La sopravvivenza del teatro
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L A S O P R AV V I V E N Z A D E L T E AT R O<br />
Colloqui con Eugenio Barba<br />
Una giornata da bibliotecaria:<br />
IL DIFFICILE COMPITO DI FAR VIVERE I LIBRI<br />
Il libro non consiste solo in un supporto fisico e in un testo scritto<br />
da conservare e trasmettere nel tempo e nello spazio. E’ anche<br />
una rappresentazione fisica <strong>del</strong>la mente<br />
<strong>del</strong>l’uomo; per dirla con Jorge Luis Borges,<br />
un’estensione <strong>del</strong>la sua memoria. Mentre<br />
le parole, per quanto pregnanti, vivono un<br />
tempo effimero (verba volant), il testo<br />
scritto e quindi il libro permette a uomini<br />
lontani nel tempo e nello spazio di dialogare<br />
tra loro e di stabilire relazioni nel senso<br />
più ampio <strong>del</strong> termine, in una sorta di<br />
vera comunità di spirito.<br />
Se un libro non ha prodotto questo effetto,<br />
di essere punto di partenza di un<br />
percorso culturale o di vita, di aver comunicato qualcosa che continui<br />
a vivere nel lettore anche quando il libro sia stato riposto nello<br />
scaffale, rimane un oggetto morto. Nelle biblioteche universitarie<br />
oggi trovano sempre più legittimamente posto le attività culturali,<br />
che una concezione angusta <strong>del</strong>la biblioteca come mero contenitore<br />
vede ancora in dicotomia con i tradizionali “servizi” (lettura,<br />
consultazione, prestito….). Su indirizzo dei docenti <strong>del</strong> Consiglio<br />
scientifico e grazie alla Direzione illuminata e lungimirante di<br />
Piera Storari, che ha saputo contrastare, con energia e passione,<br />
questa visione tutta istituzionale <strong>del</strong>la biblioteca, abbiamo cercato<br />
attraverso le iniziative culturali illustrate di far vivere i libri e la biblioteca.<br />
Con fatica, diversa da quella <strong>del</strong>la routine <strong>del</strong> conservare<br />
e <strong>del</strong>l’acquisire, ma con soddisfazione. Ecco, la mia esperienza in<br />
questo progetto la definirei così: un’occasione inedita di lavoro per<br />
una bibliotecaria, faticosamente ma orgogliosamente straniante<br />
da ”In Scena”, 11/12 (2007), pp 24-25<br />
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