Gennaio-marzo 2012 - Link Campus University
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40<br />
Il dilemma<br />
del prigioniero<br />
innocente<br />
Premessa.<br />
Il 2 dicembre 2011 la <strong>Link</strong> <strong>Campus</strong> <strong>University</strong>, in collaborazione<br />
con la Comunità di S. Egidio e nell'ambito<br />
dell'iniziativa internazionale Cities for life 2011 contro la<br />
pena di morte, ha organizzato un incontro con Anthony<br />
Graves, già condannato a morte in Texas e poi dichiarato<br />
innocente e liberato dal braccio della morte.<br />
Nel 1992 Anthony Graves aveva 29 anni, una moglie e<br />
tre figli ma viveva nel Texas e la sua pelle era nera, come<br />
quella di coloro che, percentualmente, finiscono più facilmente<br />
in galera e, spesso, nel braccio della morte. Il<br />
18 agosto di quell’anno un agente di polizia penitenziaria,<br />
Robert Carter, si macchiò di un’orrenda strage, massacrando<br />
ben sei persone:<br />
Bobbie Davis, una donna di 45 anni, la figlia sedicenne<br />
di lei e quattro bambini, tra cui anche il figlio di appena<br />
quattro anni dello stesso Carter.<br />
Si pensò che l'omicida, reo confesso, non avesse compiuto<br />
da solo quel crimine, così iniziò il solito gioco al<br />
massacro fatto di minacce, ritorsioni e false promesse<br />
per riuscire a far sputare fuori almeno un nome. La polizia<br />
texana era molto abile in questo gioco e, alla fine,<br />
Carter confessò che Anthony Graves sarebbe stato il suo<br />
complice (era il cugino di una ragazza con la quale Carter<br />
aveva avuto una storia).<br />
Di colpo la vita di Graves precipitò in un baratro senza<br />
fondo e iniziò a sperimentare sulla sua pelle gli ingranaggi<br />
della macchina giudiziaria texana. La pubblica accusa<br />
prese talmente a cuore il caso che cercò, inventò e<br />
creò quanti più indizi di colpevolezza possibile. Non ci<br />
fu niente da fare, la sentenza di colpevolezza del 1994<br />
era già stata scritta.<br />
Per Graves si spalancarono le porte dell’inferno, fu<br />
strappato via alla sua famiglia e scaraventato nel famigerato<br />
braccio della morte texano. Intanto Carter ritrattò,<br />
facendo una dichiarazione giurata in cui scagionava completamente<br />
Graves. Persino sul letto di morte, con l’ago<br />
già infilato nel braccio, Carter ribadì l’innocenza di Gra-<br />
Gianni Ricci - <strong>Link</strong> <strong>Campus</strong> <strong>University</strong><br />
diritti umani link journal 1/<strong>2012</strong><br />
ves ed esalò l’ultimo respiro, il 31 maggio del 2000.<br />
Anthony Graves ha visto la morte passargli accanto. Poi<br />
qualcosa di colpo cambiò. La professoressa Nicole Casarez<br />
dell’Università St. Thomas e i suoi studenti di giornalismo<br />
presero a cuore il suo caso e studiarono a fondo<br />
gli atti processuali arrivando alla convinzione che non ci<br />
fossero prove reali a carico di Anthony.<br />
Il lavoro svolto da Nicole e dai suoi studenti fu prezioso<br />
e concreto, non mollarono fino a quando, nel 2006, la<br />
Corte Federale d’Appello del Quinto Circuito annullò il<br />
processo a causa delle gravi irregolarità commesse dall'accusa.<br />
Lo Stato del Texas, nonostante la sentenza di<br />
annullamento del processo, è riuscito a tenere Graves in<br />
prigione per altri quattro anni.<br />
Finalmente, il 27 ottobre del 2010, Anthony Graves si è<br />
aggiunto alla schiera dei 138 ex condannati a morte riconosciuti<br />
innocenti e liberati, da quando nel 1976 gli<br />
Stati Uniti hanno ripristinato la pena di morte.<br />
Il dilemma del prigioniero vero<br />
Ho sempre pensato al dilemma del prigioniero come ad<br />
un modello teorico di gioco in grado di spiegare la differenza<br />
tra scelte individuali e scelte di gruppo, tra soluzioni<br />
ed equilibri; utile per descrivere schematicamente<br />
situazioni di conflitto attraverso una chiave di lettura che<br />
coinvolge anche la sfera psicologica di chi deve assumere<br />
una decisione. Ho sempre interpretato il dilemma del<br />
prigioniero come un legame tra matematica, economia<br />
e scienze sociali, come un’occasione per avvicinare la