Indice - Ssai - Ministero Dell'Interno
Indice - Ssai - Ministero Dell'Interno
Indice - Ssai - Ministero Dell'Interno
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
MINISTERO DELL’INTERNO<br />
Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno<br />
XXVI Corso di formazione dirigenziale<br />
per l’accesso alla qualifica di viceprefetto<br />
L’Italia di fronte al fenomeno migratorio: l’accordo di integrazione.<br />
Sostegno alla condivisione di diritti e doveri (e alla crescita delle<br />
opportunità individuali) o mero strumento di politica migratoria<br />
(e di controllo della migrazione “marginale”)?<br />
Dott. Sergio BRESCHI<br />
Dott.ssa Roberta CARPANESE<br />
Dott. Michele LASTELLA<br />
Dott. Giuseppe LIGUORI<br />
Dott.ssa Filomena PICCARRETA<br />
Dott. Bruno STRATI<br />
RELATORE: Prefetto Riccardo COMPAGNUCCI
<strong>Indice</strong><br />
Capitolo I<br />
Il fenomeno migratorio e le problematiche<br />
dell’integrazione………………………………… pag. 4<br />
1. Premessa………………………………………. pag. 4<br />
2. Il fenomeno migratorio in Europa……………... pag. 5<br />
3. Le politiche di migrazione: di ingresso e di<br />
integrazione ……………………………………… pag. 6<br />
4. Problematiche dell’integrazione ………………. pag. 8<br />
5. L’immigrazione in Italia oggi………………… pag. 10<br />
Capitolo II<br />
Percorsi di integrazione e cittadinanza in alcuni<br />
Paesi dell’Unione Europea …………………….. pag. 11<br />
1. Multiculturalismo e politiche di integrazione in<br />
Inghilterra…………………………………………. pag. 11<br />
2. Il ruolo della conoscenza della lingua nelle<br />
politiche di integrazione in Germania…………….. pag. 14<br />
3. I diritti degli stranieri in Spagna……………….. pag. 18<br />
4. L’esperienza del contratto di integrazione in<br />
Francia………………………………………………. pag. 23<br />
Capitolo III<br />
La genesi dell’accordo di integrazione pag. 27<br />
1. L’integrazione degli stranieri nella legislazione<br />
italiana: dagli anni Novanta al pacchetto sicurezza<br />
2009 ……………………………………………… pag. 27<br />
1
2. L’integrazione degli stranieri nell’Unione<br />
Europea……………………………………………. pag. 33<br />
3. L’approvazione dell’emendamento della Lega<br />
Nord 18.07 dell’AS 733, introduttivo dell’accordo di<br />
integrazione e l’adozione del regolamento attuativo<br />
ex art. 4-bis, comma 2, del D.Lgs.<br />
286/1998…………………………………………. pag. 37<br />
4. Il binomio integrazione-sicurezza……………… pag. 44<br />
Capitolo IV<br />
L’accordo di integrazione: la disciplina e la fase<br />
di prima applicazione…………………………… pag. 46<br />
1. Quadro normativo e ambiti di applicazione …… pag. 46<br />
2. Sottoscrizione, contenuto ed efficacia………….. pag. 47<br />
3. Articolazione dell’accordo per crediti.<br />
Disciplina…………………………………………... pag. 50<br />
4. Le circolari ministeriali…………………………. pag. 54<br />
5. La prima fase di attuazione: le esperienze nella<br />
provincia di Firenze e in quella di La Spezia …… pag. 56<br />
5.1. Firenze……………………………………... pag. 56<br />
5.2. La Spezia…………………………………... pag. 58<br />
Capitolo V<br />
Tesi a confronto: i limiti dell’accordo di<br />
integrazione…………….......................................... pag. 61<br />
1. Il limite genetico ………………………………... pag. 61<br />
2. Gli altri limiti……………………………………. pag. 62<br />
Capitolo VI<br />
Tesi a confronto: l’accordo di integrazione; più<br />
luci che ombre.......................................................... pag. 68<br />
2
1. Dall’atto di accusa al multiculturalismo ai<br />
contratti di integrazione……………………………. pag. 68<br />
2. La coerenza degli impegni………………………. pag. 70<br />
3. Non solo conoscenza della lingua………………<br />
4. Perché SI’ all’accordo di integrazione …………<br />
Conclusioni………………………………………….<br />
Bibliografia………………………………………….<br />
pag. 72<br />
pag. 75<br />
pag. 77<br />
pag. 79<br />
3
Capitolo I<br />
Il fenomeno migratorio e le problematiche dell’integrazione<br />
1. Premessa<br />
Il fenomeno delle migrazioni è complesso e multiforme e può essere studiato sotto<br />
molteplici profili: demografico, sociologico, economico, amministrativo, psicologico,<br />
antropologico, storico, politico e internazionale.<br />
Il presente lavoro si concentra sui flussi migratori degli stranieri extracomunitari, che<br />
giungono nel nostro Paese prevalentemente per motivi di lavoro o per ricongiungimento<br />
familiare, nonché su coloro che intendono “mettere su casa” e diventare in prospettiva<br />
nostri concittadini.<br />
Si escludono dal nostro ambito di interesse i cittadini di altri Stati dell’Unione Europea,<br />
che sarebbe improprio definire stranieri a seguito dell’Atto Unico Europeo, entrato in<br />
vigore nel 1987, che ha sancito la libertà di movimento dei cittadini di uno Stato<br />
membro nei Paesi dell’Unione. Non interessano ai fini della presente indagine neanche<br />
gli stranieri presenti in Italia per ragioni di studio o per turismo, anche se molti di essi,<br />
trattenendosi sul territorio nazionale anche dopo la scadenza del titolo di soggiorno,<br />
diventano immigrati irregolari (fenomeno degli overstayers, che rappresentano circa<br />
l’80 % della popolazione straniera clandestina).<br />
I migranti possono decidere di sistemarsi definitivamente nel Paese di destinazione, in<br />
quanto non ritengono più di potersi reinserire nei loro Paesi di provenienza, ovvero<br />
possono decidere di spostarsi solo temporaneamente in quanto sperano di tornare in un<br />
futuro più o meno prossimo in patria.<br />
Appartengono, ad esempio, alla prima categoria quegli italiani, tedeschi, russi, irlandesi,<br />
che, a centinaia di migliaia, hanno raggiunto le Americhe tra la fine dell’800 e la prima<br />
guerra mondiale e, in misura minore, anche tra le due guerre.<br />
4
Il migrante si sposta temporaneamente quando ha un progetto provvisorio di<br />
stabilizzazione e spera di ritornare definitivamente nel suo Paese, una volta riuscito a<br />
“conquistare” quel livello di benessere economico che gli consentirà di poter vivere.<br />
Su tale scelta incidono molteplici fattori, tra cui la vicinanza dei due Paesi (e dunque la<br />
facilità degli spostamenti), la situazione politica, demografica ed economica del Paese<br />
di destinazione, le politiche adottate in materia di immigrazione.<br />
2. Il fenomeno migratorio in Europa<br />
Il nostro Continente è stato per lungo tempo centro di emigrazione.<br />
Oggi molti Paesi, quali, ad esempio, gli Stati Uniti d’America, i Paesi dell’America<br />
centro-meridionale, l’Australia, la Nuova Zelanda e, in parte, il Sudafrica, sono popolati<br />
quasi esclusivamente o in modo rilevante da discendenti di migranti europei che hanno<br />
sostituito, anche attraverso interventi cruenti, la popolazione autoctona.<br />
Per secoli, infatti, gli Stati di altri Continenti sono stati meta di immigrati dall’Europa,<br />
perlopiù fuggiti da gravi calamità, quali le carestie 1 .<br />
Gli immigrati provenienti dall’Europa si sono trovati di fronte a modelli culturali e<br />
sociali dei Paesi ospitanti che non hanno accettato passivamente, anzi con il passare del<br />
tempo sono emerse tutte le diverse identità nazionali e le specialità culturali.<br />
All’indomani della fine della seconda guerra mondiale, il processo di ricostruzione e il<br />
successivo sviluppo industriale hanno attirato milioni di persone provenienti dai Paesi<br />
del Sud Europa verso le nazioni del Centro e del Nord, soprattutto verso la Germania, il<br />
Belgio, la Svizzera e la Francia.<br />
Tali ingenti flussi migratori soni dipesi sia da “fattori di espulsione” sia da “fattori di<br />
attrazione” 2 , e più in particolare da fattori economici, sociali, culturali che concorrevano<br />
1 160 anni fa milioni di Irlandesi furono costretti ad emigrare in America a seguito di una grave carestia<br />
che aveva distrutto le coltivazioni di patate.<br />
2 U. Melotti, L’immigrazione in Europa: un confronto fra le politiche nazionali, in Cittadinanza europea<br />
Roma 2002. Si ricordano, ad esempio, le emigrazioni dovute allo spostamento dei confini della Polonia<br />
alla linea dell’Oder-Neisse che comportò il trasferimento nella Germania federale di quasi tutta la<br />
5
a far prevedere delle opportunità maggiori e una qualità della vita migliore per gli<br />
emigranti.<br />
A partire dagli anni Settanta del XX secolo, gli spostamenti verso il centro – nord<br />
Europa hanno registrato una battuta d’arresto e Paesi come l’Italia, il Portogallo, la<br />
Spagna, la Grecia, che per decenni erano stati esportatori di manodopera, hanno visto<br />
non solo il ritorno dei propri connazionali in patria, ma anche l’arrestarsi del fenomeno<br />
migratorio. Una volta conclusasi la migrazione cd. interna, grazie allo sviluppo<br />
raggiunto nei Paesi di emigrazione, è iniziata, dapprima più timidamente e poi più<br />
massicciamente, l’immigrazione nei Paesi dell’Europa occidentale di moltitudini di<br />
disperati provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’Est Europa a seguito del fallimento<br />
dell’ideologia comunista negli anni Novanta.<br />
La crescita sempre maggiore dell’immigrazione irregolare ha evidenziato l’incapacità<br />
dei Governi europei di fronteggiare il fenomeno e di controllarlo in modo efficace,<br />
oscillando tra politiche permissive e di rigore e finendo, nell’incertezza, con il<br />
consentire l’ingresso illegale di molti stranieri che, non trovando un’occupazione<br />
dignitosa, sono entrati nella spirale della migrazione marginale, spesso innescando<br />
sentimenti xenofobi e razzisti nella popolazione ospitante.<br />
3. Le politiche migratorie: di ingresso e d’integrazione<br />
Nel novero delle strategie che ogni Stato deve perseguire, le politiche migratorie sono<br />
senza dubbio quelle più complesse. Si tratta di politiche nazionali che incidono su<br />
fenomeni transnazionali che trascendono i confini della decisione e della stessa<br />
conoscenza del legislatore.<br />
popolazione di lingua tedesca che abitava quelle regioni. La Germania riuscì ad assimilare bene questo<br />
primo grande flusso immigratorio. Tra la fine degli anni ‘40 e fino agli inizi degli anni ’70, la Germania<br />
fu in grado di sviluppare un’economia in espansione basata sulla grande industria e sulla ricerca di<br />
economie di scala che necessitavano di continui afflussi di lavoratori anche da altre aree dell’Europa, in<br />
particolare dall’Italia, e più tardi da altre nazioni extraeuropee, quali la Turchia, con una politica<br />
immigratoria del tutto peculiare.<br />
6
Di fronte al fenomeno migratorio i Governi adottano politiche degli ingressi (o<br />
immigration policies) e politiche di integrazione (o immigrant policies).<br />
Nel primo ambito rientrano le misure volte a regolare gli accessi e le condizioni per<br />
risiedere legalmente nel territorio nazionale; il secondo ambito comprende il grado di<br />
ammissione degli immigrati alle politiche di welfare. I due ambiti possono essere<br />
interdipendenti tra loro.<br />
Nel primo rientrano le politiche relative:<br />
a) ai flussi di ingresso e di uscita;<br />
b) al contrasto o al laissez-faire in ordine all’ingresso di clandestini;<br />
c) al respingimento e al rimpatrio dei clandestini;<br />
d) alla concessione della cittadinanza per nascita nel Paese da cittadini<br />
stranieri, ovvero per residenza o nel caso di matrimoni misti;<br />
e) agli accessi riservati, alle riunificazione familiari, alla formazione<br />
professionale e/o alla selezione nei luoghi d’origine;<br />
f) alle sanatorie/regolarizzazioni ovvero ai rientri incentivati e/o forzati.<br />
Il secondo ambito attiene, invece, a politiche volte:<br />
a) all’integrazione degli immigrati regolari;<br />
b) all’integrazione degli immigrati irregolari o clandestini (scuola, sanità).<br />
Appartengono alla prima tipologia di politiche i provvedimenti regolatori dei flussi di<br />
ingresso nel territorio nazionale, sulla base delle esigenze emergenti dalla realtà<br />
economica: viene, infatti, fissato e stabilito, attraverso le quote, il numero massimo di<br />
cittadini extracomunitari che possono entrare nel Paese ospitante.<br />
Strettamente connessa al controllo dei flussi di ingresso è la politica di contrasto<br />
all’immigrazione clandestina, che non risulta un’operazione agevole soprattutto per<br />
Paesi che, come l’Italia, possiedono confini prevalentemente costieri, che, peraltro, si<br />
7
affacciano sul bacino mediterraneo, sul quale insistono Paesi a forte pressione<br />
migratoria e ad intenso transito quali quelli del Nord Africa.<br />
Altrettanto fondamentali, in tema di politiche di immigrazione, sono gli accordi<br />
bilaterali o multilaterali con i Paesi terzi, attraverso i quali vengono determinati<br />
l’ammontare di immigrati ammessi nel territorio nazionale con permesso di soggiorno<br />
per ricongiungimento familiare ed altre eventuali categorie di lavoratori beneficiari di<br />
quote di ingresso privilegiate.<br />
La disciplina del fenomeno migratorio non può, inoltre, prescindere dalla politica<br />
perseguita dallo Stato di accoglienza in materia di cittadinanza.<br />
4. Problematiche dell’integrazione<br />
Particolare attenzione va riservata alle politiche di integrazione per gli immigrati<br />
regolari al fine di garantire e tutelare condizioni socialmente sostenibili sia per la<br />
comunità immigrata sia per quella autoctona.<br />
Il concetto di integrazione deve essere interpretato in termini di uguaglianza di diritti tra<br />
autoctoni ed immigrati e di utilità, in base ai vantaggi che riceve dall’immigrazione la<br />
comunità ospitante. E’ quest’ultimo un approccio molto pragmatico, da non leggere in<br />
senso negativo, di sfruttamento, bensì secondo una concezione economicistica: quanto<br />
più l’immigrato partecipa ad aumentare i livelli di produttività del sistema, a colmare il<br />
deficit demografico e a temperare i disavanzi pubblici, tanto più si può parlare<br />
d’integrazione della componente immigrata con quella autoctona.<br />
L’integrazione viene concepita anche in termini di somiglianza quando un immigrato<br />
può dirsi effettivamente integrato se condivide i valori, gli usi ed i costumi della<br />
popolazione autoctona.<br />
Tutte le politiche, indipendentemente dal Paese che le mette in atto, devono rispondere<br />
all’esigenza di integrare persone e culture differenti nelle società di accoglienza e,<br />
quindi, dar luogo ad un processo di arricchimento reciproco.<br />
8
Obiettivo del legislatore nazionale è di prevedere e favorire tutti quei canali che,<br />
direttamente o indirettamente, possano contribuire ad inserire l’immigrato nella realtà<br />
sociale in cui vive, perseguendo una pacifica e collaborativa convivenza con la<br />
popolazione autoctona.<br />
I Paesi europei hanno affrontato il problema migratorio in modi diversi, in base alla<br />
propria cultura politica e solo recentemente, come ricorda Melotti, tali diversità si sono<br />
ridimensionate “per effetto dell’incipiente comunitarizzazione delle politiche migratorie<br />
dei Paesi membri dell’Unione Europea 3 ”.<br />
L’integrazione è l’espressione della volontà dello straniero che vuole trasformarsi da<br />
immigrato temporaneo in residente definitivo. Tale desiderio, talvolta, esiste già al<br />
momento della partenza ed è condizionato dal grado di certezze e di immedesimazione<br />
che il migrante ha nei confronti della società ospitante, ma può essere influenzato anche<br />
dalle politiche nazionali, sia a livello statale che locale, che ne possono favorire o meno<br />
l’inserimento 4 .<br />
Ormai tutti i Paesi, anche quelli che dapprincipio favorivano solo l’immigrazione<br />
temporanea di manodopera, hanno dovuto rispondere alla richiesta di una parte della<br />
popolazione straniera che intende stabilirsi in modo definitivo sul territorio.<br />
In Europa sono stati individuati tre modelli d’integrazione: il primo detto<br />
“assimilazionista”, adottato in Francia, che mira alla condivisione di regole, ideali e<br />
tradizioni comuni; il modello “multiculturale”, “comunitario”, o anche detto pluralista,<br />
adottato in Gran Bretagna, che ammette la presenza della diversità anche nello spazio<br />
3 Si veda U. Melotti, L’immigrazione in Europa…, cit.<br />
4 T. Garton Ash, Il crogiolo degli dei che annulla le razze, in Internazionale ,8/2003: “Forse esiste una<br />
risposta al problema del razzismo. Se uomini e donne non si preoccupassero della razza della persona con<br />
cui vogliono fare un figlio e se facesse così anche la loro discendenza, il concetto di “appartenenza<br />
etnica” lascerebbe lo spazio a quello di “appartenenza all’umanità”». Sembra semplice, ma le condizioni<br />
culturali, politiche ed economiche sono molto complesse. Il melting pot americano è relativamente<br />
recente: solo nel 1965 fu abrogata la legge che consentiva l’immigrazione solo agli europei di razza<br />
bianca. Dagli anni sessanta gli afroamericani smisero di essere legalmente discriminati . «Negli ultimi<br />
quarant’anni, comunque, la razza è ancora la maggiore fonte di tensione negli Stati Uniti» e si verificano<br />
veri e propri episodi di razzismo…. Anche noi europei potremmo trarne vantaggio. L’Europa ha urgente<br />
bisogno di un boom demografico per fronteggiare l’invecchiamento della popolazione. «Dovremmo<br />
imparare dagli americani a fare sentire gli immigrati a proprio agio. “Californication” è quello di cui<br />
hanno bisogno gli europei».<br />
9
pubblico, dove avviene la mediazione tra gruppi differenti all’interno delle regole del<br />
gioco stabilite dagli autoctoni; il modello di “precarietà istituzionalizzata” rinvenibile in<br />
Germania, dove l’immigrato è integrato nel mondo del lavoro e non nella cultura del<br />
Paese ospitante ed è mantenuto nella condizione di ospite temporaneo, che prima o poi<br />
farà ritorno a casa sua.<br />
5. L’immigrazione in Italia oggi<br />
Si riportano di seguito, in sintesi, i dati dell’immigrazione in Italia, riferiti all’anno<br />
2011, pubblicati nel Dossier Statistico Immigrazione Rapporto 2012 della Caritas e<br />
Migrantes, anche sulla base degli elementi forniti dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno per gli<br />
ambiti di competenza:<br />
10
Capitolo II<br />
Percorsi di integrazione e cittadinanza in alcuni Paesi dell’Unione Europea<br />
1. Multiculturalismo e politiche d’integrazione in Inghilterra<br />
Il Regno Unito ha una lunga storia migratoria, sia come terra d’asilo, si pensi<br />
all’accoglienza accordata agli Ugonotti tra il XVI e il XVII secolo, sia per la sua storia<br />
imperiale che in tempi più recenti ha facilitato i collegamenti con altri paesi.<br />
Nel secondo dopoguerra, i flussi hanno acquisito maggiore regolarità e l’immigrazione è<br />
diventata un fattore permanente. Fra il 1951 e il 1971 il numero degli stranieri residenti<br />
(per lo più provenienti da alcuni paesi del Commonwealth, Asia del Sud e isole dei<br />
Caraibi, dai paesi dell’Europa dell’Est e da quelli dell’Europa del Sud) è cresciuto da<br />
circa due milioni a oltre tre milioni, quasi il 6% della popolazione.<br />
Dopo un rallentamento registratosi negli anni Settanta e Ottanta, nei due decenni<br />
successivi i flussi hanno ripreso a crescere pressoché ininterrottamente e nel 2010 la<br />
popolazione immigrata aveva raggiunto quasi 7 milioni di unità, più dell’11% di quella<br />
totale.<br />
L’immigrazione ha attraversato fasi di sviluppo industriale, di mutamenti nel mercato<br />
del lavoro, di integrazione dei mercati mondiali e crescita economica ed è sempre stata<br />
riconosciuta come una risorsa per l’economia del Paese. Allo stesso tempo,<br />
l’immigrazione è stata accompagnata da tensioni, conflitti, e razzismo sia istituzionale<br />
sia sociale.<br />
La risposta alla diversificazione etnica e alle tensioni che dal secondo dopoguerra hanno<br />
accompagnato l’immigrazione nel Regno Unito è stata l’adozione del multiculturalismo<br />
come politica ufficiale. Più precisamente, l’ingresso nel Regno Unito delle politiche<br />
multiculturali avviene intorno alla metà degli anni Sessanta, dopo una prima fase di<br />
politiche assimilazioniste, durante gli anni Cinquanta e primi Sessanta, e una successiva<br />
di politiche integrazioniste. Nel 1968 viene approvato il Commonwealth Immigrants Act<br />
con il quale si riconosce il carattere multiculturale del paese e la necessità di costruire<br />
11
apporti di mutuo riconoscimento fra etnie diverse. Da allora, le principali istituzioni<br />
pubbliche locali e nazionali hanno intrapreso una serie di politiche per contrastare il<br />
razzismo e incoraggiare il rispetto e la tolleranza per le minoranze etniche, nonché la<br />
loro mobilità sociale in settori come quello dell’educazione, abitativo o del lavoro.<br />
Dai primi anni del Duemila ha inizio, peraltro, la graduale transizione a un sistema in<br />
cui il multiculturalismo viene affiancato in misura sempre maggiore da politiche<br />
d’integrazione, aventi l’obiettivo di rendere compatibile l’immigrazione alle esigenze<br />
del mercato del lavoro e, in particolare, di manodopera qualificata. Nasce cosi quella<br />
che verrà definita la managed migration, un sistema di controllo dei confini nazionali<br />
basato sulla selezione degli ingressi secondo gli interessi dell’economia britannica.<br />
Le linee guida del nuovo sistema di politiche migratorie vengono formulate in un serie<br />
di documenti governativi pubblicati fra il 1998 e il 2005, con i quali il governo inglese<br />
stabilisce che l’integrazione si fonda su tre componenti principali.<br />
La prima è quella di una maggiore regolazione dell’immigrazione economica da<br />
selezionare in base alle competenze e ai paesi di provenienza.<br />
La seconda componente è quella di un crescente controllo nei confronti<br />
dell’immigrazione irregolare.<br />
Infine, viene apportata una serie di cambiamenti legislativi relativi alle procedure per<br />
ottenere la cittadinanza che danno maggiore enfasi al processo d’integrazione.<br />
In particolare, con il Nationality, Immigration and Asylum Act 2002, viene introdotto un<br />
test d’inglese e di conoscenza della storia e delle istituzioni del paese per i candidati che<br />
desiderano ottenere la cittadinanza, nonché una cerimonia ufficiale in cui il candidato<br />
presta un pubblico giuramento 5 .<br />
E’ mancata tuttavia una reale strategia nazionale per incoraggiare l’integrazione sociale,<br />
economica e civica delle centinaia di migranti che arrivano in Inghilterra ogni giorno.<br />
La legislazione non ha creato una chiara cornice nazionale e fornito precise direttive in<br />
5 “Sarò fedele al Regno Unito e rispetterò i suoi diritti e le sue libertà. Sosterrò i suoi valori democratici.<br />
