Rivista n 1- 2010.bisAqxd - Dott. Vito CM Milisenna
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24<br />
... nel cassetto ...<br />
Rubrica Amarcord di Filippo Siciliano<br />
RILEGGENDO L’APOLOGIA DI SOCRATE<br />
L’apologia è, dei miei livres de<br />
chevet, uno dei più amati e che più<br />
frequentemente riprendo per rileggerne<br />
alcune pagine. Da qualsiasi<br />
punto tuttavia io inizi la lettura, so<br />
già che non lo riporrò senza prima<br />
aver riletto il passo in cui Socrate,<br />
rivolgendosi all’assemblea dei concittadini-giudici<br />
così parla loro: “Se<br />
voi diceste a me così : O Socrate, noi<br />
non volgiamo ora dar retta ad Anito<br />
e ti lasciamo andare, a patto però che<br />
tu non perda più il tuo tempo in<br />
codeste ricerche , né più ti occupi di<br />
filosofia; e se sarai<br />
colto a far tuttavia<br />
di codeste cose ne<br />
morirai. Se dunque,<br />
come dicevo,<br />
voi a questi patti<br />
mi lasciate andare,<br />
sebbene, io vi<br />
risponderei così;<br />
O miei concittadini<br />
di Atene,<br />
io vi sono obbligato<br />
e vi amo, ma<br />
obbedirò piuttosto<br />
al Dio che a voi, e<br />
finchè io abbia<br />
respiro , e finchè<br />
io ne sia capace,<br />
non cesserò mai di<br />
filosofare e di<br />
esortarvi e ammonirvi,<br />
chiunque io<br />
incontri di voi e<br />
sempre, e parlandogli<br />
al mio solido<br />
modo”.<br />
Dobbiamo<br />
credere che queste parole, tramandateci<br />
da Platone, siano state effettivamente<br />
pronunciate da Socrate poiché,<br />
a ben meditarle, esse si presentano<br />
a noi come la sintesi più compiuta<br />
e perfetta di quella sua esemplare<br />
parabola terrena in cui vita e<br />
morte sono una l’immagine speculare<br />
dell’altra.<br />
Una vita che egli consumò<br />
giorno per giorno con l’impegno<br />
costante di far aderire ogni suo atto<br />
ai due valori etici che furono dominanti<br />
nel suo pensiero: virtù e giusti-<br />
zia.<br />
Una tale coerenza non poteva<br />
non esigere che egli la facesse<br />
risplendere nel momento in cui<br />
dovette accettare di morire come<br />
effetto di una ingiusta condanna.<br />
Alternative alla morte sarebbero<br />
state l’esilio, la fuga, il ripudio del<br />
suo pensiero. Egli comprese che non<br />
aveva scelta.<br />
Sono più d’uno gli insegnamenti<br />
che sono venuti alle generazioni<br />
di ogni tempo e di ogni paese<br />
dalla sua dottrina e dal suo esempio,<br />
ma su tutti si eleva il messaggio che<br />
scaturisce da quelle parole indirizzate<br />
ai giudici che si accingevano a<br />
condannarlo. Un messaggio di libertà<br />
come insopprimibile e inalienabile<br />
diritto dell’uomo, coessenziale<br />
alla sua natura; di dignità come diritto<br />
al rispetto di chiunque sia esso<br />
singolo o comunità.<br />
“O miei concittadini di Atene,<br />
io vi sono obbligato e vi amo, ma<br />
obbedirò piuttosto al Dio che a voi”:<br />
il Dio era la voce che “dentro gli dettava”<br />
ossia il richiamo ineludibile<br />
della coscienza.<br />
Ritornano alla memoria le<br />
parole di Antigone che rivendica<br />
dinnanzi al re Creonte, la legittimità<br />
morale della sua trasgressione, affermando<br />
la superiorità della legge<br />
della coscienza sulla legge scritta.<br />
Il sentiero tracciato da Sofocle<br />
sarà percorso da Socrate e, dopo di<br />
lui, dai martiri cristiani, da Jan Uus e<br />
da Tommaso Moro, da quanti hanno<br />
scelto la via del martirio preferendola<br />
alla diserzione della fede, al tradi-