30.10.2014 Views

Indice - Ssai - Ministero Dell'Interno

Indice - Ssai - Ministero Dell'Interno

Indice - Ssai - Ministero Dell'Interno

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

MINISTERO DELL’INTERNO<br />

Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno<br />

XXVI Corso di formazione dirigenziale<br />

per l’accesso alla qualifica di viceprefetto<br />

L’Italia di fronte al fenomeno migratorio: l’accordo di integrazione.<br />

Sostegno alla condivisione di diritti e doveri (e alla crescita delle<br />

opportunità individuali) o mero strumento di politica migratoria<br />

(e di controllo della migrazione “marginale”)?<br />

Dott. Sergio BRESCHI<br />

Dott.ssa Roberta CARPANESE<br />

Dott. Michele LASTELLA<br />

Dott. Giuseppe LIGUORI<br />

Dott.ssa Filomena PICCARRETA<br />

Dott. Bruno STRATI<br />

RELATORE: Prefetto Riccardo COMPAGNUCCI


<strong>Indice</strong><br />

Capitolo I<br />

Il fenomeno migratorio e le problematiche<br />

dell’integrazione………………………………… pag. 4<br />

1. Premessa………………………………………. pag. 4<br />

2. Il fenomeno migratorio in Europa……………... pag. 5<br />

3. Le politiche di migrazione: di ingresso e di<br />

integrazione ……………………………………… pag. 6<br />

4. Problematiche dell’integrazione ………………. pag. 8<br />

5. L’immigrazione in Italia oggi………………… pag. 10<br />

Capitolo II<br />

Percorsi di integrazione e cittadinanza in alcuni<br />

Paesi dell’Unione Europea …………………….. pag. 11<br />

1. Multiculturalismo e politiche di integrazione in<br />

Inghilterra…………………………………………. pag. 11<br />

2. Il ruolo della conoscenza della lingua nelle<br />

politiche di integrazione in Germania…………….. pag. 14<br />

3. I diritti degli stranieri in Spagna……………….. pag. 18<br />

4. L’esperienza del contratto di integrazione in<br />

Francia………………………………………………. pag. 23<br />

Capitolo III<br />

La genesi dell’accordo di integrazione pag. 27<br />

1. L’integrazione degli stranieri nella legislazione<br />

italiana: dagli anni Novanta al pacchetto sicurezza<br />

2009 ……………………………………………… pag. 27<br />

1


2. L’integrazione degli stranieri nell’Unione<br />

Europea……………………………………………. pag. 33<br />

3. L’approvazione dell’emendamento della Lega<br />

Nord 18.07 dell’AS 733, introduttivo dell’accordo di<br />

integrazione e l’adozione del regolamento attuativo<br />

ex art. 4-bis, comma 2, del D.Lgs.<br />

286/1998…………………………………………. pag. 37<br />

4. Il binomio integrazione-sicurezza……………… pag. 44<br />

Capitolo IV<br />

L’accordo di integrazione: la disciplina e la fase<br />

di prima applicazione…………………………… pag. 46<br />

1. Quadro normativo e ambiti di applicazione …… pag. 46<br />

2. Sottoscrizione, contenuto ed efficacia………….. pag. 47<br />

3. Articolazione dell’accordo per crediti.<br />

Disciplina…………………………………………... pag. 50<br />

4. Le circolari ministeriali…………………………. pag. 54<br />

5. La prima fase di attuazione: le esperienze nella<br />

provincia di Firenze e in quella di La Spezia …… pag. 56<br />

5.1. Firenze……………………………………... pag. 56<br />

5.2. La Spezia…………………………………... pag. 58<br />

Capitolo V<br />

Tesi a confronto: i limiti dell’accordo di<br />

integrazione…………….......................................... pag. 61<br />

1. Il limite genetico ………………………………... pag. 61<br />

2. Gli altri limiti……………………………………. pag. 62<br />

Capitolo VI<br />

Tesi a confronto: l’accordo di integrazione; più<br />

luci che ombre.......................................................... pag. 68<br />

2


1. Dall’atto di accusa al multiculturalismo ai<br />

contratti di integrazione……………………………. pag. 68<br />

2. La coerenza degli impegni………………………. pag. 70<br />

3. Non solo conoscenza della lingua………………<br />

4. Perché SI’ all’accordo di integrazione …………<br />

Conclusioni………………………………………….<br />

Bibliografia………………………………………….<br />

pag. 72<br />

pag. 75<br />

pag. 77<br />

pag. 79<br />

3


Capitolo I<br />

Il fenomeno migratorio e le problematiche dell’integrazione<br />

1. Premessa<br />

Il fenomeno delle migrazioni è complesso e multiforme e può essere studiato sotto<br />

molteplici profili: demografico, sociologico, economico, amministrativo, psicologico,<br />

antropologico, storico, politico e internazionale.<br />

Il presente lavoro si concentra sui flussi migratori degli stranieri extracomunitari, che<br />

giungono nel nostro Paese prevalentemente per motivi di lavoro o per ricongiungimento<br />

familiare, nonché su coloro che intendono “mettere su casa” e diventare in prospettiva<br />

nostri concittadini.<br />

Si escludono dal nostro ambito di interesse i cittadini di altri Stati dell’Unione Europea,<br />

che sarebbe improprio definire stranieri a seguito dell’Atto Unico Europeo, entrato in<br />

vigore nel 1987, che ha sancito la libertà di movimento dei cittadini di uno Stato<br />

membro nei Paesi dell’Unione. Non interessano ai fini della presente indagine neanche<br />

gli stranieri presenti in Italia per ragioni di studio o per turismo, anche se molti di essi,<br />

trattenendosi sul territorio nazionale anche dopo la scadenza del titolo di soggiorno,<br />

diventano immigrati irregolari (fenomeno degli overstayers, che rappresentano circa<br />

l’80 % della popolazione straniera clandestina).<br />

I migranti possono decidere di sistemarsi definitivamente nel Paese di destinazione, in<br />

quanto non ritengono più di potersi reinserire nei loro Paesi di provenienza, ovvero<br />

possono decidere di spostarsi solo temporaneamente in quanto sperano di tornare in un<br />

futuro più o meno prossimo in patria.<br />

Appartengono, ad esempio, alla prima categoria quegli italiani, tedeschi, russi, irlandesi,<br />

che, a centinaia di migliaia, hanno raggiunto le Americhe tra la fine dell’800 e la prima<br />

guerra mondiale e, in misura minore, anche tra le due guerre.<br />

4


Il migrante si sposta temporaneamente quando ha un progetto provvisorio di<br />

stabilizzazione e spera di ritornare definitivamente nel suo Paese, una volta riuscito a<br />

“conquistare” quel livello di benessere economico che gli consentirà di poter vivere.<br />

Su tale scelta incidono molteplici fattori, tra cui la vicinanza dei due Paesi (e dunque la<br />

facilità degli spostamenti), la situazione politica, demografica ed economica del Paese<br />

di destinazione, le politiche adottate in materia di immigrazione.<br />

2. Il fenomeno migratorio in Europa<br />

Il nostro Continente è stato per lungo tempo centro di emigrazione.<br />

Oggi molti Paesi, quali, ad esempio, gli Stati Uniti d’America, i Paesi dell’America<br />

centro-meridionale, l’Australia, la Nuova Zelanda e, in parte, il Sudafrica, sono popolati<br />

quasi esclusivamente o in modo rilevante da discendenti di migranti europei che hanno<br />

sostituito, anche attraverso interventi cruenti, la popolazione autoctona.<br />

Per secoli, infatti, gli Stati di altri Continenti sono stati meta di immigrati dall’Europa,<br />

perlopiù fuggiti da gravi calamità, quali le carestie 1 .<br />

Gli immigrati provenienti dall’Europa si sono trovati di fronte a modelli culturali e<br />

sociali dei Paesi ospitanti che non hanno accettato passivamente, anzi con il passare del<br />

tempo sono emerse tutte le diverse identità nazionali e le specialità culturali.<br />

All’indomani della fine della seconda guerra mondiale, il processo di ricostruzione e il<br />

successivo sviluppo industriale hanno attirato milioni di persone provenienti dai Paesi<br />

del Sud Europa verso le nazioni del Centro e del Nord, soprattutto verso la Germania, il<br />

Belgio, la Svizzera e la Francia.<br />

Tali ingenti flussi migratori soni dipesi sia da “fattori di espulsione” sia da “fattori di<br />

attrazione” 2 , e più in particolare da fattori economici, sociali, culturali che concorrevano<br />

1 160 anni fa milioni di Irlandesi furono costretti ad emigrare in America a seguito di una grave carestia<br />

che aveva distrutto le coltivazioni di patate.<br />

2 U. Melotti, L’immigrazione in Europa: un confronto fra le politiche nazionali, in Cittadinanza europea<br />

Roma 2002. Si ricordano, ad esempio, le emigrazioni dovute allo spostamento dei confini della Polonia<br />

alla linea dell’Oder-Neisse che comportò il trasferimento nella Germania federale di quasi tutta la<br />

5


a far prevedere delle opportunità maggiori e una qualità della vita migliore per gli<br />

emigranti.<br />

A partire dagli anni Settanta del XX secolo, gli spostamenti verso il centro – nord<br />

