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OPINIONI<br />
ECONOMIA<br />
gLi eFFetti deLLa crisi<br />
in un paese troppo diseguale<br />
di Carlo Borzaga*<br />
Man mano che si rendono disponibili<br />
i dati definitivi sull’andamento<br />
dell’economia italiana nel<br />
2009, si determina con sempre<br />
maggior precisione la gravità della<br />
crisi. Il prodotto ha registrato una<br />
diminuzione di oltre il 5% che ha<br />
interessato sia le imprese che le<br />
famiglie. Le imprese hanno segnato<br />
una forte caduta dei profitti, alla<br />
quale hanno reagito contraendo<br />
gli investimenti, soprattutto quelli<br />
fissi lordi. Nonostante l’occupazione<br />
sia diminuita soltanto di poco<br />
più di trecentomila unità (contro<br />
gli otto milioni di posti di lavoro<br />
persi negli Stati Uniti) anche grazie<br />
all’intenso ricorso agli ammortizzatori<br />
sociali e nonostante un<br />
tasso di inflazione straordinariamente<br />
basso, i redditi reali <strong>delle</strong><br />
famiglie hanno subito una contrazione<br />
del 2.8%. Ciò ha determinato<br />
una riduzione sia dei consumi<br />
(dell’1,9%), sia dei risparmi (0,7%).<br />
Nelle fasi iniziali di una crisi grave<br />
come quella in corso, una contrazione<br />
dei redditi e dei consumi di<br />
queste dimensioni potrebbe anche<br />
essere considerata una reazione<br />
non particolarmente preoccupante<br />
alla diminuzione dell’occupazione<br />
* professore alla Facoltà di economia dell’università di Trento<br />
e all’angoscia per il futuro. In questo<br />
caso la contrazione dei redditi<br />
e dei consumi sarebbe destinata<br />
ad esaurirsi in tempi relativamente<br />
brevi: la ripresa dei consumi e<br />
<strong>delle</strong> esportazioni tornerebbe a<br />
far crescere l’occupazione e con<br />
essa i redditi. Ma perché questo si<br />
verifichi con una certa celerità è<br />
necessario che i redditi prima della<br />
crisi siano sufficientemente elevati<br />
e distribuiti in modo ragionevolmente<br />
equo, cosicché la loro contrazione<br />
non si trasformi in vero<br />
e proprio impoverimento di fasce<br />
importanti di popolazione. Ma<br />
proprio queste sono le condizioni<br />
che mancano oggi in Italia e che<br />
rischiano di allontanare e indebolire<br />
la ripresa. Infatti dal 1993 al<br />
2008 i redditi medi <strong>delle</strong> famiglie<br />
italiane sono aumentati, al netto<br />
dell’inflazione, solo del 12%, quindi<br />
meno di un punto percentuale<br />
all’anno. Inoltre questo modesto<br />
aumento non ha interessato tutti<br />
i gruppi sociali: esso ha bensì privilegiato<br />
i lavoratori autonomi i cui<br />
redditi nello stesso periodo sono<br />
aumentati di oltre il 30%, e lasciato<br />
al palo i lavoratori dipendenti il<br />
cui reddito reale è aumentato solo<br />
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C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A N ° 5 - M A G G I O 2 0 1 0<br />
del 4%. Si conferma così quanto<br />
già rilevato un paio di anni fa<br />
dall’Ocse che collocava l’Italia tra<br />
i paesi sviluppati con la più elevata<br />
disuguaglianza nella distribuzione<br />
dei redditi. In questa situazione<br />
di spaccatura è assai difficile che i<br />
consumi possano riprendere a crescere<br />
con la necessaria rapidità e<br />
che quindi si possa uscire dalla crisi<br />
in tempi rapidi. Infatti i milioni di<br />
famiglie con bisogni insoddisfatti<br />
- cioè la maggioranza - che vorrebbero<br />
consumare di più non hanno<br />
e difficilmente avranno a breve le<br />
risorse per farlo, mentre una parte<br />
crescente del reddito nazionale<br />
finisce nelle tasche di una minoranza<br />
che non ha particolari necessità<br />
e quindi non è stimolata a variare<br />
i propri livelli di consumo. E che<br />
anche se lo facesse non inciderebbe<br />
in modo significativo sul livello<br />
generale dei consumi. Si spiegano<br />
così le previsioni di una crescita<br />
molto contenuta sia per il 2010 che<br />
per il 2011. La disuguaglianza che è<br />
stata all’origine della bolla che ha<br />
causato la crisi rischia così anche di<br />
allontanare la ripresa. Ma nessuno<br />
sembra preoccuparsene. carlo.borzaga@unitn.it