio<br />
agire che ha prodotto quella rappresentazione<br />
<strong>di</strong> cui sono <strong>di</strong>ventato<br />
attore consapevole. Una<br />
rappresentazione che, davanti a<br />
un mio <strong>di</strong>niego, sarebbe rimasta<br />
latente e sospesa tra le righe del<br />
co<strong>di</strong>ce.<br />
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