Europa hanno registrato una battuta d’arresto e Paesi come l’Italia, il Portogallo, la<br />

Spagna, la Grecia, che per decenni erano stati esportatori di manodopera, hanno visto<br />

non solo il ritorno dei propri connazionali in patria, ma anche l’arrestarsi del fenomeno<br />

migratorio. Una volta conclusasi la migrazione cd. interna, grazie allo sviluppo<br />

raggiunto nei Paesi di emigrazione, è iniziata, dapprima più timidamente e poi più<br />

massicciamente, l’immigrazione nei Paesi dell’Europa occidentale di moltitudini di<br />

disperati provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’Est Europa a seguito del fallimento<br />

dell’ideologia comunista negli anni Novanta.<br />

La crescita sempre maggiore dell’immigrazione irregolare ha evidenziato l’incapacità<br />

dei Governi europei di fronteggiare il fenomeno e di controllarlo in modo efficace,<br />

oscillando tra politiche permissive e di rigore e finendo, nell’incertezza, con il<br />

consentire l’ingresso illegale di molti stranieri che, non trovando un’occupazione<br />

dignitosa, sono entrati nella spirale della migrazione marginale, spesso innescando<br />

sentimenti xenofobi e razzisti nella popolazione ospitante.<br />

3. Le politiche migratorie: di ingresso e d’integrazione<br />

Nel novero delle strategie che ogni Stato deve perseguire, le politiche migratorie sono<br />

senza dubbio quelle più complesse. Si tratta di politiche nazionali che incidono su<br />

fenomeni transnazionali che trascendono i confini della decisione e della stessa<br />

conoscenza del legislatore.<br />

popolazione di lingua tedesca che abitava quelle regioni. La Germania riuscì ad assimilare bene questo<br />

primo grande flusso immigratorio. Tra la fine degli anni ‘40 e fino agli inizi degli anni ’70, la Germania<br />

fu in grado di sviluppare un’economia in espansione basata sulla grande industria e sulla ricerca di<br />

economie di scala che necessitavano di continui afflussi di lavoratori anche da altre aree dell’Europa, in<br />

particolare dall’Italia, e più tardi da altre nazioni extraeuropee, quali la Turchia, con una politica<br />

immigratoria del tutto peculiare.<br />

6


Di fronte al fenomeno migratorio i Governi adottano politiche degli ingressi (o<br />

immigration policies) e politiche di integrazione (o immigrant policies).<br />

Nel primo ambito rientrano le misure volte a regolare gli accessi e le condizioni per<br />

risiedere legalmente nel territorio nazionale; il secondo ambito comprende il grado di<br />

ammissione degli immigrati alle politiche di welfare. I due ambiti possono essere<br />

interdipendenti tra loro.<br />

Nel primo rientrano le politiche relative:<br />

a) ai flussi di ingresso e di uscita;<br />

b) al contrasto o al laissez-faire in ordine all’ingresso di clandestini;<br />

c) al respingimento e al rimpatrio dei clandestini;<br />

d) alla concessione della cittadinanza per nascita nel Paese da cittadini<br />

stranieri, ovvero per residenza o nel caso di matrimoni misti;<br />

e) agli accessi riservati, alle riunificazione familiari, alla formazione<br />

professionale e/o alla selezione nei luoghi d’origine;<br />

f) alle sanatorie/regolarizzazioni ovvero ai rientri incentivati e/o forzati.<br />

Il secondo ambito attiene, invece, a politiche volte:<br />

a) all’integrazione degli immigrati regolari;<br />

b) all’integrazione degli immigrati irregolari o clandestini (scuola, sanità).<br />

Appartengono alla prima tipologia di politiche i provvedimenti regolatori dei flussi di<br />

ingresso nel territorio nazionale, sulla base delle esigenze emergenti dalla realtà<br />

economica: viene, infatti, fissato e stabilito, attraverso le quote, il numero massimo di<br />

cittadini extracomunitari che possono entrare nel Paese ospitante.<br />

Strettamente connessa al controllo dei flussi di ingresso è la politica di contrasto<br />

all’immigrazione clandestina, che non risulta un’operazione agevole soprattutto per<br />

Paesi che, come l’Italia, possiedono confini prevalentemente costieri, che, peraltro, si<br />

7


affacciano sul bacino mediterraneo, sul quale insistono Paesi a forte pressione<br />

migratoria e ad intenso transito quali quelli del Nord Africa.<br />

Altrettanto fondamentali, in tema di politiche di immigrazione, sono gli accordi<br />

bilaterali o multilaterali con i Paesi terzi, attraverso i quali vengono determinati<br />

l’ammontare di immigrati ammessi nel territorio nazionale con permesso di soggiorno<br />

per ricongiungimento familiare ed altre eventuali categorie di lavoratori beneficiari di<br />

quote di ingresso privilegiate.<br />

La disciplina del fenomeno migratorio non può, inoltre, prescindere dalla politica<br />

perseguita dallo Stato di accoglienza in materia di cittadinanza.<br />

4. Problematiche dell’integrazione<br />

Particolare attenzione va riservata alle politiche di integrazione per gli immigrati<br />

regolari al fine di garantire e tutelare condizioni socialmente sostenibili sia per la<br />

comunità immigrata sia per quella autoctona.<br />

Il concetto di integrazione deve essere interpretato in termini di uguaglianza di diritti tra<br />

autoctoni ed immigrati e di utilità, in base ai vantaggi che riceve dall’immigrazione la<br />

comunità ospitante. E’ quest’ultimo un approccio molto pragmatico, da non leggere in<br />

senso negativo, di sfruttamento, bensì secondo una concezione economicistica: quanto<br />

più l’immigrato partecipa ad aumentare i livelli di produttività del sistema, a colmare il<br />

deficit demografico e a temperare i disavanzi pubblici, tanto più si può parlare<br />

d’integrazione della componente immigrata con quella autoctona.<br />

L’integrazione viene concepita anche in termini di somiglianza quando un immigrato<br />

può dirsi effettivamente integrato se condivide i valori, gli usi ed i costumi della<br />

popolazione autoctona.<br />

Tutte le politiche, indipendentemente dal Paese che le mette in atto, devono rispondere<br />

all’esigenza di integrare persone e culture differenti nelle società di accoglienza e,<br />

quindi, dar luogo ad un processo di arricchimento reciproco.<br />

8


Obiettivo del legislatore nazionale è di prevedere e favorire tutti quei canali che,<br />

direttamente o indirettamente, possano contribuire ad inserire l’immigrato nella realtà<br />

sociale in cui vive, perseguendo una pacifica e collaborativa convivenza con la<br />

popolazione autoctona.<br />

I Paesi europei hanno affrontato il problema migratorio in modi diversi, in base alla<br />

propria cultura politica e solo recentemente, come ricorda Melotti, tali diversità si sono<br />

ridimensionate “per effetto dell’incipiente comunitarizzazione delle politiche migratorie<br />

dei Paesi membri dell’Unione Europea 3 ”.<br />

L’integrazione è l’espressione della volontà dello straniero che vuole trasformarsi da<br />

immigrato temporaneo in residente definitivo. Tale desiderio, talvolta, esiste già al<br />

momento della partenza ed è condizionato dal grado di certezze e di immedesimazione<br />

che il migrante ha nei confronti della società ospitante, ma può essere influenzato anche<br />

dalle politiche nazionali, sia a livello statale che locale, che ne possono favorire o meno<br />

l’inserimento 4 .<br />

Ormai tutti i Paesi, anche quelli che dapprincipio favorivano solo l’immigrazione<br />

temporanea di manodopera, hanno dovuto rispondere alla richiesta di una parte della<br />

popolazione straniera che intende stabilirsi in modo definitivo sul territorio.<br />

In Europa sono stati individuati tre modelli d’integrazione: il primo detto<br />

“assimilazionista”, adottato in Francia, che mira alla condivisione di regole, ideali e<br />

tradizioni comuni; il modello “multiculturale”, “comunitario”, o anche detto pluralista,<br />

adottato in Gran Bretagna, che ammette la presenza della diversità anche nello spazio<br />

3 Si veda U. Melotti, L’immigrazione in Europa…, cit.<br />

4 T. Garton Ash, Il crogiolo degli dei che annulla le razze, in Internazionale ,8/2003: “Forse esiste una<br />

risposta al problema del razzismo. Se uomini e donne non si preoccupassero della razza della persona con<br />

cui vogliono fare un figlio e se facesse così anche la loro discendenza, il concetto di “appartenenza<br />

etnica” lascerebbe lo spazio a quello di “appartenenza all’umanità”». Sembra semplice, ma le condizioni<br />

culturali, politiche ed economiche sono molto complesse. Il melting pot americano è relativamente<br />

recente: solo nel 1965 fu abrogata la legge che consentiva l’immigrazione solo agli europei di razza<br />

bianca. Dagli anni sessanta gli afroamericani smisero di essere legalmente discriminati . «Negli ultimi<br />

quarant’anni, comunque, la razza è ancora la maggiore fonte di tensione negli Stati Uniti» e si verificano<br />

veri e propri episodi di razzismo…. Anche noi europei potremmo trarne vantaggio. L’Europa ha urgente<br />

bisogno di un boom demografico per fronteggiare l’invecchiamento della popolazione. «Dovremmo<br />

imparare dagli americani a fare sentire gli immigrati a proprio agio. “Californication” è quello di cui<br />

hanno bisogno gli europei».<br />

9


pubblico, dove avviene la mediazione tra gruppi differenti all’interno delle regole del<br />

gioco stabilite dagli autoctoni; il modello di “precarietà istituzionalizzata” rinvenibile in<br />

