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«Vorremmo vedere nel mondo<br />
leggi che assicurino un lavoro<br />
per tutti. L’uomo che non<br />
lavora muore di noia e di<br />
vergogna».<br />
Carlo Maria Martini, auguri di<br />
Pasqua, “Corriere della sera”, 4 aprile<br />
2010.<br />
umberto.folena@libero.it<br />
ORIzzONTI<br />
iL LaVoro,<br />
diritto o privilegio?<br />
di umberto Folena<br />
Chissà a che cosa pensavano i<br />
padri costituenti quando, dovendo<br />
scrivere l’articolo numero 1, si<br />
domandarono: su che cosa fondare<br />
la neonata Repubblica? Le risposte<br />
possibili erano tante. Sono tante<br />
anche oggi, se volessimo riscriverlo,<br />
quell’articolo. La Repubblica<br />
possiamo pensarla fondata su…<br />
su che cosa? Un’etnia? Una lingua?<br />
Un ideale (la libertà, la solidarietà,<br />
l’uguaglianza, l’amore…)?<br />
Un’aspirazione (alla felicità, alla<br />
famiglia, alla longevità, alla ricchezza…)?<br />
Il lavoro, al di là di ogni possibile<br />
retorica, è la condizione per una<br />
vita dignitosa, per potersi formare<br />
una famiglia, per mantenersi<br />
liberi senza dipendere da nessuno,<br />
per dare un contributo alla crescita<br />
del proprio Paese. Il lavoro è<br />
importante, sottolinea il cardinal<br />
Martini, «per non morire di noia<br />
e di vergogna». È talmente vero<br />
che a volte per chi non lavora la<br />
vita risulta così insopportabile da<br />
ammalarsi fino al punto di desiderare<br />
di togliersela. Molti suicidi<br />
sono disoccupati. Il disoccupato<br />
può arrivare a vergognarsi della<br />
propria incapacità di mantenere<br />
se stesso e la propria famiglia, da<br />
veder naufragare il rapporto con il<br />
47<br />
C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A N ° 5 - M A G G I O 2 0 1 0<br />
OPINIONI<br />
coniuge. La mancanza di lavoro è una grave malattia;<br />
purtroppo non è avvertita come tale.<br />
«Leggi che assicurino il lavoro per tutti», auspica<br />
Martini. Un cardinale di santa Romana Chiesa, non<br />
un sindacalista oltranzista. Il lavoro dunque come<br />
diritto, non come privilegio. Forse anche a questo<br />
pensavano i padri costituenti. Un Paese giusto è un<br />
Paese che ritiene insopportabile l’idea che non tutti i<br />
suoi cittadini, che desiderano lavorare, abbiano la possibilità<br />
di farlo. Un Paese che mette il lavoro in cima<br />
alle sue priorità.<br />
E se tutta l’Europa “fondasse” se stessa sul lavoro?<br />
Sarebbe una <strong>delle</strong> più felici traduzioni di quei “valori<br />
cristiani” che alcuni ritenevano giusto, anzi doveroso<br />
inserire nella carta costitutiva dell’Unione, e altri invece<br />
osteggiavano e irridevano. Chi per primo nobilita il<br />
concetto di lavoro? Potremmo sbagliarci, ma per greci<br />
e romani il lavoro non nobilitava affatto, anzi era attività<br />
propria degli schiavi. L’uomo libero non lavorava.<br />
Si dedicava alla politica, all’arte, alla letteratura, alla<br />
guerra… Ma non lavorava. Poi venne san Benedetto<br />
con il suo “ora et labora”. Il lavoro non solo non è<br />
cosa da schiavi, ma rende libero l’uomo affidando il<br />
suo destino alle sue proprie mani, alle sue capacità, al<br />
suo ingegno; un uomo che guarda verso l’alto, al cielo,<br />
al Creatore; e guarda verso il basso, alla creazione, da<br />
plasmare e migliorare, sulla quale lasciare la propria<br />
impronta positiva. Il lavoro, come diritto e via della<br />
libertà, è un concetto cristiano.<br />
Il lavoro come diritto, il lavoro per tutti. Anche per<br />
questo sono sorte le cooperative; anche per questo a<br />
tutti viene offerto il modello cooperativo. Non solo<br />
né soprattutto per arricchirsi, ma per poter lavorare e<br />
vivere dignitosamente. Tutti.