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Il recupero del parco - Trentino Salute

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<strong>Il</strong> <strong>recupero</strong> <strong>del</strong> <strong>parco</strong><br />

70<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Punto Omega n. 12/13<br />

sendo le specie adatte, fossero<br />

messe a dimora molte conifere:<br />

questo spiegherebbe non solo la<br />

loro attuale presenza, considerata<br />

anche la longevità di alcune di<br />

queste specie, ma anche l’apparente<br />

irregolarità <strong>del</strong>l’impianto.<br />

Le piante messe a dimora alla<br />

fine <strong>del</strong> secolo scorso crebbero e<br />

furono probabilmente integrate da<br />

altre, simili per specie e genere,<br />

seguendo lo sviluppo urbanistico<br />

<strong>del</strong> complesso manicomiale. Già dal<br />

periodo <strong>del</strong>la prima guerra mondiale<br />

sembrano pressoché spariti i<br />

giardini all’italiana, che rimasero<br />

forse solo in parte segnati sul terreno.<br />

È interessante notare come mentre<br />

il padiglione centrale fungeva<br />

anche da sede di rappresentanza,<br />

i due nuovi padiglioni, il Perusini<br />

ed il Pandolfi, erano destinati a<br />

quelli che erano chiamati "agitati";<br />

questi due edifici erano dotati<br />

di un cortile recintato da un muro<br />

d’altezza pari a due metri circa verso<br />

l’interno.<br />

I due nuovi padiglioni furono<br />

costruiti negli anni 1903-1905 e<br />

probabilmente successiva a tale<br />

data è l’epoca di piantumazione<br />

degli stessi cortili; vennero inaugurati<br />

solo dopo la fine <strong>del</strong>la guerra<br />

(1920).<br />

Nel corso dei decenni sparirono<br />

quasi tutte le alberature presenti<br />

all’interno <strong>del</strong> Padiglione Centrale,<br />

tutte quelle presenti sul fronte<br />

sud-ovest, quasi tutte a parte un<br />

nucleo residuo lungo la strada sul<br />

suo lato nord-est. Ne resistettero<br />

alcune di quelle presenti lungo la<br />

facciata principale.<br />

Degna di nota è la tradizione di<br />

una doppia alberatura sul viale<br />

centrale, che pur con alterne vicende<br />

ed avvicendamenti di specie, è<br />

rimasto fino ai giorni nostri: non<br />

sarà l’ultimo l’impianto lungo lo<br />

stesso viale di Lagestroemie nel<br />

periodo Castelli (complessivamente<br />

150 piante nell’anno 1965).<br />

b) Area Collinare<br />

Sembra assodato che a partire dall’anno<br />

<strong>del</strong>l’inaugurazione <strong>del</strong> primo<br />

edificio, la destinazione di quasi<br />

tutta l’area posta sulla collina,<br />

allora non completamente di proprietà,<br />

fosse agricola. In particolare<br />

un’ampia zona era prativa<br />

mentre un’altra consistente fetta<br />

era specificamente agricola: era<br />

coltivata sulle aree pianeggianti<br />

prospicienti maso San Pietro, terrazzata<br />

a vigneto nell’anfiteatro<br />

posto a valle di Maso San Pietro,<br />

alberata con piante da frutto scendendo<br />

dall’acquedotto austriaco<br />

fin quasi all’edificio <strong>del</strong>l’Obitorio.<br />

Sulle "rive" segate e/o pascolate<br />

a monte <strong>del</strong>l’edificio principale<br />

emergevano vecchi castagni. Solo<br />

uno stretto lembo di bosco scendeva<br />

dalle pendici <strong>del</strong> colle <strong>del</strong> castello<br />

per giungere, con esposizione<br />

nord, fino quasi agli attuali campi<br />

di bocce.<br />

Pur con l’alternarsi <strong>del</strong>le colture,<br />

rimase comunque agricola sicuramente<br />

fin dopo la seconda guerra<br />

mondiale, fino a metà degli<br />

anni cinquanta, da quando cominciò<br />

una radicale e sistematica opera<br />

di rimboschimento <strong>del</strong>le superfici<br />

ex-agricole, non più considerate<br />

produttive. È <strong>del</strong> decennio succes­

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