Il recupero del parco - Trentino Salute
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Alla ricerca <strong>del</strong>le menti<br />
perdute: ragioni<br />
di un seminario a Trento<br />
Lorenzo Toresini<br />
<strong>Il</strong> passaggio dall’utopia <strong>del</strong>la terapia<br />
nell’istituzione alla cura nello scambio<br />
sociale e nella collettività.<br />
La Mitteleuropa e lo sviluppo<br />
<strong>del</strong>la cultura psichiatrica.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Punto Omega n. 12/13<br />
La prima domanda da porsi è la seguente:<br />
perché parlare oggi di manicomi?<br />
È una domanda intrigante poiché<br />
viviamo da ventitré anni in era di<br />
post-manicomi . Quindi inizio, se mi<br />
è consentito, con un flash personale<br />
Mi sono laureato a 25 anni e ho iniziato<br />
la mia professione di psichiatra<br />
a Trieste (oggi sono direttore <strong>del</strong><br />
Dipartimento di salute di Merano).<br />
A Trieste, come è noto, venne messo<br />
in discussione e venne sciolto il primo<br />
manicomio in Italia dopo l’esperienza<br />
di Gorizia. Ho iniziato nel<br />
1971. Nel nostro fervore "talebano"<br />
di allora (lo dico evidentemente<br />
scherzando) arrivammo ad essere<br />
convinti che di quel manicomio,<br />
allora retto da Franco Basaglia,<br />
non sarebbe dovuta rimanere<br />
pietra su pietra. Credevamo veramente<br />
a questa affermazione e a<br />
questo progetto. In quella che allora<br />
era una “Istituzione Totale” è<br />
avvenuto il decentramento totale<br />
<strong>del</strong>le strutture e <strong>del</strong>le risorse e,<br />
come diceva Franco Basaglia, si è<br />
attuato il rovesciamento "come un<br />
guanto" <strong>del</strong>l’ospedale psichiatrico.<br />
<strong>Il</strong> personale, tutti i servizi annessi<br />
e connessi, la gente che ci<br />
stava dentro, tutto con la necessaria<br />
gradualità e <strong>del</strong>icatezza, ma<br />
anche con l’indispensabile determinazione,<br />
venne spostato da dentro<br />
le mura al territorio. Cosa si sarebbe<br />
dovuto fare quindi <strong>del</strong>le<br />
strutture murarie, i diversi padiglioni<br />
di quello che man mano stava<br />
diventando ex-manicomio, che nel<br />
frattempo rimanevano svuotati di<br />
sofferenza e dolore? Eravamo convinti<br />
all’inizio che si sarebbe dovuta<br />
attuare una “<strong>del</strong>enda Cartago”.<br />
Quel tipo di pensiero me lo sono<br />
portato dietro fino a non moltissimi<br />
anni fa, quando ho fatto un<br />
viaggio allo “Steinhof” di Vienna<br />
con un architetto romano, un certo<br />
Luggini e un mio carissimo amico:<br />
Tommaso Losavio, collega e già<br />
direttore <strong>del</strong> “Santa Maria” di<br />
Roma. Andammo a vedere lo<br />
Steinhof e poi il prestigioso Burgkhölzli<br />
di Zurigo.<br />
Premetto la mia convinzione <strong>del</strong><br />
fatto che quando noi psichiatri restiamo<br />
all’interno <strong>del</strong> nostro ambito<br />
professionale rischiamo di impoverirci<br />
di pensieri e di stimoli, quindi<br />
il confronto con altre professionalità<br />
e con altri pensieri è sempre molto<br />
utile. Ebbene quell’architetto mi<br />
convinse di una cosa ovvia, dicendomi<br />
che i manicomi devono restare<br />
come monumenti alla memoria, per<br />
riflettere. Di quanto affermo ora mi<br />
convinsi ulteriormente ripensando a<br />
quanto era successo pochissimi anni<br />
prima al muro di Berlino. <strong>Il</strong> muro di<br />
Berlino, come si sa, fu smantellato<br />
al 90–95%, però mio figlio quando<br />
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