Gennaio-marzo 2012 - Link Campus University
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link journal 1/<strong>2012</strong> globalizzazione<br />
La politica estera è sempre<br />
più chiamata ad un<br />
approccio di coerenza e<br />
di pro-attività sui temi<br />
globali. La comunità internazionale<br />
sta evolvendo<br />
in un sistema<br />
composito ed a più velocità<br />
tra economie avanzate,<br />
“emerse” ed<br />
emergenti, i cui lineamenti<br />
sono in corso di<br />
definizione.<br />
La crisi finanziaria ha impresso<br />
forte accelerazione<br />
ad un processo<br />
strutturale verso un<br />
nuovo paradigma economico,<br />
ormai tale da<br />
mettere costantemente<br />
in discussione le analisi<br />
congiunturali macroeconomiche,<br />
condannate ad<br />
inseguire dinamiche<br />
rapide ed imprevedibili.<br />
Secondo alcune statistiche<br />
dello Institute for International Finance, dal 2007 al<br />
<strong>2012</strong> l’economia cinese risulterà cresciuta del 60%, le altre<br />
economie asiatiche del 50% e quelle dei Paesi G8 solo del 3%.<br />
Questo “shift of wealth and power from the West to the Rest”<br />
comporta un superamento delle tradizionali gerarchie fra<br />
Paesi nei fori internazionali, dal G8 al G20 e oltre.<br />
Contestualmente, stiamo assistendo ad un fenomeno di<br />
“deconcentrazione” del potere economico. Oggi l’attenzione<br />
della comunità internazionale è rivolta soprattutto ai grandi<br />
Paesi emergenti, i BRIC. Peraltro, nuove potenze economiche<br />
- più piccole in termini assoluti, ma con tassi di crescita comparabili<br />
- si stanno affacciando alla frontiera dell’economia<br />
globale, rappresentando già oggi l’ago della bilancia nel balance<br />
of power fra Paesi avanzati ed emergenti. Alcuni analisti preconizzano<br />
la costituzione di un “blocco unico”, il nuovo G7<br />
(integrando Brasile, Russia, India e Cina con Indonesia, Messico<br />
e Turchia), che entro il 2020 potrebbe sopravanzare il<br />
“vecchio” G7 in termini di PIL consolidato. Altri pensano ai<br />
paesi emergenti dell’acronimo CIVETS, cioè Colombia, Indonesia,<br />
Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica.<br />
Un assetto più decentrato<br />
dell’economia globale rappresenta<br />
certamente uno<br />
sviluppo positivo.<br />
Il fatto che già nei<br />
prossimi vent’anni quasi<br />
il 60% del PIL mondiale<br />
potrebbe provenire dai<br />
Paesi emergenti significa<br />
anche poter contare su<br />
un più ampio novero di<br />
motori di crescita, più<br />
che mai necessari soprattutto<br />
nel caso di crisi,<br />
come quella attuale, che<br />
impatta in modo asimmetrico<br />
su economie<br />
avanzate ed emergenti.<br />
Al contempo, questa<br />
moltiplicazione dei poli<br />
economici sembra comportare<br />
- almeno nel<br />
breve periodo - una maggiore<br />
entropia nei processi<br />
decisionali. L’attuale<br />
fase di riequilibrio si sta<br />
accompagnando ad una dissociazione fra PIL e benessere: per<br />
la prima volta i Paesi più ricchi non coincidono con i Paesi<br />
più benestanti. I BRICS oggi rappresentano il 18% del PIL,<br />
il 30% della crescita globale e, tuttavia, anche il 52% della<br />
popolazione più povera del pianeta.<br />
Tale situazione presenta implicazioni anche per il sistema multilaterale<br />
nel suo insieme. Da un lato, l’agenda dei fori e delle<br />
istituzioni internazionali dovrà riflettere l’esigenza degli emergenti<br />
di conciliare il loro nuovo ruolo di global players con le<br />
loro agende interne in termini di sviluppo economico e<br />
riduzione della povertà. Dall’altro, i Paesi avanzati - ed in particolare<br />
i membri del G8 - hanno una opportunità comune<br />
nello stimolare le economie emergenti verso un ruolo più fattivo<br />
di responsible stakeholders dell’economia globale,<br />
tenendo peraltro presenti le esigenze di efficienza ma anche<br />
di equità e solidarietà verso la più vasta comunità internazionale.<br />
Nell’ambito dell’eurozona, lo stesso caso della crisi<br />
del debito sovrano ci dimostra che situazioni di crisi in<br />
economie apparentemente piccole e periferiche possono<br />
propagare i propri effetti su scala globale, soprattutto quando<br />
le risposte internazionali restano improntate alla logica del<br />
Verso una diplomazia<br />
“anticipativa”<br />
della globalizzazione<br />
Quali strumenti e quali formati<br />
per la politica estera italiana?<br />
Giandomenico Magliano, Ambasciatore, Direttore Generale per la Mondializzazione, Ministero degli Affari Esteri<br />
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