Gennaio-marzo 2012 - Link Campus University
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48 globalizzazione link journal 1/<strong>2012</strong><br />
‘’too little, too late’. Nell’ottica delle responsabilità condivise, un<br />
esempio interessante è rappresentato dalle prospettive programmatiche<br />
in capo al G20. Sono qui necessarie azioni incisive<br />
su tre fronti ai fini di quell’approccio complessivo,<br />
strutturato e cooperativo che è necessario per governare l’economia<br />
globale e i rischi che sottende.<br />
In primo luogo, le politiche per la crescita. Tutti i paesi devono<br />
partecipare allo sforzo comune con la medesima intensità. Ciò<br />
è essenziale in termini economici, ma anche politici, perché<br />
le riforme nazionali “difficili” si sostengono l’una con l’altra.<br />
Bisogna adoperarsi maggiormente per la rimozione degli<br />
squilibri globali: l’asimmetria tra gli impegni di bilancio (quantitativi<br />
e con scadenze puntuali) e quelli sulla crescita e sugli<br />
squilibri (vaghi e senza scadenze) è di tutta evidenza.<br />
In secondo luogo, il sistema monetario internazionale. Il<br />
mondo è cambiato ed il sistema monetario deve cambiare con<br />
esso, a quarant’anni da quel “Nixon Shock” che nell’agosto<br />
1971 portò all’abbandono della convertibilità del dollaro in<br />
oro ed all’avvio del “non-sistema” di cambi flessibili. Raccogliamo<br />
ora i primi frutti di un processo di riforma degli ultimi<br />
anni, ma occorre andare oltre. Questo riguarda in<br />
particolare la composizione e il ruolo dei Diritti Speciali di<br />
Prelievo: si tratta di un passaggio essenziale per costruire un<br />
sistema monetario che rifletta i nuovi pesi nell’economia globale.<br />
In terzo luogo, gli strumenti di prestito del Fondo Monetario<br />
e le risorse disponibili. Dobbiamo completare la<br />
riforma della “cassetta degli attrezzi” che è stata avviata nel<br />
biennio scorso. Il nuovo strumento di facility finanziaria del<br />
Fondo su cui si sta lavorando a breve termine rappresenta un<br />
passo importante, ma è possibile renderlo più incisivo. Il<br />
Fondo deve essere dotato di adeguate risorse per svolgere con<br />
efficacia il suo mandato.<br />
Quali sono le implicazioni di questo processo di rebalancing<br />
per le nostre direttrici di politica estera?<br />
Innanzitutto, dal momento che l’evoluzione dei fondamentali<br />
economici viaggia a ritmi più veloci di quella dell’adeguamento<br />
delle strutture di governance, è necessario che la diplomazia<br />
classica divenga diplomazia “anticipativa” (anticipatory<br />
diplomacy), in modo da prevenire le situazioni di vulnerabilità<br />
prima che esse si manifestino.<br />
A partire dal 2008 le agende dei principali Vertici, europei e<br />
multilaterali, si sono trovate prevalentemente a dover reagire<br />
all’andamento dei mercati finanziari, privilegiando il contingency<br />
planning rispetto alla definizione di soluzioni condivise<br />
e di lungo periodo. È ora opportuno superare l’approccio<br />
tradizionalmente “reattivo” e a “filiere verticali” (stabilità finanziaria,<br />
investimenti e crescita, commercio, ambiente, energia,<br />
nutrizione, salute, tecnologia, proprietà intellettuale, ecc.)<br />
che ancora contraddistingue molti ambiti negoziali, per passare<br />
ad un’impostazione anticipativa che integri i vari settori<br />
di policy in un contesto di interdipendenza e di maggiore coerenza.<br />
La prevedibile evoluzione del multilateralismo in direzione<br />
di un “plurilateralismo” a geometrie variabili sta<br />
rafforzando il ruolo dei fori informali ristretti - come il G20<br />
- rispetto ai processi decisionali strutturati propri delle istituzioni<br />
multilaterali formali. Di fronte a questa molteplicità<br />
di processi e di formati - spesso paralleli - una diplomazia veramente<br />
anticipativa deve sapersi inserire attraverso reticoli,<br />
alleanze e formule spesso fluidi e complessi per propiziare<br />
soluzioni se non ideali quantomeno a somma positiva.<br />
L’emergere di nuovi attori sulla scena internazionale - con<br />
agende differenziate rispetto a quei Paesi industrializzati - sta<br />
comportando l’affermazione di nuovi assetti. Parallelamente<br />
al consolidamento del G20 quale luogo di incontro paritario<br />
fra vecchi e nuovi protagonisti dell’economia globale, si affermano<br />
fori ristretti, rappresentativi di soli Paesi emergenti:<br />
il raggruppamento dei BRICS, nato nel 2003 come accattivante<br />
acronimo coniato da una banca d’affari che selezionava<br />
i titoli finanziari/paese, dal 2009 si è trasformato in BRICS<br />
con Vertici annuali dei Leader di Brasile, Cina, India, Russia<br />
nonché Sud Africa, ciò che ha determinato un importante<br />
luogo di azione collettiva, ad esempio come amplificatore<br />
delle richieste di rappresentatività dei grandi Paesi emergenti.<br />
Anche qui una diplomazia veramente anticipativa deve saper<br />
interloquire con i nuovi protagonisti dell’economia globale,<br />
coniugando le rispettive direttrici bilaterali di politica estera<br />
con la dimensione multilaterale.<br />
E ciò non solo con riferimento ai cinque Paesi BRICS, ma<br />
anche nei confronti di quei Paesi intermedi - i “linchpin<br />
States” - che già oggi svolgono un ruolo essenziale di cerniera<br />
fra le istanze dei Paesi avanzati e delle nuove economie<br />
emerse.<br />
In sintesi, la diplomazia della globalizzazione deve oggi assumere<br />
tre caratteristiche: capacità di anticipazione, per gestire<br />
un sistema di relazioni internazionali sempre più<br />
complesso e vulnerabile; fluidità ed integrazione, in modo da<br />
valorizzare al meglio le interazioni fra le agende dei fori informali<br />
dei leaders e quelle delle istituzioni multilaterali; inclusività,<br />
al fine di stimolare le economie emergenti a svolgere<br />
un ruolo costruttivo di responsible stakeholders dell’economia<br />
globale.