Germania, dove l’immigrato è integrato nel mondo del lavoro e non nella cultura del<br />

Paese ospitante ed è mantenuto nella condizione di ospite temporaneo, che prima o poi<br />

farà ritorno a casa sua.<br />

5. L’immigrazione in Italia oggi<br />

Si riportano di seguito, in sintesi, i dati dell’immigrazione in Italia, riferiti all’anno<br />

2011, pubblicati nel Dossier Statistico Immigrazione Rapporto 2012 della Caritas e<br />

Migrantes, anche sulla base degli elementi forniti dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno per gli<br />

ambiti di competenza:<br />

10


Capitolo II<br />

Percorsi di integrazione e cittadinanza in alcuni Paesi dell’Unione Europea<br />

1. Multiculturalismo e politiche d’integrazione in Inghilterra<br />

Il Regno Unito ha una lunga storia migratoria, sia come terra d’asilo, si pensi<br />

all’accoglienza accordata agli Ugonotti tra il XVI e il XVII secolo, sia per la sua storia<br />

imperiale che in tempi più recenti ha facilitato i collegamenti con altri paesi.<br />

Nel secondo dopoguerra, i flussi hanno acquisito maggiore regolarità e l’immigrazione è<br />

diventata un fattore permanente. Fra il 1951 e il 1971 il numero degli stranieri residenti<br />

(per lo più provenienti da alcuni paesi del Commonwealth, Asia del Sud e isole dei<br />

Caraibi, dai paesi dell’Europa dell’Est e da quelli dell’Europa del Sud) è cresciuto da<br />

circa due milioni a oltre tre milioni, quasi il 6% della popolazione.<br />

Dopo un rallentamento registratosi negli anni Settanta e Ottanta, nei due decenni<br />

successivi i flussi hanno ripreso a crescere pressoché ininterrottamente e nel 2010 la<br />

popolazione immigrata aveva raggiunto quasi 7 milioni di unità, più dell’11% di quella<br />

totale.<br />

L’immigrazione ha attraversato fasi di sviluppo industriale, di mutamenti nel mercato<br />

del lavoro, di integrazione dei mercati mondiali e crescita economica ed è sempre stata<br />

riconosciuta come una risorsa per l’economia del Paese. Allo stesso tempo,<br />

l’immigrazione è stata accompagnata da tensioni, conflitti, e razzismo sia istituzionale<br />

sia sociale.<br />

La risposta alla diversificazione etnica e alle tensioni che dal secondo dopoguerra hanno<br />

accompagnato l’immigrazione nel Regno Unito è stata l’adozione del multiculturalismo<br />

come politica ufficiale. Più precisamente, l’ingresso nel Regno Unito delle politiche<br />

multiculturali avviene intorno alla metà degli anni Sessanta, dopo una prima fase di<br />

politiche assimilazioniste, durante gli anni Cinquanta e primi Sessanta, e una successiva<br />

di politiche integrazioniste. Nel 1968 viene approvato il Commonwealth Immigrants Act<br />

con il quale si riconosce il carattere multiculturale del paese e la necessità di costruire<br />

11


apporti di mutuo riconoscimento fra etnie diverse. Da allora, le principali istituzioni<br />

pubbliche locali e nazionali hanno intrapreso una serie di politiche per contrastare il<br />

razzismo e incoraggiare il rispetto e la tolleranza per le minoranze etniche, nonché la<br />

loro mobilità sociale in settori come quello dell’educazione, abitativo o del lavoro.<br />

Dai primi anni del Duemila ha inizio, peraltro, la graduale transizione a un sistema in<br />

cui il multiculturalismo viene affiancato in misura sempre maggiore da politiche<br />

d’integrazione, aventi l’obiettivo di rendere compatibile l’immigrazione alle esigenze<br />

del mercato del lavoro e, in particolare, di manodopera qualificata. Nasce cosi quella<br />

che verrà definita la managed migration, un sistema di controllo dei confini nazionali<br />

basato sulla selezione degli ingressi secondo gli interessi dell’economia britannica.<br />

Le linee guida del nuovo sistema di politiche migratorie vengono formulate in un serie<br />

di documenti governativi pubblicati fra il 1998 e il 2005, con i quali il governo inglese<br />

stabilisce che l’integrazione si fonda su tre componenti principali.<br />

La prima è quella di una maggiore regolazione dell’immigrazione economica da<br />

selezionare in base alle competenze e ai paesi di provenienza.<br />

La seconda componente è quella di un crescente controllo nei confronti<br />

dell’immigrazione irregolare.<br />

Infine, viene apportata una serie di cambiamenti legislativi relativi alle procedure per<br />

ottenere la cittadinanza che danno maggiore enfasi al processo d’integrazione.<br />

In particolare, con il Nationality, Immigration and Asylum Act 2002, viene introdotto un<br />

test d’inglese e di conoscenza della storia e delle istituzioni del paese per i candidati che<br />

desiderano ottenere la cittadinanza, nonché una cerimonia ufficiale in cui il candidato<br />

presta un pubblico giuramento 5 .<br />

E’ mancata tuttavia una reale strategia nazionale per incoraggiare l’integrazione sociale,<br />

economica e civica delle centinaia di migranti che arrivano in Inghilterra ogni giorno.<br />

La legislazione non ha creato una chiara cornice nazionale e fornito precise direttive in<br />

5 “Sarò fedele al Regno Unito e rispetterò i suoi diritti e le sue libertà. Sosterrò i suoi valori democratici.<br />

Osserverò fedelmente le sue leggi e adempirò ai miei doveri e obblighi come un cittadino britannico”<br />

12


grado di mobilitare la società civile; pertanto le iniziative d’integrazione rivolte ai<br />

migranti hanno avuto carattere esclusivamente locale.<br />

Il governo di Londra, la Greater London Authority, ha recentemente avviato un piano<br />

d’integrazione per una serie di categorie che include i rifugiati, i lavoratori migranti<br />

dequalificati, i nuovi arrivati e i migranti senza permesso di soggiorno. Il 34% della<br />

popolazione residente a Londra è costituito da immigrati; ogni programma<br />

d’integrazione deve misurarsi con una realtà estremamente diversificata, sia per quanto<br />

riguarda la tipologia dei permessi (studio, lavoro, motivi umanitari, riunificazione<br />

familiare, allargamento dell’Unione Europea), sia per quanto riguarda i paesi e le etnie<br />

di provenienza 6 .<br />

A Londra, oltretutto, è concentrata la maggioranza degli oltre 500mila migranti senza<br />

permesso di soggiorno presenti sul territorio inglese. I principali problemi che devono<br />

affrontare sono quelli del lavoro, insicuro e malpagato per le fasce basse, della salute,<br />

della casa e del rischio di sfruttamento, della conoscenza dei propri diritti,<br />

dell’esclusione e isolamento sociale.<br />

Le problematiche relative all’integrazione di una popolazione cosi eterogenea vengono<br />

affrontate su varie dimensioni: quella della lingua, con l’avvio di corsi di lingua inglese<br />

in collaborazione con associazioni ed enti locali; quella abitativa, per assicurare<br />

l’accesso ai normali canali alloggiativi; quella dell’occupazione, per aiutare i rifugiati e<br />

i migranti a trovare lavoro, ridurre la sottoccupazione e l’occupazione nell’economia<br />

informale; quella della salute, in modo da assicurare che i bisogni sanitari vengano<br />

soddisfatti.<br />

E ancora, la dimensione della sicurezza e della coesione, per assicurare che la polizia e<br />

il sistema legale forniscano servizi di alta qualità; quella dei bambini e dei giovani, per<br />

superare le difficoltà specifiche della metropoli e assicurare loro salute, benessere,<br />

6 E’ stato calcolato che a Londra vivono persone provenienti da 179 paesi: molti di loro ricoprono<br />

incarichi prestigiosi e redditizi nella City, nelle multinazionali, nelle università o come imprenditori.<br />

Molti altri occupano posizioni più svantaggiate e offrono quei servizi che, seppure a basso contenuto di<br />

capitale umano, sono necessari in una metropoli avanzata e globale come Londra. Negli ultimi decenni vi<br />

è stata, inoltre, una forte crescita dell’immigrazione femminile, in particolare dai Paesi dell’Est Europa<br />

recentemente entrati nell’UE, con una conoscenza dell’inglese molto povera ed enormi barriere<br />

d’ingresso nel mercato del lavoro.<br />

13


sicurezza e istruzione; quella dello sviluppo della comunità locale, per coinvolgere<br />

rifugiati e migranti nella vita politica e civile; infine, quella dell’informazione, per far<br />

conoscere ai rifugiati e ai migranti i loro diritti ma anche le opportunità di Londra.<br />