Osserverò fedelmente le sue leggi e adempirò ai miei doveri e obblighi come un cittadino britannico”<br />
12
grado di mobilitare la società civile; pertanto le iniziative d’integrazione rivolte ai<br />
migranti hanno avuto carattere esclusivamente locale.<br />
Il governo di Londra, la Greater London Authority, ha recentemente avviato un piano<br />
d’integrazione per una serie di categorie che include i rifugiati, i lavoratori migranti<br />
dequalificati, i nuovi arrivati e i migranti senza permesso di soggiorno. Il 34% della<br />
popolazione residente a Londra è costituito da immigrati; ogni programma<br />
d’integrazione deve misurarsi con una realtà estremamente diversificata, sia per quanto<br />
riguarda la tipologia dei permessi (studio, lavoro, motivi umanitari, riunificazione<br />
familiare, allargamento dell’Unione Europea), sia per quanto riguarda i paesi e le etnie<br />
di provenienza 6 .<br />
A Londra, oltretutto, è concentrata la maggioranza degli oltre 500mila migranti senza<br />
permesso di soggiorno presenti sul territorio inglese. I principali problemi che devono<br />
affrontare sono quelli del lavoro, insicuro e malpagato per le fasce basse, della salute,<br />
della casa e del rischio di sfruttamento, della conoscenza dei propri diritti,<br />
dell’esclusione e isolamento sociale.<br />
Le problematiche relative all’integrazione di una popolazione cosi eterogenea vengono<br />
affrontate su varie dimensioni: quella della lingua, con l’avvio di corsi di lingua inglese<br />
in collaborazione con associazioni ed enti locali; quella abitativa, per assicurare<br />
l’accesso ai normali canali alloggiativi; quella dell’occupazione, per aiutare i rifugiati e<br />
i migranti a trovare lavoro, ridurre la sottoccupazione e l’occupazione nell’economia<br />
informale; quella della salute, in modo da assicurare che i bisogni sanitari vengano<br />
soddisfatti.<br />
E ancora, la dimensione della sicurezza e della coesione, per assicurare che la polizia e<br />
il sistema legale forniscano servizi di alta qualità; quella dei bambini e dei giovani, per<br />
superare le difficoltà specifiche della metropoli e assicurare loro salute, benessere,<br />
6 E’ stato calcolato che a Londra vivono persone provenienti da 179 paesi: molti di loro ricoprono<br />
incarichi prestigiosi e redditizi nella City, nelle multinazionali, nelle università o come imprenditori.<br />
Molti altri occupano posizioni più svantaggiate e offrono quei servizi che, seppure a basso contenuto di<br />
capitale umano, sono necessari in una metropoli avanzata e globale come Londra. Negli ultimi decenni vi<br />
è stata, inoltre, una forte crescita dell’immigrazione femminile, in particolare dai Paesi dell’Est Europa<br />
recentemente entrati nell’UE, con una conoscenza dell’inglese molto povera ed enormi barriere<br />
d’ingresso nel mercato del lavoro.<br />
13
sicurezza e istruzione; quella dello sviluppo della comunità locale, per coinvolgere<br />
rifugiati e migranti nella vita politica e civile; infine, quella dell’informazione, per far<br />
conoscere ai rifugiati e ai migranti i loro diritti ma anche le opportunità di Londra.<br />
A ciascuna di queste dimensioni corrispondono azioni diverse, compiti, obiettivi attesi,<br />
partner e risorse. Ruolo importante è quello del pubblico, la Greater London Authority,<br />
ma anche delle associazioni dei migranti, delle associazioni di volontariato, sindacali e<br />
imprenditoriali, chiese e comunità religiose, scuole e altre istituzioni.<br />
2. Il ruolo della conoscenza della lingua nelle politiche di integrazione in Germania<br />
Fra il 2000 e il 2010, un’intensa attività politica ha dato vita in Germania a un numero<br />
di iniziative superiore a quelle adottate a partire dalla fine della seconda guerra<br />
mondiale. Dalla riforma del diritto di cittadinanza del 2000, alla legge<br />
sull’immigrazione del 2005, alla riforma del diritto di soggiorno nel 2007, passando per<br />
una conferenza nazionale sull’Islam, tre vertici per l’integrazione e il recente piano<br />
nazionale per l’integrazione, presentato all’opinione pubblica dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno<br />
e dall’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) nel settembre 2010 7 .<br />
Il piano, finalizzato a organizzare e valutare tutte le iniziative in favore<br />
dell’integrazione, si propone di coordinare e condurre a un miglioramento qualitativo i<br />
vari progetti, pubblici e privati, già in fase di realizzazione sul territorio, individuandoli,<br />
valutandoli e proponendo strategie di sviluppo che coinvolgano tutte le organizzazioni<br />
interessate, dai rappresentanti sindacali a quelli ministeriali fino alle associazioni locali.<br />
Le tematiche alle quali il programma deve dedicarsi nell’ordine sono: l’apprendimento<br />
del tedesco, l’integrazione professionale, l’istruzione e la formazione, l’integrazione<br />
sociale. Parallelamente alle tematiche centrali, altri aspetti da considerare e sostenere<br />
7 In Germania la popolazione immigrata è di circa 7 milioni su una popolazione complessiva di 82<br />
milioni. La comunità straniera più numerosa (2,7 milioni di abitanti) è quella turca; seguono altre<br />
comunità straniere, come quelle provenienti da Italia, Serbia, Grecia, Polonia e Croazia. Lo United<br />
Nations Population Fund rileva come la Germania ospiti il terzo più alto numero di migranti<br />
internazionali fra tutti i paesi del mondo, circa il 5% dei 191 milioni di migranti, che corrisponde a circa il<br />
12% della popolazione della Germania.<br />
14
sono: i controlli di qualità e la valutazione, l’interculturalità, l’impegno civico,<br />
l’assistenza sociale.<br />
Non v’è dubbio, peraltro, che la più importante tra le iniziative statali in favore<br />
dell’integrazione, previste dalla legge che regola il diritto di soggiorno, sia l’attuazione<br />
dei cosiddetti “corsi di integrazione”, organizzati interamente sotto la responsabilità<br />
dell’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati.<br />
Il corso di integrazione prevede un test di valutazione iniziale ed è suddiviso in due<br />
corsi di lingua, per un numero complessivo di 600 ore di lezione che portano al<br />
raggiungimento del livello B1 del quadro di riferimento europeo, e in un corso di<br />
orientamento di 45 ore, su valori, diritto e cultura della società tedesca; è previsto un<br />
esame finale per ognuna delle due parti.<br />
Nelle descrizioni ufficiali del progetto le autorità sottolineano l’importanza<br />
fondamentale della lingua per l’avvicinamento nella vita quotidiana tra lo straniero e la<br />
società che lo vuole integrare, condizione necessaria che si riflette anche nella<br />
ripartizione delle ore del corso.<br />
La parte relativa all’apprendimento del tedesco prevede che siano affrontati temi tipici<br />
di un corso di lingua, ma con particolare riferimento alla partecipazione civica: acquisti<br />
e alloggio, salute e lavoro, istruzione ed educazione dei figli, tempo libero e contatti<br />
sociali, mezzi di informazione e mobilità.<br />
Durante il corso di orientamento vengono trattati invece temi quali politica e<br />
democrazia, storia recente della Germania, società e vita quotidiana, valori quali la<br />
libertà di religione, la tolleranza, le pari opportunità.<br />
L’esame finale consiste in tre prove, scritte e orali, e viene superato qualora il candidato<br />
dimostri di aver raggiunto il livello B1 del QCER 8 sia nella comunicazione orale sia,<br />
8 Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza della lingua. Il livello B1 è il livello preintermedio<br />
o “di soglia” (Comprende i punti chiave di argomenti familiari che riguardano la scuola, il<br />
tempo libero, ecc. Sa muoversi con disinvoltura in situazioni che possono verificarsi mentre viaggia nel<br />
paese di cui parla la lingua. E’ in grado di produrre un testo semplice relativo ad argomenti che siano<br />
familiari o di interesse personale. E’ in grado di esprimere esperienze ed avvenimenti, sogni speranze e<br />
ambizioni e di spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti).<br />
15
alternativamente, nella produzione scritta o nella comprensione orale o scritta. Chi non<br />
supera l’esame di lingua ha diritto a ripetere 300 ore di lezione a condizione che<br />
dimostri di frequentare regolarmente il corso di orientamento. Il test finale per il corso<br />
di orientamento è in vigore dal gennaio 2009 e consiste in venticinque domande con<br />
quattro possibilità di risposta. Per superare il test si deve rispondere correttamente a<br />
tredici dei venticinque quesiti entro i quarantacinque minuti di tempo a disposizione.<br />
Il superamento del test finale conduce al rilascio di un Zertifikat Integrationkurs,<br />
decisivo per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo e, dal 2011, per il<br />
rinnovo dei titoli di soggiorno temporanei, per quanto la prassi amministrativa non<br />
sembri orientata nel senso dell’automatismo di tale effetto condizionante; sono altresì<br />
previste sanzioni di carattere pecuniario e riduzioni di determinate prestazioni sociali.<br />
Il corso di lingua, che può essere realizzato da diverse strutture anche private<br />
selezionate dal BAMF, non è dettagliatamente omologato a livello nazionale: prevede<br />
anzi soluzioni flessibili per rispondere alle necessità individuali, sia del gruppo dei<br />
corsisti che di particolari categorie di immigrati 9 .<br />
Con il sostegno del Fondo sociale europeo sono stati istituti inoltre corsi di lingua a<br />
indirizzo professionale nei quali accanto a un vocabolario che garantisca un buon livello<br />
di competenza nel mondo del lavoro e nel settore specifico, vengono forniti una<br />
qualificazione professionale, un tirocinio e visite guidate alle aziende per facilitare la<br />
ricerca di impiego ai disoccupati o permettere la formazione degli impiegati. Anche in<br />
questo caso, salvo che non si dimostri già un alto grado di integrazione, il corso di<br />
orientamento resta obbligatorio.<br />
9 Esistono, ad esempio, corsi speciali per persone con difficoltà di apprendimento, come anche corsi di<br />
“alfabetizzazione” per chi non sa leggere e scrivere, nei quali il numero di ore di lezione passa a 900 e si<br />
dedica particolare attenzione all’ostacolo dei caratteri latini. Ma ci sono anche corsi intensivi per chi<br />
possiede già nozioni del tedesco o un livello di istruzione più elevato: in questo caso, il numero di ore<br />
scende a 400 (a cui vanno aggiunte 30 ore di orientamento invece delle normali 45 ore). Sono previsti<br />
inoltre corsi “part-time” per chi ha figli o un impiego a tempo pieno, corsi appositamente pensati per<br />
genitori, nei quali si analizza tra l’altro il sistema scolastico tedesco, corsi per donne, incentrati sul ruolo<br />
della donna, l’educazione dei figli e l’economia domestica, e corsi per giovani, che forniscono anche<br />
strategie di apprendimento autonomo e permettono di entrare in contatto con imprese e aziende.<br />
16
Il costo del corso di integrazione è di 2,35 euro all’ora per l’ente selezionato, di cui 1<br />
euro è a carico del corsista e 1,35 euro dell’Ufficio federale. Per lo straniero la spesa<br />
complessiva ammonta quindi a 645 euro. La prima partecipazione all’esame è gratuita. I<br />
disoccupati e chi dimostra un reddito basso possono ottenere l’esenzione dalla tassa di<br />
iscrizione al corso nonché un sussidio per i mezzi pubblici.<br />
Dal 2009 al partner, o coniuge, di un cittadino tedesco, o regolarmente residente in<br />
Germania, viene richiesta la conoscenza del tedesco già prima dell’arrivo sul territorio,<br />
come presupposto per il rilascio del visto per motivi di ricongiungimento familiare. Con<br />
questa misura le autorità si sono proposte di favorire un’integrazione rapida del partner<br />
nella società tedesca, che può partecipare attivamente fin da subito alla vita quotidiana<br />
del paese e impedire i fenomeni di segregazione delle donne.<br />
Il livello di “semplici conoscenze” del tedesco richiesto in questo caso corrisponde al<br />
livello A1 del quadro di riferimento europeo 10 : il coniuge immigrato deve quindi essere<br />
in grado di sostenere una conversazione elementare su temi che riguardano la sua<br />
persona, ma anche saper scrivere in tedesco per compilare moduli e questionari, ad<br />
esempio di uffici pubblici. Ai documenti da inoltrare per la richiesta di un visto di<br />
ricongiungimento il coniuge deve allegare un certificato ottenuto attraverso un esame di<br />
lingua standardizzato, cioè corrispondente ai parametri stabiliti dall’Association of<br />
Language Testers in Europe. Il certificato non è necessario se il richiedente si presenta<br />
di persona all’ufficio consolare e dimostra durante il colloquio una sufficiente<br />
padronanza della lingua.<br />
Sono esclusi dall’obbligo di dimostrare conoscenze del tedesco, oltre ai cittadini<br />
dell’UE, gli immigrati laureati e con un livello di tedesco tale da permettere un<br />
probabile inserimento immediato nel mondo del lavoro, che vengono definiti persone<br />
per le quali “non è necessaria l’integrazione”. L’esenzione vale anche per le persone che<br />
non intendono soggiornare a lungo in Germania e per i coniugi di: ricercatori,<br />
10 Il livello A1 è il livello base (Comprende e usa espressioni di uso quotidiano e frasi basilari tese a<br />
soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e gli altri ed è in grado di fare domande e<br />
rispondere su particolari personali come dove abita, le persone che conosce e le cose che possiede.<br />
Interagisce in modo semplice, purché l’altra persona parli lentamente e chiaramente e sia disposta a<br />
collaborare).<br />
17
imprenditori, rifugiati politici e umanitari, immigrati con permesso di soggiorno di altri<br />
paesi UE, cittadini australiani, israeliani, giapponesi, canadesi, coreani, neozelandesi e<br />
statunitensi.<br />
3. I diritti degli stranieri in Spagna<br />
Un ruolo fondamentale nella gestione delle politiche d’integrazione in Spagna è giocato<br />
dalle Comunità autonome. Ciò per la struttura fortemente decentralizzata<br />
dell’ordinamento territoriale spagnolo, per la distribuzione delle competenze legislative<br />
tra Stato e autonomie e per la recente storia migratoria spagnola. Infatti, i primi anni<br />
d’immigrazione in Spagna sono stati caratterizzati da un esteso vacuum legi in materia<br />
d’integrazione. Durante tutti gli anni Novanta e i primi anni del nuovo secolo la<br />
principale preoccupazione dei governi spagnoli è stata quella di controllare gli ingressi<br />
clandestini, piuttosto che di regolare l’accoglienza degli immigrati. Le questioni legate<br />
all’integrazione sono menzionate solo superficialmente nelle prime leggi<br />
sull’immigrazione, e i motivi di queste lacune vanno cercati non solo nella mancanza di<br />
esperienza e di infrastrutture, ma anche nella precarietà della popolazione migrante, che<br />
si trovava ancora nella prima fase della propria esperienza migratoria.<br />
Non a caso, i primi a occuparsi di integrazione sono stati i governi delle Comunità<br />
autonome con i tassi d’immigrazione più elevati, che dispongono di ampie competenze<br />
in materia di educazione, sanità, servizi sociali e alloggio e che sono quindi, insieme ai<br />
Comuni, le prime dispensatrici di servizi agli immigrati. Di fronte al vuoto statale, e<br />
anche grazie al lobbying di associazioni di immigrati e del terzo settore, la maggioranza<br />
delle Comunità autonome presero l’iniziativa approvando i propri programmi per<br />
l’integrazione degli immigrati (i cd. Planes Autonomicos). La prima Comunità<br />
autonoma ad approvare un piano d’integrazione fu la Catalogna, seguita da Madrid e da<br />
altre Comunità autonome con minore presenza straniera. I Planes diventarono parte<br />
integrante di diverse leggi delle Comunità Autonome per l’accesso ai servizi sociali<br />
approvate a partire dal 1988 e prevedevano norme in materia di prima accoglienza,<br />
sanità, educazione.<br />
18
I programmi di integrazione nelle singole Comunità autonome non sono stati<br />
inizialmente molto efficaci; e tuttavia, ove si tenga presente la quasi totale assenza di<br />
intereventi statali in materia d’integrazione, resta il fatto che essi rappresentano un<br />
passo importante in questo campo.<br />
I primi passi da parte dello Stato centrale spagnolo risalgono all’inizio del nuovo secolo.<br />
Nel 2003, il governo di centrodestra del Partido Popular approva il Programma Globale<br />
di regolazione e coordinamento degli stranieri e dell’immigrazione (il cd. Plan Greco),<br />
con l’obiettivo dichiarato di favorire l’integrazione degli stranieri e delle loro famiglie.<br />
In realtà, al centro dell’attenzione politica restarono prevalentemente le strategie di<br />
controllo e regolazione dei flussi, rimanendo l’integrazione degli stranieri in secondo<br />
piano.<br />
E’ solo con il Fondo para la Acogida (Fondo per l’accoglienza) del 2005 e il Plan<br />
Estrategico de Ciudadanìa e Integracìon (Peci, Piano strategico per la cittadinanza e<br />
l’integrazione) che viene creato un quadro comune per la gestione dell’integrazione. La<br />
maggior parte dei fondi del Peci, 200 milioni di euro fra il 2007 e il 2010, venne<br />
destinato a politiche d’educazione e allo sviluppo di politiche locali in materia<br />
d’integrazione da realizzare in collaborazione con i Comuni.<br />
Il Peci venne presentato come un processo “bidirezionale” basato sui principi<br />
dell’interculturalità (interculturalidad), dell’uguaglianza (igualdad) e della cittadinanza<br />
(ciudadanìa), intesa come piena partecipazione civica, politica ed economica degli<br />
immigrati alla società spagnola: esso rappresenta un passo importante nell’evoluzione<br />
del regime migratorio spagnolo, trattandosi del primo tentativo di coordinare le<br />
politiche d’integrazione delle Autonomie con l’azione statale. Ciononostante, è difficile<br />
identificare un vero e proprio modello dietro questi progressi.<br />
La maggior parte degli studiosi è infatti d’accordo nel ritenere che le politiche<br />
d’integrazione spagnole siano il frutto di un processo di bottom-up in cui hanno giocato<br />
un ruolo fondamentale sia le Comunità autonome sia i Comuni: ciò ha condotto<br />
all’identificazione di diversi modi di intendere il processo di integrazione a livello di tali<br />
Comunità. E’ stato così sostenuto che “la via catalana dell’integrazione” si basa sulla<br />
19
icerca di un equilibrio fra il rispetto per la diversità e il sentimento di appartenenza a<br />
una sola comunità (quella catalana), equilibrio legato alla necessità del governo di<br />
Barcellona di legittimare tanto la propria diversità nei confronti dello Stato centrale<br />
quanto una certa lealtà degli immigrati verso la Catalogna. Nel caso di Madrid, invece,<br />
gli studiosi hanno individuato una chiara tendenza a favorire politiche di assimilazione,<br />
nonostante il focus di molti documenti ufficiali sia chiaramente orientato al<br />
riconoscimento e al rispetto del pluralismo.<br />
Ma quali sono esattamente i servizi e i diritti per i migranti in Spagna? La concessione<br />
di diritti agli stranieri non è necessariamente legata alla condizione di soggiorno<br />
regolare, visto che anche gli stranieri irregolari possono accedere ai servizi educativi e<br />
sanitari se si iscrivono nelle liste del Padròn municipal de habitantes, l’anagrafe<br />
spagnola. In un contesto europeo in cui l’irregolarità è fortemente stigmatizzata, si tratta<br />
di una norma con carattere eccezionale. Ciononostante, e ferma restando l’eccezionalità<br />
di questa norma, in Spagna come in altri paesi la concessione di diritti agli stranieri è<br />
strettamente legata alla stabilizzazione della residenza.<br />
La Spagna è in ogni caso tra i paesi più generosi sul fronte della concessione di diritti<br />
individuali e garanzie per gli stranieri. Tra questi, coloro che sono residenti da almeno<br />
due anni possono richiedere il ricongiungimento con il coniuge e con i figli. Inoltre, con<br />
l’approvazione della legge n.2/2009, il coniuge e i figli degli stranieri residenti ricevono<br />
automaticamente il permesso di lavoro. Negli ultimi anni sono state anche attuate<br />
numerose norme con l’obiettivo di impedire forme di discriminazione e di favorire il<br />
processo d’inclusione nella società spagnola. La ratificazione della direttiva europea<br />
contro la discriminazione razziale e di genere (CE/43/2000) ha segnato il primo passo<br />
nella creazione di un piano normativo di prim’ordine durante il primo governo socialista<br />
(2004-2008).<br />
Per favorire il processo d’inclusione degli stranieri nella società di accoglienza la<br />
Educaciòn para la ciudadanìa (Educazione per la cittadinanza) è stata introdotta tra le<br />
20
materie obbligatorie nelle scuole superiori 11 . Degne di nota sono anche altre iniziative,<br />
come la decisione del governo catalano di limitare la presenza di scolari stranieri nelle<br />
scuole pubbliche catalane a un massimo del 30% per evitare fenomeni di segregazione<br />
scolastica in una Comunità autonoma con un’altissima percentuale di stranieri. Per<br />
favorire la redistribuzione degli alunni, il governo catalano concede alle famiglie degli<br />
stranieri agevolazioni per le scuole private parzialmente finanziate dallo Stato o dalle<br />
Comunità autonome (escuelas concertadas).<br />
La Spagna è inoltre fra i pochi paesi europei in cui gli stranieri regolarmente residenti<br />
hanno diritto al voto nelle elezioni municipali. L’accesso al voto è comunque vincolato<br />
alla ratificazione di accordi di reciprocità con i paesi d’origine. Si noti, tuttavia, che la<br />
maggioranza di tali accordi è stata firmata con paesi sudamericani, mentre rimangono<br />
ferme, ad esempio, le trattative con il Marocco, benché i residenti marocchini in Spagna<br />
siano oltre 760.000, cioè il secondo gruppo di stranieri residenti dopo i rumeni. Va<br />
detto, peraltro, che nelle prime elezioni municipali realizzate nei termini della nuova<br />
legge il tasso di partecipazione degli stranieri con diritto al voto non è stato molto alto, e<br />
solo il 14% degli aventi diritto al voto si è registrato nei censi elettorali.<br />
Per quanto attiene ai procedimenti di naturalizzazione, si riscontrano asimmetrie<br />
rilevanti. Le eccezioni che caratterizzano il procedimento di concessione della<br />
cittadinanza spagnola lo rendono un sistema molto eterogeneo. Tale sistema, infatti,<br />
prevede tempistiche diverse a seconda non solo dello status ma anche della nazionalità<br />
