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Il recupero del parco - Trentino Salute

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Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

venga restituito al paziente arricchito<br />

di nuove cariche vitali.<br />

<strong>Il</strong> bagaglio tecnico <strong>del</strong>l’operatore<br />

non è di per sé sufficiente se non<br />

viene collocato all’interno di una dimensione<br />

intersoggettiva. <strong>Il</strong> paziente,<br />

infatti, ha bisogno di esperire una<br />

relazione con una persona che gli si<br />

ponga come “officina <strong>del</strong>la mente”,<br />

un’officina nella quale compiere<br />

quelle operazioni negate dall’ambiente<br />

primario. In questo spazio<br />

relazionale e su questa persona<br />

il paziente deposita alcuni affetti,<br />

alcune emozioni, alcuni pensieri,<br />

alcuni desideri, ritenuti troppo<br />

dolorosi da sostenere da soli.<br />

L’operatore deve quindi prestare se<br />

stesso per vicariare quelli strumenti<br />

assenti ma non necessariamente<br />

mancanti al paziente, accettando<br />

di porsi in aree <strong>del</strong>lo sviluppo<br />

molto primitive e di conseguenza<br />

molto angoscianti.<br />

Gli scopi <strong>del</strong>la cura <strong>del</strong> paziente<br />

psicotico possiamo riassumerli in<br />

questo modo: da una parte condurre<br />

il paziente a poco a poco alla capacità<br />

di sentire i suoi limiti, di esprimerli<br />

senza essere distrutto dall’odio<br />

che provoca in lui il riconoscimento<br />

<strong>del</strong>la doro esistenza, di dirli invece<br />

di negarli come ha fatto finora con<br />

il <strong>del</strong>irio e le allucinazioni o stabilendo<br />

relazioni simbiotiche, in altre<br />

parole uscire dal mondo rassicurante<br />

<strong>del</strong>la psicosi per accettare il lutto<br />

primario descritto da Racamier e sentire<br />

nascere una propria soggettività,<br />

una propria identità senza l’inevitabile<br />

terrore <strong>del</strong>la separazione e<br />

<strong>del</strong>la morte. Dall’altra il <strong>del</strong>icato tentativo<br />

di costruire o ricostruire il<br />

fondo psichico inteso come la sen­<br />

sazione fisica di coesione, continuità<br />

e vitalità. In questa impresa l’operatore<br />

deve accettare l’uso che fa di<br />

lui il paziente per la continua tessitura<br />

di una trama molto <strong>del</strong>icata e<br />

sottile, facilmente soggetta a fratture<br />

e lacerazioni. L’operatore con il<br />

suo modo di porsi, con la sua competenza<br />

e la sua professionalità è<br />

responsabile di garantire la continuità<br />

e l’esistenza senza sentirsi responsabile<br />

anche <strong>del</strong>la trama che invece<br />

è <strong>del</strong> paziente essendo sua e solo sua<br />

la sua vita.<br />

L’operatore e il servizio quindi<br />

devono creare una situazione in cui<br />

possa organizzarsi il fondo psichico<br />

attraverso una relazione caratterizzata<br />

da un senso di calore, continuità,<br />

fluidità, vitalità e personalizzazione.<br />

<strong>Il</strong> paziente cercherà di stabilire<br />

con noi una relazione senza tempo,<br />

senza fine, in sintesi una relazione<br />

simbiotica. Noi dobbiamo rinunciare<br />

a questa chimera di una relazione<br />

stupenda, eterna, senza conflitti.<br />

Dobbiamo invece strutturare una relazione<br />

vissuta dal paziente come<br />

affidabile, ma nello stesso tempo<br />

come lacunosa, insufficiente, incapace<br />

di colmare tutti i suoi limiti e<br />

di rispondere subito alle sue attese<br />

onnipotenti che attivano facilmente<br />

le altrettanto onnipotenti concezioni<br />

di una certa psichiatria. Questa<br />

struttura deve essere solida per resistere<br />

agli sbalzi prodotti dalla sofferenza<br />

e dalla collera <strong>del</strong> paziente<br />

di fronte alla nostra incapacità o al<br />

nostro rifiuto di svolgere questa<br />

funzione simbiotica. Sofferenza e<br />

collera che l’operatore deve essere<br />

in grado di accogliere per po­<br />

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