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Scacchitalia - Federazione Scacchistica Italiana

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scacchiiitalia<br />

E’ indubbio che per il nostro rocco si notano forti richiami all’antico pezzo di scacchi:<br />

“il Carro da Guerra in arabo persianizzato Rukh, per accostamento fonetico divenne<br />

in latino roccus, in italiano rocco (da cui il verbo arroccare, ancora oggi in uso) indi<br />

rocca e Torre.” (29); un pezzo utilizzato “almeno fino a tutto l’VIII secolo” (30) che nel<br />

medioevo gli europei hanno rappresentato unicamente come un Rocco italiano, forma<br />

ben visibile nel codice miniato di Alfonso X (31), nelle raffigurazioni dei codici “Civis<br />

Bononiae” n.15 e n.28 e “Riccardiano” n.2871 (Chicco, 1985 op. citata), ben spiegata<br />

in un excursus sui rocchi araldici (M. Niemeijer, op. cit.), ed ulteriormente confermata<br />

dall’eccezionale ritrovamento dei pezzi lignei medioevali di Villa Villoresi (Colonnata,<br />

Sesto Fiorentino) tra cui ben 6 torri, 3 bianche e 3 nere, che sono “per le caratteristiche<br />

del disegno, vagamente ancora Rocco e tuttavia non ancora del tutto torre.” (32)<br />

Chissà, probabilmente per quel poco o quel tanto che si è detto, allo scacchista che<br />

è in noi la divertente nona novella dell’ottava giornata piace immaginarla all’avello<br />

Frescobaldi…<br />

Note:<br />

1) Grazie all’architetto Leon Battista Alberti che, dietro commissione della famiglia Rucellai, per la quale aveva già<br />

costruito nelle vicinanze il palazzo e la loggia, ne disegnò il grande portale centrale, gli elementi orizzontali (architrave,<br />

fregio e cornice) ed la parte superiore in marmo bianco e verde scuro terminato nel 1470; durante il decennio successivo<br />

vennero eseguiti alcuni ritocchi di completamento e dopo quasi un secolo i lavori del Vasari e del Dosio e, molto tempo<br />

dopo, sono i rimaneggiamenti del Romoli (1858-60) ed i lavori eseguiti nel 1920 a completarla definitivamente. A tutto<br />

questo seguirono i restauri del 1990 e quelli del 2006-8.<br />

2) Ad Agrigento, nelle Grotte Fragapane della Valle dei Templi, uno dei più importanti esempi catacombali della Sicilia,<br />

si trova ampia traccia di arche tombali, delle nicchie con tetto arcuato scavate nelle pareti delle catacombe del IV secolo<br />

d.C.; ha due notevoli ipogei: quello ad ovest dell’ingresso ha le pareti ad arcosolio destinate a contenere il corpo dei<br />

martiri ed il pavimento di fosse sepolcrali. Un sito rientrante nella categoria dei cimiteri di diritto privato aventi decorazioni<br />

parietali e le indicazioni sulla deposizione anche se da tempo sono mancanti dei coperchi andati distrutti, come dimostrano<br />

i numerosi frammenti di lastre in pietra arenaria sparsi nelle immediate adiacenze della necropoli. (Fonte http://it.wikipedia.<br />

org/wiki/Valle_dei_Templi)<br />

Sull’argomento c’è da segnalare, nel triangolo lariano ed in Brianza, la presenza di 32 massi avelli classificati come<br />

reperti tipici del territorio comasco visto che in nessun altro luogo esistono testimonianze paragonabili: un masso avello è<br />

una tomba ad inumazione scavata in un masso errante (di granito, sarizzo, gneiss o serpentino) che rappresenta un mistero<br />

archeologico, sia per quanto riguarda la datazione, sia per la collocazione culturale. Anche se per, certe argomentazioni<br />