del richiedente. In base alla regola generale, gli stranieri residenti in Spagna possono<br />
richiedere la cittadinanza dopo dieci anni di residenza legale e ininterrotta. Sono esenti<br />
da questa regola i cittadini dei paesi dell’America Centrale e Meridionale, la Guinea<br />
Equatoriale, il Portogallo e le Filippine, i quali possono richiedere la cittadinanza<br />
spagnola dopo solo due anni di residenza, potendo mantenere allo stesso tempo la<br />
cittadinanza del paese d’origine.<br />
11 L’educazione per la cittadinanza prevede l’insegnamento durante tutto il percorso scolastico dei valori<br />
civici che regolano le relazioni interpersonali e sociali come il rispetto, la tolleranza, la solidarietà, la<br />
giustizia, l’uguaglianza, l’aiuto reciproco, la cooperazione e la cultura della pace. Viene anche insegnato<br />
il rispetto del patrimonio pubblico, dei valori su cui sono basate le società democratiche,<br />
un’approssimazione positiva alla diversità, la lotta contro la discriminazione e le varie forme di<br />
cittadinanza in un mondo globale.<br />
21
Nonostante i privilegi concessi ai cittadini sudamericani rispetto a quelli europei in<br />
materia di accesso alla cittadinanza, la legislazione non ha subìto cambiamenti negli<br />
ultimi anni, né è mai stata oggetto di un dibattito politico rilevante. Il mantenimento di<br />
questi privilegi senza nessun confronto dialettico suggerisce l’esistenza di un forte<br />
interesse da parte dei governi spagnoli a voler mantenere legami particolarmente stretti<br />
con i paesi sudamericani, pur essendo la Spagna parte dell’Unione Europea e<br />
riconoscendo implicitamente le radici storiche e culturali comuni con gli altri paesi<br />
dell’Unione.<br />
Di fatto, i cittadini sudamericani sono favoriti, anche se in modo indiretto, durante lo<br />
stesso procedimento di naturalizzazione. La Spagna non prevede un test di cultura<br />
generale predefinito per valutare il grado di adattamento culturale del richiedente: i<br />
contenuti dell’intervista per valutare il grado di adattamento, sempre nel caso che venga<br />
realizzata, sono a discrezione del giudice incaricato del procedimento. La conoscenza<br />
della lingua spagnola viene considerata una conditio sine qua non per valutare il grado<br />
di integrazione dell’intervistato, il che rappresenta un ulteriore vantaggio per gli<br />
appartenenti alla comunità sudamericana.<br />
Infine, non esistono in Spagna accordi di integrazione o test di integrazione vincolanti<br />
per godere di certi diritti, come quello del ricongiungimento familiare. Ciononostante, il<br />
nuovo regolamento sull’immigrazione, approvato il 30 aprile 2011, ha introdotto il<br />
cosiddetto Rapporto sullo sforzo d’integrazione (Informe sobre el esfuerzo de<br />
integraciòn) che devono presentare tutti gli stranieri in procinto di rinnovare il permesso<br />
di soggiorno per motivi di lavoro. Tale Rapporto deve certificare che l’immigrato ha<br />
partecipato ad azioni formative per conoscere e rispettare i valori sui quali si fonda la<br />
Spagna e l’Unione Europea, così come i principi di democrazia, uguaglianza, tolleranza.<br />
E’ richiesta anche la certificazione della conoscenza della lingue ufficiale del luogo di<br />
residenza. Vale la pena sottolineare che, in contrasto con altri paesi europei, il Rapporto<br />
richiesto in Spagna è considerato utile per valutare lo sforzo d’integrazione ma rimane<br />
comunque non vincolante per l’ottenimento del rinnovo.<br />
22
4. L’esperienza del contratto d’integrazione in Francia<br />
Nel 2003, nell’intento di favorire l’integrazione degli stranieri autorizzati a stabilirsi<br />
definitivamente in Francia, il governo francese ha deciso di creare un servizio pubblico<br />
per l’integrazione e di proporre agli immigrati un contratto di accoglienza e<br />
d’integrazione (Cai, Contrat d’accueil et d’intégration). Questo dispositivo è stato<br />
applicato progressivamente su tutto il territorio nazionale e la firma del Cai è stata resa<br />
obbligatoria dal 1° gennaio 2007 12 .<br />
Questo risultato è il frutto di un dibattito sull’integrazione iniziato alla fine degli anni<br />
Ottanta. Fino ad allora la politica del Governo si limitava alla gestione dei flussi<br />
migratori mediante le diverse procedure di concessione del permesso di soggiorno.<br />
L’integrazione degli immigrati nella società francese non era organizzata da un servizio<br />
pubblico, ma da associazioni private. La mancanza di una visione politica coerente<br />
diventa evidente nel corso degli anni Ottanta, quando la società e la classe politica si<br />
rendono conto che sempre più spesso gli stranieri immigrati in Francia per lavoro<br />
tendono a stabilirsi definitivamente sul territorio francese. Per analizzare questo<br />
fenomeno e apportarvi soluzioni viene allora creato l’Alto Consiglio all’integrazione<br />
(Haut Conseil à l’intégration), un organismo incaricato di pubblicare ogni anno un<br />
rapporto sull’integrazione degli stranieri in Francia. In breve tempo i rapporti dell’Haut<br />
Conseil constatano la necessità di creare un programma politico organizzato che<br />
permetta ai nuovi venuti e alle loro famiglie di trovare il loro posto nella società<br />
francese.<br />
L’idea viene sviluppata nel rapporto annuale del 2003 dell’Haut Conseil, in cui si<br />
afferma che per assicurare il futuro professionale, sociale e culturale degli immigrati, la<br />
politica d’integrazione deve basarsi sul concetto fondamentale di contratto 13 : il processo<br />
12 Tra il 2006 e il 2010 il contratto è stato proposto e accettato da più di 500mila stranieri candidati a<br />
stabilirsi definitivamente in Francia.<br />
13 Dal discorso del Presidente della Repubblica Francese Jacques Chirac del 14 ottobre 2002: “…offrire a<br />
tutti le stesse opportunità significa necessariamente rivedere il nostro modello d’integrazione. (…)<br />
Dobbiamo essere in grado di accogliere nel modo migliore coloro che entrano legalmente nel nostro<br />
paese e dobbiamo poterli aiutare a inserirsi al meglio nella nostra società. Desidero anche che, come<br />
accade in altri paesi vicini, ogni immigrato appena giunto in Francia stipuli un vero e proprio contratto<br />
23
d’integrazione viene visto come un atto reciproco tra il nuovo arrivato, che si impegna a<br />
rispettare i valori della società francese, e la società che lo accoglie, che è tenuta a<br />
fornirgli gli strumenti per integrarsi.<br />
Ispirandosi al modello applicato in numerosi paesi occidentali quali l’Austria, la<br />
Germania, il Regno Unito e la parte francese del Canada, il 10 aprile 2003 il Comitato<br />
interministeriale all’integrazione (Comité interministeriel à l’intégration) decide di<br />
creare un vero e proprio servizio pubblico per accogliere gli immigrati al loro arrivo in<br />
Francia. Il nuovo servizio pubblico è gestito dall’Agenzia nazionale di accoglienza e<br />
migrazione (Anaem, Agence nationale de l’accueil et de la migration), che si occupa di<br />
accompagnare gli immigrati che desiderano stabilirsi definitivamente in Francia e che è<br />
sostenuta e coadiuvata da numerose istituzioni pubbliche. Allo stesso tempo, il<br />
Comitato elabora un primo contratto di accoglienza e d’integrazione, destinato a<br />
diventare lo strumento principale della nuova politica d’integrazione.<br />
Le norme di applicazione del contratto di accoglienza e d’integrazione sono dettate della<br />
legge del 18 gennaio 2005, che stabilisce quali sono le condizioni in cui deve essere<br />
proposto e a quali categorie d’immigrati si rivolge. Questa prima forma di contratto è<br />
proposta agli stranieri maggiorenni che entrano in Francia in qualità di coniugi di<br />
cittadini francesi, per ricongiungimento familiare, per lavoro o in qualità di rifugiati<br />
politici, e agli stranieri già presenti in Francia da diversi anni che possono regolarizzare<br />
la loro situazione. I membri dell’UE e gli studenti sono esclusi dal dispositivo di<br />
accoglienza. Il Cai viene stipulato per dodici mesi e può essere prorogato di un anno.<br />
Non ha carattere obbligatorio e la sua applicazione, sperimentata in dodici dipartimenti<br />
su cento nel 2003, è stata progressivamente estesa fino a coprire, nel 2008, l’intero<br />
territorio francese.<br />
Il nuovo dispositivo di accoglienza prevede di presentare il Cai agli immigrati durante<br />
un primo incontro di mezza giornata che si svolge in prefettura. All’incontro<br />
partecipano alcuni osservatori dell’Anaem, un assistente sociale, un rappresentante<br />
dell’ente che propone una valutazione delle competenze linguistiche, uno o più<br />
d’integrazione che gli permetta di accedere a una serie di formazioni tra cui, se necessario, un corso di<br />
lingua francese”.<br />
24
interpreti ed eventualmente un medico o un infermiere. La giornata si apre con la<br />
visione del film “Vivere insieme in Francia” proposto, tramite audio guida, in nove<br />
lingue fra cui l’inglese, l’arabo, il turco, il cinese e il tamil. Il film, della durata di sedici<br />
minuti, presenta brevemente la Francia, le sue istituzioni e la sua società, e trasmette le<br />
prime informazioni generali sul Cai. Successivamente, gli operatori dell’Anaem si<br />
intrattengono individualmente con ogni immigrato, e nel corso del colloquio gli<br />
presentano in dettaglio il Cai. E’ sempre nel corso del colloquio che viene firmato il<br />
Cai, con il quale lo Stato francese si impegna a proporre all’immigrato una sessione<br />
informativa sulla vita in Francia, una giornata di formazione civica e, se la situazione lo<br />
giustifica, una formazione linguistica e/o un accompagnamento sociale. Ogni<br />
formazione è gratuita e si conclude con la consegna di un’attestazione di partecipazione.<br />
L’immigrato, dal canto suo, si impegna a rispettare la Costituzione, le leggi dello Stato e<br />
i valori della società francese.<br />
La politica d’integrazione messa in atto con la firma del Cai considera la conoscenza<br />
della lingua francese come una condizione indispensabile all’integrazione e a un<br />
eventuale accesso alla cittadinanza francese. La valutazione delle conoscenze<br />
linguistiche degli stranieri, tuttavia, non si basa su alcun test ufficiale ed è subordinata<br />
al giudizio soggettivo degli operatori dell’Anaem. Tali operatori possono decidere, se lo<br />
considerano necessario, di prescrivere all’interessato un corso di francese che gli<br />
consenta di acquisire un minimo di autonomia nelle operazioni quotidiane. I firmatari<br />
che seguono una formazione linguistica hanno in seguito la possibilità di presentarsi<br />
all’esame per l’ottenimento del Dilf (Diploma iniziale della lingua francese). Lo<br />
straniero che ha firmato il Cai ha inoltre l’obbligo di seguire una sessione informativa<br />
sulla vita in Francia, adattata ai suoi bisogni.<br />
Un primo bilancio della nuova politica d’integrazione messa in opera tra il 2002 e il<br />
2005 è stato eseguito dall’Haut Conseil à l’intégration in un rapporto presentato nel<br />
novembre 2005. La necessità di proseguire lo sviluppo di un’integrazione “alla<br />
francese”, che permetta di creare uno spazio pubblico “neutro” nel quale le differenze<br />
culturali possono trovare un terreno di intesa, viene qui opposto all’approccio<br />
tradizionale dell’assimilazione e al modello d’integrazione più recente d’ispirazione<br />
25
anglosassone, basato sul comunitarismo. L’Haut Conseil propone di rifiutare queste due<br />
vie e presenta un terzo modello d’integrazione, distinguendo fra integrazione etica (cioè<br />
culturale) e integrazione politica. All’immigrato non può essere chiesta una completa<br />
integrazione etica, che significherebbe rinunciare a tutte le componenti culturali delle<br />
sue origini, ma unicamente un’integrazione politica, attraverso la firma di un contratto<br />
nel quale lo straniero si impegna a rispettare le leggi e lo spazio neutro e laico della<br />
comunità francese. Con questo impegno lo straniero deve prendere atto che le proprie<br />
componenti culturali che si trovano a essere in opposizione alle leggi e alla Costituzione<br />
non possono prevalere e che il comunitarismo è inaccettabile quando va contro i valori e<br />
le leggi della Repubblica francese. Tale concezione è alla base della politica<br />
d’integrazione del governo francese e ha ispirato l’evoluzione successiva del contratto<br />
di accoglienza e d’integrazione. La legge del 24 luglio 2006 14 ha infatti reso la firma del<br />
Cai obbligatoria dal 1° gennaio 2007. Da questa data l’ottenimento del permesso di<br />
soggiorno è subordinato alla firma del Cai. Il contratto è firmato per un periodo di<br />
dodici mesi e può essere prolungato di un anno solo se, dopo il primo periodo di prova,<br />
lo straniero ha ottenuto il rinnovo del proprio permesso di soggiorno dalla prefettura.<br />
L’obbligo di firmare il Cai è stato il primo passo verso una politica d’integrazione<br />
ancora più volontaristica, che nel 2007 ha trovato ulteriore concreta attuazione nella<br />
creazione del <strong>Ministero</strong> dell’Immigrazione, dell’Integrazione, dell’Identità nazionale e<br />
dello Sviluppo solidale 15 , con conseguenze importanti anche sul piano istituzionale. In<br />
particolare, nel 2009, diverse istituzioni (fra le quali l’Anaem) sono state fuse in un<br />
operatore unico, chiamato OFII (Office français de l’immigration et de l’intégration),<br />
che oggi è l’unico organismo che si occupa dell’integrazione degli stranieri in Francia, è<br />
incaricato delle valutazioni e delle formazioni linguistiche nei paesi di origine degli<br />
immigrati, organizza la firma dei Cai e le varie formazioni civiche e linguistiche in<br />
Francia.<br />
14 Legge n. 2006-911, relativa all’immigrazione e all’integrazione.<br />
15 Questo <strong>Ministero</strong> - creato con il compito di mettere in pratica le politiche d’immigrazione e<br />
d’integrazione del nuovo governo Sarkozy, raggruppando diverse funzioni allora svolte da altri Ministeri,<br />
come quello degli Interni e della Giustizia – è stato soppresso nel 2010.<br />
26
Capitolo III<br />
La genesi dell’accordo di integrazione<br />
1. L’integrazione degli stranieri nella legislazione italiana: dagli anni Novanta al<br />
pacchetto sicurezza 2009.<br />
Nella legislazione italiana la tematica dell’integrazione degli stranieri è stata avvertita, a<br />
partire dagli anni ’80, dapprima in modo molto frammentario e solo recentemente in<br />
maniera più compiuta.<br />
Nel primo intervento organico in materia di immigrazione, la legge n. 39/1990<br />
cosiddetta legge Martelli, (che convertiva con modificazioni il D.L. n. 416 del 1989) si<br />
veniva a definire lo status di rifugiato e il diritto di asilo politico ad esso collegato e si<br />
tentava, tardivamente, di regolamentare l’aumento esponenziale dei flussi migratori<br />
degli anni ’80, mediante la programmazione statale dei flussi di ingresso degli stranieri<br />
non comunitari in base alle necessità produttive e occupazionali del Paese. Sebbene<br />
anche repressiva, la legge Martelli impostò comunque una lenta ed iniziale<br />
stabilizzazione dei migranti, attraverso i primi interventi volti all’integrazione e alla<br />
partecipazione alla vita pubblica.<br />
Il rapido evolversi del fenomeno migratorio, conseguenza del mutamento degli assetti<br />
internazionali, tuttavia evidenziò nel giro di pochi anni l’inadeguatezza del testo,<br />
inducendo il Parlamento all’emanazione di una normativa più esaustiva, la legge n.<br />
40/1998, cosiddetta Turco-Napolitano, confluita successivamente nel Testo unico delle<br />
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello<br />
straniero (D. Lgs. 286/1998).<br />
La legge Turco-Napolitano si proponeva di regolare organicamente l'intera materia<br />
dell’immigrazione dall’estero e considerava in modo particolare l’integrazione sociale e<br />
i diritti-doveri degli stranieri, facendo emergere la necessità di costruire un dialogo con<br />
le altre culture.<br />
27
Rispetto alla vecchia disciplina la nuova legge tentò di proporsi come legislazione di<br />
superamento della fase emergenziale.<br />
La legge Turco-Napolitano, che risente della volontà del nostro Paese di entrare, in<br />
quegli anni, nel sistema Schengen, introduce una riforma integrata dei sistemi di<br />
controllo (viene introdotto il sistema dei respingimenti, cioè l’allontanamento<br />
immediato dello straniero clandestino intercettato nella fase di ingresso e il<br />
trattenimento temporaneo in appositi centri degli stranieri da espellere), di regolazione<br />
dei flussi (è previsto un sistema di quote di ingresso più realistico con il coinvolgimento<br />
dei paesi di provenienza), di integrazione dei residenti stranieri.<br />
Sotto quest’ultimo profilo, nella legge Turco-Napolitano vennero inserite nuove misure<br />
d'integrazione, quale, ad esempio, la carta di soggiorno, che permetteva di rimanere a<br />
tempo indeterminato dopo 5 anni di permanenza con regolare permesso di soggiorno;<br />
l’espulsione immediatamente esecutiva, prevista solo per gravi motivi di ordine<br />
pubblico; l’estensione dello status di titolare di carta di soggiorno anche al coniuge e ai<br />
figli minori conviventi.<br />
Il ricongiungimento familiare era garantito e venne ampliata la sfera dei parenti che ne<br />
potevano usufruire; veniva riconosciuta parità di trattamento e piena uguaglianza di<br />
diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani allo straniero regolarmente soggiornante in<br />
materia di assistenza sanitaria, iscrizione nelle liste di collocamento, edilizia ed esteso<br />
l’obbligo scolastico ai minori presenti sul territorio sia regolari che clandestini. A tutti<br />
gli stranieri veniva riconosciuto l’accesso ai servizi pubblici ed assicurate le cure<br />
ospedaliere essenziali.<br />
Per tutti gli stranieri, infine, era prevista un’azione civile contro qualsiasi atto di<br />
discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi.<br />
Con l’intervento della legge n. 189/2002, cosiddetta legge Bossi-Fini, sono state<br />
modificate in pejus per gli stranieri molte disposizioni della legge Turco-Napolitano:<br />
visti d’ingresso, permesso di soggiorno, carta di soggiorno, espulsione con inasprimento<br />
delle pene per gli stranieri espulsi che si sottraggono al provvedimento,<br />
28
icongiungimento familiare più ristretto, accesso limitato dello straniero ai diritti sociali,<br />
diritto di asilo.<br />
Sono, inoltre, state accelerate e semplificate le procedure per l’espulsione dei<br />
“clandestini”, le cui modalità di esecuzione sono divenute sempre più dure nonché<br />
limitate le possibilità di ricongiungimento familiare e ridotta la concreta praticabilità del<br />
diritto di asilo.<br />
Non troviamo in questa legge molto spazio dedicato alla tematica dell’integrazione, il<br />
focus normativo è orientato verso il contrasto dell’immigrazione irregolare.<br />
La legge è comunque frutto di un politica che continuava a guardare all’immigrazione<br />
come fenomeno congiunturale, anziché considerarlo una necessità strutturale imposta da<br />
ragioni economiche e demografiche. Non fu un caso che alla severità delle disposizioni<br />
recata dalla Legge Bossi-Fini seguì la sanatoria più vasta che si è mai registrata in Italia.<br />
Fu poi presentato nel periodo di governo di centrosinistra (anni 2006-2008) un disegno<br />
di legge, detto Amato – Ferrero, che intendeva segnare un netto cambio di rotta rispetto<br />
alla Bossi-Fini: aumento dei canali di ingresso, ampliamento della durata dei permessi<br />
di soggiorno; attuazione dei programmi di sostegno e formazione, anche per favorire la<br />
domanda e l’offerta; il voto amministrativo per gli stranieri titolari di carta di soggiorno;<br />
la reintroduzione dello sponsor, sia istituzionale che privato, e la nuova previsione<br />
dell’autosponsorizzazione. Ma questo disegno di legge non vide mai la luce anche a<br />
causa della crisi di governo e delle successive elezioni politiche del 2008.<br />
Per avere nel nostro ordinamento giuridico una vera e propria definizione di<br />
integrazione, in materia di immigrazione, dobbiamo attendere la legge n. 94 del 15<br />
luglio 2009, il cd. pacchetto sicurezza 2009, che ha inserito nel testo unico<br />
dell’immigrazione all’articolo 4-bis, la nozione di integrazione, intesa come “processo<br />
finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel<br />
rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il reciproco impegno a<br />
partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società”.<br />
29
Alla definizione di integrazione seguono poi le disposizioni relative allo strumento che<br />
il legislatore italiano ha ritenuto valido come declinazione del processo di integrazione,<br />
l’accordo di integrazione. La nozione legale di integrazione implica un percorso di<br />
partecipazione che comporta impegni onerosi sia per gli italiani che per gli stranieri.<br />
Non si tratta di un processo inclusivo unilaterale che vede nello straniero l’unico<br />
soggetto attore, ma, anzi, proprio l’uso di alcuni termini–chiave, quali convivenza,<br />
reciproco impegno, partecipazione, evidenzia come il legislatore abbia ritenuto<br />
necessario individuare un processo bilaterale, in cui autoctoni e immigrati sono<br />
chiamati a realizzare quegli obiettivi a cui l’integrazione-processo è finalizzata a:<br />
promuovere la convivenza, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana e la<br />
partecipazione alla vita economica, sociale e culturale della società.<br />
La strategia integrativa che si è voluta adottare nel nostro ordinamento mira, in<br />
sostanza, a dare pieno riconoscimento alle differenze, alle identità culturali-valoriali<br />
altre, attraverso un dialogo partecipativo permanente tra italiani e stranieri, nel rispetto<br />
dei principi – e fondato su di essi - “scolpiti” nella nostra Carta costituzionale che danno<br />
luogo a diritti irrinunciabili e non negoziabili: diritti umani, eguaglianza, democrazia,<br />
stato di diritto, suddivisione dei poteri, diritto di istruzione.<br />
L’universalità di questi diritti va al di là delle identità specifiche di ciascun popolo senza<br />
però annullarle, a meno che queste risultino inammissibili perché contrarie proprio a<br />
quei principi universali. Si pensi, ad esempio, alla discriminazione razziale, alla<br />
negazione dei diritti umani, all’oppressione sulle donne.<br />
I valori sanciti dalla Costituzione, richiamati nella disposizione normativa in esame,<br />
sono valori universali e rappresentano la pietra miliare su cui deve poggiare nel nostro<br />