A ciascuna di queste dimensioni corrispondono azioni diverse, compiti, obiettivi attesi,<br />

partner e risorse. Ruolo importante è quello del pubblico, la Greater London Authority,<br />

ma anche delle associazioni dei migranti, delle associazioni di volontariato, sindacali e<br />

imprenditoriali, chiese e comunità religiose, scuole e altre istituzioni.<br />

2. Il ruolo della conoscenza della lingua nelle politiche di integrazione in Germania<br />

Fra il 2000 e il 2010, un’intensa attività politica ha dato vita in Germania a un numero<br />

di iniziative superiore a quelle adottate a partire dalla fine della seconda guerra<br />

mondiale. Dalla riforma del diritto di cittadinanza del 2000, alla legge<br />

sull’immigrazione del 2005, alla riforma del diritto di soggiorno nel 2007, passando per<br />

una conferenza nazionale sull’Islam, tre vertici per l’integrazione e il recente piano<br />

nazionale per l’integrazione, presentato all’opinione pubblica dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno<br />

e dall’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) nel settembre 2010 7 .<br />

Il piano, finalizzato a organizzare e valutare tutte le iniziative in favore<br />

dell’integrazione, si propone di coordinare e condurre a un miglioramento qualitativo i<br />

vari progetti, pubblici e privati, già in fase di realizzazione sul territorio, individuandoli,<br />

valutandoli e proponendo strategie di sviluppo che coinvolgano tutte le organizzazioni<br />

interessate, dai rappresentanti sindacali a quelli ministeriali fino alle associazioni locali.<br />

Le tematiche alle quali il programma deve dedicarsi nell’ordine sono: l’apprendimento<br />

del tedesco, l’integrazione professionale, l’istruzione e la formazione, l’integrazione<br />

sociale. Parallelamente alle tematiche centrali, altri aspetti da considerare e sostenere<br />

7 In Germania la popolazione immigrata è di circa 7 milioni su una popolazione complessiva di 82<br />

milioni. La comunità straniera più numerosa (2,7 milioni di abitanti) è quella turca; seguono altre<br />

comunità straniere, come quelle provenienti da Italia, Serbia, Grecia, Polonia e Croazia. Lo United<br />

Nations Population Fund rileva come la Germania ospiti il terzo più alto numero di migranti<br />

internazionali fra tutti i paesi del mondo, circa il 5% dei 191 milioni di migranti, che corrisponde a circa il<br />

12% della popolazione della Germania.<br />

14


sono: i controlli di qualità e la valutazione, l’interculturalità, l’impegno civico,<br />

l’assistenza sociale.<br />

Non v’è dubbio, peraltro, che la più importante tra le iniziative statali in favore<br />

dell’integrazione, previste dalla legge che regola il diritto di soggiorno, sia l’attuazione<br />

dei cosiddetti “corsi di integrazione”, organizzati interamente sotto la responsabilità<br />

dell’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati.<br />

Il corso di integrazione prevede un test di valutazione iniziale ed è suddiviso in due<br />

corsi di lingua, per un numero complessivo di 600 ore di lezione che portano al<br />

raggiungimento del livello B1 del quadro di riferimento europeo, e in un corso di<br />

orientamento di 45 ore, su valori, diritto e cultura della società tedesca; è previsto un<br />

esame finale per ognuna delle due parti.<br />

Nelle descrizioni ufficiali del progetto le autorità sottolineano l’importanza<br />

fondamentale della lingua per l’avvicinamento nella vita quotidiana tra lo straniero e la<br />

società che lo vuole integrare, condizione necessaria che si riflette anche nella<br />

ripartizione delle ore del corso.<br />

La parte relativa all’apprendimento del tedesco prevede che siano affrontati temi tipici<br />

di un corso di lingua, ma con particolare riferimento alla partecipazione civica: acquisti<br />

e alloggio, salute e lavoro, istruzione ed educazione dei figli, tempo libero e contatti<br />

sociali, mezzi di informazione e mobilità.<br />

Durante il corso di orientamento vengono trattati invece temi quali politica e<br />

democrazia, storia recente della Germania, società e vita quotidiana, valori quali la<br />

libertà di religione, la tolleranza, le pari opportunità.<br />

L’esame finale consiste in tre prove, scritte e orali, e viene superato qualora il candidato<br />

dimostri di aver raggiunto il livello B1 del QCER 8 sia nella comunicazione orale sia,<br />

8 Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza della lingua. Il livello B1 è il livello preintermedio<br />

o “di soglia” (Comprende i punti chiave di argomenti familiari che riguardano la scuola, il<br />

tempo libero, ecc. Sa muoversi con disinvoltura in situazioni che possono verificarsi mentre viaggia nel<br />

paese di cui parla la lingua. E’ in grado di produrre un testo semplice relativo ad argomenti che siano<br />

familiari o di interesse personale. E’ in grado di esprimere esperienze ed avvenimenti, sogni speranze e<br />

ambizioni e di spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti).<br />

15


alternativamente, nella produzione scritta o nella comprensione orale o scritta. Chi non<br />

supera l’esame di lingua ha diritto a ripetere 300 ore di lezione a condizione che<br />

dimostri di frequentare regolarmente il corso di orientamento. Il test finale per il corso<br />

di orientamento è in vigore dal gennaio 2009 e consiste in venticinque domande con<br />

quattro possibilità di risposta. Per superare il test si deve rispondere correttamente a<br />

tredici dei venticinque quesiti entro i quarantacinque minuti di tempo a disposizione.<br />

Il superamento del test finale conduce al rilascio di un Zertifikat Integrationkurs,<br />

decisivo per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo e, dal 2011, per il<br />

rinnovo dei titoli di soggiorno temporanei, per quanto la prassi amministrativa non<br />

sembri orientata nel senso dell’automatismo di tale effetto condizionante; sono altresì<br />

previste sanzioni di carattere pecuniario e riduzioni di determinate prestazioni sociali.<br />

Il corso di lingua, che può essere realizzato da diverse strutture anche private<br />

selezionate dal BAMF, non è dettagliatamente omologato a livello nazionale: prevede<br />

anzi soluzioni flessibili per rispondere alle necessità individuali, sia del gruppo dei<br />

corsisti che di particolari categorie di immigrati 9 .<br />

Con il sostegno del Fondo sociale europeo sono stati istituti inoltre corsi di lingua a<br />

indirizzo professionale nei quali accanto a un vocabolario che garantisca un buon livello<br />

di competenza nel mondo del lavoro e nel settore specifico, vengono forniti una<br />

qualificazione professionale, un tirocinio e visite guidate alle aziende per facilitare la<br />

ricerca di impiego ai disoccupati o permettere la formazione degli impiegati. Anche in<br />

questo caso, salvo che non si dimostri già un alto grado di integrazione, il corso di<br />

orientamento resta obbligatorio.<br />

9 Esistono, ad esempio, corsi speciali per persone con difficoltà di apprendimento, come anche corsi di<br />

“alfabetizzazione” per chi non sa leggere e scrivere, nei quali il numero di ore di lezione passa a 900 e si<br />

dedica particolare attenzione all’ostacolo dei caratteri latini. Ma ci sono anche corsi intensivi per chi<br />

possiede già nozioni del tedesco o un livello di istruzione più elevato: in questo caso, il numero di ore<br />

scende a 400 (a cui vanno aggiunte 30 ore di orientamento invece delle normali 45 ore). Sono previsti<br />

inoltre corsi “part-time” per chi ha figli o un impiego a tempo pieno, corsi appositamente pensati per<br />

genitori, nei quali si analizza tra l’altro il sistema scolastico tedesco, corsi per donne, incentrati sul ruolo<br />

della donna, l’educazione dei figli e l’economia domestica, e corsi per giovani, che forniscono anche<br />

strategie di apprendimento autonomo e permettono di entrare in contatto con imprese e aziende.<br />

16


Il costo del corso di integrazione è di 2,35 euro all’ora per l’ente selezionato, di cui 1<br />

euro è a carico del corsista e 1,35 euro dell’Ufficio federale. Per lo straniero la spesa<br />

complessiva ammonta quindi a 645 euro. La prima partecipazione all’esame è gratuita. I<br />

disoccupati e chi dimostra un reddito basso possono ottenere l’esenzione dalla tassa di<br />

iscrizione al corso nonché un sussidio per i mezzi pubblici.<br />

Dal 2009 al partner, o coniuge, di un cittadino tedesco, o regolarmente residente in<br />

Germania, viene richiesta la conoscenza del tedesco già prima dell’arrivo sul territorio,<br />

come presupposto per il rilascio del visto per motivi di ricongiungimento familiare. Con<br />

questa misura le autorità si sono proposte di favorire un’integrazione rapida del partner<br />

nella società tedesca, che può partecipare attivamente fin da subito alla vita quotidiana<br />

del paese e impedire i fenomeni di segregazione delle donne.<br />

Il livello di “semplici conoscenze” del tedesco richiesto in questo caso corrisponde al<br />

livello A1 del quadro di riferimento europeo 10 : il coniuge immigrato deve quindi essere<br />

in grado di sostenere una conversazione elementare su temi che riguardano la sua<br />

persona, ma anche saper scrivere in tedesco per compilare moduli e questionari, ad<br />

esempio di uffici pubblici. Ai documenti da inoltrare per la richiesta di un visto di<br />

ricongiungimento il coniuge deve allegare un certificato ottenuto attraverso un esame di<br />

lingua standardizzato, cioè corrispondente ai parametri stabiliti dall’Association of<br />

