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I due musulmani hanno steso i loro tappet<strong>in</strong>i e com<strong>in</strong>ciano a<br />

pregare <strong>in</strong>differenti.<br />

Gli addetti al check-<strong>in</strong> aumentano di numero, così come i poliziotti<br />

che ora hanno <strong>formato</strong> una diga che lascia passare una sola<br />

persona per volta.<br />

«Signor<strong>in</strong>a, i bamb<strong>in</strong>i hanno fame e sete. Sono più di sette ore<br />

che siamo qui!» È una donna che parla, con un piccolo <strong>in</strong> braccio<br />

e l’altro che piange aggrappato alla sua gamba. La signor<strong>in</strong>a gentile<br />

telefona a chissà chi, poi annuncia che saranno offerti buoni<br />

per un r<strong>in</strong>fresco. Non è un buon segno. Significa che l’attesa durerà<br />

ancora a lungo. Intanto il muro di poliziotti si è chiuso. Nessuno<br />

esce più dal tunnel dell’aereo.<br />

Alcuni bamb<strong>in</strong>i con i cartell<strong>in</strong>i al collo di chi vola da solo giocano<br />

sulle sedie, seguiti dallo sguardo affettuoso delle hostess.<br />

Una di loro porta dei succhi di frutta: «Però tutti seduti, altrimenti<br />

fate pasticci!» dice. I bamb<strong>in</strong>i si siedono ord<strong>in</strong>ati e bevono <strong>in</strong> silenzio<br />

dalle loro cannucce.<br />

I poliziotti là <strong>in</strong> fondo sembrano schiacciare qualcuno <strong>in</strong> un angolo,<br />

ma non si capisce cosa stia accadendo.<br />

Uno steward dell’Air Afrique, con la faccia sorridente tipica dei<br />

corpulenti, scherza con alcuni giovani ben<strong>in</strong>oises: «Preferite l’Hilton<br />

o lo Sheraton? Tanto oggi non si parte».<br />

In fondo al tunnel la sacca di poliziotti si muove verso l’aereo.<br />

Siamo tutti qui a guardare dietro il grande vetro, come davanti alla<br />

vetr<strong>in</strong>a di una bottega a luci rosse di Amsterdam. Laggiù due uom<strong>in</strong>i<br />

e una dec<strong>in</strong>a di donne africane vengono fatti risalire sull’aereo<br />

dal quale sono appena scesi.<br />

“Clandest<strong>in</strong>i”, “nigeriani”. Questi due term<strong>in</strong>i com<strong>in</strong>ciano a circolare<br />

tra la gente dell’A45 e nel secondo mi sembra di <strong>in</strong>tendere<br />

più disprezzo che nel primo.<br />

“Clandest<strong>in</strong>o” viene detto con la normalità di una cosa familiare<br />

con cui si ha a che fare tutti i giorni, senza enfasi. Con la consape-<br />

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