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fondamentale in enologia è raramente preso in considerazione, ed in modo impreciso: la variabilità<br />

della materia prima. Il monitoraggio in linea della cinetica fermentativa (per ora ancora una utopia) può<br />

servire non solo a migliorare il controllo dell’andamento delle fermentazioni, ma anche, e soprattutto, a<br />

“pilotarne” il controllo.<br />

Questa nozione di pilotaggio consiste nell’adattare gli interventi (temperatura, aggiunte di nutrienti etc.)<br />

in funzione dello svolgimento della fermentazione. A breve o medio termine, consisterà anche in anticipare,<br />

grazie ad una predizione (modellizzazione) dell’andamento fermentativo e nel prendere in considerazione<br />

non solo i criteri tecnologici (completamento delle fermentazioni, consumo di frigorie…)<br />

ma anche criteri più qualitativi.<br />

È ormai dimostrato, dalla letteratura, come alcuni elementi costituiscano veri e propri fattori limitanti<br />

lo sviluppo e il metabolismo del lievito, in particolare: l’ossigeno risulta essere necessario ai lieviti<br />

per sintetizzare acidi grassi e steroli nella fase di crescita aerobica, l’azoto (sotto forma assimilabile) è<br />

necessario alla crescita cellulare dei lieviti e calcio pantotenato, responsabile della sintesi di Acetil-coenzima<br />

A per un corretto impiego di acetato di derivazione intracellulare.<br />

Sebbene la fermentazione alcolica si svolga in un ambiente anaerobico, è ormai dimostrato come il ruolo<br />

dell’ossigeno nei mosti influenzi la produzione di numerosi composti e contribuisca alla completezza<br />

gusto-olfattiva dei vini; fino ad oggi, però, l’importanza di questo elemento è stata valutata soprattutto<br />

per ciò che attiene all’incidenza sulla frazione fenolica del mosto e poco si sa sulla funzione di questo<br />

elemento sul metabolismo cellulare in condizione di fermentazione anaerobica.<br />

Il ruolo dell’ossigeno è generalmente favorevole alla qualità dei vini, in modo particolare nella vinificazione<br />

in rossi, anche se è necessario che dosi e modalità d’impiego siano strettamente controllate. Diverse<br />

e recenti tecniche di vinificazione prevedono la somministrazione ragionata dell’ossigeno durante le<br />

fasi che susseguono nella trasformazione da uva a vino anche in condizioni di iperossiggenazione.<br />

La microssigenazione, durante la fase di maturazione e affinamento dei vini, o al contrario, le vinificazioni<br />

in riduzione, eseguite cercando di limitare al minimo il contatto dei mosti e dei vini con l’ossigeno,<br />

dimostrano l’importanza che riveste questo elemento in enologia.<br />

È perciò necessario rapportare queste tecniche sempre al tipo di uva oggetto di lavorazione in considerazione<br />

della differente risposta legata alla composizione analitica del mosto.<br />

Uve aromatiche (ad esempio moscato ) o con alto contenuto di precursori aromatici (tra cui si può annoverare<br />

anche la Malvasia del Lazio) possono essere trattate sia con tecniche in riduzione sia in ossidazione.<br />

Per uve che possiedono un basso contenuto aromatico, viene preferita in vinificazione in riduzione,<br />

al fine di cercare di mantenere questa dotazione altrimenti compromessa con ossigenazione.<br />

Uve dal sapore neutro, che apportano ai conseguenti vini profumi e aromi derivanti dalla sola fermentazione<br />

alcolica, sono generalmente trattate con techiche ossidative, che contribuiscono a una migliore<br />

stabilità del vino e ad un uso ridotto di solfiti.<br />

Le principali esperienze del ruolo dell’ossigeno nella fermentazione vinaria furono eseguite da Riberau-<br />

Gayon e da Sablayrolles, i quali, oltre a constatare il ruolo fondamentale che riveste nella sintesi lipidica<br />

e nella formazione di grandi quantità di steroli e acidi grassi, determinarono che la quantità di ossigeno<br />

necessaria al corretto svolgimento di questo processo sia da considerarsi tra i 5 e 10 mL/L di ossigeno,<br />

somministrato nella fase esponenziale di crescita cellulare del lievito (circa due giorni dopo l’inoculo).<br />

Si deve a Moutonet e ad altri ricercatori di Montpellier i primi studi sulla microssigenazione, tecnica nata<br />

dall’intuizione di ricreare condizioni redox in un mosto o in un vino, vinificato in serbatoio in acciaio<br />

inox, simili a quelle che si verificano in una barrique. Si è accertato che l’apporto di ossigeno in fase di<br />

affinamento in una barrique varia da 0,6 a 3 mL/L/mese in funzione della tipologia di legno utilizzato e<br />

dal grado di permeazione delle doghe, che diminuisce con il tempo di utilizzo (Ferrarini et al., 2001).<br />

Alcuni studiosi riportano come mosti fermentati con lieviti Saccharomyces cerevisiae, in assenza di<br />

ossigeno iniziale, producano a fine fermentazione vini con più basse concentrazioni di alcoli superiori ed<br />

esteri, mentre mosti addizionati di ossigeno presentano più alti contenuti di questi composti. In presenza

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