Paese la convivenza tra cittadini e stranieri; solo attraverso la costruzione dialogica di<br />
un percorso condiviso e finalizzato al bene comune, basato su diritti fondamentali, è<br />
possibile assicurare una reale prospettiva di integrazione.<br />
Nella visione integrazionista italiana sono evidenti i riflessi delle concezioni filosofiche<br />
contemporanee, in particolare si richiamano quelle 16 , secondo cui l’universalità dei<br />
16 Cfr. J.Habermas e C. Taylor, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Milano 1998, pp. 98-99<br />
30
diritti fondamentali è un diritto irrinunciabile che deve trascendere le differenze e<br />
prevalere, in caso di contrasto, su di esse. Spetterà allo Stato garantire allo straniero la<br />
facoltà di continuare ad aderire alle proprie convinzioni in base alle identità di<br />
appartenenza in un’ottica assimilazionista che potremmo definire temperata, senza<br />
concedere una tutela speciale come auspicato invece dai comunitaristi. Non si parla<br />
dunque di assimilazione intesa nel senso di acculturazione, in cui non solo sul piano<br />
esteriore ma anche su quello interiore vi è la piena condivisione da parte dello straniero<br />
dei valori della società “di casa”, prevale piuttosto la concezione secondo cui<br />
l’assimilazione è improntata sulla condivisione dei principi “politici” (appunto i valori<br />
sanciti dalla Costituzione).<br />
Il processo di integrazione prevede “il reciproco impegno a partecipare alla vita<br />
economica, sociale e culturale della società” 17 , fondato appunto sull’apprendimento<br />
della lingua italiana e il “rispetto, l’adesione e la promozione dei valori democratici di<br />
libertà, di eguaglianza e di solidarietà posti a fondamento della Repubblica italiana” 18 .<br />
Il legislatore ha in tal modo collocato la Repubblica italiana tra gli Stati democratici<br />
contemporanei che, pur ammettendo ed - in misura diversa l’uno dall’altro -<br />
promuovendo le diversità, tuttavia richiedono per la loro stessa esistenza un patto<br />
comune in ordine ad alcuni elementi imprescindibili che connotano dalle fondamenta il<br />
loro impianto normativo e costituzionale.<br />
La promozione della convivenza e della partecipazione alla vita economica, sociale e<br />
culturale evidenziano come il legislatore non abbia avuto quale riferimento<br />
un’integrazione temporanea, ridotta al minimo essenziale necessario. D’altro canto,<br />
però, attraverso il riferimento ai valori costituzionali, il legislatore ha inteso porre un<br />
limite invalicabile alla nozione di integrazione cui, pertanto, non attiene quello che non<br />
è riconducibile a tali valori (il modo di vestire, la cucina, determinati modelli e stili di<br />
comportamento …).<br />
17 Art. 4–bis d.lgs. 286/1998; preambolo allegato A DPR 179/2011.<br />
18 Preambolo allegato A DPR 179/2011.<br />
31
Il richiamo ai valori costituzionali delimita, quindi, anche la genericità del riferimento<br />
all’integrazione contenuto nell’articolo 3, comma 3 del d.lgs. 286/1998, ove si parla di<br />
“integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia”. Il limite posto dai valori<br />
suddetti, infatti, esclude che l’integrazione cui il legislatore ha inteso fare riferimento<br />
possa intendersi quale assimilazione culturale, per cui gli immigrati diverrebbero<br />
membri a pieno titolo della società solo grazie all’interiorizzazione dei valori e dei<br />
modelli di comportamento del popolo ospitante. Viceversa, l’enfasi è posta sulla sfera<br />
pubblica: l’integrazione non implica una totale rinuncia alla propria identità culturale,<br />
ma solo un far proprie la lingua e la tradizione politica di un popolo, assieme al suo<br />
retroterra valoriale.<br />
All’immigrato si richiede una collaborazione fondata sulla reciprocità, necessaria per<br />
partecipare alla vita economica, sociale e culturale. In questo contesto non trovano<br />
spazio i cd. inintegrabili di cui parla Sartori 19 , coloro che non vogliono assolutamente<br />
integrarsi con il Paese, rimanendo ancorati alla cultura di appartenenza anche nei<br />
principi universali, i fondamentalisti che minano alla sicurezza del Paese, con i quali<br />
nessuna forma di dialogo potrà essere attivata soprattutto quando si ha a che fare con<br />
estremismi che sfociano nella violenza terroristica che lo Stato deve combattere con<br />
assoluta fermezza.<br />
La definizione adottata dal legislatore italiano riproduce sostanzialmente quella, coeva,<br />
sociologica di Vincenzo Cesareo, secondo cui l’integrazione viene definita appunto<br />
come un processo multidimensionale – economico, culturale, sociale e politico –<br />
finalizzato alla pacifica convivenza, fondato sul reciproco rispetto delle diversità a<br />
condizione che queste non ledano i diritti fondamentali e non mettano a rischio le<br />
istituzioni democratiche 20 . Cesareo ribadisce che l’integrazione necessita di tempo, in<br />
quanto essa è una meta che non si acquisisce una volta per tutte ma viene costantemente<br />
perseguita. L’integrazione si declina a più livelli: economico, culturale, sociale e<br />
19 Cfr. G. Sartori, Pluralismo, multiculturalismo ed estranei. Saggio sulla società multietnica, Milano<br />
2000, p. 99.<br />
20 Si veda V. Cesareo, Quale integrazione?, in V. Cesareo e G.C. Blangiardo (a cura di), Indici di<br />
integrazione, Milano 2009, pp. 11-28.<br />
32
politico ed è bidirezionale, in quanto essa non riguarda solo gli immigrati ma anche e<br />
congiuntamente i cittadini del Paese ricevente 21 .<br />
2. L’ integrazione degli stranieri nell’Unione Europea.<br />
Il legislatore del 2009, nell’introdurre la definizione dell’integrazione e nel disciplinare<br />
l’accordo di integrazione come strumento pattizio tra Stato e immigrati, si è allineato<br />
alle nuove politiche di integrazione adottate dall’Unione Europea e degli altri Paesi<br />
europei che hanno precedentemente realizzato esperienze analoghe, su cui ci si è<br />
soffermati nel capitolo secondo.<br />
L’Unione Europea ha, infatti, tra le sue finalità, la promozione dell’integrazione dei<br />
cittadini stranieri, anche se soltanto con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel<br />
2009, sono state poste le basi giuridiche per la promozione e l’integrazione a livello<br />
europeo.<br />
L’articolo 79,4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sancisce che “il<br />
Parlamento Europeo ed il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa<br />
ordinaria, possono stabilire misure volte ad incentivare e sostenere l’azione degli Stati<br />
membri al fine di favorire l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano<br />
legalmente nel loro territorio, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle<br />
disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.<br />
Precedentemente, dai trattati istitutivi della Comunità sino al Trattato di Maastricht,<br />
entrato in vigore nel 1993, non compaiono mai riferimenti espressi alle politiche per<br />
favorire l’integrazione degli stranieri. Sarà il Trattato di Amsterdam (entrato in vigore<br />
nel 1999) ad introdurre le prime disposizioni per l’adozione di provvedimenti che<br />
tutelano le diversità tra i popoli.<br />
L’integrazione, intesa come inclusione del cittadino di Paesi terzi, è stata comunque<br />
presa più volte in esame, nel corso degli anni, dal Consiglio Europeo, che ha assunto,<br />
21 Così V. Cesareo, Si fa presto a dire integrazione, ma è necessario partire dalle persone e dai contesti,<br />
in Libertàcivili, 2, 2010.<br />
33
nel tempo, significative determinazioni di indirizzo in materia. Già con il Consiglio di<br />
Tampere (Finlandia 1999), i Capi di governo dell’Unione hanno convenuto che la<br />
politica di integrazione debba fondarsi sulla concessione ai cittadini dei Paesi terzi di<br />
diritti ed obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione Europea; nel Consiglio<br />
dell’Aja (Olanda 2004) è stata evidenziata la necessità di un maggiore coordinamento<br />
tra le politiche nazionali di integrazione e le iniziative dell’Unione Europea in questo<br />
settore; a Stoccolma (Svezia 2009) è stato ribadito che le politiche di integrazione degli<br />
Stati membri devono essere sostenute mediante lo sviluppo di “strutture e strumenti per<br />
lo scambio di conoscenze e di coordinamento con altri settori politici pertinenti, quali<br />
l’occupazione, l’istruzione e l’inclusione sociale”. Il Consiglio Europeo ha inoltre<br />
invitato la Commissione ad individuare moduli europei per sostenere il processo di<br />
integrazione e per sviluppare indicatori fondamentali per il monitoraggio dei risultati<br />
delle politiche di integrazione.<br />
Nel Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo del 2008 il Consiglio Europeo ha invitato<br />
“gli Stati membri … ad attuare, secondo le procedure e con i mezzi che ritengano<br />
adeguati, politiche ambiziose per favorire l’integrazione armoniosa, nel paese<br />
ospitante, dei migranti che hanno la prospettiva di stabilirvisi durevolmente; tali<br />
politiche, la cui attuazione richiederà un reale sforzo da parte dei paesi ospitanti,<br />
dovranno basarsi sull’equilibrio tra i diritti dei migranti (in particolare l’accesso<br />
all’istruzione, al lavoro, alla sicurezza e ai servizi pubblici e sociali) e i loro doveri<br />
(rispetto delle legge del paese ospitante). Esse comporteranno misure specifiche per<br />
favorire l’apprendimento della lingua e l’accesso all’occupazione, fattori essenziali<br />
d’integrazione; porranno l’accento sul rispetto delle identità degli Stati membri e<br />
dell’Unione europea, nonché dei valori fondamentali quali i diritti dell’uomo, la libertà<br />
d’opinione, la democrazia, la tolleranza, la parità uomo-donna e l’obbligo di<br />
scolarizzazione dei figli ….” (I, lett. g).<br />
Vi è stata, quindi, nel corso degli ultimi due decenni una forte sollecitazione delle<br />
istituzioni comunitarie alla promozione dell’integrazione dei cittadini stranieri. La<br />
Commissione Europea ha tradotto tali sollecitazioni dando luogo ad un’intensa attività<br />
di armonizzazione delle politiche di ciascun Stato membro, all’individuazione di best<br />
34
practices, alla selezione di indicatori comuni, fornendo ai Governi nazionali gli<br />
strumenti per poter intervenire più efficacemente.<br />
E’ stato istituito il Fondo europeo per l’integrazione, che ha consentito a ciascuno Stato<br />
di finanziare iniziative concrete per favorire il processo di integrazione e di inclusione<br />
dei cittadini stranieri.<br />
Nel luglio 2011 la Commissione ha inviato una Comunicazione al Parlamento europeo,<br />
al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni,<br />
rinnovando l’Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi, già adottata<br />
nel 2005. Il documento ribadisce la concezione dell’immigrazione intesa come fattore di<br />
sviluppo sociale e culturale, in cui l’Europa è chiamata a gestire la diversità e il<br />
multiculturalismo che caratterizzano la società tramite un’integrazione più efficace degli<br />
immigrati. Nel testo si legge come la strategia Europa 2020 (con cui la Commissione ha<br />
fissato gli obiettivi per rilanciare l’economia dell’Unione Europea nel prossimo<br />
decennio) e il programma di Stoccolma riconoscano le potenzialità dell’immigrazione ai<br />
fini di un’economia sostenibile e competitiva ed individuino come chiaro obiettivo<br />
politico la reale integrazione degli immigrati regolari sostenuta nel rispetto e dalla<br />
promozione dei diritti umani.<br />
Nell’Agenda viene sottolineata la natura dell’integrazione quale processo dinamico e<br />
bilaterale di adeguamento reciproco degli immigrati e delle società ospiti. Il documento,<br />
alla luce dei risultati finora ottenuti in questo settore dagli Stati membri e delle<br />
problematiche ancora irrisolte (disoccupazione, soprattutto femminile, esclusione,<br />
disparità di rendimento scolastico), ribadisce la necessità di integrare attraverso la<br />
creazione di condizioni favorevoli alla partecipazione economica, sociale, culturale e<br />
politica degli immigrati.<br />
La Commissione ritiene che le politiche di integrazione debbano realizzarsi con azioni<br />
da sviluppare attraverso la partecipazione, a livello locale e con il coinvolgimento dei<br />
Paesi terzi. L’integrazione deve avvenire “dal basso”, a contatto con le realtà locali, in<br />
modo da sostenere l’apprendimento della lingua, i percorsi introduttivi, l’accesso<br />
all’impiego, all’istruzione e alla formazione professionale e la lotta alla discriminazione,<br />
35
tutti fattori che mirano ad integrare la partecipazione degli immigrati alla società.<br />
L’integrazione implica che la società ospite si impegni a rispettare i diritti e la cultura<br />
degli stranieri e ad informarli dei loro obblighi, ma nel contempo, da parte loro, gli<br />
immigrati devono dare prova di voler integrarsi e rispettare le regole e i valori della<br />
società in cui vivono.<br />
Elemento centrale del processo di integrazione è che i migranti godano degli stessi<br />
diritti e abbiano le stesse responsabilità dei cittadini dell'Unione Europea. L'integrazione<br />
deve iniziare nei luoghi in cui le persone si incontrano ogni giorno (posto di lavoro,<br />
scuola, spazi pubblici, ecc.). La Commissione ritiene che le misure volte a rafforzare la<br />
partecipazione democratica potrebbero comprendere la formazione, l’agevolazione del<br />
voto dei migranti in occasione delle elezioni comunali, la creazione di organismi<br />
consultivi locali, regionali e nazionali o anche la promozione dell'imprenditorialità,<br />
della creatività e dell'innovazione.<br />
E’ evidente, però, che sono le competenze linguistiche ad aprire le porte a migliori<br />
opportunità di lavoro, favorendo i contatti sociali e assicurando indipendenza ai<br />
migranti. Questo aspetto è particolarmente importante per le donne immigrate, che<br />
altrimenti possono ritrovarsi relativamente isolate. L'Agenda europea per l'integrazione<br />
sottolinea che la formazione linguistica e i programmi di accoglienza devono essere<br />
accessibili finanziariamente e geograficamente.<br />
Il processo di integrazione richiede una stretta collaborazione tra i governi nazionali,<br />
che rimangono responsabili della definizione delle loro politiche di integrazione, e le<br />
autorità locali o regionali e gli attori non statali, che spesso sono competenti per<br />
l'attuazione concreta delle misure di integrazione. L’Unione Europea sostiene tali<br />
misure attraverso finanziamenti per la promozione dell'integrazione a livello locale.<br />
36
3. L’approvazione dell’emendamento della Lega Nord 18.07 all’ AS 733 introduttivo<br />
dell’accordo di integrazione e l’adozione del regolamento attuativo ex art. 4-bis,<br />
comma 2, del D.Lgs. n. 286/1998.<br />
La legge 15 luglio 2009, n. 94 citata, recante “Disposizioni in materia di sicurezza<br />
pubblica”, oltre a prevedere anche una serie di misure in materia di immigrazione molto<br />
restrittive, in particolare il reato di immigrazione clandestina, ha introdotto l’accordo di<br />
integrazione (art. 4-bis del D.Lgs. 286/1998) ed il test di lingua per il rilascio del<br />
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (cd. carta di soggiorno, art.<br />
9, comma 2-bis del D.Lgs. 286/1998).<br />
Se l’integrazione è, come si è visto, un processo, l’accordo di integrazione è la forma di<br />
realizzazione di questo processo 22 .<br />
La nascita dell’accordo di integrazione è stata segnata da un acceso dibattito<br />
parlamentare che ha visto come protagonista il partito dell’allora Ministro dell’Interno<br />
Roberto Maroni, la Lega Nord.<br />
Sebbene nella norma compaia, come si è detto, per la prima volta la definizione di<br />
integrazione prima richiamata, le intenzioni della Lega Nord, rivolte, come si legge<br />
negli atti parlamentari, verso un cambio di rotta della politica migratoria italiana rispetto<br />
al passato, miravano ad abbandonare il “buonismo di Stato del centrosinistra”, come fu<br />
definito dal presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord al Senato, Federico<br />
Bricolo, e mostrare piuttosto “il volto cattivo del legislatore nei confronti degli stranieri<br />
irregolari” 23 .<br />
Proprio le parole del Senatore Bricolo sui temi dell’integrazione testimoniano come<br />
l’accordo nasca dalla decisione leghista di voler differenziare marcatamente gli stranieri<br />
regolari, ai quali si chiedeva la sottoscrizione dell’accordo medesimo, dagli stranieri<br />
irregolari che non si volevano integrare. Il permesso di soggiorno a punti, come fu poi<br />
battezzato il nuovo istituto, sarebbe servito, quindi più che ad integrare gli stranieri<br />
22 Si veda E. Codini, A proposito dell’integrazione e del relativo accordo, in Libertàcivili, 6 2011, Roma,<br />
p. 118, che parla di baricentro dell’integrazione.<br />
23 Si veda http://www.leganord.org.<br />
37
egolari, a creare un discrimen tra i regolari e quelli irregolari. Non a caso per Bricolo<br />
l’integrazione vuol dire che “chi viene a casa nostra deve rispettare le nostre leggi e si<br />
deve adeguare al nostro modo di vita.”.<br />
Il cd. pacchetto sicurezza 2009 fu proposto dai Ministri dell’Interno e della Giustizia e<br />
venne approvato in Senato in prima lettura il 5 febbraio 2009, poi modificato dalla<br />
Camera dei deputati e, infine, tornato al Senato per essere definitivamente approvato in<br />
seconda lettura il 2 luglio 2009.<br />
In Commissione al Senato (sedute delle Commissioni riunite I – Affari Interni e<br />
costituzionali e II - Giustizia), nella notte del 5 novembre 2008 venne approvato<br />
l’emendamento 18.07, a firma Bricolo e altri esponenti della Lega Nord, che prevedeva<br />
l’introduzione dell’articolo 4-bis del Testo unico sull’immigrazione, contenente la<br />
definizione di integrazione e il conseguente accordo di integrazione che l’avrebbe<br />
disciplinata.<br />
Potrebbe apparire paradossale che in un legge dedicata al problema della sicurezza nel<br />
nostro Paese trovi spazio l’integrazione degli immigrati, ma così non è.<br />
L’integrazione, nelle intenzioni della maggioranza parlamentare di allora, veniva<br />
concepita come strettamente connessa alla sicurezza: lo strumento dell’accordo sarebbe<br />
stato lo spartiacque dell’immigrazione sicura e controllata da quella irregolare e<br />
clandestina da perseguire in modo rigoroso (introduzione del reato di immigrazione<br />
clandestina).<br />
In tal senso si esprimono altri esponenti leghisti oltre a Bricolo, quali il Senatore<br />
Vallardi nella seduta in aula del 12 novembre 2008, in cui afferma che l’accordo di<br />
integrazione nasce proprio dalla necessità di dare maggiore sicurezza al nostro Paese,<br />
nella convinzione che con tale strumento “gli stranieri potranno dimostrare di saper<br />
convivere civilmente nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione, magari anche<br />
rispettando i nostri usi, costumi e tradizioni” 24 .<br />
24 Particolarmente acceso è stato il dibattito parlamentare. In particolare la portata simbolica e ideologica<br />
dell’accordo in esame è stata sostenuta dagli esponenti del partito della Lega Nord, che ne hanno fatto un<br />
punto fondamentale del loro programma politico. Per tali posizioni e, viceversa, per i rilievi mossi nei<br />
38
Sulla stessa linea già il Senatore Mazzatorta, sempre della Lega Nord, che, nella seduta<br />
antimeridiana dello stesso giorno, 12 novembre 2008, ebbe ad invitare le opposizioni<br />
che si lamentavano della rigorosità dell’accordo di integrazione come strumento di<br />
controllo “a guardarvi attorno, a guardare all’Europa, ad esempio dell’accordo di<br />
integrazione repubblicana previsto dalla legge francese, molto ma molto più rigoroso<br />
rispetto alla nostra proposta……ma certamente l’accordo di integrazione va nel senso<br />
di responsabilizzare lo straniero che si presenta alle nostre frontiere e chiede di essere<br />
ammesso nel nostro territorio” 25 .<br />
Le critiche, anche molto aspre, che sono state avanzate dall’opposizione in Parlamento<br />
al provvedimento durante l’iter di approvazione della legge 94/2009 non si sono tradotte<br />
in un confronto approfondito sulle tante questioni sostanziali sollevate dall’idea di un<br />
obbligo giuridico di integrazione a carico dello straniero. I profili si sono concentrati<br />
prevalentemente sull’incompatibilità della riserva di legge rinforzata in tema di<br />
condizione giuridica degli stranieri ex art. 10, comma secondo della Costituzione.<br />
Il nuovo articolo 4-bis del Testo Unico sull’immigrazione prevede, dunque, che lo<br />
straniero sottoscriva un impegno volto a conseguire, entro il “periodo di validità del<br />
permesso di soggiorno” 26 , specifici obiettivi di integrazione misurati in crediti mentre<br />
per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo viene<br />
richiesto il superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua<br />
italiana.<br />
Il legislatore ha quindi ritenuto che la conoscenza della lingua italiana sia il segno più<br />
evidente del grado di integrazione dello straniero che ha stabilito di risiedere nel nostro<br />
Paese. A ciò si aggiunge la partecipazione alla “sessione di formazione civica e di<br />
confronti del nuovo istituto già durante i lavori preparatori, si vedano gli interventi del Sen. Vallardi, Atti<br />
Senato, XVI legislatura, seduta dell’Assemblea, 12 novembre 2008, resoconto stenografico n. 90; Sen.<br />
Bricolo, Atti Senato, XVI legislatura, seduta dell’Assemblea, 2 luglio 2009, resoconto stenografico n.<br />
232. Si vedano, per l’opposizione, gli interventi dei Senatori Casson, Atti Senato, XVI legislatura, seduta<br />
dell’Assemblea, 12 novembre 2008, resoconto stenografico n. 89 e Ceccanti, Atti Senato, XVI legislatura,<br />
seduta dell’Assemblea, 18 novembre 2008, resoconto stenografico n. 94.<br />
25 Si veda nota precedente.<br />
26 In sede di regolamento, il termine per l’adempimento degli impegni assunti dallo straniero è stato<br />
fissato in due anni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, prorogabili di un ulteriore anno, v.infra.<br />
39
informazione sulla vita civile in Italia”, di durata “non inferiore a cinque ore e non<br />
superiore a dieci ore”.<br />
Entrambi gli adempimenti appaiono certamente coerenti, anche se possiamo dire non<br />
esaustivi, con l’obiettivo di promuovere la convivenza tra italiani e stranieri nel rispetto<br />
dei valori costituzionali, così come richiamati nella definizione di integrazione in<br />
questione.<br />
L’articolo 4-bis citato, comma 2, si limita, però, ad indicare solo alcune caratteristiche<br />
