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Gennaio-marzo 2012 - Link Campus University

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44 globalizzazione link journal 1/<strong>2012</strong><br />

Il paradosso<br />

della globalizzazione<br />

Dani Rodrik<br />

Dani Rodrik<br />

è professore<br />

di economia<br />

politica alla John<br />

F. Kennedy School<br />

of Government<br />

dell’Università<br />

di Harvard<br />

Ultimamente ho presentato il mio nuovo<br />

libro The Globalization Paradox (Il paradosso<br />

della globalizzazione, ndt) a diversi<br />

gruppi. Ormai sono abituato a qualsiasi tipo di<br />

commento da parte dell’audience, ma ad una recente<br />

presentazione del libro, l’economista al quale<br />

era stato chiesto di intervenire come relatore mi ha<br />

sorpreso con una critica inaspettata affermando,<br />

stizzito, la mia volontà di rendere il mondo più sicuro<br />

per i politici.<br />

Per timore che il messaggio si perdesse nel vuoto,<br />

ha poi spiegato ulteriormente il suo commento ricordando<br />

all’audience un ex ministro dell’agricoltura<br />

giapponese che sosteneva che il Giappone<br />

non potesse importare la carne di manzo in quanto<br />

l’intestino dei giapponesi è più lungo rispetto a<br />

quello degli abitanti degli altri Paesi.<br />

Il commento ha provocato qualche risata soffocata.<br />

Chi non si diverte con le barzellette sui politici?<br />

Ma il commento aveva uno scopo ben più serio ed<br />

Globalizzazione<br />

I mercati ben<br />

funzionanti sono<br />

sempre inseriti<br />

all’interno<br />

di meccanismi<br />

più ampi<br />

di governabilità<br />

collettiva<br />

L’articolo apre una riflessione che diverrà oggetto di altri interventi nel corso delle prossime pubblicazioni.<br />

era in modo evidente mirato ad evidenziare un errore<br />

fondamentale nella mia argomentazione. Il<br />

mio relatore ha trovato che fosse evidente l’assurdità<br />

dell’idea di dare maggior spazio di manovra ai<br />

politici, supponendo che l’audience sarebbe stata<br />

d’accordo ed implicando che la rimozione di qualsiasi<br />

limite posto ai politici potrebbe portare a interventi<br />

insensati che soffocherebbero i mercati e<br />

bloccherebbero il motore della crescita economica.<br />

Questa critica indica un grave fraintendimento<br />

della modalità di funzionamento dei mercati. Dato<br />

il bagaglio culturale fondato solo sui libri di testo<br />

senza alcuna menzione del ruolo delle istituzioni,<br />

gli economisti immaginano spesso che i mercati si<br />

sviluppino da soli senza alcuna azione collettiva e<br />

mirata. Adam Smith aveva ragione nell’affermare<br />

che “la propensione verso le relazioni, il baratto e lo scambio”<br />

è innata nell’uomo, ma un insieme di istituzioni<br />

esterne al mercato sono comunque<br />

necessarie per concretizzare questa propensione.<br />

Consideriamo tutti i requisiti necessari. I mercati<br />

moderni necessitano di infrastrutture per i<br />

trasporti, la logistica e la comunicazione che derivano<br />

in gran parte dagli investimenti pubblici.<br />

Necessitano inoltre di sistemi di esecuzione dei<br />

contratti e della protezione del diritto di proprietà,<br />

di regolamentazioni per permettere ai consumatori<br />

di prendere decisioni sulla base di informazioni<br />

adeguate, per internalizzare gli elementi esterni ed<br />

evitare abusi di potere. Hanno bisogno di banche<br />

centrali ed istituti finanziari per prevenire eventuali<br />

situazioni di panico finanziario e moderare i cicli<br />

del business. E necessitano infine di una rete di<br />

protezione sociale e di sicurezza per legittimare i<br />

risultati ottenuti tramite il processo di distribuzione.<br />

I mercati ben funzionanti sono sempre inseriti all’interno<br />

di meccanismi più ampi di governabilità<br />

collettiva. Ecco perché le economie più sane a livello<br />

mondiale, e con i sistemi di mercato più produttivi,<br />

dispongono anche di vasti settori pubblici.<br />

Una volta che abbiamo riconosciuto la necessità<br />

da parte dei mercati di avere delle regole, dobbiamo<br />

chiederci poi a chi far scrivere tali regole. Gli<br />

economisti che denigrano il valore della<br />

democrazia parlano a volte come se l’alternativa<br />

ad un governo democratico fosse un processo de-

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