Language Testers in Europe. Il certificato non è necessario se il richiedente si presenta<br />

di persona all’ufficio consolare e dimostra durante il colloquio una sufficiente<br />

padronanza della lingua.<br />

Sono esclusi dall’obbligo di dimostrare conoscenze del tedesco, oltre ai cittadini<br />

dell’UE, gli immigrati laureati e con un livello di tedesco tale da permettere un<br />

probabile inserimento immediato nel mondo del lavoro, che vengono definiti persone<br />

per le quali “non è necessaria l’integrazione”. L’esenzione vale anche per le persone che<br />

non intendono soggiornare a lungo in Germania e per i coniugi di: ricercatori,<br />

10 Il livello A1 è il livello base (Comprende e usa espressioni di uso quotidiano e frasi basilari tese a<br />

soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e gli altri ed è in grado di fare domande e<br />

rispondere su particolari personali come dove abita, le persone che conosce e le cose che possiede.<br />

Interagisce in modo semplice, purché l’altra persona parli lentamente e chiaramente e sia disposta a<br />

collaborare).<br />

17


imprenditori, rifugiati politici e umanitari, immigrati con permesso di soggiorno di altri<br />

paesi UE, cittadini australiani, israeliani, giapponesi, canadesi, coreani, neozelandesi e<br />

statunitensi.<br />

3. I diritti degli stranieri in Spagna<br />

Un ruolo fondamentale nella gestione delle politiche d’integrazione in Spagna è giocato<br />

dalle Comunità autonome. Ciò per la struttura fortemente decentralizzata<br />

dell’ordinamento territoriale spagnolo, per la distribuzione delle competenze legislative<br />

tra Stato e autonomie e per la recente storia migratoria spagnola. Infatti, i primi anni<br />

d’immigrazione in Spagna sono stati caratterizzati da un esteso vacuum legi in materia<br />

d’integrazione. Durante tutti gli anni Novanta e i primi anni del nuovo secolo la<br />

principale preoccupazione dei governi spagnoli è stata quella di controllare gli ingressi<br />

clandestini, piuttosto che di regolare l’accoglienza degli immigrati. Le questioni legate<br />

all’integrazione sono menzionate solo superficialmente nelle prime leggi<br />

sull’immigrazione, e i motivi di queste lacune vanno cercati non solo nella mancanza di<br />

esperienza e di infrastrutture, ma anche nella precarietà della popolazione migrante, che<br />

si trovava ancora nella prima fase della propria esperienza migratoria.<br />

Non a caso, i primi a occuparsi di integrazione sono stati i governi delle Comunità<br />

autonome con i tassi d’immigrazione più elevati, che dispongono di ampie competenze<br />

in materia di educazione, sanità, servizi sociali e alloggio e che sono quindi, insieme ai<br />

Comuni, le prime dispensatrici di servizi agli immigrati. Di fronte al vuoto statale, e<br />

anche grazie al lobbying di associazioni di immigrati e del terzo settore, la maggioranza<br />

delle Comunità autonome presero l’iniziativa approvando i propri programmi per<br />

l’integrazione degli immigrati (i cd. Planes Autonomicos). La prima Comunità<br />

autonoma ad approvare un piano d’integrazione fu la Catalogna, seguita da Madrid e da<br />

altre Comunità autonome con minore presenza straniera. I Planes diventarono parte<br />

integrante di diverse leggi delle Comunità Autonome per l’accesso ai servizi sociali<br />

approvate a partire dal 1988 e prevedevano norme in materia di prima accoglienza,<br />

sanità, educazione.<br />

18


I programmi di integrazione nelle singole Comunità autonome non sono stati<br />

inizialmente molto efficaci; e tuttavia, ove si tenga presente la quasi totale assenza di<br />

intereventi statali in materia d’integrazione, resta il fatto che essi rappresentano un<br />

passo importante in questo campo.<br />

I primi passi da parte dello Stato centrale spagnolo risalgono all’inizio del nuovo secolo.<br />

Nel 2003, il governo di centrodestra del Partido Popular approva il Programma Globale<br />

di regolazione e coordinamento degli stranieri e dell’immigrazione (il cd. Plan Greco),<br />

con l’obiettivo dichiarato di favorire l’integrazione degli stranieri e delle loro famiglie.<br />

In realtà, al centro dell’attenzione politica restarono prevalentemente le strategie di<br />

controllo e regolazione dei flussi, rimanendo l’integrazione degli stranieri in secondo<br />

piano.<br />

E’ solo con il Fondo para la Acogida (Fondo per l’accoglienza) del 2005 e il Plan<br />

Estrategico de Ciudadanìa e Integracìon (Peci, Piano strategico per la cittadinanza e<br />

l’integrazione) che viene creato un quadro comune per la gestione dell’integrazione. La<br />

maggior parte dei fondi del Peci, 200 milioni di euro fra il 2007 e il 2010, venne<br />

destinato a politiche d’educazione e allo sviluppo di politiche locali in materia<br />

d’integrazione da realizzare in collaborazione con i Comuni.<br />

Il Peci venne presentato come un processo “bidirezionale” basato sui principi<br />

dell’interculturalità (interculturalidad), dell’uguaglianza (igualdad) e della cittadinanza<br />

(ciudadanìa), intesa come piena partecipazione civica, politica ed economica degli<br />

immigrati alla società spagnola: esso rappresenta un passo importante nell’evoluzione<br />

del regime migratorio spagnolo, trattandosi del primo tentativo di coordinare le<br />

politiche d’integrazione delle Autonomie con l’azione statale. Ciononostante, è difficile<br />

identificare un vero e proprio modello dietro questi progressi.<br />

La maggior parte degli studiosi è infatti d’accordo nel ritenere che le politiche<br />

d’integrazione spagnole siano il frutto di un processo di bottom-up in cui hanno giocato<br />

un ruolo fondamentale sia le Comunità autonome sia i Comuni: ciò ha condotto<br />

all’identificazione di diversi modi di intendere il processo di integrazione a livello di tali<br />

Comunità. E’ stato così sostenuto che “la via catalana dell’integrazione” si basa sulla<br />

19


icerca di un equilibrio fra il rispetto per la diversità e il sentimento di appartenenza a<br />

una sola comunità (quella catalana), equilibrio legato alla necessità del governo di<br />

Barcellona di legittimare tanto la propria diversità nei confronti dello Stato centrale<br />

quanto una certa lealtà degli immigrati verso la Catalogna. Nel caso di Madrid, invece,<br />

gli studiosi hanno individuato una chiara tendenza a favorire politiche di assimilazione,<br />

nonostante il focus di molti documenti ufficiali sia chiaramente orientato al<br />

riconoscimento e al rispetto del pluralismo.<br />

Ma quali sono esattamente i servizi e i diritti per i migranti in Spagna? La concessione<br />

di diritti agli stranieri non è necessariamente legata alla condizione di soggiorno<br />

regolare, visto che anche gli stranieri irregolari possono accedere ai servizi educativi e<br />

sanitari se si iscrivono nelle liste del Padròn municipal de habitantes, l’anagrafe<br />

spagnola. In un contesto europeo in cui l’irregolarità è fortemente stigmatizzata, si tratta<br />

di una norma con carattere eccezionale. Ciononostante, e ferma restando l’eccezionalità<br />

di questa norma, in Spagna come in altri paesi la concessione di diritti agli stranieri è<br />

strettamente legata alla stabilizzazione della residenza.<br />

La Spagna è in ogni caso tra i paesi più generosi sul fronte della concessione di diritti<br />

individuali e garanzie per gli stranieri. Tra questi, coloro che sono residenti da almeno<br />

due anni possono richiedere il ricongiungimento con il coniuge e con i figli. Inoltre, con<br />

l’approvazione della legge n.2/2009, il coniuge e i figli degli stranieri residenti ricevono<br />

automaticamente il permesso di lavoro. Negli ultimi anni sono state anche attuate<br />

numerose norme con l’obiettivo di impedire forme di discriminazione e di favorire il<br />

processo d’inclusione nella società spagnola. La ratificazione della direttiva europea<br />

contro la discriminazione razziale e di genere (CE/43/2000) ha segnato il primo passo<br />

nella creazione di un piano normativo di prim’ordine durante il primo governo socialista<br />

(2004-2008).<br />

Per favorire il processo d’inclusione degli stranieri nella società di accoglienza la<br />

Educaciòn para la ciudadanìa (Educazione per la cittadinanza) è stata introdotta tra le<br />

20


materie obbligatorie nelle scuole superiori 11 . Degne di nota sono anche altre iniziative,<br />

come la decisione del governo catalano di limitare la presenza di scolari stranieri nelle<br />

scuole pubbliche catalane a un massimo del 30% per evitare fenomeni di segregazione<br />

scolastica in una Comunità autonoma con un’altissima percentuale di stranieri. Per<br />

favorire la redistribuzione degli alunni, il governo catalano concede alle famiglie degli<br />

stranieri agevolazioni per le scuole private parzialmente finanziate dallo Stato o dalle<br />

