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Edward Hopper - Homolaicus

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Room in New York, 1932 La finestra sul cortile, 1954 Don’t Come Knocking, 2006, di W. Wenders<br />

E che dire delle inquadrature de La finestra sul cortile di Hitchcock, per non parlare di Wim Wenders? Quest’ultimo non solo ha dichiarato di preferire<br />

<strong>Hopper</strong> tra i pittori del Novecento, ha anche sottolineato che alcune scene del suo Paris, Texas “potrebbero essere state dipinte da <strong>Hopper</strong>”. Ma sono<br />

molti i registi che si sono ispirati alle inquadrature di <strong>Hopper</strong>: Ridley Scott, Robert Altman, Dario Argento, David Lynch, Francis Ford Coppola, solo<br />

per citare alcuni dei più noti.<br />

In realtà, uno dei segreti del successo di pubblico di <strong>Hopper</strong> è proprio dovuto al taglio cinematografico dei suoi quadri. Lo spettatore, abituato alle<br />

inusuali prospettive della cinepresa, permesse dagli accorgimenti tecnici, si trova dapprima a suo agio con gli scorci e le atmosfere delle scene<br />

hopperiane. Ma, come ho detto all’inizio, proprio nel momento in cui questo ritrovarsi lo mette a suo agio, realizza la spietatezza dei soggetti e il<br />

deragliamento di senso di ciò che vede, grazie ai colori, ai soggetti, alle atmosfere. Quel silenzio irreale degli ambienti e dei panorami è il silenzio<br />

dell’uomo <strong>Hopper</strong>, parco di parole e taciturno per giorni e giorni. Come riusciva difficile a chi lo frequentava interpretarne i sentimenti e le sensazioni<br />

(persino a sua moglie Jo), così allo spettatore riesce difficile andare oltre il velo della sospensione astratta dei suoi personaggi dall’azione. Comunicano<br />

qualcosa, debbono comunicare qualcosa: ma cosa? Speranza o disperazione? Il vuoto apparente dato dalla semplicità e dalla parsimonia della scena e<br />

degli oggetti viene riempito da chi guarda con la propria interpretazione: cosa ovviamente usuale per tutte le arti, ma che in <strong>Hopper</strong> raggiunge la<br />

vertigine. È facile che lo stesso quadro venga interpretato in due modi completamente opposti: è il risucchio delle rispettive personalità e psicologie<br />

dentro l’apparente spazio vuoto che <strong>Hopper</strong> offre allo spettatore.<br />

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