dell’accordo di integrazione (articolato in crediti, la cui perdita determina la revoca del<br />
permesso e l’espulsione ad eccezione di determinate categorie di soggetti), rinviando ad<br />
un atto di natura regolamentare la definizione dei criteri e delle modalità per la sua<br />
sottoscrizione.<br />
In dottrina ed anche nel dibattito parlamentare sulla legge n. 94 del 2009 27 sono stati<br />
sollevati dubbi sulla legittimità della norma in questione per violazione della riserva di<br />
legge rinforzata, in quanto, prevedendo la norma un’ampia discrezionalità al<br />
regolamento nella definizione della disciplina dell’accordo di integrazione, si violerebbe<br />
l’articolo 10, comma 2, della Costituzione, che prevede che “la condizione giuridica<br />
dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati<br />
internazionali” 28 .<br />
Potrebbe obiettarsi a tale impostazione che la presente riserva di legge è comunque<br />
relativa e dunque il rinvio a fonti secondarie, regolamentari, ai fini del completamento<br />
della disciplina di determinate fattispecie, sarebbe consentito, anche se l’articolo 4-bis<br />
effettivamente non indica neanche i criteri di massima da seguire per la regolazione di<br />
dettaglio con la norma di rango secondario.<br />
Altro aspetto singolare, ma comunque in linea con la tesi sposata dalla maggioranza<br />
parlamentare che ha approvato il testo di legge in questione che dà all’integrazione una<br />
27 Si veda l’intervento del Sen Casson in Assemblea il 12 novembre 2009.<br />
28 M.C. Locchi, L’accordo di integrazione tra lo Stato e lo straniero (art.4-bis T.U. sull’immigrazione n.<br />
286/1998) alla luce dell’analisi comparata e della critica al modello europeo di “integrazione forzata”,<br />
in Rivista dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, 1/2012, in<br />
www.associazioneitalianadeicostituzionalisti.it/.<br />
40
lettura in termini di sicurezza, è la collocazione della definizione di integrazione e<br />
dell’accordo medesimo, inseriti correttamente nel Testo unico sull’immigrazione, vale a<br />
dire in un corpus organico certamente appropriato ma all’inizio del Titolo II, rubricato<br />
“Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato”,<br />
anziché all’interno del Titolo V, Capo IV, dedicato alle politiche di integrazione sociale.<br />
Si assiste ad una commistione di politiche di ingresso e politiche di integrazione allo<br />
scopo di voler certificare che la definizione di integrazione e la conseguente misura<br />
adottata dell’accordo di integrazione debbono rispondere più a profili di sicurezza che a<br />
quelli di inclusione.<br />
E’ stato, infatti, correttamente osservato 29 che l’inserimento in quella parte del Testo<br />
Unico delle norme sull’integrazione non derivi da una svista o errore di drafting ma il<br />
palese intento di realizzare uno strumento molto poco contrattualista, orientato verso<br />
aspetti attinenti alla legittimità del permesso di soggiorno piuttosto che all’integrazione.<br />
All’indomani della pubblicazione della legge n. 94, la stesura del testo regolamentare fu<br />
affidata, in seno al <strong>Ministero</strong> dell’Interno, ad un gruppo di lavoro costituito presso il<br />
Dipartimento per la libertà civili e l’immigrazione (che ha visto la partecipazione anche<br />
di un rappresentante del Dipartimento della pubblica sicurezza).<br />
La redazione del testo regolamentare è stata condizionata dall’ordine del giorno accolto<br />
dal Governo durante l’iter di approvazione della legge n. 94/2009, contenente numerose<br />
indicazioni di dettaglio. Si tratta dell’ordine del giorno A.S. 733, n. G45.100 (testo 2),<br />
presentato dal Senatore Mazzatorta, della Lega Nord, e accolto dal Governo nella seduta<br />
dell’Assemblea del Senato della Repubblica n. 143 del 5 febbraio 2009.<br />
L’ordine del giorno in questione prevedeva di riferirsi a livelli di conoscenza della<br />
lingua secondo gli standard minimi definiti nel Quadro di riferimento Europeo Comune<br />
per le lingue del Consiglio d’Europa, di contemplare l’adesione alla Carta dei valori<br />
della cittadinanza e dell’integrazione di cui al Decreto del <strong>Ministero</strong> dell’Interno 23<br />
aprile 2007, di richiedere la conoscenza delle regole fondamentali dell’ordinamento<br />
29 Si veda P. Morozzo della Rocca, Entra in vigore l’accordo (stonato) di integrazione, in Gli Stranieri,<br />
3/2011, pp. 7-24.<br />
41
giuridico, di prevedere la possibilità di incrementare i crediti (a seguito di superamento<br />
di un corso attestante il raggiungimento degli obiettivi di integrazione sottoscritti,<br />
ovvero dimostrando un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita<br />
della comunità nazionale e locale) o di ridurli (per effetto di condanne penali, gravi<br />
illeciti amministrativi o tributari), di imporre corsi di integrazione nel caso di perdita di<br />
oltre la metà dei crediti.<br />
In sostanza, l’ordine del giorno Mazzatorta finì per dettare i contenuti del regolamento<br />
attuativo, prevedendo, tra l’altro, l’adesione alla Carta dei valori della cittadinanza e<br />
dell’integrazione, adottata con decreto del <strong>Ministero</strong> dell’Interno del 23 aprile 2007.<br />
L’inserimento dell’adesione alla Carta conferisce a tale documento una rilevanza<br />
“ufficiale” nel nostro ordinamento altamente simbolica, per i suoi richiami ai valori<br />
costituzionali che abbiamo ritrovato nella definizione normativa di integrazione, di cui<br />
si è parlato sopra.<br />
La Carta, come si legge nella sua Introduzione, tende a dare un concetto unitario di<br />
cittadinanza e di convivenza tra le diverse comunità nazionali, etniche e religiose,<br />
radicate negli ultimi anni sul territorio italiano, e viene considerata un patto tra cittadini<br />
e immigrati in vista di una integrazione che vuole conciliare il rispetto delle differenze<br />
di cultura e di comportamento legittime e positive con il rispetto dei valori comuni.<br />
Il documento è composto di sette sezioni, in cui la prima e l’ultima delineano i<br />
principali elementi identitari del nostro Paese, dal punto di vista storico-documentale e<br />
del ruolo che l’Italia svolge nel campo internazionale. In particolare, vengono delineati i<br />
valori su cui si fonda la società italiana, iscritti nella Costituzione, che, con le Carte<br />
europee e internazionali sui diritti umani, rappresenta il principale riferimento dell’Italia<br />
contemporanea, e definisce ad un tempo il rifiuto di ogni forma di totalitarismo e di<br />
antisemitismo e lo spirito di accoglienza verso altre popolazioni e culture. “La<br />
Costituzione - si legge nella Carta– è fondata sul rispetto della dignità umana ed è<br />
ispirata ai principi di libertà ed eguaglianza validi per chiunque si trovi a vivere sul<br />
territorio italiano”. Le altre sezioni sono dedicate ai principali problemi che le società<br />
multiculturali devono affrontare nel definire il proprio rapporto con la realtà<br />
42
dell’immigrazione e nel tracciare il cammino che deve essere percorso perché gli<br />
immigrati possano conseguire l’obiettivo della cittadinanza: “dignità della persona,<br />
diritti e doveri”, “diritti sociali, lavoro e salute”, “scuola, istruzione, informazione”,<br />
“famiglia e nuove generazioni”, “laicità e libertà religiosa”. Fondamentale è il richiamo<br />
ai principi generali di eguaglianza tra cittadini e immigrati per la definizione di un<br />
progetto di integrazione.<br />
E’ importante sottolineare che in ciascuna sezione le formulazioni sono rivolte sia ai<br />
cittadini italiani, perché prendano consapevolezza della nuova fase storica che si è<br />
aperta con il multiculturalismo della società, sia agli immigrati per individuare meglio le<br />
loro aspettative, definire i loro diritti, indicare i valori e i doveri cui tutti devono<br />
attenersi per la realizzazione dell’integrazione.<br />
Durante la redazione del regolamento di attuazione sono state riscontrate difficoltà in<br />
ordine alle possibili conseguenze derivanti dal mancato pieno raggiungimento dei<br />
crediti necessari per l’assolvimento dell’accordo, in ragione della necessità di assicurare<br />
un’efficacia dissuasoria per gli immigrati inadempienti.<br />
Lo schema di regolamento è stato concertato dagli altri Ministeri competenti (<strong>Ministero</strong><br />
dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca e il <strong>Ministero</strong> del lavoro e delle politiche<br />
sociali) ed è stato portato all’esame della Conferenza unificata, che ha espresso un<br />
parere negativo sulla base dei rilievi mossi da alcune Regioni, oltre che da ANCI,<br />
UNCEM e UPI.<br />
In particolare, le Regioni hanno lamentato i costi di organizzazione dei corsi di<br />
formazione civica, sebbene lo schema di regolamento prevedesse solo la possibilità di<br />
stipulare accordi interistituzionali per favorire l’attuazione delle disposizioni del<br />
regolamento (sessione di formazione iniziale, svolgimento di corsi di formazione e dei<br />
test di verifica) ed il coinvolgimento dei Consigli territoriali per l’immigrazione per la<br />
valutazione del fabbisogno di formazione linguistica e culturale nonché per<br />
promuovere, nell’ambito delle competenze spettanti alle Regioni ed agli Enti locali, le<br />
iniziative di formazione effettivamente rispondenti alle esigenze delle comunità<br />
straniere presente nei rispettivi territori.<br />
43
Anche il Consiglio di Stato ha mosso alcune obiezioni connesse alla previsione della<br />
sottoscrizione dell’accordo da parte dei minori infrasedicenni.<br />
In sede di stesura del regolamento era stato, inoltre, previsto un limite di età, 65 anni,<br />
per la sottoscrizione dell’accordo che è stato poi espunto.<br />
4. Il binomio integrazione-sicurezza<br />
Le politiche italiane in materia di immigrazione, in occasione dell’adozione della<br />
normativa in materia di accordo di integrazione, sono state ispirate, come abbiamo<br />
visto, a un modello di inclusione degli stranieri in funzione della sicurezza.<br />
Il connubio integrazione-sicurezza è stato più ampiamente descritto nel Piano per<br />
l’integrazione nella sicurezza. Identità e incontro, adottato dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno,<br />
dal <strong>Ministero</strong> delle Politiche sociali e dal <strong>Ministero</strong> dell’Istruzione e dell’Università e<br />
della Ricerca il 10 giugno 2010.<br />
Si tratta di un documento che “si accompagna all’Accordo di integrazione”, come si<br />
legge nelle sue premesse.<br />
Il testo esalta i concetti di integrazione e sicurezza, accoglienza e legalità per indicare<br />
che l’incontro tra culture non è possibile senza ordine e garanzia delle basilari regole di<br />
convivenza. Si profilano cinque assi (scuola, lavoro, alloggio e governo del territorio,<br />
servizi sociali, minori e seconde generazioni) su cui si muove l’integrazione, fondati<br />
sull’apprendimento della lingua italiana e dei valori costituzionali.<br />
Si parte, quindi, in linea con la definizione normativa dell’integrazione, dalla<br />
consapevolezza che è possibile avere vera integrazione solo se si ha la capacità di capire<br />
e di essere capiti, dove la scuola è il luogo primario di integrazione.<br />
La conoscenza ed il rispetto della nostra Carta costituzionale e dei valori in essa<br />
contenuti sono alla base del processo di integrazione; a ciò si aggiunge la conoscenza<br />
della nostra vita civile ed il rispetto delle leggi che nascono dallo stesso impianto<br />
costituzionale. Diventa quindi fondamentale far conoscere questi valori all’immigrato<br />
nei primi mesi di sua permanenza in Italia.<br />
44
Il nostro Paese, partendo dalle esperienze concrete, ha avviato, con l’attuale Governo<br />
“cd. dei tecnici”, politiche in materia di immigrazione mirate a realizzare sempre di più<br />
una integrazione “sistematica”, avvalendosi delle risorse disponibili e degli strumenti di<br />
monitoraggio per la valutazione dei risultati che via via vengono conseguiti.<br />
Non è un caso che sia stato nominato un Ministro per l’integrazione, il quale, proprio in<br />
occasione di un convegno tenutasi alla Camera dei Deputati, dal titolo L'immigrazione e<br />
l'integrazione: una sfida da vincere per l'Europa” ha ribadito che “… si deve uscire da<br />
una concezione emergenziale nell'approccio con l'immigrazione. Un nuovo ministero<br />
dell'integrazione vuole proprio segnare una nuova fase –appunto quella<br />
dell'integrazione-, non emergenziale nel considerare la presenza di non italiani sul<br />
suolo del nostro Paese”.<br />
Per avere un approccio “sistemico” all’integrazione degli stranieri occorre che, in<br />
concreto, gli attori in campo, ricorrendo a tutti gli strumenti a propria disposizione<br />
(banche dati, fondi), agiscano in sinergia tra loro.<br />
Dobbiamo avere la consapevolezza che questa è la partita che l’Italia dovrà giocare nei<br />
prossimi anni e che non potrà permettersi di perdere.<br />
45
Capitolo IV<br />
L’accordo di integrazione: la disciplina e la fase di prima applicazione<br />
1. Quadro normativo e ambito di applicazione.<br />
La disciplina dell’accordo di integrazione è contenuta nel decreto del Presidente della<br />
Repubblica 14 settembre 2011 n. 179 recante “Disciplina dell'accordo di integrazione<br />
tra lo straniero e lo Stato, a norma dell'articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle<br />
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello<br />
straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”.<br />
Il decreto in questione, che rientra nel genus dei regolamenti attuativi previsti in via<br />
generale dall’art. 17, comma 1, della legge 400/1988, stabilisce (art. 1, comma 1): “i<br />
criteri e le modalità per la sottoscrizione da parte dello straniero dell'accordo di<br />
integrazione (…), nonché i casi straordinari di giustificata esenzione dalla<br />
sottoscrizione” e “disciplina, altresì, i contenuti, l'articolazione per crediti e i casi di<br />
sospensione dell'accordo, le modalità e gli esiti delle verifiche a cui esso è soggetto e<br />
l'istituzione dell'anagrafe nazionale degli intestatari degli accordi di integrazione”.<br />
Per quel che attiene specificamente all’ambito di applicazione temporale e soggettivo<br />
della normativa in esame, l’art. 2, comma 2 prevede che l’accordo di integrazione sia<br />
sottoscritto da tutti gli stranieri che abbiano compiuto i 16 anni di età e che, a partire dal<br />
10 marzo 2012 (data di entrata in vigore del DPR 179/2011 30 ), “faccia[no] ingresso per<br />
la prima volta nel territorio dello Stato italiano” e presenti[no] istanza di rilascio di un<br />
permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno” 31 .<br />
30 Ai sensi dell’art. 14 del DPR 179/2011: “Le disposizioni del presente regolamento si applicano a<br />
decorrere dal centoventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale<br />
della Repubblica italiana”.<br />
31 Ex art. 2, commi 8 e 9 “Non si fa luogo alla stipula dell'accordo ai fini del rilascio del permesso di<br />
soggiorno e, se stipulato, questo si intende adempiuto, qualora lo straniero sia affetto da patologie o da<br />
disabilità tali da limitare gravemente l'autosufficienza o da determinare gravi difficoltà di apprendimento<br />
linguistico e culturale, attestati mediante una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica<br />
o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale”. “Non si procede alla sottoscrizione<br />
dell'accordo per: a) i minori non accompagnati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio<br />
1983, n. 184, e successive modificazioni, ovvero sottoposti a tutela, per i quali l'accordo è sostituito dal<br />
46
Da quanto fin qui esposto possono trarsi due prime conclusioni rilevanti ai fini<br />
dell’inquadramento giuridico della peculiare fattispecie di accordo delineata dal<br />
legislatore:<br />
a) a differenza di quel che avviene generalmente nel nostro ordinamento, le parti<br />
contraenti (id est lo Stato italiano e lo straniero che abbia i requisiti di cui sopra), oltre<br />
ad essere parti necessarie, hanno un obbligo giuridico di stipulare l’accordo;<br />
b) le previsioni contenute nella legge e soprattutto nel regolamento non hanno<br />
efficacia retroattiva: 32 nessun accordo dovrà quindi essere concluso da chi abbia fatto<br />
ingresso nel territorio italiano prima del 10 marzo 2012.<br />
2. Sottoscrizione, contenuto ed efficacia.<br />
Veniamo ora all’analisi delle modalità di stipula e sottoscrizione dell’accordo, del suo<br />
contenuto e della sua efficacia.<br />
Tali profili sono disciplinati dall’art. 2 del DPR 179/2011 che prevede che l’accordo sia<br />
stipulato - contestualmente alla presentazione dell’istanza di rilascio del permesso di<br />
soggiorno – in conformità al modello di cui all’allegato A al DPR 179/2011 - avente<br />
medesima efficacia e valore normativo - in duplice originale, di cui uno redatto nella<br />
lingua indicata dallo straniero 33 .<br />
L’accordo è stipulato:<br />
a) in Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo, presso lo sportello unico per<br />
l’immigrazione - cui, peraltro, è affidata la gestione delle fasi successive del rapporto<br />
completamento del progetto di integrazione sociale e civile di cui all'articolo 32, comma 1-bis, del testo<br />
unico; b) le vittime della tratta di persone, di violenza o di grave sfruttamento, per le quali l'accordo è<br />
sostituito dal completamento del programma di assistenza ed integrazione sociale di cui all’articolo 18<br />
del Testo Unico”.<br />
32 In sede di redazione del testo finale dell’art. 4-bis (specificamente del comma 2) sono stati accolti i<br />
rilievi di chi sosteneva l’illegittimità costituzionale di una previsione legislativa che imponesse la stipula<br />
dell’accordo e l’assunzione degli obblighi da esso scaturenti nei confronti dei soggetti che fossero entrati<br />
nel territorio italiano anteriormente all’entrata in vigore della legge 94/2009. In questo senso, si vedano<br />
gli interventi dei Senatori Casson e Ceccanti già menzionati in nota 24.<br />
33 Ove ciò non fosse possibile “l’originale da consegnarsi allo straniero sarà redatto in lingua inglese,<br />
francese, spagnola, araba o cinese, albanese, russa o filippina secondo la preferenza indicata<br />
dall’interessato” : art. 2, comma 1 DPR 179/2011.<br />
47
nascente dall’accordo medesimo – nell’ipotesi di presentazione di istanza di permesso<br />
di soggiorno per lavoro subordinato o per ricongiungimento familiare;<br />
b) in Questura nelle rimanenti ipotesi.<br />
In tutti i casi, per lo Stato l’accordo è stipulato dal Prefetto o da un suo delegato 34<br />
L’accordo che abbia come parte un minore di età compresa tra i sedici e i diciotto anni è<br />
sottoscritto anche dai genitori o dai soggetti esercenti la potestà genitoriale regolarmente<br />
soggiornanti nel territorio nazionale 35 .<br />
Una volta stipulato, l’accordo ha durata biennale, prorogabile di un altro anno 36 . E’, in<br />
ogni caso, possibile sospenderne o prorogarne l’efficacia, a domanda e previa<br />
presentazione di idonea documentazione, “per il tempo in cui sussista una causa di<br />
forza maggiore o un legittimo impedimento al rispetto dell’accordo, (…) derivante da<br />
gravi motivi di salute o di famiglia, da motivi di lavoro, dalla frequenza di corsi o<br />
tirocini di formazione, aggiornamento od orientamento professionale ovvero da motivi<br />
di studio all’estero” 37<br />
Dalla sottoscrizione dell’accordo nascono obblighi reciproci a carico delle parti<br />
contraenti 38 .<br />
Da un lato, infatti, lo straniero si impegna: 39<br />
a) ad acquisire una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente almeno al livello<br />
A2 di cui al quadro comune europeo di riferimento per le lingue, emanato dal Consiglio<br />
d’Europa;<br />
b) ad acquisire una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione<br />
della Repubblica, dell’organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche,<br />
34 Art. 2, comma 1 DPR 179/2011.<br />
35 Art. 2, comma 2 DPR 179/2011.<br />
36 Art. 2, comma 7 e art. 3 allegato A DPR 179/2011<br />
37 art. 8 DPR 179/2011.<br />
38 Per espressa previsione normativa (art. 2, comma 5 e art. 1, comma 2 allegato A DPR 179/2011) la<br />
sottoscrizione dell’accordo di integrazione vale come adesione alla Carta dei valori della cittadinanza e<br />
dell’integrazione di cui al decreto del Ministro dell’Interno 23 aprile 2007, Carta di cui lo straniero si<br />
impegna a rispettare i principi.<br />
39 Art. 2, comma 4 e art. 1 allegato A DPR 179/2011.<br />
48
nonché della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della<br />
scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali;<br />
c) a garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione da parte dei figli minori;<br />
d) ad assolvere gli obblighi fiscali e contributivi 40 .<br />
Dall’altro lato, invece, lo Stato si obbliga: 41<br />
a) ad assicurare il godimento dei diritti fondamentali e la pari dignità sociale delle<br />
persone, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche<br />
e di condizioni personali e sociali, prevenendo ogni manifestazione di razzismo e di<br />
discriminazione; ad agevolare, inoltre, l'accesso alle informazioni che aiutano i cittadini<br />
stranieri a comprendere i principali contenuti della Costituzione italiana e<br />
dell'ordinamento generale dello Stato;<br />
b) a garantire, in raccordo con le Regioni e gli Enti locali, il controllo del rispetto delle<br />
norme a tutela del lavoro dipendente, il pieno accesso ai servizi di natura sanitaria e<br />
relativi alla frequenza della scuola dell'obbligo;<br />
c) a favorire il processo di integrazione dello straniero attraverso l'assunzione di ogni<br />
idonea iniziativa, in raccordo con le Regioni, gli Enti locali, le organizzazioni dei datori<br />
di lavoro e dei lavoratori e l'associazionismo no profit.<br />
d) ad assicurare allo straniero, entro i tre mesi successivi alla stipula dell’accordo, a cura<br />
dello sportello unico per l’immigrazione, la partecipazione gratuita a una sessione di<br />
formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia, di durata non inferiore alle<br />
cinque e non superiore alle dieci ore 42 43 .<br />
40 Dubbi possono sollevarsi circa la necessità che, al fine di considerare adempiuto l’accordo di<br />
integrazione, debbano risultare assolti gli obblighi fiscali. L’assolvimento degli obblighi in questione,<br />
infatti, non è richiamato quale condizione necessaria ai fini dell’adempimento dell’accordo né nell’art. 6<br />