Comunità autonome (escuelas concertadas).<br />

La Spagna è inoltre fra i pochi paesi europei in cui gli stranieri regolarmente residenti<br />

hanno diritto al voto nelle elezioni municipali. L’accesso al voto è comunque vincolato<br />

alla ratificazione di accordi di reciprocità con i paesi d’origine. Si noti, tuttavia, che la<br />

maggioranza di tali accordi è stata firmata con paesi sudamericani, mentre rimangono<br />

ferme, ad esempio, le trattative con il Marocco, benché i residenti marocchini in Spagna<br />

siano oltre 760.000, cioè il secondo gruppo di stranieri residenti dopo i rumeni. Va<br />

detto, peraltro, che nelle prime elezioni municipali realizzate nei termini della nuova<br />

legge il tasso di partecipazione degli stranieri con diritto al voto non è stato molto alto, e<br />

solo il 14% degli aventi diritto al voto si è registrato nei censi elettorali.<br />

Per quanto attiene ai procedimenti di naturalizzazione, si riscontrano asimmetrie<br />

rilevanti. Le eccezioni che caratterizzano il procedimento di concessione della<br />

cittadinanza spagnola lo rendono un sistema molto eterogeneo. Tale sistema, infatti,<br />

prevede tempistiche diverse a seconda non solo dello status ma anche della nazionalità<br />

del richiedente. In base alla regola generale, gli stranieri residenti in Spagna possono<br />

richiedere la cittadinanza dopo dieci anni di residenza legale e ininterrotta. Sono esenti<br />

da questa regola i cittadini dei paesi dell’America Centrale e Meridionale, la Guinea<br />

Equatoriale, il Portogallo e le Filippine, i quali possono richiedere la cittadinanza<br />

spagnola dopo solo due anni di residenza, potendo mantenere allo stesso tempo la<br />

cittadinanza del paese d’origine.<br />

11 L’educazione per la cittadinanza prevede l’insegnamento durante tutto il percorso scolastico dei valori<br />

civici che regolano le relazioni interpersonali e sociali come il rispetto, la tolleranza, la solidarietà, la<br />

giustizia, l’uguaglianza, l’aiuto reciproco, la cooperazione e la cultura della pace. Viene anche insegnato<br />

il rispetto del patrimonio pubblico, dei valori su cui sono basate le società democratiche,<br />

un’approssimazione positiva alla diversità, la lotta contro la discriminazione e le varie forme di<br />

cittadinanza in un mondo globale.<br />

21


Nonostante i privilegi concessi ai cittadini sudamericani rispetto a quelli europei in<br />

materia di accesso alla cittadinanza, la legislazione non ha subìto cambiamenti negli<br />

ultimi anni, né è mai stata oggetto di un dibattito politico rilevante. Il mantenimento di<br />

questi privilegi senza nessun confronto dialettico suggerisce l’esistenza di un forte<br />

interesse da parte dei governi spagnoli a voler mantenere legami particolarmente stretti<br />

con i paesi sudamericani, pur essendo la Spagna parte dell’Unione Europea e<br />

riconoscendo implicitamente le radici storiche e culturali comuni con gli altri paesi<br />

dell’Unione.<br />

Di fatto, i cittadini sudamericani sono favoriti, anche se in modo indiretto, durante lo<br />

stesso procedimento di naturalizzazione. La Spagna non prevede un test di cultura<br />

generale predefinito per valutare il grado di adattamento culturale del richiedente: i<br />

contenuti dell’intervista per valutare il grado di adattamento, sempre nel caso che venga<br />

realizzata, sono a discrezione del giudice incaricato del procedimento. La conoscenza<br />

della lingua spagnola viene considerata una conditio sine qua non per valutare il grado<br />

di integrazione dell’intervistato, il che rappresenta un ulteriore vantaggio per gli<br />

appartenenti alla comunità sudamericana.<br />

Infine, non esistono in Spagna accordi di integrazione o test di integrazione vincolanti<br />

per godere di certi diritti, come quello del ricongiungimento familiare. Ciononostante, il<br />

nuovo regolamento sull’immigrazione, approvato il 30 aprile 2011, ha introdotto il<br />

cosiddetto Rapporto sullo sforzo d’integrazione (Informe sobre el esfuerzo de<br />

integraciòn) che devono presentare tutti gli stranieri in procinto di rinnovare il permesso<br />

di soggiorno per motivi di lavoro. Tale Rapporto deve certificare che l’immigrato ha<br />

partecipato ad azioni formative per conoscere e rispettare i valori sui quali si fonda la<br />

Spagna e l’Unione Europea, così come i principi di democrazia, uguaglianza, tolleranza.<br />

E’ richiesta anche la certificazione della conoscenza della lingue ufficiale del luogo di<br />

residenza. Vale la pena sottolineare che, in contrasto con altri paesi europei, il Rapporto<br />

richiesto in Spagna è considerato utile per valutare lo sforzo d’integrazione ma rimane<br />

comunque non vincolante per l’ottenimento del rinnovo.<br />

22


4. L’esperienza del contratto d’integrazione in Francia<br />

Nel 2003, nell’intento di favorire l’integrazione degli stranieri autorizzati a stabilirsi<br />

definitivamente in Francia, il governo francese ha deciso di creare un servizio pubblico<br />

per l’integrazione e di proporre agli immigrati un contratto di accoglienza e<br />

d’integrazione (Cai, Contrat d’accueil et d’intégration). Questo dispositivo è stato<br />

applicato progressivamente su tutto il territorio nazionale e la firma del Cai è stata resa<br />

obbligatoria dal 1° gennaio 2007 12 .<br />

Questo risultato è il frutto di un dibattito sull’integrazione iniziato alla fine degli anni<br />

Ottanta. Fino ad allora la politica del Governo si limitava alla gestione dei flussi<br />

migratori mediante le diverse procedure di concessione del permesso di soggiorno.<br />

L’integrazione degli immigrati nella società francese non era organizzata da un servizio<br />

pubblico, ma da associazioni private. La mancanza di una visione politica coerente<br />

diventa evidente nel corso degli anni Ottanta, quando la società e la classe politica si<br />

rendono conto che sempre più spesso gli stranieri immigrati in Francia per lavoro<br />

tendono a stabilirsi definitivamente sul territorio francese. Per analizzare questo<br />

fenomeno e apportarvi soluzioni viene allora creato l’Alto Consiglio all’integrazione<br />

(Haut Conseil à l’intégration), un organismo incaricato di pubblicare ogni anno un<br />

rapporto sull’integrazione degli stranieri in Francia. In breve tempo i rapporti dell’Haut<br />

Conseil constatano la necessità di creare un programma politico organizzato che<br />

permetta ai nuovi venuti e alle loro famiglie di trovare il loro posto nella società<br />

francese.<br />

L’idea viene sviluppata nel rapporto annuale del 2003 dell’Haut Conseil, in cui si<br />

afferma che per assicurare il futuro professionale, sociale e culturale degli immigrati, la<br />

politica d’integrazione deve basarsi sul concetto fondamentale di contratto 13 : il processo<br />

12 Tra il 2006 e il 2010 il contratto è stato proposto e accettato da più di 500mila stranieri candidati a<br />

stabilirsi definitivamente in Francia.<br />

13 Dal discorso del Presidente della Repubblica Francese Jacques Chirac del 14 ottobre 2002: “…offrire a<br />

tutti le stesse opportunità significa necessariamente rivedere il nostro modello d’integrazione. (…)<br />

Dobbiamo essere in grado di accogliere nel modo migliore coloro che entrano legalmente nel nostro<br />

paese e dobbiamo poterli aiutare a inserirsi al meglio nella nostra società. Desidero anche che, come<br />

accade in altri paesi vicini, ogni immigrato appena giunto in Francia stipuli un vero e proprio contratto<br />

23


d’integrazione viene visto come un atto reciproco tra il nuovo arrivato, che si impegna a<br />

rispettare i valori della società francese, e la società che lo accoglie, che è tenuta a<br />

fornirgli gli strumenti per integrarsi.<br />

Ispirandosi al modello applicato in numerosi paesi occidentali quali l’Austria, la<br />

Germania, il Regno Unito e la parte francese del Canada, il 10 aprile 2003 il Comitato<br />

interministeriale all’integrazione (Comité interministeriel à l’intégration) decide di<br />

creare un vero e proprio servizio pubblico per accogliere gli immigrati al loro arrivo in<br />

Francia. Il nuovo servizio pubblico è gestito dall’Agenzia nazionale di accoglienza e<br />

migrazione (Anaem, Agence nationale de l’accueil et de la migration), che si occupa di<br />

accompagnare gli immigrati che desiderano stabilirsi definitivamente in Francia e che è<br />

sostenuta e coadiuvata da numerose istituzioni pubbliche. Allo stesso tempo, il<br />

Comitato elabora un primo contratto di accoglienza e d’integrazione, destinato a<br />

diventare lo strumento principale della nuova politica d’integrazione.<br />

Le norme di applicazione del contratto di accoglienza e d’integrazione sono dettate della<br />

legge del 18 gennaio 2005, che stabilisce quali sono le condizioni in cui deve essere<br />

proposto e a quali categorie d’immigrati si rivolge. Questa prima forma di contratto è<br />

proposta agli stranieri maggiorenni che entrano in Francia in qualità di coniugi di<br />

cittadini francesi, per ricongiungimento familiare, per lavoro o in qualità di rifugiati<br />

politici, e agli stranieri già presenti in Francia da diversi anni che possono regolarizzare<br />

la loro situazione. I membri dell’UE e gli studenti sono esclusi dal dispositivo di<br />

accoglienza. Il Cai viene stipulato per dodici mesi e può essere prorogato di un anno.<br />

