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Arsenico - Ispesl

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fessionalmente esposti ad As (Hughes, 2006). Trattandosi di un biomarcatore di esposizione recente<br />

è evidente che l’individuazione dell’As nelle urine può risultare estremamente utile nel caso in cui<br />

l’esposizione sia continuativa, come ad esempio si verifica in alcune popolazioni asiatiche dove la<br />

contaminazione dell’acqua destinata al consumo umano rappresenta una fonte costante di intake<br />

di arsenico inorganico, con evidenti riflessi sulla dose quotidianamente assunta con gli alimenti. Viceversa,<br />

risultano evidenti i limiti di utilizzazione dell’As urinario nel caso di soggetti professionalmente<br />

esposti, se la durata dell’esposizione inalatoria ad As non è continuativa. Tale<br />

considerazione vale, in misura anche maggiore, per il contenuto di As nel sangue o nel plasma, in<br />

quanto in questo compartimento la concentrazione di As e delle eventuali forme chimiche presenti,<br />

tende a decrescere ancora più rapidamente.<br />

Una tipologia di indicatori biologici, per certi versi più accessibile, è rappresentata dall’analisi dei<br />

capelli e delle unghie che possono venir considerati come biomarcatori a medio e lungo termine.<br />

Al riguardo si fa presente che la velocità di crescita del capello è stimata pari a 1 cm/mese per cui<br />

dalla sua analisi si possono ottenere informazioni su un periodo medio lungo di esposizione o limitandosi<br />

ai segmenti più recenti (vicini alla cute) si può arrivare a definire una sorta di calendario<br />

dell’esposizione più recente (Karagas, 1996 e 2000).<br />

Tuttavia la preparazione dei campioni, come in precedenza dettagliato, può risultare complessa ed<br />

esporre al rischio di contaminazione accidentale da As, dovendo ricorrere a reattivi per operazioni<br />

di lavaggio (acetone, soluzione acquosa di Triton X-100 1%). Un indiscutibile limite di questo tipo<br />

di analisi è la mancanza di una correlazione statisticamente significativa tra contenuto di As nelle<br />

unghie ed esposizione pregressa alle forme inorganiche dell’elemento (Slotnick, 2006).<br />

Un’esigenza sempre più avvertita è quindi quella di arrivare a identificare nuovi biomarcatori di esposizione,<br />

in grado di evidenziare a quale livello espositivo si possono manifestare in soggetti suscettibili<br />

effetti avversi alla salute, in assenza totale di sintomi clinici. Analoga considerazione vale per gli<br />

indicatori di effetto in quanto i dati resi eventualmente disponibili potrebbero essere utilizzati per<br />

verificare l’esistenza di una correlazione dose/riposta, anche a bassi livelli di concentrazione.<br />

Un esempio di potenziale biomarcatore di effetto per l’As inorganico potrebbe essere rappresentato<br />

dalla misura del TGFα in cellule uroteliali esfoliate della vescica, acquisendo contemporaneamente<br />

valori sul contenuto di As nelle urine previa determinazione delle relative forme arsenicali<br />

(Valenzuela, 2007).<br />

Ulteriori e possibili biomarcatori di effetto potrebbero essere la clastogenicità nei linfociti periferici<br />

(Maki e Paakkanen, 1998), la presenza di micronuclei nella mucosa orale e nelle cellule della vescica<br />

(Biggs, 1997) e l’induzione dell’enzima emeossigenasi (Del Razo, 2001a).<br />

Considerando che i meccanismi coinvolti nella tossicità arsenico- indotta e nella tumorigenesi risultano<br />

differenti sono stati utilizzati studi in vitro con cellule umane e animali per identificare le<br />

modalità d’azione responsabili degli effetti citotossici e genotossici indotti dall’As inorganico.<br />

Ad esempio, si ritiene che danni al DNA arsenico-indotti siano riconducibili, in parte o in toto a fenomeni<br />

di stress ossidativo. Molecole reattive prodotte in un ambiente cellulare sottoposto a stress<br />

ossidativo sono in grado di provocare danni a livello dei cromosomi e interferire con la divisione cel-<br />

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