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La sopravvivenza del teatro

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46<br />

Spettatori mo<strong>del</strong>lo<br />

Mi chiedo se uno spettacolo può valere dovunque. Dipende<br />

dal contesto. Se prendo uno degli spettacoli più straordinari<br />

<strong>del</strong>la nostra storia teatrale e lo porto, ad esempio, in<br />

un villaggio <strong>del</strong>l’Arabia Saudita, so che quello spettacolo non funziona,<br />

è un problema di convenzioni, un problema di contesti. Ma<br />

per me la vera domanda è un’altra. Quando faccio uno spettacolo,<br />

ad un certo momento <strong>del</strong> processo mi rivolgo agli spettatori. All’inizio<br />

no, all’inizio sono interessato piuttosto a quello che l’attore mi<br />

porta, devo dargli il più possibile di informazioni, stimoli, incoraggiamenti,<br />

suggerimenti, affinché mi conficchi una freccia da qualche<br />

parte. Una volta che l’attore è riuscito a creare quest’immagine di un<br />

albero trafitto, debbo costruirci intorno la cornice.<br />

Questa cornice è quello che chiamo la drammaturgia narrativa.<br />

Però per me il vero lavoro, specifico <strong>del</strong> <strong>teatro</strong>, è quello che chiamo<br />

la drammaturgia organica: la freccia conficcata nell’albero, che ha<br />

una sua forza, crea un’immagine che colpisce. Alla fine <strong>del</strong> processo<br />

<strong>del</strong>le prove, dove c’è tutto quello che gli attori hanno costruito, devi<br />

poter mettere in movimento l’immaginazione e i sensi <strong>del</strong>lo spettatore.<br />

Ma quale spettatore? E’ importante per me, come regista, avere<br />

degli spettatori mo<strong>del</strong>lo ai quali mi rivolgo, uno alla volta, durante<br />

le prove. Alla fine <strong>del</strong> processo di costruzione io non sono più dalla<br />

parte degli attori, sono con e tra gli spettatori. Lo spettatore per<br />

esempio, è come un bambino, lo spettacolo lo deve interessare, ne<br />

deve essere catturato e affascinato come lo sarebbe un bambino.<br />

Lo deve intrigare anche se non capisce. Può essere spaventato, mettersi<br />

a ridere, chiedersi perché sono così grotteschi questi giochi di<br />

grandi, ma per quelle due o tre o sei ore, lo spettacolo deve dire<br />

qualcosa a questo bambino. L’aspetto interessante <strong>del</strong>lo spettatore<br />

bambino è che non ha capacità di astrazione, non ha capacità di vedere<br />

al di là <strong>del</strong>la letteralità <strong>del</strong>l’azione. Quello <strong>del</strong>la letteralità <strong>del</strong>l’azione<br />

è un aspetto fondamentale da tenere in considerazione nel<br />

rapporto con gli spettatori. Un altro dei miei spettatori mo<strong>del</strong>lo è un

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