del DPR 179/2011, né dall’art. 5 del relativo allegato A. Si è, pertanto, propensi a ritenere che in nessun<br />
caso il mancato assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi possa dar luogo ad inadempimento<br />
dell’accordo.<br />
41 Art. 2, comma 6 e art. 2 allegato A DPR 179/2007.<br />
42 Le Prefetture, per la realizzazione delle sessioni formative, potranno concludere accordi, ai sensi<br />
dell’art. 10 del DPR 179/2011, diretti a porre in essere, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e<br />
strumentali disponibili a legislazione vigente, forme di collaborazione tra lo sportello unico per<br />
l’immigrazione e la struttura territorialmente competente dell’ufficio scolastico regionale, i centri<br />
49
3. Articolazione dell’accordo per crediti. Disciplina.<br />
I profili di maggiore interesse della normativa in materia di accordo di integrazione<br />
sono quelli che afferiscono alle modalità di adempimento dell’accordo stesso; ed infatti,<br />
perché esso possa dirsi adempiuto da parte dello straniero, non basta il rispetto degli<br />
obblighi precedentemente analizzati, occorrendo all’uopo un quid pluris.<br />
Il legislatore, ancora una volta sulla scia di quanto avvenuto in altri Paesi europei, ha<br />
previsto degli obblighi supplementari a carico dell’immigrato che, qualora adempiuti,<br />
avranno l’effetto di attribuire allo stesso un numero di crediti di diverso ammontare, ma<br />
comunque proporzionali “ai livelli di conoscenza della lingua italiana, della cultura<br />
civica e della vita civile in Italia certificati anche a seguito della frequenza con profitto<br />
di corsi o percorsi di istruzione, di formazione professionale o tecnica superiore, di<br />
studio universitario e di integrazione linguistica e sociale ovvero del conseguimento di<br />
diplomi o titoli comunque denominati aventi valore legale di titolo di studio o<br />
professionale” 44 .<br />
L’accordo di integrazione è quindi articolato per crediti, il che ha fondamentali risvolti<br />
pratici, poiché solo allo straniero che, all’esito della verifica di cui all’art. 6 del DPR<br />
179/2011, abbia conseguito un numero di crediti pari o superiore a trenta (dovrà però –<br />
come vedremo - aver conseguito i livelli di conoscenza della lingua italiana e della<br />
cultura civica e della vita civile italiana indicati dall’art. 2, comma 4 del DPR<br />
179/2011), sarà rilasciato un apposito attestato comprovante l’estinzione dell’accordo<br />
per adempimento totale. 45<br />
provinciali per l’istruzione degli adulti, le altre istituzioni scolastiche statali operanti a livello provinciale<br />
e, se del caso, le altre amministrazioni ed istituzioni statali, comprese le università.<br />
43 In ogni caso, la cooperazione avviata con la stipula dell’accordo di integrazione non si esaurisce al<br />
momento della verifica del suo adempimento: l’art. 7 del DPR 179/2011 prevede, infatti, che “allo<br />
straniero che alla scadenza dell’accordo risulti aver raggiunto un numero di crediti finali pari o<br />
superiore a quaranta sono riconosciute agevolazioni per la fruizione di specifiche attività culturali e<br />
formative. A tale scopo il <strong>Ministero</strong> dell’interno trasmette, con cadenza semestrale, al <strong>Ministero</strong> del<br />
lavoro e delle politiche sociali i dati relativi agli accordi di integrazione”.<br />
44 Art. 4 DPR 179/2011.<br />
45 Art. 6, comma 5 e art. 5, comma 2 lett. a) allegato A DPR 179/2011. Il provvedimento di cui agli<br />
articoli citati è adottato dal Prefetto o da un suo delegato.<br />
50
Ciò posto, è utile procedere a un’analisi delle modalità con le quali lo straniero può<br />
acquisire nuovi crediti, o, viceversa, perdere crediti in precedenza maturati.<br />
Già in sede di sottoscrizione dell’accordo, allo straniero vengono assegnati sedici crediti<br />
corrispondenti al livello A1 di conoscenza della lingua italiana parlata ed al livello<br />
sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, secondo quanto<br />
previsto ai punti 1 e 2 dell’allegato B al DPR 179/2011 46 . Tali crediti vengono<br />
confermati all’atto della verifica dell’accordo, nel caso in cui siano accertati i<br />
sopraindicati livelli di conoscenza della lingua italiana parlata e della cultura civica e<br />
della vita civile in Italia. In mancanza, si procede alla corrispondente decurtazione. In<br />
ogni caso, la mancata partecipazione alla sessione di formazione civica e di<br />
informazione di cui all’articolo 3 del DPR 179/2011, darà luogo alla perdita di quindici<br />
dei sedici crediti assegnati. 47<br />
Acquista crediti, nella misura indicata dall’allegato B al DPR 179/2011, lo straniero<br />
che:<br />
a) frequenta corsi di italiano;<br />
b) partecipa a corsi di formazione professionale, anche nel Paese d’origine;<br />
c) consegue titoli di studio validi nel territorio della Repubblica italiana;<br />
d) si iscrive al Servizio sanitario nazionale, effettuando la scelta del medico di<br />
base;<br />
e) stipula un contratto di locazione o di acquisto di un immobile per uso abitativo,<br />
o certifica l'accensione di un mutuo per l' acquisto di un immobile;<br />
f) svolge attività economico-imprenditoriali, di docenza o di partecipazione alla<br />
vita sociale.<br />
Perde, viceversa, crediti, nella misura indicata dall’allegato C al DPR 179/2011, lo<br />
straniero che:<br />
a) subisce una sentenza penale di condanna anche non definitiva;<br />
b) subisce l’applicazione, anche non definitiva, di misure di sicurezza personali;<br />
46 Art. 2, comma 3 e art. 4, comma 1 allegato A DPR 179/2011.<br />
47 Art. 3, comma 3 e art. 4, comma 3, allagato A. DPR 179/2011.<br />
51
c) è destinatario dell’irrogazione, in via definitiva, di sanzioni pecuniarie di<br />
importo non inferiore a diecimila euro in relazione a illeciti amministrativi e tributari.<br />
Quanto alle modalità di verifica dell’accordo, un mese prima della scadenza dei due<br />
anni, lo sportello unico per l’immigrazione, previa comunicazione allo straniero, avvia il<br />
relativo procedimento con la verifica dei crediti sulla base della documentazione<br />
presentata dall'interessato o acquisita d’ufficio. 48 In assenza di idonea documentazione,<br />
l'interessato potrà chiedere di essere sottoposto ad un apposito test presso lo sportello<br />
unico per l’immigrazione, allo scopo di far accertare il proprio livello di conoscenza<br />
della lingua italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia. 49<br />
L’inadempimento all’obbligo di istruzione dei figli minori, salva la prova di essersi<br />
comunque adoperato per garantirne l’adempimento, determina la perdita integrale dei<br />
crediti assegnati all’atto della sottoscrizione e di quelli successivamente conseguiti e la<br />
risoluzione dell’accordo per inadempimento, con conseguente revoca o rifiuto di<br />
rinnovo del permesso di soggiorno ed espulsione dello straniero. 50<br />
Evidente è qui la finalità del legislatore di incentivare in maniera particolarmente<br />
incisiva il rispetto del fondamentale obbligo di istruzione dei minori in un’ottica di<br />
promozione dell’integrazione dei c.d. stranieri di 2° generazione: a questi ultimi, nati<br />
all’estero o addirittura nel territorio italiano, potenziali aspiranti cittadini italiani, il<br />
legislatore dimostra di tenere particolarmente, approntando tutta una serie di strumenti<br />
volti a consentire il pieno sviluppo della personalità in condizioni di parità, quanto<br />
meno formale, con i cittadini italiani.<br />
La verifica dell’accordo si conclude con l’attribuzione dei crediti finali e con<br />
l’assunzione di una delle seguenti decisioni:<br />
48 In caso di permesso di soggiorno della durata di un anno, un mese prima della scadenza, si procede alla<br />
verifica della partecipazione alla sessione di formazione civica e di informazione. Qualora sia accertata la<br />
mancata partecipazione, lo sportello unico provvede alla decurtazione di quindici crediti e rinvia ogni<br />
ulteriore determinazione all’esito della verifica (art. 6, comma 3 DPR 179/2011).<br />
49 Art. 6, comma 1 e 5, comma 1 allegato A DPR 179/2011. Da rilevare che lo svolgimento del test anche<br />
in lingua tedesca, oltre che in lingua italiana, per gli stranieri residenti nella Provincia di Bolzano, è<br />
valutabile ai fini del riconoscimento di crediti ulteriori ai sensi del punto 8 dell’allegato B.<br />
50 Art. 6, comma 4 e art. 5 comma 4, allegato A DPR 179/2011.<br />
52
a) estinzione dell’accordo per adempimento, qualora si registrino crediti superiori a<br />
trenta e conseguimento del livello A2 della conoscenza della lingua italiana parlata e del<br />
livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia; se i<br />
crediti conseguiti sono pari o superiori a quaranta, allo straniero sono riconosciute<br />
agevolazioni per la fruizione di specifiche attività culturali e formative; 51<br />
b) proroga dell’accordo per un anno, alle medesime condizioni, se i crediti finali sono<br />
superiori a zero ma inferiori a trenta (id est non sono stati conseguiti i livelli della<br />
conoscenza della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile in Italia).<br />
La nuova verifica verrà effettuata un mese prima della scadenza dell’anno di proroga.<br />
Qualora non sia comunque adempiuto l’accordo, il Prefetto decreterà l’inadempimento<br />
parziale, di cui l’autorità competente potrà tenere conto per l’adozione dei<br />
provvedimenti discrezionali in materia di immigrazione; 52<br />
c) risoluzione dell’accordo per inadempimento se i crediti finali sono pari o inferiori a<br />
zero. In tal caso, atteso che l’adempimento dell’accordo costituisce il presupposto della<br />
permanenza del permesso di soggiorno, conseguiranno la revoca o il diniego di rilascio<br />
del titolo di soggiorno e, quindi, l’espulsione dello straniero dal territorio nazionale. 53<br />
Qualora, peraltro, lo straniero non sia espellibile, si terrà conto dell’inadempimento<br />
dell’accordo per l’adozione dei provvedimenti discrezionali in materia di<br />
immigrazione. 54<br />
In ogni caso, l’efficacia dell’accordo può essere sospesa o prorogata, su richiesta del<br />
cittadino straniero, in presenza di gravi motivi di salute, gravi motivi di famiglia, motivi<br />
di lavoro, frequenza di corsi o tirocini di formazione, aggiornamento od orientamento<br />
professionale, motivi di studio all’estero.<br />
51 Art. 6, comma 5, lett. a) e art. 5, comma 2, lett. a) allegato A. DPR 179/2011.<br />
52 Art. 6, comma 5, lett. b) e art. 5, comma 2, lett. b) allegato A DPR 179/2011.<br />
53 Art. 6, comma 5, let. C) e art. 5, comma 2, let. c) allegato A DPR 179/2011.<br />
54 Art. 6, comma 8 DPR 179/2011.<br />
53
L’accordo decade comunque di diritto qualora il Questore disponga il rifiuto del<br />
rilascio, la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per carenza<br />
originaria o sopravvenuta dei requisiti di legge. 55<br />
Non sono soggetti a verifica i cittadini stranieri che hanno firmato l’accordo di<br />
integrazione ma che, al momento della verifica, sono titolari di una delle seguenti<br />
tipologie di permesso di soggiorno: permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di<br />
asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, permesso di<br />
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, carta di soggiorno per familiare<br />
straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché lo straniero titolare di altro permesso<br />
di soggiorno che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. 56<br />
4. Le circolari ministeriali<br />
All’indomani della pubblicazione del regolamento, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno –<br />
Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha emanato una circolare indirizzata<br />
ai Prefetti 57 in cui, nel richiamare l’attenzione sull’avvenuta pubblicazione del<br />
regolamento, ha annunciato la predisposizione, da parte del Dipartimento, del sistema<br />
informatico per la gestione della procedura, prevista dal regolamento, e dei moduli per<br />
la formazione iniziale da somministrare ai neo immigrati in una delle lingue da loro<br />
conosciute. Dopo questa circolare è seguita una direttiva congiunta del Ministro<br />
dell’Interno e del Ministro per la cooperazione internazionale ed integrazione, con la<br />
quale sono state evidenziate le finalità e i punti di forza del regolamento ma è stato<br />
anche dato un indirizzo che, di fatto, ha derogato a quanto disposto dal regolamento<br />
stesso 58 .<br />
55 Ciò appare comprensibile ove si consideri che l’accordo – rectius, il rispetto dell’accordo – è un<br />
elemento costitutivo della fattispecie permesso di soggiorno per cui, venendo a mancare quest’ultimo,<br />
verrà a mancare anche la necessità dell’accordo.<br />
56 Indicazioni in tal senso sono contenute nella direttiva a firma congiunta del Ministro dell’Interno e del<br />
Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione emanata il 2 marzo 2012.<br />
57 Circolare n. 8496 del 6 dicembre 2011<br />
58 Direttiva del 2 marzo 2012<br />
54
Si tratta della sottoscrizione dell’accordo da parte dei titolari di permesso di soggiorno<br />
per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per<br />
motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di<br />
carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché degli<br />
stranieri titolari di altro permesso di soggiorno che hanno esercitato il diritto di<br />
ricongiungimento familiare. Per tali categorie di soggetti, l’articolo 4 bis del T.U.<br />
immigrazione prevede che non si possa procedere, in caso di perdita dei crediti, alla<br />
revoca del permesso di soggiorno e alla conseguente espulsione. Ebbene, come già<br />
precisato nel precedente paragrafo, con la direttiva, i due Ministri hanno disposto che,<br />
stante la inapplicabilità della sanzione dell’espulsione (prevista in caso di totale perdita<br />
dei crediti), si può evitare di procedere alla verifica dei crediti raggiunti da coloro i quali<br />
si trovano in tali condizioni.<br />
Con una terza circolare, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha poi<br />
fornito i dettagli operativi delle procedure di stipula e di gestione del procedimento,<br />
informazione sulla predisposizione in 19 lingue (in misura dunque molto superiore alle<br />
8 del regolamento) del materiale video riguardante la sessione di formazione civica da<br />
somministrare entro i primi tre mesi dall’ingresso dello straniero, nonché sulla<br />
destinazione di cospicue risorse del Fondo europeo per l’integrazione al finanziamento<br />
progetti di formazione linguistica e di educazione civica. A tali risorse possono attingere<br />
anche le Regioni e le Province autonome per realizzare “piani regionali finalizzati ad<br />
assicurare un sistema integrato per la formazione linguistica e l’orientamento civico<br />
degli stranieri e ad implementare azioni di sistema volte a promuovere l’erogazione di<br />
servizi di formazione linguistica, educazione civica ed orientamento sviluppando e/o<br />
consolidando i processi organizzativi e le relative reti locali di governance” 59 .<br />
E’ stata anche adottata una circolare del Dipartimento della Pubblica sicurezza con la<br />
quale sono stati forniti i necessari chiarimenti per gli uffici immigrazione delle<br />
Questure, presso i quali dovranno essere stipulati gli accordi di integrazione da parte<br />
59 Circolare n. 1683 del 5 marzo 2012<br />
55
degli stranieri che non sono tenuti a presentarsi presso gli sportelli unici per<br />
l’immigrazione 60 .<br />
Da ultimo è stata emanata una recentissima circolare del Dipartimento per le libertà<br />
civili e l’immigrazione, in cui vengono fornite, tra l’altro, indicazioni operative in<br />
ordine alle sessioni di formazione civica e di informazione, ai criteri e alle modalità di<br />
svolgimento dei test per l’assegnazione dei crediti relativi alla conoscenza della lingua<br />
italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia, nonché alla realizzazione dei<br />
progetti pilota volti a favorire l’efficacia, l’economicità e la sostenibilità organizzativa<br />
dei procedimenti di integrazione linguistica e sociale 61 .<br />
5. La prima fase di attuazione: le esperienze nella provincia di Firenze e in quella di<br />
La Spezia<br />
Con l’entrata in vigore dell’accordo di integrazione le Prefetture, attraverso gli sportelli<br />
unici per l’immigrazione, sono state chiamate a un’intensa attività al fine di dare<br />
attuazione alla nuova normativa. Si tratta di un impegno gravoso, realizzato, senza oneri<br />
aggiuntivi per lo Stato, attraverso la costante ricerca di sinergie istituzionali tra i vari<br />
soggetti coinvolti.<br />
Si ritiene utile riportare, a titolo esemplificativo, le esperienze delle Prefetture di Firenze<br />
e La Spezia, sedi di servizio di due degli estensori del presente elaborato.<br />
5.1. Firenze<br />
Nella provincia di Firenze il sistema dell’Accordo di integrazione è stato ampiamente<br />
illustrato in apposite sedute del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione (CTI) ed è<br />
stata creata una sezione ad hoc nel sito del CTI, www.immigrazione.regione.toscana.it,<br />
dove sono state raccolte le notizie, le norme, le circolari e le brochure relative<br />
all’Accordo.<br />
60 Circolare n. 1869 del 7 marzo 2012<br />
61 Circolare n. 6831 del 6 novembre 2012.<br />
56
Sono state calendarizzate, fin dal mese di giugno 2012, le prime sessioni di formazione<br />
civica e di informazione sulla vita civile in Italia, suddividendole per gruppo linguistico.<br />
Alla data del 20 novembre 2012 si sono svolte in Prefettura sessioni nelle lingue cinese,<br />
araba, albanese, inglese e spagnola, mentre per le altre minoranze linguistiche la<br />
Prefettura si è avvalsa del Centro Territoriale Permanente (CTP) presso la scuola media<br />
Beato Angelico, sede di CTP, dove è disponibile un laboratorio multimediale con 26<br />
postazioni per la fruizione individuale del “pacchetto video”.<br />
Sono stati sottoscritti 1.689 accordi, 983 stranieri hanno partecipato alle sessioni<br />
“monolingua” e 188 alle sessioni multilingua presso la suddetta scuola; inoltre per 443<br />
stranieri sono state previste sessioni nei prossimi tre mesi, senza oneri per la finanza<br />
pubblica, in quanto i funzionari stessi della Prefettura hanno assicurato lo svolgimento<br />
delle sessioni.<br />
In relazione al contenuto del pacchetto multimediale è stata rilevata una criticità<br />
principale dovuta al fatto che ogni riferimento agli organi di governo locale riguarda la<br />
Regione Emilia Romagna in quanto Ente che ha messo a disposizione le risorse per la<br />
realizzazione del “pacchetto video”; ciò ha causato momenti di incertezza tra i fruitori,<br />
successivamente superati attraverso la presentazione di slide raffiguranti la Regione<br />
Toscana e la provincia di Firenze.<br />
La segreteria del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione ha, infatti, predisposto<br />
alcune slide disponibili in albanese, arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo<br />
contenenti gli indirizzi dei siti internet afferenti la Regione Toscana, oltre ai diversi link<br />
per scaricare la Costituzione, la Carta dei Valori, norme, circolari e guide utili per<br />
l’adempimento dell’accordo, con particolare attenzione ai corsi di lingua italiana,<br />
all’iscrizione al Servizio sanitario regionale e all’obbligo scolastico.<br />
Inoltre, nel corso della sessione formativa, per favorire il processo di integrazione, sono<br />
state distribuite brochure, in diverse lingue, contenenti informazioni sulla salute e la<br />
sicurezza nei luoghi di lavoro, oltre che gli opuscoli “Informasalute” realizzati<br />
dall’INMP (Istituto Nazionale, Salute, Migrazioni e Povertà) e dal <strong>Ministero</strong> della<br />
57
Salute, con il finanziamento dei Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini di Paesi<br />
terzi.<br />
Altra problematicità è rappresentata dal fatto che gli stranieri in possesso del permesso<br />
di soggiorno per lavoro non hanno molto tempo a disposizione per seguire i corsi di<br />
lingua: ciò potrebbe comportare per gli stessi maggiori difficoltà a raggiungere il<br />
numero di crediti previsti, con il rischio di conseguenti sanzioni.<br />
La Prefettura ha formalizzato, in un apposito documento indirizzato al Dipartimento per<br />
le libertà civili e l’immigrazione del <strong>Ministero</strong> dell’Interno, una serie di proposte<br />
migliorative delle procedure collegate alla sottoscrizione dell’accordo d’integrazione.<br />
Più specificamente, è stata segnalata l’esigenza di integrare i contenuti del supporto<br />
multimediale, inserendo, ad esempio, una parte relativa al pagamento del contributo per<br />
il permesso di soggiorno e alla necessità della presenza del datore di lavoro al momento<br />
della presentazione del lavoratore presso lo sportello unico per l’immigrazione, per la<br />
sottoscrizione della richiesta del permesso di soggiorno. Inoltre, tenuto conto che il<br />
sistema dei crediti è finalizzato a favorire l’effettiva integrazione degli immigrati, è stata<br />
prospettata l’opportunità di prevedere specifici e ulteriori crediti connessi all’iscrizione<br />
anagrafica, per sottolineare il valore di questo adempimento, troppo spesso considerato<br />
non necessario da parte di alcune comunità di stranieri.<br />
Con riguardo al sistema informatico, sarebbe opportuno che lo stesso, in analogia a<br />
quanto previsto per il test per la lingua italiana, consentisse l’allocazione dei<br />
sottoscrittori dell’accordo secondo il CAP di residenza. Infatti, poiché tutti i CTP della<br />
provincia saranno presto coinvolti nello svolgimento delle sessioni di formazione civica<br />
e di informazione sulla vita civile in Italia, tale distribuzione risulterebbe estremamente<br />
utile per favorire la partecipazione alle sessioni formative nel luogo maggiormente<br />
vicino a quello di residenza.<br />
5.2. La Spezia<br />
Presso la Prefettura della Spezia, l’accordo di integrazione e la Direttiva congiunta del<br />
Ministro dell’Interno e del Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione<br />
58
del 2 marzo 2012 sono stati illustrati nel corso di un’apposita seduta del Consiglio<br />
Territoriale per l’Immigrazione, ritenuto la sede più consona per favorire la migliore<br />
conoscenza e diffusione della nuova normativa.<br />
Nell’occasione, sono state programmate mirate azioni di comunicazione volte a<br />
promuovere una capillare informazione sul territorio provinciale in modo da garantire<br />
una partecipazione consapevole degli stranieri.<br />
