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Gennaio-marzo 2012 - Link Campus University

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6 anno accademico 2011/<strong>2012</strong><br />

link journal 1/<strong>2012</strong><br />

verbo complector “abbracciare”, un’unione tale per cui, se noi<br />

tentiamo di prendere e sfilare i capi di un tessuto, non otteniamo<br />

più nulla. Un problema complesso va compreso e abbracciato<br />

con sintesi. Oltre all’analisi occorre, dunque, anche<br />

la sintesi.<br />

Il terzo elemento di cambiamento è il fatto che i problemi<br />

continuano a emergere e che la loro criticità continua a variare.<br />

C’è una novità assoluta di problemi che emergono. Purtroppo<br />

in questo periodo ce ne stiamo accorgendo.<br />

Rispetto a tutto ciò, perché ho scelto questi tre temi come i<br />

punti fondamentali dell’università? Sul primo penso che sia<br />

chiaro a tutti senza bisogno di dover spendere molte parole.<br />

L’università è un fattore fondamentale per aumentare la capacità<br />

di attrazione del territorio, la capacità di trattenere risorse migliori<br />

e la capacità di attrarre. Le risorse migliori sono le persone.<br />

Significa trattenere gli studenti migliori e far venire da<br />

tutte le parti del mondo gli studenti migliori, sviluppare la ricerca<br />

e basarsi sul fatto che dalla ricerca trovano linfa l’industria<br />

e le attività produttive, l’innovazione e le nuove imprese.<br />

Nell’ultima lezione dico sempre agli studenti di non porsi il<br />

problema di dove andare a lavorare, di quale sia il posto di lavoro.<br />

Chiedo loro di porsi il problema di quanti posti di lavoro<br />

potranno creare. Questo è il problema.<br />

Il secondo aspetto sull’aumento della complessità significa<br />

che l’università deve sapersi dotare di un approccio realmente<br />

multi e interdisciplinare. Se ne parla tanto, ma, quando poi si<br />

arriva al concreto, è molto facile trovare una specie di un nouvelle<br />

cuisine, in cui le singole parti e i singoli componenti sono<br />

magari ottimi, ma non si amalgamano. Noi, viceversa, abbiamo<br />

bisogno di un buon cibo amalgamato, come nella nostra<br />

tradizione culinaria italiana.<br />

Dobbiamo avere i prodotti di base, che devono essere buoni,<br />

ma è l’amalgama che fa la bontà del prodotto finito. Occorre<br />

un’università che punti sull’interdisciplinarietà e sul fatto che<br />

sia nella formazione, sia nella ricerca, ci sia la creazione di reti<br />

forti. Abbiamo sentito il Presidente Scotti, quando ha posto<br />

questo come uno degli elementi centrali. È importantissima<br />

la creazione di reti di connessione non soltanto fra università<br />

e reti di ricerca nazionali e internazionali, ma anche con il<br />

mondo produttivo in senso lato. Occorre stabilire questo legame,<br />

occorre far sì che molti professionisti nelle diverse<br />

branche dell’operazione possano partecipare come docenti.<br />

Abbiamo bisogno di questo stretto legame tra mondo pro-<br />

duttivo e mondo accademico.<br />

Per quanto riguarda i continui cambiamenti, abbiamo bisogno<br />

che l’università sia in grado di anticipare i problemi. Anticiparli,<br />

non seguirli. Essere leader, non follower. Dobbiamo riuscire<br />

a capire quali saranno i problemi tra cinque, sei o dieci<br />

anni, perché soltanto così possiamo creare curricula adeguati.<br />

Tra la creazione di un curriculum e il fatto che i professionisti<br />

possano operare passa una decina d’anni. Se noi non anticipiamo<br />

oggi i problemi che prevedibilmente ci saranno fra<br />

dieci anni, svolgiamo male il nostro compito.<br />

Un’università che si trovi di fronte a queste sfide di cambiamento<br />

deve organizzarsi. Abbiamo sentito il Presidente Scotti,<br />

il quale ci ha porto alcune illuminanti parole sulle modalità di<br />

organizzazione di un’università, che a me sembra rispondano<br />

a queste sfide. È un problema interno, un problema di come<br />

fare didattica, di come fare ricerca, di come selezionare i docenti<br />

e di come selezionare gli studenti. Non possiamo dimenticare,<br />

però, che, se questi sono problemi interni, e sono la<br />

gran parte – il primo elemento parte dall’interno. Medice, cura<br />

te ipsum, mi dicevano, quindi bisogna sempre guardarsi allo<br />

specchio e tentare di vedere che cosa si può fare –, esiste<br />

anche un contesto esterno. Spero di non turbarvi.<br />

L’università opera in Italia in un mercato protetto. Perché non<br />

liberalizziamo l’università, tra le tante liberalizzazioni? Noi<br />

operiamo in un mercato protetto e governato da corporazioni<br />

di tutti i generi, da leggi, leggine, procedure, norme che complicano<br />

la convivenza, soprattutto in un Paese culturalmente<br />

orientato come l’Italia, il cui motto è che ciò che non è esplicitamente<br />

permesso è vietato, in una cultura liberale dovrebbe<br />

essere esattamente il contrario.<br />

Cominciamo a partire con la liberalizzazione effettiva dell’università.<br />

Questo è un mio pallino, continuo a ripeterlo. Se c’è<br />

liberalizzazione, significa che devono aumentare l’autonomia<br />

e la responsabilità, la responsibility e l’accountability, la responsabilità<br />

e la rendicontazione. Bisogna render conto del proprio<br />

operato. Chi opera bene è premiato, chi opera male è punito,<br />

mentre da noi, viceversa, è todos caballeros. Si tenta di fare<br />

un discorso di merito, da parecchio tempo i ministri in primis<br />

hanno promulgato questo editto culturale, ma i fatti non sono<br />

seguiti. C’è la vischiosità della corporazione. Tutti affermano

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