Lola Bleus - Patrizio Marozzi
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scono osmoticamente con quelli del televisore che non è<br />
più qualcosa di astratto, ma una intera folla di persone che<br />
parla solo con lui, che risponde ai suoi messaggi ed<br />
esegue i suoi ordini. In questo sconvolgimento percettivo,<br />
nessuna tecnologia può capire le potenzialità che l‘uomo<br />
ha messo in atto; nell‘uomo si è rotto ogni rapporto spazio<br />
temporale, e gli abissi più profondi e gli spazi più limpidi,<br />
interagiscono senza più barriere, l‘uomo cerca di integrare<br />
nella coscienza la sua intera eternità, fino a sconvolgere le<br />
stesse leggi fisiche che lo circondano, la follia come<br />
artificio delle facoltà evolutive dell‘individuo; il superamento<br />
di tutto ciò ch‘è segno con il puro elemento<br />
simbolico; nell‘incomunicabilità di un livello percettivo<br />
altro da quello della cosiddetta ―normalità‖. Provo a<br />
chiarirvi questo concetto, parlandovi del maestro che ha<br />
cercato di comunicare tale dimensione psichica: Jung.<br />
Tutto ciò che Jung ha scritto, è stato in parte il tentativo di<br />
condividere la sua esperienza con gli altri, ma l‘unica<br />
possibilità che ha avuto è stata quella di comunicare<br />
attraverso i ―segni‖. Nella sua esperienza è come se lui<br />
avesse scoperto e avuto esperienza dell‘automobile della<br />
nostra era, in un‘epoca in cui non esisteva neanche la<br />
carrozza. Ora con un po‘ di fantasia immaginiamo che<br />
l‘automobile sia il simbolo e che i segni, le parole usate da<br />
Jung per spiegare ai suoi contemporanei, non solo come è<br />
fatta un‘automobile, (il simbolo), ma soprattutto qual è<br />
l‘esperienza di guidare un‘automobile. Se Jung avesse<br />
usato i simboli: automobile o motore a scoppio, essi<br />
sarebbero stati incomprensibili, perciò Jung avrebbe detto,<br />
con i segni, che esiste una cosa che funziona come un<br />
cavallo e fatta di ferro. Ora facendo l‘operazione che ho testé<br />
descritto, immaginiamo, arbitrariamente, che<br />
l‘automobile di cui ho parlato non sia altro che un<br />
Archetipo: puro simbolo, un‘immagine ―innata‖ che nasce<br />
dal nostro inconscio collettivo e che pertanto il segno non<br />
può spiegare definitivamente; il segno è insufficiente alla<br />
spiegazione dell‘esperienza psichica dell‘Archetipo, ma<br />
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