E’ stata, inoltre, acquisita la disponibilità delle associazioni che tutelano i migranti e<br />
delle associazioni dei cittadini stranieri, che si sono impegnate a dare la massima<br />
diffusione alla normativa e a prestare la loro collaborazione alla Prefettura, anche<br />
attraverso il coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità degli stranieri presenti<br />
sul territorio, e a fornire personale volontario di madre lingua e mediatori linguistici che<br />
possano essere presenti durante le sessioni di formazione civica, al fine di agevolare il<br />
cittadino straniero nel percorso formativo.<br />
Nel primo periodo di applicazione della nuova normativa, a causa dell’impossibilità di<br />
reperire strutture idonee, le sessioni di formazione civica si sono svolte presso lo<br />
sportello unico per l’immigrazione durante i giorni di chiusura al pubblico.<br />
Sono subito emerse grosse difficoltà poiché gli stranieri non comprendevano alcuna<br />
parola di italiano e, stante la lunghezza delle sessioni e l'impossibilità di interagire,<br />
riuscivano con estrema difficoltà a seguire con attenzione tutto il modulo.<br />
Su richiesta del CTI, hanno garantito la loro assistenza i mediatori culturali multilingue,<br />
associati a cooperative operanti nel settore, che si sono impegnati, senza oneri per<br />
l’Amministrazione, ad accompagnare gli stranieri nel percorso formativo.<br />
Già dalla prima sessione, i mediatori culturali, in collaborazione con le assistenti sociali<br />
della Prefettura, hanno opportunamente integrato il corso, fornendo puntuali indicazioni<br />
sui servizi offerti in ambito provinciale, soprattutto nei settori scolastico e sanitario. Ciò<br />
ha suscitato maggior interesse nei partecipanti e di conseguenza tale strumento viene<br />
ordinariamente utilizzato nello svolgimento delle sessioni di formazione civica.<br />
59
Successivamente la normativa in questione è stata approfondita nel corso di specifici<br />
incontri del Tavolo interistituzionale per l’Integrazione dei minori stranieri, coordinato<br />
dalla Prefettura, cui hanno partecipato dirigenti di Istituti scolastici e dei Centri per<br />
l’istruzione degli adulti della provincia, che hanno offerto di mettere a disposizione, a<br />
costo zero, strutture scolastiche e personale per la realizzazione di sessioni di<br />
formazione civica.<br />
Tale disponibilità è stata formalizzata con la sottoscrizione, nel mese di giugno, di un<br />
Protocollo di collaborazione interistituzionale tra il Prefetto e il Dirigente dell’Ufficio<br />
Scolastico Provinciale .<br />
Nel Protocollo, in particolare, sono stati individuati, in ambito provinciale, due Centri<br />
per l’istruzione degli adulti e tre Istituti scolastici presso le cui strutture è stato<br />
programmato lo svolgimento delle sessioni di formazione civica e di informazione sulla<br />
vita civica riservate agli stranieri che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione.<br />
Al 30 novembre 2012 risultano sottoscritti 328 accordi di integrazione e realizzate 56<br />
sessioni di formazione civica e di informazione in lingue differenti, di cui 33 presso lo<br />
sportello unico per l’immigrazione, 4 presso la sala multimediale della Provincia e 19<br />
presso gli istituti scolatici che hanno sottoscritto il citato protocollo.<br />
Sono state adottate specifiche misure organizzative per far fronte all’aggravio di lavoro<br />
per gli addetti allo sportello unico, determinato anche dalle difficoltà di fornire<br />
informazioni esaustive a utenti che si esprimono in lingue scarsamente conosciute e per<br />
le quali risulta difficoltoso reperire mediatori linguistici.<br />
Inoltre la sottoscrizione degli accordi, unita alle consuete attività di rilascio del<br />
permesso di soggiorno, ha comportato un allungamento dei tempi di permanenza degli<br />
utenti presso lo sportello unico (circa 40 minuti per ognuno di loro).<br />
Altre difficoltà sono state riscontrate nella gestione degli applicativi informatici relativi<br />
al rilascio del permesso di soggiorno e alla sottoscrizione dell’Accordo in quanto i<br />
software non dialogano, obbligando l’operatore dello Sportello a sospendere un<br />
applicativo e passare all’altro senza la possibilità di utilizzare i dati già inseriti.<br />
60
Capitolo V<br />
Tesi a confronto: i limiti dell’accordo di integrazione<br />
1. Il limite genetico<br />
L’accordo di integrazione è stato concepito dal legislatore del 2009 come lo strumento<br />
attraverso il quale integrare lo straniero legalmente residente nel nostro Paese.<br />
In linea con gli altri Paesi europei e con gli orientamenti, espressi in documenti ufficiali,<br />
dell’Unione Europea, si è ritenuto che anche l’Italia potesse favorire l’integrazione degli<br />
immigrati attraverso un patto, un accordo appunto, tra lo Stato che riconosce l’altrui<br />
identità e lo straniero che vuole - ma dovremmo dire che deve – integrarsi.<br />
Nel nostro Paese l’accordo di integrazione presenta, però, un limite genetico, in quanto<br />
nasce in un contesto culturale in cui ancora sono forti le spinte di chi mira a<br />
salvaguardare l’unità e la compattezza sociale delle nostre istituzioni piuttosto che<br />
favorire una vera e propria inclusione degli stranieri. L’accordo è stato concepito come<br />
strumento di controllo della migrazione e molto poco come mezzo per dare opportunità<br />
di inserimento allo straniero.<br />
Già, come si è detto in altra parte di questo lavoro, l’inserimento della figura giuridica<br />
dell’accordo di integrazione nel Titolo II del Testo unico sull’immigrazione, dedicato<br />
alle politiche di ingresso, ed in particolare rubricato “Disposizioni sull’ingresso, il<br />
soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato”, anziché all’interno del Titolo<br />
V, capo IV, rivolto alla politiche di integrazione sociale, esprime la precisa volontà del<br />
legislatore del 2009.<br />
L’obiettivo era, infatti, quello di disciplinare, nel pacchetto sicurezza, una nuova e<br />
selettiva modalità di ingresso degli stranieri nel nostro Paese, puntando su una maggiore<br />
responsabilizzazione degli immigrati e una loro adesione ai valori e ai principi<br />
identitari della “cultura di casa”.<br />
61
L’articolo 4-bis, partendo da una inedita definizione normativa di integrazione<br />
implicherebbe un rapporto di reciprocità, nel rispetto dei valori costituzionali, che si<br />
viene ad instaurare tra Stato e straniero, fondato sulla volontarietà e non<br />
sull’imposizione.<br />
Il comma 2, del citato articolo 4-bis, nel prevedere che “i criteri e le modalità per la<br />
sottoscrizione (…) di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l’impegno<br />
a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità<br />
del permesso di soggiorno (…) la perdita integrale dei crediti determina la revoca del<br />
permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato (…)”,<br />
evidenzia chiaramente come si sia puntato a vincolare lo straniero verso un percorso<br />
obbligato, con sanzioni, anche gravi, quali l’espulsione dal territorio nazionale, in caso<br />
di inadempimento a tali doveri.<br />
Va detto, preliminarmente, che sono state espresse in dottrina e nel dibattito<br />
parlamentare che ha preceduto l’approvazione della legge n. 94 del 2009 molte<br />
perplessità sulla opportunità di costituire un secondo titolo di soggiorno, che si<br />
affiancherebbe al consueto permesso di soggiorno, condizionandone l’efficacia.<br />
2. Gli altri limiti<br />
Al di là delle opportunità politiche vi sono stati anche rilievi critici sul piano giuridico,<br />
con riferimento al rinvio, posto dall’articolo 4-bis, alla fonte secondaria regolamentare<br />
dell’individuazione dei criteri e delle modalità della sottoscrizione dell’accordo.<br />
Abbiamo già ricordato in altra parte del lavoro (si veda cap. III) che l’articolo 10,<br />
comma secondo, della Costituzione, prevede che “La condizione giuridica dello<br />
straniero è disciplinata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati<br />
internazionali”. Si tratterebbe di una riserva di legge rinforzata, dal punto di vista dei<br />
contenuti, che prevede la necessità che la legge sia conforme alle norme e ai trattati<br />
internazionali.<br />
62
Il fatto che il legislatore del 2009 abbia rinviato ad una fonte regolamentare<br />
implicherebbe una illegittimità costituzionale, che varrebbe anche se si ritiene che la<br />
riserva sia da intendersi relativa, posto che la norma primaria, non indicando i criteri, ha<br />
lasciato ampia discrezionalità sulla definizione dei contenuti alla fonte secondaria.<br />
Inizialmente era stata sollevata la questione relativa alla poca chiarezza dei destinatari<br />
dell’accordo di integrazione, e cioè se la norma riguardasse solo coloro che chiedono<br />
per la prima volta il permesso di soggiorno o anche coloro che ne richiedono il rinnovo,<br />
la conversione e che sono, in sostanza, già titolari del permesso di soggiorno scaduto.<br />
Il regolamento ha precisato che il termine “rilascio” è da riferirsi allo straniero “che fa<br />
ingresso per la prima volta nel territorio nazionale (…) e presenta istanza di rilascio<br />
del permesso di soggiorno (…) di durata non inferiore a un anno”.<br />
Come si è visto, due sono gli adempimenti centrali richiesti allo straniero nel primo<br />
biennio di soggiorno: “acquisire un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana<br />
parlata equivalente almeno al livello A2 di cui al quadro comune europeo”, partecipare<br />
a una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia “di<br />
durata non inferiore a cinque e non superore a dieci ore”.<br />
Entrambi gli adempimenti sono certamente coerenti con l’obiettivo di promuovere la<br />
convivenza tra cittadini italiani e stranieri nel rispetto dei valori costituzionali. La lingua<br />
è ovviamente uno strumento essenziale per la convivenza e per la partecipazione alla<br />
vita del Paese; lo stesso vale per l’informazione sulla vita civile e la formazione civica.<br />
Il livello A2 di conoscenza della lingua parlata risulta, però, abbastanza limitato. Tale<br />
livello non può consentire una partecipazione e una convivenza, trattandosi solo della<br />
capacità di formulare e comprendere frasi molto semplici che un immigrato che risiede<br />
nel territorio nazionale già raggiunge da solo dopo due anni.<br />
Il modello francese è parimenti poco efficace sotto questo profilo, mentre di livello<br />
certamente superiore è la disciplina dei corsi di integrazione in Germania dove si<br />
prevede il raggiungimento del livello B2 di conoscenza del tedesco dopo 600 ore di<br />
lezione.<br />
63
Analoghe considerazioni possono svilupparsi con riferimento alla sessione di<br />
formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia di durata non inferiore a<br />
cinque e non superiore a dieci ore. Si tratta di misure del tutto insufficienti se si pensa<br />
che in Germania sono previsti corsi su valori, diritto, cultura della società di 45 ore.<br />
Senza soffermarsi troppo sulle differenze con gli altri istituti di integrazione in uso nei<br />
Paesi europei, su cui si rinvia al capitolo II, si può notare come altrove il modello di<br />
integrazione non appaia così compresso come invece si presenta il nostro.<br />
Se leggiamo l’articolo 2 del regolamento, vediamo che lo straniero deve dimostrare di<br />
conoscere non solo i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana<br />
ma anche l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia, in<br />
particolare con riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del<br />
lavoro e degli obblighi fiscali.<br />
Si tratta di un impegno particolarmente gravoso se si considera che ci troviamo di fronte<br />
ad uno straniero di recente arrivo in Italia, con una conoscenza linguistica il più delle<br />
volte molto limitata.<br />
Peraltro, i percorsi di formazione linguistica e civica dovrebbero iniziare, secondo<br />
quanto richiesto dall’Unione Europea, già nel Paese di provenienza con il<br />
coinvolgimento anche delle istituzioni locali e attraverso pratiche - e non solo attività di<br />
studio come si richiede da noi - sui temi della partecipazione pubblica.<br />
La previsione, all’articolo 3, di una sessione gratuita di formazione civica da impartire<br />
ai sottoscrittori dell’accordo impone allo straniero un grande sforzo di apprendimento,<br />
in appena cinque ore, di tutte le conoscenze previste dagli articoli 2 e 3 del regolamento.<br />
E’ infatti impossibile pretendere che in appena cinque, massimo dieci, ore, lo straniero<br />
possa davvero acquisire, come il regolamento presume, tutte le conoscenze<br />
corrispondenti a: diritti e doveri degli stranieri in Italia, diritti e doveri reciproci dei<br />
coniugi, doveri dei genitori verso i figli secondo l’ordinamento giuridico italiano, anche<br />
con riferimento all’obbligo di istruzione, principali iniziative a sostegno del processo di<br />
64
integrazione degli stranieri nel territorio della provincia di residenza; normativa di<br />
riferimento in materia di salute e sicurezza del lavoro.<br />
La difficoltà di apprendimento acquista particolare importanza se si pensa che la<br />
sanzione, in caso di esito negativo della verifica, può comportare l’espulsione dello<br />
straniero dal territorio nazionale. Si tratta di una eccessiva rigorosità a cui non<br />
corrispondono adeguate garanzie di fruibilità dei corsi da parte dello Stato: sedi vicine,<br />
raggiungibili facilmente.<br />
L’articolo 4 rinvia agli allegati B e C per l’individuazione dei crediti da attribuire o<br />
diminuire al sottoscrittore dell’accordo, prevedendo che la decurtazione può verificarsi<br />
sulla base di pronunce anche non definitive. E’ evidente anche qui la rigorosità della<br />
norma soprattutto se si pensa che si potrebbero verificare situazioni di successive<br />
assoluzioni di stranieri nel frattempo già espulsi.<br />
E’ da rilevare ulteriormente la gravità della sanzione della perdita di tutti i crediti in<br />
caso di mancato adempimento dell’obbligo scolastico per i figli minori. Senza volersi<br />
soffermare sul dato che in Italia la dispersione scolastica è un fenomeno molto esteso e<br />
per nulla focalizzato sui soli stranieri, non si può non sottolineare che l’espulsione dello<br />
straniero inadempiente, oltre a produrre intuibili gravi ripercussioni sui minori, verrebbe<br />
a vanificare qualunque progetto di integrazione .<br />
Inoltre, nella disciplina dell’accordo di integrazione mancano reali e concreti vantaggi<br />
premiali che, invece, lo Stato dovrebbe riconoscere nei confronti dello straniero che<br />
consegue il percorso di integrazione e, in particolar modo, per coloro che abbiano<br />
maturato più crediti di quelli necessari (si potrebbe pensare che chi raggiunge crediti<br />
superiori a 30 possa rinnovare il permesso di soggiorno senza oneri).<br />
Ma soprattutto spicca un altro forte limite dell’accordo di integrazione: la mancanza<br />
della reciprocità, della sinallagmaticità.<br />
Il nostro accordo di integrazione, in realtà, non è un vero e proprio accordo ma un atto<br />
in cui, pur sottoscritto da entrambe le parti, solo un unico soggetto è chiamato ad<br />
impegnarsi: lo straniero. Gli obblighi a cui è tenuto lo Stato appaiono irrisori: un mero<br />
65
dovere di favorire l’adempimento da parte degli immigrati dei propri obblighi. In più va<br />
osservato che, a fronte degli obblighi gravanti sullo straniero, gli impegni dello Stato (in<br />
sostanza: creare sessioni di apprendimento della vita civile italiana) non devono<br />
comportare oneri aggiuntivi.<br />
Si è parlato, in dottrina, infatti, di una “forma contrattuale messa al servizio della<br />
disciplina amministrativa delle autorizzazioni al soggiorno, la quale unilateralmente ne<br />
determina il contenuto, perseguendo nel contempo un intento pedagogico di maggiore<br />
adesione dell’amministrato al programma statale…” 62 .<br />
Si è tentato di recuperare i termini della reciprocità prevedendo l’adesione alla Carta dei<br />
valori della cittadinanza e dell’integrazione, che è un allegato dell’accordo, e che<br />
dovrebbe dar luogo ad un vero e proprio “patto tra cittadini ed immigrati”.<br />
Il richiamo alla Carta, sebbene questa sia nata in un contesto emergenziale ed<br />
islamocentrico, potrebbe determinare l’instaurarsi di un nuovo rapporto tra Stato e<br />
straniero, in quanto, proprio attraverso l’adesione alla Carta, l’Italia si dovrebbe<br />
impegnare a garantire, più concretamente, l’eguaglianza e promuovere lo sviluppo di<br />
chiunque si trovi a vivere sul territorio, a sostenere chiunque subisca discriminazioni, a<br />
estendere a tutti gli immigrati i diritti sociali, a promuoverne un cammino di<br />
integrazione rispettoso delle identità di ciascuno e che porti ad un’effettiva e piena<br />
partecipazione alla vita del Paese.<br />
Non sono mancati rilievi critici sull’adesione alla Carta in considerazione dei richiami<br />
in essa contenuti al cristianesimo e all’ebraismo su cui l’Italia e l’Europa si fondano. Si<br />
è ritenuto, infatti, che tali richiami in uno Stato che si professa laico, nel quale non<br />
dovrebbe esservi alcun favor per l’una o l’altra religione, darebbero luogo ad una<br />
contraddizione con la nostra Costituzione pluralista che riconosce la libertà religiosa.<br />
Tutti questi limiti che si rinvengono nell’analisi dell’accordo di integrazione,<br />
evidenziano come sia necessaria una revisione critica che sembrerebbe già avviata in<br />
sede amministrativa, in particolare con la direttiva congiunta dei Ministri dell’Interno e<br />
62 Si veda P. Morozzo della Rocca, Entra in vigore.., cit. ed ivi i riflessi di natura civilistica delle forme<br />
giuridiche contrattuali e pattizie.<br />
66
della Cooperazione internazionale e l’integrazione del 2 marzo 2012 indirizzata ai<br />
Prefetti. La direttiva sembra, infatti, spingersi verso una più compiuta concezione<br />
dell’accordo di integrazione, correggendo, in un certo senso, anche il tiro sulla natura<br />
dell’accordo medesimo.<br />
Infatti nella direttiva si fa richiamo alla connotazione giuridica di contratto a prestazioni<br />
corrispettive, assunta nei Paesi europei, in cui “lo straniero assume l’obbligo di<br />
integrarsi nello Stato in cui dimora, attraverso la conoscenza della lingua nazionale,<br />
dei principi fondamentali della Costituzione e dell’organizzazione e funzionamento<br />
delle istituzioni pubbliche e con la frequenza di corsi di formazione ed altro, mentre lo<br />
Stato assume l’obbligo di fornirgli a titolo gratuito o a condizioni particolarmente<br />
agevolate i corsi di formazione linguistica e culturale e servizi di orientamento”.<br />
67
Capitolo VI<br />
Tesi a confronto: l’accordo di integrazione; più luci che ombre<br />
1. Dall’atto di accusa al multiculturalismo ai contratti di integrazione<br />
L’introduzione dell’istituto dell’accordo di integrazione nell’ordinamento giuridico<br />
italiano va necessariamente “letta” nel contesto del dibattito internazionale su quello che<br />
è stato definito il “fallimento del multiculturalismo”.<br />
Leaders europei, da Tony Blair a David Cameron 63 , in numerose occasioni ufficiali,<br />
hanno sostenuto che il multiculturalismo ha fallito: in realtà, la sensazione è che<br />
quest’accusa sia dovuta all’accresciuta rilevanza dei temi legati all’immigrazione nelle<br />
agende politiche nazionali.<br />
Un po’ ovunque, infatti, si è registrata una maggiore concentrazione sul controllo degli<br />
ingressi e una lotta più dura al fenomeno dell’immigrazione irregolare.<br />
In un simile scenario, contrassegnato dalla pressante richiesta da parte delle opinioni<br />
pubbliche di chiusure e restrizioni, la maggior parte dei governi nazionali europei si è<br />
orientata nel senso di prendere le distanze dal credo multiculturalista, tornando a una<br />
visione e a una retorica politica di tipo assimilazionista, peraltro anch’essa in crisi.<br />
Con gli attentati del 2001 questo cambiamento di sensibilità politica è divenuto più<br />
evidente e pervasivo.<br />
E’ in questo nuovo contesto politico che sono sorti e si sono diffusi i contratti<br />
d’integrazione, sovente accompagnati da altre misure, caratteristiche di una più rigida<br />
disciplina in materia di accessi alla cittadinanza e di controlli propedeutici al rilascio del<br />
permesso di soggiorno.<br />
63 Dal discorso di David Cameron alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera (febbraio 2010):<br />
“Sotto la dottrina del multiculturalismo di Stato, abbiamo incoraggiato culture differenti a vivere vite<br />
separate, staccate l’una dall’altra e da quella principale. Non siamo riusciti a fornire una visione della<br />
società, alla quale sentissero di voler appartenere.”.<br />
68
Sarebbe ingenuo, oltre che ipocrita, negare che dietro i contratti di integrazione c’è una<br />
preoccupazione degli Stati riceventi circa la lealtà dei nuovi arrivati. Esiste, cioè,<br />
un’esigenza di “filtrare” gli immigrati sotto il profilo della disponibilità e della volontà<br />
di essere politicamente e socialmente leali nei confronti dei Paesi riceventi, sia sotto il<br />
profilo della sicurezza, che dell’identità culturale.<br />
La richiesta di lealtà è richiesta di adesione, o quanto meno di conformità alle norme e<br />
ai comportamenti in materia di sicurezza pubblica, ma anche al più difficilmente<br />
definibile complesso di istituzioni, di regole, di pratiche sociali, modalità di vivere, che<br />
hanno a che fare con una, vera o presunta, identità culturale.<br />
Le società europee appaiono frastornate dalla percezione di una crescente eterogeneità<br />
della popolazione insediata, per lingua, religione, usi, pratiche familiari, modalità di<br />
concezione dei rapporti fra generi. L’idea che la cosiddetta “superdiversità” 64 sia una<br />
minaccia per la coesione sociale induce a ritenere che qualcosa debba farsi non più per<br />
accettare o legittimare la diversità, quanto piuttosto per ricompattarla, per ricondurla a<br />
una pluralità compatibile di modelli di vita all’interno delle coordinate delle democrazie<br />
europee.<br />
E’ vero: non tutte le diversità sembrano essere nocive dal punto di vista della coesione<br />
sociale. Si pensi ai calciatori, agli artisti, ai cantanti, agli uomini d’affari, agli<br />
imprenditori. Ci sono categorie di stranieri, quelli riscattati dall’eccellenza individuale<br />
delle proprie prestazioni, o dal proprio censo, che sfuggono alla percezione di una<br />
diversità dirompente. Alcuni stranieri, da qualunque paese provengano, qualunque<br />