Non ha carattere obbligatorio e la sua applicazione, sperimentata in dodici dipartimenti<br />

su cento nel 2003, è stata progressivamente estesa fino a coprire, nel 2008, l’intero<br />

territorio francese.<br />

Il nuovo dispositivo di accoglienza prevede di presentare il Cai agli immigrati durante<br />

un primo incontro di mezza giornata che si svolge in prefettura. All’incontro<br />

partecipano alcuni osservatori dell’Anaem, un assistente sociale, un rappresentante<br />

dell’ente che propone una valutazione delle competenze linguistiche, uno o più<br />

d’integrazione che gli permetta di accedere a una serie di formazioni tra cui, se necessario, un corso di<br />

lingua francese”.<br />

24


interpreti ed eventualmente un medico o un infermiere. La giornata si apre con la<br />

visione del film “Vivere insieme in Francia” proposto, tramite audio guida, in nove<br />

lingue fra cui l’inglese, l’arabo, il turco, il cinese e il tamil. Il film, della durata di sedici<br />

minuti, presenta brevemente la Francia, le sue istituzioni e la sua società, e trasmette le<br />

prime informazioni generali sul Cai. Successivamente, gli operatori dell’Anaem si<br />

intrattengono individualmente con ogni immigrato, e nel corso del colloquio gli<br />

presentano in dettaglio il Cai. E’ sempre nel corso del colloquio che viene firmato il<br />

Cai, con il quale lo Stato francese si impegna a proporre all’immigrato una sessione<br />

informativa sulla vita in Francia, una giornata di formazione civica e, se la situazione lo<br />

giustifica, una formazione linguistica e/o un accompagnamento sociale. Ogni<br />

formazione è gratuita e si conclude con la consegna di un’attestazione di partecipazione.<br />

L’immigrato, dal canto suo, si impegna a rispettare la Costituzione, le leggi dello Stato e<br />

i valori della società francese.<br />

La politica d’integrazione messa in atto con la firma del Cai considera la conoscenza<br />

della lingua francese come una condizione indispensabile all’integrazione e a un<br />

eventuale accesso alla cittadinanza francese. La valutazione delle conoscenze<br />

linguistiche degli stranieri, tuttavia, non si basa su alcun test ufficiale ed è subordinata<br />

al giudizio soggettivo degli operatori dell’Anaem. Tali operatori possono decidere, se lo<br />

considerano necessario, di prescrivere all’interessato un corso di francese che gli<br />

consenta di acquisire un minimo di autonomia nelle operazioni quotidiane. I firmatari<br />

che seguono una formazione linguistica hanno in seguito la possibilità di presentarsi<br />

all’esame per l’ottenimento del Dilf (Diploma iniziale della lingua francese). Lo<br />

straniero che ha firmato il Cai ha inoltre l’obbligo di seguire una sessione informativa<br />

sulla vita in Francia, adattata ai suoi bisogni.<br />

Un primo bilancio della nuova politica d’integrazione messa in opera tra il 2002 e il<br />

2005 è stato eseguito dall’Haut Conseil à l’intégration in un rapporto presentato nel<br />

novembre 2005. La necessità di proseguire lo sviluppo di un’integrazione “alla<br />

francese”, che permetta di creare uno spazio pubblico “neutro” nel quale le differenze<br />

culturali possono trovare un terreno di intesa, viene qui opposto all’approccio<br />

tradizionale dell’assimilazione e al modello d’integrazione più recente d’ispirazione<br />

25


anglosassone, basato sul comunitarismo. L’Haut Conseil propone di rifiutare queste due<br />

vie e presenta un terzo modello d’integrazione, distinguendo fra integrazione etica (cioè<br />

culturale) e integrazione politica. All’immigrato non può essere chiesta una completa<br />

integrazione etica, che significherebbe rinunciare a tutte le componenti culturali delle<br />

sue origini, ma unicamente un’integrazione politica, attraverso la firma di un contratto<br />

nel quale lo straniero si impegna a rispettare le leggi e lo spazio neutro e laico della<br />

comunità francese. Con questo impegno lo straniero deve prendere atto che le proprie<br />

componenti culturali che si trovano a essere in opposizione alle leggi e alla Costituzione<br />

non possono prevalere e che il comunitarismo è inaccettabile quando va contro i valori e<br />

le leggi della Repubblica francese. Tale concezione è alla base della politica<br />

d’integrazione del governo francese e ha ispirato l’evoluzione successiva del contratto<br />

di accoglienza e d’integrazione. La legge del 24 luglio 2006 14 ha infatti reso la firma del<br />

Cai obbligatoria dal 1° gennaio 2007. Da questa data l’ottenimento del permesso di<br />

soggiorno è subordinato alla firma del Cai. Il contratto è firmato per un periodo di<br />

dodici mesi e può essere prolungato di un anno solo se, dopo il primo periodo di prova,<br />

lo straniero ha ottenuto il rinnovo del proprio permesso di soggiorno dalla prefettura.<br />

L’obbligo di firmare il Cai è stato il primo passo verso una politica d’integrazione<br />

ancora più volontaristica, che nel 2007 ha trovato ulteriore concreta attuazione nella<br />

creazione del <strong>Ministero</strong> dell’Immigrazione, dell’Integrazione, dell’Identità nazionale e<br />

dello Sviluppo solidale 15 , con conseguenze importanti anche sul piano istituzionale. In<br />

particolare, nel 2009, diverse istituzioni (fra le quali l’Anaem) sono state fuse in un<br />

operatore unico, chiamato OFII (Office français de l’immigration et de l’intégration),<br />

che oggi è l’unico organismo che si occupa dell’integrazione degli stranieri in Francia, è<br />

incaricato delle valutazioni e delle formazioni linguistiche nei paesi di origine degli<br />

immigrati, organizza la firma dei Cai e le varie formazioni civiche e linguistiche in<br />

Francia.<br />

14 Legge n. 2006-911, relativa all’immigrazione e all’integrazione.<br />

15 Questo <strong>Ministero</strong> - creato con il compito di mettere in pratica le politiche d’immigrazione e<br />

d’integrazione del nuovo governo Sarkozy, raggruppando diverse funzioni allora svolte da altri Ministeri,<br />

come quello degli Interni e della Giustizia – è stato soppresso nel 2010.<br />

26


Capitolo III<br />

La genesi dell’accordo di integrazione<br />

1. L’integrazione degli stranieri nella legislazione italiana: dagli anni Novanta al<br />

pacchetto sicurezza 2009.<br />

Nella legislazione italiana la tematica dell’integrazione degli stranieri è stata avvertita, a<br />

partire dagli anni ’80, dapprima in modo molto frammentario e solo recentemente in<br />

maniera più compiuta.<br />

Nel primo intervento organico in materia di immigrazione, la legge n. 39/1990<br />

cosiddetta legge Martelli, (che convertiva con modificazioni il D.L. n. 416 del 1989) si<br />

veniva a definire lo status di rifugiato e il diritto di asilo politico ad esso collegato e si<br />

tentava, tardivamente, di regolamentare l’aumento esponenziale dei flussi migratori<br />

degli anni ’80, mediante la programmazione statale dei flussi di ingresso degli stranieri<br />

non comunitari in base alle necessità produttive e occupazionali del Paese. Sebbene<br />

anche repressiva, la legge Martelli impostò comunque una lenta ed iniziale<br />

stabilizzazione dei migranti, attraverso i primi interventi volti all’integrazione e alla<br />

partecipazione alla vita pubblica.<br />

Il rapido evolversi del fenomeno migratorio, conseguenza del mutamento degli assetti<br />

internazionali, tuttavia evidenziò nel giro di pochi anni l’inadeguatezza del testo,<br />

inducendo il Parlamento all’emanazione di una normativa più esaustiva, la legge n.<br />

