Edward Hopper - Homolaicus
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Il disagio della civiltà è una delle opere della maturità di Freud e <strong>Hopper</strong> era un lettore di psicanalisi. C’è persino una sua autocaricatura a penna che si<br />
riferisce a Freud e Jung. Ecco, potremmo applicare perfettamente il titolo del libro di Freud alla rappresentazione complessiva che <strong>Hopper</strong> fa del<br />
Novecento che ha vissuto e al suo rapporto con la modernità. Del resto, non riesco a non pensare che tutta la sua pittura sia una autoterapia<br />
psicanalitica. Non a caso un critico d’arte americano ha scritto “che tutto il suo lavoro è un immenso autoritratto”.<br />
Office in a Small City, 1953 Office at Night, 1940<br />
A differenza di molti suoi contemporanei (quelli del realismo sociale) <strong>Hopper</strong> non esalta il lavoro, il sudore e la fatica, le masse in movimento; quando<br />
descrive il lavoro si tratta sempre di quello di ufficio e non ha nulla di eroico. “C’è qualche contenuto sociale nel tuo lavoro?” – gli chiesero in<br />
un’intervista. “Assolutamente nessuno” – rispose.<br />
In Small City alienazione, distanza e desiderio sono come sospesi nella luce dilagante, ma l’uomo non lavora, sembra impietrito. In At Night c’è una<br />
donna dal corpo provocante, esaltato dalla strana inclinazione obliqua della stanza, e un’atmosfera carica di tensione sottolineata dall’uomo che legge;<br />
ma l’insieme, ancora una volta, ci consegna una sensazione di squallore.<br />
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