religione professino, sono ben accetti. Per dirla con uno slogan, “la ricchezza<br />
sbianca” 65 .<br />
64 L’insieme di tutte le variabili che concorrono, in maniera diversa, a creare nuove “categorie” di<br />
migranti tra loro profondamente dissimili è stato nella letteratura antropologica descritto col termine<br />
riassuntivo di “superdiversità” da Vertovec S., Super-diversity and its implications, in Ethnic and Racial<br />
Studies, Vol. 30, n. 6, novembre 2007,<br />
65 M.Ambrosini, L’integrazione degli immigrati e la questione della padronanza linguistica: il caso<br />
italiano in prospettiva europea in Atti del Seminario “L’ABC dell’accordo di integrazione”, Bologna,<br />
2012.<br />
69
E’ la diversità associata alla povertà che crea problemi e che viene avvertita come<br />
superdiversità dirompente. Si tratta, peraltro, della diversità delle maggioranze.<br />
Il discorso cognitivo sottintende tuttavia valenze politico-normative e identitarie. Esiste<br />
un dilemma che angustia i regimi sensibili ai diritti umani: all’esigenza di operare, per<br />
così dire, una selezione degli immigrati, si affianca, o meglio si contrappone, la<br />
consapevolezza della problematicità, sotto molteplici aspetti – giuridici,<br />
socioeconomici, etici - di una simile scelta politica.<br />
Si vuole individuare il grado di adesione a valori, ma uno Stato democratico non può<br />
sondare i valori. Si pone allora la necessità di individuare variabili, indicatori, che<br />
possano essere legittimamente verificati, misurati e che in qualche modo possano<br />
attestare la volontà politica e sociale di integrarsi, di vivere lealmente nel Paese<br />
ricevente.<br />
2. La coerenza degli impegni<br />
Nell’accordo di integrazione, le variabili assunte a indicatori vengono collocate<br />
nell’alveo di una nozione di integrazione che, come è stato più volte evidenziato, è vista<br />
non come una situazione, eventualmente posta come obiettivo, ma come un vero e<br />
proprio percorso scandito da impegni, reciproci, concernenti la partecipazione “alla vita<br />
economica sociale e culturale della società”.<br />
Si può dire che la risposta alla sfida della superdiversità venga ricercata nella richiesta ai<br />
nuovi arrivati di diventare “più simili” nei confronti della popolazione residente. Si è<br />
dunque in presenza di una richiesta di “assimilazione”, ma nel senso, per così dire,<br />
etimologico, del termine.<br />
Nel contesto attuale, infatti, la spinta all’assimilazione deve confrontarsi con i diritti<br />
umani e con la preoccupazione di integrare gli immigrati, e cioè di riuscire a realizzare<br />
ambiti di relazioni pacifiche, di reciproca accettazione, di buon vicinato.<br />
E’ allora sicuramente coerente con il quadro delineato la previsione dell’attribuzione di<br />
crediti a favore di quanti provvedano ad avviare e sostenere i figli agli studi, che è<br />
70
dovere di ogni genitore, italiano e straniero. L’insegnamento è diretto alla formazione<br />
della persona: frequentare corsi di studi scolastici costituisce il modo migliore per<br />
arricchire le proprie conoscenze, per sentirsi parte di una comunità e condividere con i<br />
compagni di corso diritti e impegni.<br />
Lo stesso dicasi per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale. La salute è un bene<br />
prezioso per l’umanità intera come per il singolo individuo. I trattamenti sanitari sono<br />
effettuati nel rispetto della volontà della persona, della sua dignità, tenendo conto della<br />
sensibilità di ciascuno. Cittadini italiani e immigrati hanno diritto ad essere curati<br />
gratuitamente nelle strutture pubbliche del nostro Paese.<br />
E nella medesima ottica si colloca la specifica previsione di premialità collegate al<br />
rispetto delle norme a tutela delle parti di contratti di compravendita o locazione di<br />
immobili, e alla partecipazione a programmi di formazione, quale fondamentale<br />
strumento di sviluppo e perfezionamento delle capacità lavorative.<br />
Un breve approfondimento meritano inoltre “la sessione di formazione civica e di<br />
informazione sulla vita civile in Italia”, prevista come primo passo da sostenere,<br />
gratuitamente, presso gli sportelli unici per l’immigrazione delle Prefetture, e gli<br />
ulteriori crediti conseguibili in relazione a livelli crescenti di conoscenza della cultura<br />
civica nel nostro Paese.<br />
In questo caso, non può non cogliersi il forte legame con il riferimento ai valori sanciti<br />
dalla Costituzione italiana, contenuto nell’art. 4-bis della legge n.94/2009, che funge<br />
innanzitutto da limite, nel senso che, ad esempio, il rapporto con la cucina o il modo di<br />
vestirsi degli italiani poco o nulla ha a che fare con l’integrazione, perché la convivenza<br />
secondo i valori costituzionali non dipende da questo.<br />
Per la verità, non è mancata la tendenza ad assumere come riferimento dell’integrazione<br />
un intero stile di vita considerato tipico del popolo ricevente. Ma già nella Scuola di<br />
Chicago l’interiorizzazione dei valori e dei modelli di comportamento della società non<br />
sempre è riferita alla totalità di quei valori e modelli.<br />
71
Nell’accordo di integrazione, affinché i migranti possano divenire membri a pieno titolo<br />
della società, non è pretesa un’interiorizzazione totale, né si chiede un’assimilazione<br />
culturale. L’enfasi viene posta su ciò che rileva nella sfera pubblica, implicando<br />
l’integrazione non già una totale rinuncia alla propria identità culturale, ma un’adesione<br />
ai diritti dell’uomo, all’eguaglianza, alla democrazia, allo stato di diritto e alla divisione<br />
dei poteri.<br />
Né si può pensare che si tratti di linee di azione inutili, perché gli immigrati già<br />
sarebbero preparati a riguardo o comunque si svilupperebbero processi spontanei di<br />
acquisizione: l’esperienza dimostra che non è così.<br />
3. Non solo conoscenza della lingua<br />
Ma è soprattutto attraverso la verifica del grado di conoscenza della lingua che lo Stato<br />
può svolgere quell’azione di “sondaggio” finalizzata, da un lato, a misurare la lealtà dei<br />
nuovi arrivati, dall’altro a promuoverne l’integrazione.<br />
Va detto che le ricerche realizzate in materia di integrazione dei migranti hanno<br />
considerato la capacità di comprendere e di farsi comprendere, per lo più, come uno<br />
strumento indispensabile perché il processo di inclusione si realizzi, piuttosto che un<br />
indicatore di integrazione a sé stante 66 . La conoscenza della lingua è vista come un<br />
importante tassello dell’intero puzzle, ma non basterebbe di per sé a dire che la persona<br />
è inserita o meno.<br />
Accanto alla conoscenza e all’utilizzo della lingua, l’indice di integrazione è costruito<br />
anche sulla base dell’accesso all’informazione, all’interesse per gli avvenimenti che<br />
accadono nel paese ricevente, al benessere auto-percepito e al senso di appartenenza.<br />
L’indicatore linguistico è significativo nella misura in cui viene calcolato insieme a<br />
quelli di integrazione sociale, politica ed economica. Ciò in quanto può verificarsi che<br />
una comunità o un singolo individuo risultino particolarmente integrati in una<br />
66 Tra queste: N. Acocella, E. Sonnino, Movimenti di persone e movimenti di capitali in Europa, Bologna,<br />
2003; Cesareo, Blangiardo, Indici di integrazione. Un'indagine empirica sulla realtà migratoria italiana.<br />
FrancoAngeli, 2010<br />
72
dimensione, ma non nelle altre: si pensi ai cinesi i quali, a fronte di un elevato livello di<br />
integrazione economica, raggiungono risultati molto bassi nel campo dell’integrazione<br />
culturale, sociale e politica.<br />
E’ fuori discussione, peraltro, che la base linguistica sia sicuramente utile per fare capire<br />
il proprio pensiero e le proprie esigenze e per cogliere quelle altrui. Nella complessità<br />
del processo di integrazione la padronanza linguistica rappresenta il principale<br />
strumento nelle mani dello straniero che si accinge a inserirsi nel tessuto della società di<br />
accoglienza.<br />
Questi elementi assumono rilievo fondamentale anche nei Paesi relativamente giovani<br />
dal punto di vista dell’immigrazione, come l’Italia, dove si constata la presenza di un<br />
multiculturalismo di fatto, quotidiano, che cammina e avanza ogni giorno,<br />
indipendentemente dalle leggi, dalla politica , dalle retoriche.<br />
Nelle scuole italiane sono presenti circa 800mila figli di famiglie immigrate. La<br />
multietnicità sarà un fattore preponderante nel nostro Paese, anzi lo è già. Con o senza<br />
cittadinanza, con o senza dotazione di diritti, il volto giovane dell’Italia sarà un volto<br />
plurale, un volto “a colori”. Nei mercati del lavoro, ma anche dell’imprenditoria, la<br />
componente degli immigrati cresce, persino in tempi di crisi, com’è avvenuto per effetto<br />
della regolarizzazione del 2009 e del decreto-flussi 2011. Sempre più frequentemente<br />
gli stessi rapporti di vicinato nei quartieri cittadini sono rapporti misti.<br />
La conoscenza della lingua e la sua certificazione possono allora essere concepite e<br />
valorizzate su una molteplicità di piani.<br />
Si consideri, innanzitutto, che alla conoscenza linguistica può essere riconosciuto un<br />
importante ruolo sul piano psicologico, dal momento che la possibilità di esprimersi, e<br />
di capire, conferisce alla persona quella forza in più per affrontare le molteplici<br />
difficoltà insite nel cammino verso l’accettazione da parte dell’altro.<br />
Vi è la tendenza a considerare il senso di paura dell’autoctono legato alla presenza dello<br />
straniero, tralasciando l’esistenza di un disagio opposto, rappresentato dal timore<br />
dell’immigrato di essere ingannato sulla base proprio della sua scarsa capacità di<br />
73
comprendere le sfumature del “detto e del non detto”. Dal punto di vista della società,<br />
l’apprendimento della lingua ufficiale da parte degli immigrati che risiedono sul<br />
territorio consente di diminuire i rischi legati alla formazione di ghetti e di “comunità<br />
chiuse”. 67<br />
Inoltre, pur con le difficoltà che la ricerca comporta, sembra piuttosto consolidato che<br />
chi conosce meglio la lingua del paese ricevente ha maggiori possibilità di trovare e<br />
conservare un lavoro e, in misura più limitata, di progredire nel mercato del lavoro.<br />
Quando gli imprenditori vengono interrogati sul perché gli immigrati non vengono<br />
promossi a qualifiche superiori, la risposta di gran lunga più ricorrente è “per carenza di<br />
conoscenze linguistiche”.<br />
Ma vi è un ulteriore aspetto, che è quello degli atti di cittadinanza, intesi non solo come<br />
atti della vita quotidiana, ma anche come atti di esercizio di determinate forme di<br />
partecipazione politica indiretta.<br />
L’esempio tipico è il sindacato. Per partecipare a questa forma di organizzazione della<br />
vita pubblica sono evidentemente indispensabili competenze linguistiche. Ma si pensi<br />
anche alle associazioni, che pure in Italia, come già in altri paesi, sono un tassello della<br />
governance della società multietnica. Tutte queste forme partecipative e gli atti di<br />
cittadinanza connessi richiedono un’adeguata competenza linguistica, e imparare<br />
l’italiano vuol dire essere più attrezzati per prendere parte attivamente alla vita pubblica,<br />
sociale e politica.<br />
Vi è, in definitiva, una correlazione diretta fra il livello di conoscenza della lingua e le<br />
diverse dimensioni dell’integrazione: il sapersi esprimere e il capire i propri<br />
interlocutori rappresenta un primo e importante canale di costruzione di una propria rete<br />
relazionale e di interazione nel mondo del lavoro, ma non solo.<br />
Gli studi realizzati in materia permettono di sottolineare come, anche se è<br />
intuitivamente rilevabile, esista un legame tra il livello di integrazione globale e, per<br />
esempio, l’anzianità migratoria, la presenza dei figli minori, la vicinanza culturale.<br />
67 M.D’Odorico, La conoscenza della lingua del paese di destinazione, in XVII Rapporto sulle<br />
migrazioni, Fondazione ISMU, 2011.<br />
74
Elementi, questi ultimi che richiamano un assiduo contatto con la società di accoglienza,<br />
e quindi con la cultura maggioritaria, reso più semplice sicuramente dalla conoscenza<br />
della lingua ufficiale.<br />
Va da sé che questi due fattori, ossia la possibilità di esprimersi e di comprendere e<br />
l’opportunità di inserirsi in contesti di interazione, si autoalimentano. Più una persona<br />
riesce a parlare con e a capire l’altro, più è in grado di creare situazioni di incontro e di<br />
dialogo utili per contribuire, a loro volta, a migliorare la padronanza linguistica.<br />
4. Perché SI’ all’accordo d’integrazione<br />
Nella circolare congiunta del Ministro dell’Interno e del Ministro per la cooperazione<br />
internazionale e l’integrazione del 2 marzo 2012, è enunciato il principio che una reale<br />
inclusione sociale si realizza attraverso la conoscenza dei principi fondamentali<br />
dell'ordinamento, dei valori espressi dalla carta costituzionale e del funzionamento delle<br />
istituzioni pubbliche, nonché della lingua dello Stato ospitante.<br />
Volendo esplicitare il principio con specifico riferimento al nostro Paese, si può<br />
sicuramente affermare che imparare l’italiano, andare a scuola, conoscere i principi<br />
fondamentali della Costituzione italiana, accedere ai servizi sanitari, prepararsi al<br />
lavoro, sono strumenti essenziali per esercitare i propri diritti ed i propri doveri secondo<br />
nuove e inderogabili regole di convivenza.<br />
Con la sottoscrizione dell’accordo di integrazione, il conseguimento di questi risultati<br />
diviene un obiettivo alla portata di tutti i cittadini stranieri, i quali assumono<br />
consapevolmente l’impegno a rispettare il sistema di crediti correlato all’istituto e<br />
introdotto per evitare che, come oggi purtroppo ancora accade, gli immigrati, anche<br />
dopo anni di soggiorno, mostrino carenze nella conoscenza dell'italiano o<br />
nell'educazione civica, o contribuiscano significativamente alla piaga dell'evasione<br />
scolastica.<br />
75
Per anni ai più diversi livelli istituzionali si è immaginato che gli stranieri emigrassero<br />
mossi da esigenze economiche congiunturali, coltivando esclusivamente l’aspirazione a<br />
tornare nel paese d’origine.<br />
Il varo dell’accordo di integrazione esprime, invece, la consapevolezza e l’ufficiale<br />
accettazione del dato di fatto della tendenza degli immigrati a radicarsi. Anzi, la<br />
disciplina configura il radicamento come l'ipotesi normale.<br />
E sarebbe estremamente ingeneroso sostenere che lo Stato non stia assumendo<br />
particolari impegni nell’intraprendere questo delicato e complesso percorso<br />
d’integrazione, che, nel reciproco interesse, è chiamato ad affrontare insieme ai nuovi<br />
arrivati.<br />
Si pensi, a titolo esemplificativo, che con decreto del 1° ottobre 2012, l’Autorità<br />
responsabile del "Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi" 2007-<br />
2013, a fronte di una dotazione complessiva del Fondo, per l’anno 2012, di 34 milioni<br />
di euro, ha destinato ben 19.500.000 euro alla realizzazione di interventi per la<br />
cosiddetta Azione 1, avente a oggetto proprio gli ambiti "Formazione linguistica ed<br />
educazione civica".<br />
E ancora. Nell’Accordo Quadro del 7 agosto 2012 tra il <strong>Ministero</strong> dell'Interno ed il<br />
<strong>Ministero</strong> dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Linee guida per la<br />
progettazione dei percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana<br />
predisposte dal <strong>Ministero</strong> dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), si afferma<br />
espressamente che un efficace svolgimento degli adempimenti previsti dal DPR<br />
n.179/2011 relativi, in particolare, alle sessioni di formazione civica e di informazione e<br />
ai test per l'assegnazione dei crediti relativi alla conoscenza della lingua italiana, della<br />
cultura civica e della vita civile in Italia, “si realizza attraverso il potenziamento della<br />
collaborazione interistituzionale”, e si conviene di incrementare l'offerta dei corsi, di<br />
cui all'articolo 6, comma 1 dell'Accordo, attraverso la promozione di specifici progetti<br />
pilota in coerenza con il piano nazionale degli interventi in materia di integrazione<br />
linguistica e sociale promosso da quei Ministeri.<br />
76
Conclusioni<br />
All’indomani dell’entrata in vigore dell’accordo di integrazione si sono levate voci<br />
fortemente critiche nei confronti dell’istituto e della sua adeguatezza a perseguire reali<br />
percorsi di integrazione degli immigrati.<br />
Non sono mancati ironici riferimenti a un accordo “stonato”, sbilanciato a carico degli<br />
stranieri, e come tale inidoneo a fungere da strumento attraverso il quale consentire ai<br />
nuovi arrivati di acquisire progressivamente piena consapevolezza dei doveri da<br />
osservare nel rispetto della società che li accoglie ma anche dei diritti loro<br />
riconosciuti 68 .<br />
Appare opportuno, invece, che gli aspetti sin qui considerati vengano compresi e<br />
valutati alla luce di un efficace ossimoro che è stato utilizzato proprio a proposito<br />
dell’accordo di integrazione: ci sono vincoli che emancipano 69 .<br />
Anche l’istruzione obbligatoria fu percepita come una costrizione, un vincolo, una<br />
forzatura che impoveriva le famiglie, private di un aiuto per le attività agricole e<br />
pastorali.<br />
Eppure, quel vincolo ha consentito l’emancipazione dall’analfabetismo e dalla<br />
sudditanza culturale nei confronti delle élite dominanti.<br />
La politica degli obblighi di apprendimento linguistico e degli altri impegni legati<br />
all’accordo di integrazione va, dunque, riconosciuta e valorizzata sotto questo aspetto:<br />
norme concepite anche, se non soprattutto, per rispondere alla crescente domanda di<br />
sicurezza, ma capaci di diventare risorse per l’integrazione e la promozione degli<br />
immigrati.<br />
La concreta realizzazione delle potenzialità contenute in queste norme dipenderà, come<br />
è inevitabile, dalla loro applicazione effettiva.<br />
68 Si veda, in proposito, Paolo Morozzo della Rocca, Entra in vigore l’accordo…cit.<br />
69 Si veda M. Ambrosini, Atti del Seminario “L’ABC dell’accordo di integrazione, cit.<br />
77
Dipenderà da aspetti quali la progettualità, le forme di accompagnamento, la pedagogia<br />
interculturale.<br />
Ma anche dal rapporto con altre misure di integrazione: la sicurezza abitativa, la qualità<br />
dei quartieri e della vita urbana, la stabilità del lavoro, perché i progetti formativi, per<br />
avere successo, necessitano di un minino di radicamento e di tranquillità delle persone<br />
che vi sono coinvolte.<br />
Dipenderà, infine, dalla capacità dello Stato di sensibilizzare i cittadini italiani sulla<br />
necessità di favorire la pacifica convivenza e di rinnovare il loro naturale spirito di<br />
accoglienza, nel rispetto delle diversità culturali.<br />
E dalla disponibilità di ognuno di noi a rimuovere ogni pregiudizio e a riconoscere il<br />
grande contributo che l’immigrazione ha già offerto ed è in grado di offrire al benessere<br />
economico e sociale delle nostre comunità e dell’intera Nazione.<br />
78
Bibliografia<br />
ACOCELLA N. – SONNINO E.<br />
AMBROSINI M.<br />
Movimenti di persone e movimenti di capitali in<br />
Europa, Bologna 2003<br />
L’integrazione degli immigrati e la questione della<br />
padronanza linguistica: il caso italiano in<br />
prospettiva europea, in Atti del Seminario L’ABC<br />
dell’Accordo di integrazione, Bologna 2012<br />
CARRA F. - FIORINI P. Il contratto di integrazione in Francia:<br />
un’esperienza quinquennale, in XVII Rapporto<br />
sulle migrazioni, Fondazione ISMU (a cura di),<br />
2011<br />
CESAREO V.<br />
CESAREO V. – BLANGIARDO<br />
G.C.<br />
CESAREO V. – BLANGIARDO<br />
G.C.<br />
CODINI E.<br />
Si fa presto a dire integrazione, ma è necessario<br />
partire dalle persone e dai contesti, in<br />
Libertàcivili, 2, 2010<br />
Indici di integrazione. Quale integrazione? Milano<br />
2009<br />
Indici di integrazione. Un’indagine empirica sulla<br />
realtà migratoria italiana, Milano 2010<br />
A proposito dell’integrazione e del relativo<br />
accordo, in Libertàcivili, 6, 2011<br />
D’ODORICO M. La conoscenza della lingua del Paese di<br />
destinazione, in XVII Rapporto sulle migrazioni,<br />
Fondazione ISMU (a cura di), 2011<br />
FINOTELLI C.<br />
GARTON ASH T.<br />
HABERMAS J. – TAYLOR C.<br />
Integrare senza un modello: l’integrazione degli<br />
stranieri in Spagna, in XVII Rapporto sulle<br />
migrazioni, Fondazione ISMU (a cura di), 2011<br />
Il crogiolo degli dei che annulla le razze, in<br />
Internazionale, 8/2003<br />
Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento,<br />
Milano 1998<br />
79
LEONE R.<br />
LOCCHI M. C.<br />
MELOTTI U.<br />
MONTAGNA N.<br />
MOROZZO DELLA ROCCA P.<br />
NASSO S.<br />
SARTORI G.<br />
SILIPRANDI L.<br />
STRATI B.<br />
VERTOVEC S.<br />
ZORZELLA N.<br />
Immigrazione e marginalità sociale: l’integrazione<br />
come risposta alla devianza, in Instrumenta,<br />
32/2007<br />
L’accordo di integrazione tra lo Stato e lo<br />
straniero (art.4-bis T.U. sull’immigrazione n.<br />
286/1998) alla luce dell’analisi comparata e della<br />
critica al modello europeo di “integrazione<br />
forzata”, in Rivista dell’Associazione italiana dei<br />
costituzionalisti, 1/2012.<br />
L’Immigrazione in Europa: un confronto fra le<br />
politiche nazionali, in Cittadinanza europea, Roma<br />
2002<br />
Multiculturalismo, politiche di integrazione e big<br />
society nel Regno Unito, in XVII Rapporto sulle<br />
migrazioni, Fondazione ISMU (a cura di), 2011<br />
Entra in vigore l’accordo (stonato) di integrazione,<br />
in Gli stranieri, 3/2011<br />
Al via l’Accordo di integrazione fra lo straniero e<br />
lo Stato, in Libertàcivili, 1, 2012<br />
Pluralismo, multiculturalismo ed estranei. Saggio<br />
sulla società multietnica, Milano 2000<br />
Impatti delle nuove politiche di integrazione in<br />
Germania: il ruolo della conoscenza della lingua,<br />
in XVII Rapporto sulle migrazioni, Fondazione<br />
ISMU (a cura di), 2011<br />
Immigrazione e multiculturalismo. Principi etici<br />
per un dialogo necessario, in Instrumenta,<br />
31/2007<br />
Super-diversity and its implications, in Ethnic and<br />
racial studies, vol. 30. n. 6, 2007<br />
L’Accordo di integrazione tra limiti e opportunità,<br />
in Atti del Seminario L’ABC dell’Accordo di<br />
integrazione, Bologna 2012<br />
80