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Seduzione - Credit Suisse eMagazine

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La pubblicità può essere plateale,<br />

ma non sleale<br />

Dal 1966 la Commissione per la lealtà vigila sulla pubblicità svizzera. Sleale è tutto quello che risulta<br />

fallace, di cattivo gusto, discriminante, offensivo o sessista. Ma nessuna regola indica ancora quale sia<br />

il confine del buon gusto. Daniel Huber, redazione Bulletin<br />

In Svizzera vengono investiti ogni anno più<br />

di sette miliardi di franchi nella pubblicità, la<br />

quale diventa così uno dei principali rami dell’economia.<br />

Ma se consideriamo la definizione<br />

dello Zingarelli, che la descrive come<br />

«l’attività aziendale diretta a far conoscere<br />

l’esistenza di un bene o servizio e a incrementarne<br />

il consumo e l’uso», i clienti a cui<br />

la pubblicità si rivolge in un’economia di libero<br />

mercato hanno una posizione ambigua.<br />

A nessuno di noi piace immaginarsi come un<br />

essere privo di volontà, che si lascia spingere<br />

all’acquisto di un determinato prodotto e<br />

si fa spillare il denaro di tasca. Ci consideriamo<br />

piuttosto dei consumatori critici, che<br />

acquistano in base a criteri puramente<br />

oggettivi. Il pubblicista americano Vance<br />

Packard, all’inizio degli anni Sessanta, ha<br />

descritto la pubblicità come «l’arte di mirare<br />

alla testa colpendo il portafoglio».<br />

Nonostante tutto la pubblicità è affascinante,<br />

e senza di essa l’attuale mondo dei<br />

consumi non potrebbe esistere. Matthias<br />

Nast, della Fondazione per la tutela dei consumatori,<br />

ammette apertamente: «Nemmeno<br />

io sono immune dall’influenza della<br />

pubblicità. Nell’acquistare un prodotto, ad<br />

esempio un dopobarba, sicuramente mi<br />

lascio guidare, seppur a livello inconscio, dalle<br />

immagini pubblicitarie. Noi della tutela dei<br />

consumatori non siamo contrari per principio<br />

alla pubblicità, chiediamo solo che siano rispettate<br />

determinate condizioni».<br />

Per Nast, impegnato a difendere i consumatori,<br />

la pubblicità non deve trasmettere<br />

messaggi illusori o risvegliare bisogni che il<br />

Undici anni fa l’industria svizzera del<br />

tabacco si è impegnata spontaneamente a<br />

rinunciare alla pubblicità rivolta in modo<br />

mirato ai giovani.<br />

prodotto non può soddisfare. Per contrastare tali abusi, già nel 1966<br />

l’organizzazione mantello «Pubblicità svizzera» ha creato un organo<br />

di controllo autoregolamentato, chiamato a mettere al bando ogni<br />

forma di pubblicità sleale. La Commissione per la lealtà, in perfetta<br />

linea con il sistema svizzero della concordanza, è composta in ugual<br />

numero da rappresentanti della pubblicità,<br />

dei media e dei consumatori, e si occupa dei<br />

ricorsi inoltrati per iscritto da privati e imprese<br />

concorrenti. Nel 2002 sono stati 265.<br />

Fondamentalmente tutte le forme di comunicazione<br />

commerciale, pubblicità, marketing<br />

diretto, sponsoring, promozione delle<br />

vendite o relazioni pubbliche sono disciplinate<br />

nel diritto privato e nella Legge federale<br />

contro la concorrenza sleale (LCSI), dove<br />

non mancano neppure chiare disposizioni in<br />

materia di pubblicità a superalcolici. Le industrie<br />

produttrici di tabacco e alcolici, inoltre,<br />

si sono spontaneamente impegnate a rispettare<br />

ulteriori limitazioni, che vietano fra<br />

l’altro la pubblicità rivolta in modo mirato ai<br />

giovani. Se si verificano controversie relative<br />

a questo accordo, la Commissione per la<br />

lealtà interviene come tribunale arbitrale.<br />

Se non un’accusa, almeno un ricorso<br />

Affinché gli organi statali si attivino deve<br />

essere presentata un’accusa. Siccome essa<br />

comporta generalmente lunghe procedure<br />

burocratiche e notevoli costi, la disponibilità<br />

dei privati e anche delle imprese a presentare<br />

un’accusa si riduce drasticamente. Un ricorso<br />

alla Commissione per la lealtà invece<br />

non costa nulla, tuttavia anche le possibili<br />

sanzioni in caso di «condanna» sono limitate.<br />

«In realtà la misura più temuta è che<br />

venga resa nota una violazione del principio<br />

di lealtà», sostiene Piero Schäfer, addetto<br />

alla comunicazione della Commissione. «I<br />

nostri comunicati stampa hanno di solito una<br />

grande risonanza nei media. Di conseguenza,<br />

la maggior parte delle aziende preferisce non arrivare fino a quel<br />

punto e decide di ritirare la propria campagna entro il termine di<br />

ricorso». In questo caso anche la Commissione rinuncia a rendere<br />

pubblico l’accaduto. In una fase successiva, un’ulteriore sanzione<br />

sarebbe il boicottaggio della campagna da parte dei media. Un<br />

<strong>Credit</strong> <strong>Suisse</strong> Bulletin 3-03 17

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