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Numero 3 (3.6 MB) - SAT Società degli alpinisti Tridentini

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È consuetudine che l’ascensione<br />

venga preparata consultando le guide<br />

<strong>alpinisti</strong>che, ricche di foto, schizzi, relazioni.<br />

Lo stesso CAI, in collaborazione<br />

col Touring Club Italiano (TCI) si è<br />

fatto promotore negli anni di una ricca<br />

collana che ormai copre tutto l’arco alpino<br />

e parte di quello appenninico. Proprio<br />

queste pubblicazioni si rivelano tra<br />

le più utili per affrontare le vie di neve,<br />

ghiaccio e misto delle nostre montagne<br />

più alte, dagli itinerari più semplici, le<br />

cosiddette “normali”, a quelle che per<br />

bellezza e difficoltà sono diventate delle<br />

classiche che non possono mancare nel<br />

curriculum di un alpinista.<br />

Affrontando diverse salite di questo<br />

genere durante l’estate appena terminata,<br />

è accaduto in più occasioni di notare<br />

delle discrepanze più o meno marcate tra<br />

l’itinerario descritto nelle guide e quello<br />

effettivamente affrontato. Alcune delle<br />

guide del CAI-TCI sono state pubblicate<br />

negli anni Cinquanta, e da allora non<br />

sono state più rivisitate. Capita così che,<br />

a causa soprattutto del ritiro dei ghiacciai,<br />

la morfologia del terreno sia mutata,<br />

talvolta riducendo le difficoltà, più spesso<br />

incrementandole.<br />

La sparizione dei ghiacci, infatti, lascia<br />

il posto a morene di massi instabili<br />

che, via via che il terreno diventa verticale,<br />

espone l’alpinista a pericolose scariche<br />

detritiche. È altresì vero, inoltre, che<br />

solitamente è meno impegnativo salire<br />

un pendio o un canale ben innevato o<br />

ghiacciato, calzando i ramponi, piuttosto<br />

che affrontarlo in condizioni di roccia<br />

“delicata”.<br />

Qualche esempio: la guida CAI-TCI<br />

“Presanella” del 978, curata da Dante<br />

Ongari, riporta la salita dal rifugio Denza<br />

per il versante Ovest (via normale).<br />

«Superato il crepaccio terminale si giunge<br />

alla Sella di Freshfield, 3375 m. Da lì<br />

si scende di poco a E sulla vedretta di<br />

Nardìs e passato agevolmente il crepaccio<br />

terminale si volge a sinistra quasi in<br />

piano…». Abbiamo salito la Presanella<br />

lo scorso 0 giugno per l’itinerario appena<br />

descritto e la Sella di Freshfield si presentava<br />

in condizioni assai diverse: niente<br />

neve o ghiaccio sul versante Est bensì<br />

un canale-camino di roccia instabile, che<br />

abbiamo scelto di affrontare in corda<br />

doppia. Stessa paretina e stesse difficoltà<br />

anche in salita, sulla via del ritorno. Nulla<br />

di impossibile, sia chiaro, però un itinerario<br />

“normale”, fino a qualche anno<br />

fa di sola neve e ghiaccio (se non si considerano<br />

le semplici roccette terminali),<br />

ora presenta delle difficoltà su roccia<br />

precaria che solo trent’anni fa l’Ongari<br />

non descrisse.<br />

Stesso discorso per il Carè Alto, affrontato<br />

il 29 luglio per il Canalone Centrale<br />

dal rifugio Carè Alto. Già nel 954<br />

gli autori della guida “Adamello” mettevano<br />

in guardia dal «pericolo di caduta<br />

pietre, da percorrersi di buon mattino e<br />

lestamente». «Utilissimi ramponi», si legge<br />

nella guida, il che fa supporre che allora<br />

nel canale si rinvenisse neve o ghiaccio,<br />

dei quali, ormai da molti anni, non<br />

se ne trova invece nemmeno l’ombra.<br />

Anche nel gruppo del Bernina i<br />

ghiacciai stanno lasciando il posto ad aride<br />

morene. Per attaccare la Biancograt,<br />

salita di misto che porta in cima prima<br />

al Pizzo Bianco e poi al Piz Bernina, si<br />

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