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Scacchitalia - Federazione Scacchistica Italiana

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scacchiiitalia<br />

dove dopo 1..., Ce3+ 2.Re1, il Nero - invece di dare matto con 2... Cd3 – muove 2...<br />

Tg8, permettendo al castellano 3.e7 # (Scacco Matto) anticipando la data di nascita<br />

dell’aiutomatto, generalmente fissata al 1854 (data di pubblicazione di un problema di<br />

Lange), dovrebbe essere anticipata di oltre cinquecento anni”. (13 e 14)<br />

Mentre, per quanto riguarda il ‘salto del rocco’, c‘è da riportare quanto scrive<br />

Andrea Vitali: Di grande importanza riguardo l’origine e lo sviluppo di questa mossa è<br />

una disamina di Diego D’Elia, a nostro avviso fra le massime autorità dell’argomento,<br />

gentilmente fornitaci e che qui riportiamo: “Le origini più remote di questo movimento<br />

combinato di Re e Torre (rocco, secondo la dizione tipica medievale) sono rintracciabili,<br />

concettualmente, nel cod. El Escorial, Biblioteca del Monasteiro del El Escorial, T.I.6 (sec.<br />

XIII) nonché nel Liber de Moribus ... di Jacopo da Cessole, databile nella seconda metà<br />

del XIII secolo: in questi due testi si parla del salto del re, secondo diverse modalità,<br />

movimento primitivo dal quale, con ogni probabilità, è derivato l’arrocco propriamente<br />

detto. La prima menzione esplicita a me nota dell’arrocco compare nel Lucena, Repetición<br />

de Amores y arte de axedrez con CL juegos de partidos, Salamanca, Leonardus Hutz e<br />

Lupus Sanz, [1497], al f. 38r. Dato che Lucena recepisce e trade quanto da lui notato nel<br />

gioco vivo in Spagna e, asseritamente, in Italia ed in Francia, si può indicare il periodo<br />

storico di interesse nel XV secolo. Fermo restando questo dato, al momento individuabile<br />

come terminus post quem per una datazione – per quanto la prudenza, in questi casi,<br />

sia sempre d’obbligo” – per questa mossa, si consideri però che Boccaccio con la dicitura<br />

“nel salto del suo rocco”, – con ogni probabilità – intendeva il movimento del (solo)<br />

Re, e non un arrocco come lo intendiamo oggi (13, vedi nota cit.) ma rimane di<br />

interesse la terminologia utilizzata, che non credo casuale, segno, cioè, di una tendenza<br />

all’evoluzione di questo tratto”. Oggi l’Arrocco, termine derivato dal verbo transitivo<br />

arroccare (procedere ad un arrocco) e in forma estesa a significare “mettere al riparo”, è<br />

sempre quella mossa difensiva strategica che coinvolge non più un solo pezzo ma Re e<br />

Torre (sempre insieme in quella che viene considerata dalle regole un’unica mossa. Nota<br />

dell’autore) mentre, ad esempio, nel Codice Corsiniano, laddove si descrive la figura del<br />

Re, l’arrocco viene così presentato: “Il primo pezzo, chiamato Re perche à guisa che il<br />

Re sovrasta al Popolo così questo pezzo à tutti li altri è superiore; il Re dunque nel più<br />

guardato luogo hà la sua casa nel mezzo del Tavoliere, il suo moto dà una casa a un<br />

altra sola, mà così per dritta, come per traverso per mostrare la gravità che i Re tengono<br />

potendo anco per una volta tanto saltare tre, ò quattro case secondo la usanza del<br />

paese significandosi per questo salto, che sentendosi cominciata la battaglia, il Re si<br />

ritira in qualche parte dove non possa essere così offeso, mettendosi le guardie appresso<br />

di lui per sicurezza sua et gli altri pezzi e fanti che sono le pedine se indrizzano contro<br />

l’essercito del nemico a combattere per ottenere la sperata vittoria” (15).<br />

Scrive invece Dante Alighieri nel Canto XXVIII del Paradiso, versi 91-93:<br />

L’incendio suo seguiva ogne scintilla;<br />

ed eran tante, che ‘l numero loro<br />

più che ‘l doppiar de li scacchi s’immilla.<br />

dove “Dante è con Beatrice nel Nono Cielo ed è abbagliato dalla contemplazione di<br />

Dio e dei nove cori angelici, cerchi luminosi e in perenne movimento nei quali gli angeli<br />

sfavillano come scintille da un ferro incandescente.” e dove “Per quanto possa sembrare<br />

incredibile, (questo) verso della Divina Commedia significa esattamente “è più grande di<br />

18.446.744.073.709.551.615” o, se preferite, di 2 elevato alla 64 potenza -1 (Fig. 3),<br />

che è lo stesso.” Infatti per Dante “il numero degli angeli si moltiplica, anzi, si milluplica,<br />

“più che ’l doppiar de li scacchi”, cioè più di quanto non avvenga nel “raddoppiamento<br />

(dei chicchi di grano) degli scacchi”. (16)<br />

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