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La sopravvivenza del teatro

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Quando Quanto dura un gruppo<br />

Quanto e come può durare un gruppo? Direi che la durata<br />

di un gruppo non può andare al di là dei dieci anni.<br />

Guardiamo la storia <strong>del</strong> <strong>teatro</strong>. Che fosse Stanislavskij<br />

col suo Teatro d’Arte, che fosse Copeau in Francia o Brecht in<br />

Germania, gli ambienti che hanno creato non hanno mai resistito<br />

più di qualche anno, generalmente otto o nove. Persino Grotowski<br />

dopo dieci anni ha smesso. Probabilmente anche oggi farebbe<br />

ottimi spettacoli. Certo non mancherebbe d’esperienza,<br />

ma la relazione particolare che aveva portato a quei risultati incredibili,<br />

che hanno cambiato il modo di pensare il <strong>teatro</strong> in Europa,<br />

si è esaurita. Io credo che un gruppo, specie se arriva ad<br />

essere conosciuto e accettato, si trovi di fronte ad enormi difficoltà.<br />

Tutto il modo di pensare e di fare <strong>teatro</strong> nella nostra società<br />

si orienta sull’originalità, sulla rottura.<br />

Dopo che Grotowski ha creato Il Principe Costante che è veramente<br />

l'apice, è difficile fare qualcosa di diverso, poiché quello è il<br />

diverso. L’attore, Riszard Cieslak, che è arrivato a quella prestazione<br />

non è che poi scende e si inventa qualcos’altro. Quello di Cieslak<br />

è stato come una forma di innamoramento, dirompente e appassionato:<br />

con il regista, con l’esperienza intima che ha messo in<br />

moto il processo, col proprio lavoro.<br />

Ma dopo l’innamoramento viene il matrimonio. Il matrimonio<br />

è un’altra cosa. Noi <strong>del</strong>l’Odin abbiamo vissuto all’inizio momenti di<br />

indifferenza, poi ci siamo uniti sempre più per motivi di interesse.<br />

Volevamo fare <strong>teatro</strong>? e allora facciamolo insieme, era un interesse<br />

molto pratico. Cominciando a lavorare insieme ci siamo legati a<br />

quello che stavamo facendo, diventava nostro. Ci siamo inventati<br />

<strong>del</strong>le giustificazioni, una mitologia tutta nostra.<br />

Ma sempre consapevoli che doveva esserci uno stile, qualcosa<br />

di aristocratico. Si può essere beduini, poveri, ma se hai uno stile<br />

sei un aristocratico. Poi, come in tutti i matrimoni, c’è un nuovo<br />

pericolo: la ripetizione, la routine. Allora comincia la lotta, e ci si<br />

deve assumere la responsabilità di combattere con i suoi pensieri.<br />

Min Far Hus - 1972<br />

Foto di Tony D’Urso<br />

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