deMOcrAzIA epArtecIpAzIOne - Federazione Trentina delle ...
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CULTURA COOPERATIVA<br />
fINESTRA SUL MONdO<br />
in mozamBico.<br />
Per insegnare. e Per imParare…<br />
di umberto Folena<br />
Il buon cooperatore deve dimenticare i pregiudizi ed essere disposto a rimettersi<br />
sempre in gioco. Parola di Jenny Capuano<br />
Jenny Capuano, nel 2003 lei caucasica<br />
bianca piomba nel Mozambico<br />
più nero e che cosa succede?<br />
Succede che mi scrutano, eccome se<br />
mi scrutano. Me lo ricordo bene. Nei<br />
primi tempi, mi sembrava di camminare<br />
sui vetri.<br />
Ma che cosa l’ha portata tanto<br />
lontano da casa? La passione, una<br />
vocazione, il caso?<br />
All’inizio la letteratura francofona<br />
africana, quella della West Africa,<br />
all’università. Ma decisivi sono<br />
stati alcuni incontri. Prima Carla<br />
Locatelli, docente di letteratura<br />
inglese e nordamericana, vice-rettrice<br />
ai Rapporti internazionali dell’Università<br />
di Trento, che ci fa vivere<br />
la letteratura come un profondo e<br />
continuo incontro con l’altro. Poi<br />
il lavoro come responsabile amministrativa<br />
in una ONG trentina, dove<br />
incontro Paolo Rosatti, Lino Orler,<br />
Danilo Merz, Mauro Di Valerio e<br />
molti altri con cui iniziamo a immaginare<br />
una “nuova” idea di cooperazione<br />
internazionale; poi l’amicizia<br />
con una volontaria di Torino, incontrata<br />
a Pemba, in Mozambico. Lei è<br />
ancora laggiù.<br />
Ma come ha maturato la decisione<br />
di dedicarsi alla cooperazione a<br />
tempo pieno?<br />
Dieci anni fa ero da poco laureata,<br />
quando in Trentino, tra quanti<br />
fanno cooperazione all’estero, si fa<br />
strada la proposta di costituire dei<br />
tavoli-Paese. Si trattava di lavorare<br />
in una stessa area, tutti assieme, ben<br />
coordinati, per essere più efficaci. E<br />
lavorare con un respiro medio-lungo,<br />
con stabilità. Nel Mozambico, il<br />
Trentino si impegnò nel distretto di<br />
Caia, al centro sul fiume Zambezi,<br />
un’area rurale.<br />
Il primo compito?<br />
Contribuire alla ricostruzione,<br />
in punta di piedi. La lunga guerra<br />
(risolta nel 1992 con l’accordo<br />
di pace firmato a Trastevere, grazie<br />
alla mediazione della Comunità<br />
di Sant’Egidio, ndr) aveva lasciato<br />
strade, linea ferroviaria, campi disseminati<br />
di mine. Impossibile coltivarli.<br />
Una volta eliminate le mine,<br />
la popolazione, perlopiù contadini<br />
poverissimi, cominciò a rientrare dai<br />
campi profughi del vicino Malawi.<br />
Il primo obiettivo era rimpossessarsi<br />
della terra e riprendere a produr-<br />
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C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A N ° 5 - M A G G I O 2 0 1 0<br />
re, per tornare alla normalità. E qui<br />
siamo intervenuti anche noi, con la<br />
gente.<br />
Intervenuti in che modo?<br />
C’era da fare tutto. Abbiamo promosso<br />
l’orticoltura, poco diffusa,<br />
creando le condizioni per conservare<br />
i prodotti. E poi il ripopolamento<br />
bovino: ad ogni famiglia venivano<br />
consegnate due vacche, femmine,<br />
con l’impegno di restituirle entro<br />
cinque anni. Ma il vero problema era<br />
la formazione…<br />
La formazione è il vero problema<br />
ovunque, per crescere. Come l’avete<br />
affrontato?<br />
Abbiamo lavorato con le istituzioni<br />
locali e preso esempio da San<br />
Michele all’Adige, creando un vero<br />
campus, con un convitto e le aule; e<br />
un’azienda agricola modello, a cui ci<br />
si potesse ispirare. Concentrando la<br />
formazione sui giovani, per seminare<br />
futuro e promuovere imprenditorialità<br />
agricola; a volte gli adulti faticano<br />
a cambiare mentalità.<br />
I vostri interventi non si limitano<br />
però soltanto all’agricoltura…<br />
No, certo. Abbiamo ricostruito<br />
scuole, avviato centri diurni per i