Gennaio-marzo 2012 - Link Campus University
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34<br />
Non solo profitto<br />
Dalle azioni agli stakeholders<br />
La crisi detta nuove regole<br />
del capitalismo alla Jack Welch sembra volgere al<br />
termine: il boss della GE è stato considerato come<br />
L'era<br />
l'incarnazione dell'idea che l'unico obiettivo dell'impresa<br />
dovesse essere la massimizzazione del ritorno dell’investimento<br />
fatto dai propri azionisti. Questa idea ha dominato il<br />
business negli ultimi 25 anni, diffondendosi rapidamente in<br />
tutto il mondo fino a quando la crisi finanziaria non ha colpito.<br />
Lo stesso Welch ha espresso dubbi: “… il valore per gli azionisti<br />
è l'idea più stupida del mondo”, scrisse in un articolo e molti altri<br />
pensatori concordano sull’idea che le imprese non dovrebbero<br />
più concentrarsi solo sulla massimizzazione del valore delle<br />
azioni.<br />
Questa ossessione iniziò nel 1976, quando Jensen e Meckling,<br />
due economisti, pubblicarono un articolo sulla teoria dell'impresa<br />
ed il relativo comportamento manageriale in cui si sosteneva<br />
che l’obiettivo dell’azionista non si discostava molto da<br />
quello del manager professionista. Da allora, gli articoli accademici<br />
più citati hanno spinto per ottenere che i manager si<br />
concentrassero sulla creazione di valore per gli azionisti. Convertiti<br />
a questa fede hanno avuto poco tempo per gli altri stakeholders:<br />
clienti, dipendenti, fornitori, società civile in generale e<br />
così via. Americani e britannici, i più accessi massimizzatori del<br />
valore dell’azione hanno avuto un particolare disprezzo per il<br />
"capitalismo degli stakeholders", praticato nell’Europa continentale.<br />
Oggi si sostiene che il valore per gli azionisti dovrebbe cedere<br />
il passo al cosiddetto capitalismo orientato al cliente caratterizzato<br />
dall’attenzione delle imprese a massimizzare la soddisfazione<br />
dei clienti. Questa idea sta convertendo molti. Persino l’ Unilever,<br />
gigante dei beni di consumo, dichiara di non lavorare per<br />
l'azionista, ma per il consumatore. E’ il cliente a guidare il modello<br />
di business, e con questo si crea, di conseguenza, valore<br />
per gli azionisti. Una indagine svolta in Germania ha rilevato<br />
che la maggior parte delle imprese intervistate prevedono che<br />
seguiranno un approccio più collaborativo con i vari gruppi di<br />
stakeholder, compresi i fornitori e le istituzioni rappresentative<br />
dei lavoratori. Ed il cambiamento non si ferma qui: sono in<br />
tanti che addirittura arrivano ad assumere posizioni molto nette<br />
Giuseppe Perrone, <strong>Link</strong> <strong>Campus</strong> <strong>University</strong><br />
economia e diritto link journal 1/<strong>2012</strong><br />
mettendo al primo posto fra i portatori di interessi i propri dipendenti.<br />
Possiamo allora dire che il modello ‘valore per l’azionista’ è davvero<br />
finito? Il crollo finanziario ha certamente minato due delle<br />
grandi idee ispirate da Jensen e Meckling: che la remunerazione<br />
dei top manager debba essere strettamente collegata al prezzo<br />
delle azioni delle imprese che gestiscono, e che il private equity,<br />
sostenuto da montagne di debiti, debba spingere i manager a<br />
massimizzarne il valore. Le bolle degli ultimi dieci anni nei mercati<br />
azionari e, più tardi, anche nel mercato delle obbligazioni<br />
societarie e del debito sovrano hanno evidenziato le gravi carenze<br />
di queste idee, o, almeno, del modo in cui esse sono state<br />
attuate.<br />
Il prezzo delle azioni in un dato giorno, manco a dirlo, può essere<br />
un indicatore molto errato nel definire il valore per gli azionisti<br />
nel lungo termine. Eppure la retribuzione dei boss era<br />
legata ai movimenti a breve dei prezzi delle azioni, e ciò li ha<br />
incoraggiati a lavorare per spingere in alto il prezzo delle azioni<br />
nel breve, piuttosto che a massimizzare il valore dell’impresa<br />
nel lungo periodo. Allo stesso modo, le imprese che si sono indebitate<br />
troppo durante la bolla del credito facile, approfittando<br />
di condizioni assurdamente generose, devono oggi fare tagli<br />
che distruggono valore.<br />
Ora si insiste sul fatto che non si vive di trimestre in trimestre.<br />
Un discreto numero di società sembrano mettere molto impegno<br />
sia nella gestione dei loro bilanci, che nel corteggiamento<br />
dei loro clienti. Ma questo non significa necessariamente che il<br />
concetto di valore per gli azionisti è sbagliato e che dovrebbe<br />
essere sostituito dal culto di qualche altra divinità. I due concetti<br />
non si escludono a vicenda, anzi, spesso si rafforzano a vicenda.<br />
Il valore per gli azionisti è uno dei sottoprodotti della particolare<br />
attenzione alla soddisfazione dei clienti ed al buon rapporto<br />
con i dipendenti. Per ironia della sorte gli stessi azionisti che,<br />
insieme con gli hedge fund e molti investitori istituzionali, hanno<br />
idolatrato i profitti a breve termine e gli aumenti di prezzo delle<br />
azioni devono ora influenzare il management ad avere una visione<br />
più a lungo, cambiando la governance delle aziende e selezionando<br />
capi azienda preparati in altro modo.