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compositivo di un fermentato da uvarum piuttosto che da cerevisiae soprattutto in relazione ad una<br />

componente acidica di maggiore complessità e di glicerina che conferisce corposità e rotondità.<br />

Per quanto riguarda la seconda serie di prove, in aggiunta alla significatività di cui ai metabolici elencati<br />

per la prima prova, constatiamo, per uvarum, una maggiore produzione di esteri, acidi grassi e relativi<br />

rapporti di esterificazione. Del perché di questo comportamento rispetto alla prima serie risiede in una<br />

maggiore disponibilità di acetato intracellulare di cui si è parlato precedentemente.<br />

Alla fine del ciclo produttivo, i vini finiti sono stati sottoposti all’analisi sensoriale .<br />

Nel sottoporre i vini a questa analisi si è voluto valutare se tra i campioni oggetto di studio ci fossero<br />

delle differenze e quali risultassero i più apprezzati.<br />

E’ stato così possibile confrontare l’aspetto globale di ciascun vino (aspetto visivo, olfattivo e gustativo)<br />

e sull’ eventuale gradimento da parte del consumatore. A tale riguardo è stato utilizzato il test di Kramer<br />

o test dell’ordinamento, il quale prevede che i degustatori siano chiamati a ordinare in successione<br />

decrescente, dal più gradito al meno gradito, tutti i campioni sottoposti ad analisi.<br />

Il panel era formato da 12 degustatori esperti ai quali sono stati sottoposti i campioni in forma anonima,<br />

ed è stato chiesto loro di ordinare secondo la metodica già descritta tali campioni. Le analisi dei risultati<br />

sono state poi elaborate utilizzando la tabella del test di Kramer (Ubigli, 2004). Dall’elaborazione di tali<br />

dati è emerso che i campioni che hanno riscosso maggior gradimento, presentano differenze sensoriali<br />

statisticamente significative:<br />

Prova MQ<br />

Al primo posto il vino n°2 (ottenuto dal trattamento con lievito S6U, senza aggiunta di ossigeno e con<br />

aggiunta di azoto e calcio pantotenato);<br />

al secondo posto il vino n°5 (ottenuto dal trattamento con lievito AT1, senza aggiunta di ossigeno e calcio<br />

pantotenato, con aggiunta di azoto).<br />

Prova MS<br />

Al primo posto il vino n°5 (ottenuto dal trattamento con lievito AT1, senza aggiunta di ossigeno e calcio<br />

pantotenato, con aggiunta di azoto);<br />

al secondo posto il vino n°4 (ottenuto dal trattamento con lievito S6U, senza aggiunta di ossigeno, calcio<br />

pantotenato e azoto).<br />

Nel corso delle prove, come si evince dalla trattazione, abbiamo rilevato un elevato numero di parametri<br />

che vengono proposti per una analisi più particolare da opera del tecnico o dello studioso. Volendo<br />

fornire un giudizio sintetico e riepilogativo, si può affermare come il lievito S6U sia da preferire in ogni<br />

fermentazione e questo perché maggiormente rispondente alla tipicità del vino per i seguenti motivi:<br />

- contribuisce a mantenere alto il valore di acidità totale e questo rappresenta una garanzia di<br />

stabilità strutturale del vino;<br />

- produce, in ogni condizione, valori di glicerina più elevati, quindi il vino assume connotati di<br />

corposità che esaltano il rapporto con il territorio;<br />

- una minore produzione di solfiti agevola un razionale impiego a fine fermentazione e determina<br />

una migliore compatibilità ambientale.<br />

Da un punto di vista dei trattamenti si evidenzia che:<br />

- l’impiego di ossigeno nel corso della fermentazione risulta ininfluente ai fini del risultato<br />

metabolico della cellula di lievito;<br />

- l’impiego di azoto va limitato soltanto ai casi di effettivo impoverimento del mezzo, casi rarissimi<br />

nelle condizioni di una razionale enotecnica che non deve prevedere eccessi di chiarifica. Spesso,<br />

infatti si tende ad addizionare azoto ammoniacale nell’intendo di prevenire rallentamenti o arresti<br />

di fermentazione. In realtà questi accidenti o sono conseguenza di inibitori non rimossi o sono la<br />

causa di trattamenti deproteinizzanti troppo spinti. Al riguardo si evidenzia come l’impiego di azoto<br />

ammoniacale deprima le qualità tipiche dell’uva poiché rallenta il metabolismo degli aminoacidi<br />

e peptidi del mezzo; ne consegue che la maggiore tipicità del prodotto va perseguita attraverso<br />

opportune tecniche colturali volte proprio alla migliore espressione del metabolismo variatale.<br />

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