(l’inumazione che esclude una appartenenza protostorica celtica, la dislocazione isolata e lontana dalle importanti vie di<br />

transito, l’assenza di iscrizioni che escludono l’origine romana, ma non la fine tecnica di lavorazione, e che, senza dubbio,<br />

non sono di tradizione cristiana), si ritiene che siano stati utilizzati come sepolture di personaggi importanti e che la<br />

loro appartenenza è identificabile nelle popolazioni che abitarono il territorio lariano dopo la caduta dell’impero romano<br />

d’Occidente (Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Masso_avello); periodo configurabile alla morte dell’imperatore Teodosio<br />

I, avvenuta nel 395) (http://it.wikipedia.org/wiki/Impero_romano_d%27Occidente). Arche tombali siciliane e massi avelli<br />

comaschi del IV secolo d.C. risalgono, abbastanza curiosamente, dello stesso periodo. (Nota dell’autore)<br />

3) A. Schiaffini, Testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, Firenze 1954<br />

4) La cattedrale di Rimini, comunemente chiamato “Tempio Malatestiano”, è considerato una delle costruzioni più<br />

rilevanti del Rinascimento italiano; venne edificato a partire dal 1447 per volere di Sigismondo Pandolfo Malatesta il cui<br />

monumento sepolcrale e quello della moglie (Isotta degli Atti) sono conservati all’interno. All’esterno le solenni fiancate,<br />

composte da una sequenza di archi su pilastri, il cui modello è stato rintracciato nei pilastri interni del Colosseo; in quella<br />

di sinistra non ci sono tombe mentre, in quella a destra, sotto delle grandi arcate cieche ci sono 7 sarcofagi (sepolcri, avelli)<br />

dedicati ad onorare le memorie di sette illustri personaggi della città (poeti, filosofi e scienziati)<br />

(Fonte: http://www.diocesi.rimini.it/parrocchie-e-chiese/parrocchie/basilica-cattedrale-tempio-malatestiano/ e http://<br />

it.wikipedia.org/wiki/Tempio_Malatestiano).<br />

Storicamente famosa la contestata riapertura degli avelli del 15 agosto 1756 quando padre Francesco Antonio Righini,<br />

ispeziona senza averne il permesso, le casse di marmo nella fiancata esterna destra alla presenza di alcuni testimoni, ed<br />

il giorno successivo anche il sepolcro d’Isotta davanti a dodici persone proprio mentre architetta un colpo con cui spera<br />

di diventare famoso (imbroglia le carte sulla storia della beata Chiara da Rimini, ed inventa la scoperta d’un manoscritto<br />

datato 1362, raschiando la data originale del 1685). (Fonte http://digilander.libero.it/montanariantonio/ilrimino/2011/<br />

eruditi.846.html)<br />

5) Andreas Quermann, Ghirlandaio, serie dei Maestri dell’arte italiana, Könemann, Köln 1998, pag. 136<br />

6) Centro manifatturiero di prima grandezza, capitale dei commerci, luogo geometrico della finanza alla quale si<br />

rivolgono tanto la business community internazionale quanto i regnanti. Fioriscono gli scambi, dilaga il benessere, fervono<br />

i lavori pubblici, si affermano arti e prodotti dell’ingegno. Ciò che fa sempre più difetto è invece la stabilità politica. Le<br />

ricadute locali del conflitto papato-impero accendono continue guerre di fazione tra popolo minuto e nobiltà, tra Guelfi<br />

e Ghibellini. Non bastassero le lotte fratricide e le guerre per l’egemonia in Toscana (contro Pisa, Arezzo, Lucca, Pistoia,<br />

Cortona) che tornano ad esplodere, la prima metà del secolo è marcata da calamità gravissime: nel 1304 un furioso incendio<br />

distrugge migliaia di edifici, dal 1315 al 1317 imperversa una dura carestia, nel 1333 l’Arno travolge la città, mentre tra<br />

il 1342 e il 1346 una crisi economica senza precedenti segue il crack dei super banchieri Bardi, Acciaioli e Peruzzi, portati<br />

al fallimento dall’insolvenza dei grandi clienti europei (corona inglese compresa). Poiché al peggio spesso non c’è fine,<br />

due anni dopo (1348) il culmine della disgrazia si materializza con la Peste Nera che Boccaccio descrive nel Decameron.<br />

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