40/1998, cosiddetta Turco-Napolitano, confluita successivamente nel Testo unico delle<br />

disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello<br />

straniero (D. Lgs. 286/1998).<br />

La legge Turco-Napolitano si proponeva di regolare organicamente l'intera materia<br />

dell’immigrazione dall’estero e considerava in modo particolare l’integrazione sociale e<br />

i diritti-doveri degli stranieri, facendo emergere la necessità di costruire un dialogo con<br />

le altre culture.<br />

27


Rispetto alla vecchia disciplina la nuova legge tentò di proporsi come legislazione di<br />

superamento della fase emergenziale.<br />

La legge Turco-Napolitano, che risente della volontà del nostro Paese di entrare, in<br />

quegli anni, nel sistema Schengen, introduce una riforma integrata dei sistemi di<br />

controllo (viene introdotto il sistema dei respingimenti, cioè l’allontanamento<br />

immediato dello straniero clandestino intercettato nella fase di ingresso e il<br />

trattenimento temporaneo in appositi centri degli stranieri da espellere), di regolazione<br />

dei flussi (è previsto un sistema di quote di ingresso più realistico con il coinvolgimento<br />

dei paesi di provenienza), di integrazione dei residenti stranieri.<br />

Sotto quest’ultimo profilo, nella legge Turco-Napolitano vennero inserite nuove misure<br />

d'integrazione, quale, ad esempio, la carta di soggiorno, che permetteva di rimanere a<br />

tempo indeterminato dopo 5 anni di permanenza con regolare permesso di soggiorno;<br />

l’espulsione immediatamente esecutiva, prevista solo per gravi motivi di ordine<br />

pubblico; l’estensione dello status di titolare di carta di soggiorno anche al coniuge e ai<br />

figli minori conviventi.<br />

Il ricongiungimento familiare era garantito e venne ampliata la sfera dei parenti che ne<br />

potevano usufruire; veniva riconosciuta parità di trattamento e piena uguaglianza di<br />

diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani allo straniero regolarmente soggiornante in<br />

materia di assistenza sanitaria, iscrizione nelle liste di collocamento, edilizia ed esteso<br />

l’obbligo scolastico ai minori presenti sul territorio sia regolari che clandestini. A tutti<br />

gli stranieri veniva riconosciuto l’accesso ai servizi pubblici ed assicurate le cure<br />

ospedaliere essenziali.<br />

Per tutti gli stranieri, infine, era prevista un’azione civile contro qualsiasi atto di<br />

discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi.<br />

Con l’intervento della legge n. 189/2002, cosiddetta legge Bossi-Fini, sono state<br />

modificate in pejus per gli stranieri molte disposizioni della legge Turco-Napolitano:<br />

visti d’ingresso, permesso di soggiorno, carta di soggiorno, espulsione con inasprimento<br />

delle pene per gli stranieri espulsi che si sottraggono al provvedimento,<br />

28


icongiungimento familiare più ristretto, accesso limitato dello straniero ai diritti sociali,<br />

diritto di asilo.<br />

Sono, inoltre, state accelerate e semplificate le procedure per l’espulsione dei<br />

“clandestini”, le cui modalità di esecuzione sono divenute sempre più dure nonché<br />

limitate le possibilità di ricongiungimento familiare e ridotta la concreta praticabilità del<br />

diritto di asilo.<br />

Non troviamo in questa legge molto spazio dedicato alla tematica dell’integrazione, il<br />

focus normativo è orientato verso il contrasto dell’immigrazione irregolare.<br />

La legge è comunque frutto di un politica che continuava a guardare all’immigrazione<br />

come fenomeno congiunturale, anziché considerarlo una necessità strutturale imposta da<br />

ragioni economiche e demografiche. Non fu un caso che alla severità delle disposizioni<br />

recata dalla Legge Bossi-Fini seguì la sanatoria più vasta che si è mai registrata in Italia.<br />

Fu poi presentato nel periodo di governo di centrosinistra (anni 2006-2008) un disegno<br />

di legge, detto Amato – Ferrero, che intendeva segnare un netto cambio di rotta rispetto<br />

alla Bossi-Fini: aumento dei canali di ingresso, ampliamento della durata dei permessi<br />

di soggiorno; attuazione dei programmi di sostegno e formazione, anche per favorire la<br />

domanda e l’offerta; il voto amministrativo per gli stranieri titolari di carta di soggiorno;<br />

la reintroduzione dello sponsor, sia istituzionale che privato, e la nuova previsione<br />

dell’autosponsorizzazione. Ma questo disegno di legge non vide mai la luce anche a<br />

causa della crisi di governo e delle successive elezioni politiche del 2008.<br />

Per avere nel nostro ordinamento giuridico una vera e propria definizione di<br />

integrazione, in materia di immigrazione, dobbiamo attendere la legge n. 94 del 15<br />

luglio 2009, il cd. pacchetto sicurezza 2009, che ha inserito nel testo unico<br />

dell’immigrazione all’articolo 4-bis, la nozione di integrazione, intesa come “processo<br />

finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel<br />

rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il reciproco impegno a<br />

partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società”.<br />

29


Alla definizione di integrazione seguono poi le disposizioni relative allo strumento che<br />

il legislatore italiano ha ritenuto valido come declinazione del processo di integrazione,<br />

l’accordo di integrazione. La nozione legale di integrazione implica un percorso di<br />

partecipazione che comporta impegni onerosi sia per gli italiani che per gli stranieri.<br />

Non si tratta di un processo inclusivo unilaterale che vede nello straniero l’unico<br />

soggetto attore, ma, anzi, proprio l’uso di alcuni termini–chiave, quali convivenza,<br />

reciproco impegno, partecipazione, evidenzia come il legislatore abbia ritenuto<br />

necessario individuare un processo bilaterale, in cui autoctoni e immigrati sono<br />

chiamati a realizzare quegli obiettivi a cui l’integrazione-processo è finalizzata a:<br />

promuovere la convivenza, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana e la<br />

partecipazione alla vita economica, sociale e culturale della società.<br />

La strategia integrativa che si è voluta adottare nel nostro ordinamento mira, in<br />

sostanza, a dare pieno riconoscimento alle differenze, alle identità culturali-valoriali<br />

altre, attraverso un dialogo partecipativo permanente tra italiani e stranieri, nel rispetto<br />

dei principi – e fondato su di essi - “scolpiti” nella nostra Carta costituzionale che danno<br />

luogo a diritti irrinunciabili e non negoziabili: diritti umani, eguaglianza, democrazia,<br />

stato di diritto, suddivisione dei poteri, diritto di istruzione.<br />

L’universalità di questi diritti va al di là delle identità specifiche di ciascun popolo senza<br />

però annullarle, a meno che queste risultino inammissibili perché contrarie proprio a<br />

quei principi universali. Si pensi, ad esempio, alla discriminazione razziale, alla<br />

negazione dei diritti umani, all’oppressione sulle donne.<br />

I valori sanciti dalla Costituzione, richiamati nella disposizione normativa in esame,<br />

sono valori universali e rappresentano la pietra miliare su cui deve poggiare nel nostro<br />

Paese la convivenza tra cittadini e stranieri; solo attraverso la costruzione dialogica di<br />

un percorso condiviso e finalizzato al bene comune, basato su diritti fondamentali, è<br />

possibile assicurare una reale prospettiva di integrazione.<br />

Nella visione integrazionista italiana sono evidenti i riflessi delle concezioni filosofiche<br />

contemporanee, in particolare si richiamano quelle 16 , secondo cui l’universalità dei<br />

16 Cfr. J.Habermas e C. Taylor, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Milano 1998, pp. 98-99<br />

30


diritti fondamentali è un diritto irrinunciabile che deve trascendere le differenze e<br />

prevalere, in caso di contrasto, su di esse. Spetterà allo Stato garantire allo straniero la<br />

facoltà di continuare ad aderire alle proprie convinzioni in base alle identità di<br />

appartenenza in un’ottica assimilazionista che potremmo definire temperata, senza<br />

concedere una tutela speciale come auspicato invece dai comunitaristi. Non si parla<br />

dunque di assimilazione intesa nel senso di acculturazione, in cui non solo sul piano<br />

esteriore ma anche su quello interiore vi è la piena condivisione da parte dello straniero<br />

dei valori della società “di casa”, prevale piuttosto la concezione secondo cui<br />

l’assimilazione è improntata sulla condivisione dei principi “politici” (appunto i valori<br />

sanciti dalla Costituzione).<br />

Il processo di integrazione prevede “il reciproco impegno a partecipare alla vita<br />

economica, sociale e culturale della società” 17 , fondato appunto sull’apprendimento<br />

della lingua italiana e il “rispetto, l’adesione e la promozione dei valori democratici di<br />

libertà, di eguaglianza e di solidarietà posti a fondamento della Repubblica italiana” 18 .<br />

Il legislatore ha in tal modo collocato la Repubblica italiana tra gli Stati democratici<br />

contemporanei che, pur ammettendo ed - in misura diversa l’uno dall’altro -<br />

promuovendo le diversità, tuttavia richiedono per la loro stessa esistenza un patto<br />

comune in ordine ad alcuni elementi imprescindibili che connotano dalle fondamenta il<br />

loro impianto normativo e costituzionale.<br />

La promozione della convivenza e della partecipazione alla vita economica, sociale e<br />

culturale evidenziano come il legislatore non abbia avuto quale riferimento<br />

un’integrazione temporanea, ridotta al minimo essenziale necessario. D’altro canto,<br />

però, attraverso il riferimento ai valori costituzionali, il legislatore ha inteso porre un<br />

limite invalicabile alla nozione di integrazione cui, pertanto, non attiene quello che non<br />

è riconducibile a tali valori (il modo di vestire, la cucina, determinati modelli e stili di<br />

comportamento …).<br />

17 Art. 4–bis d.lgs. 286/1998; preambolo allegato A DPR 179/2011.<br />

18 Preambolo allegato A DPR 179/2011.<br />

31


Il richiamo ai valori costituzionali delimita, quindi, anche la genericità del riferimento<br />

all’integrazione contenuto nell’articolo 3, comma 3 del d.lgs. 286/1998, ove si parla di<br />

“integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia”. Il limite posto dai valori<br />

suddetti, infatti, esclude che l’integrazione cui il legislatore ha inteso fare riferimento<br />

possa intendersi quale assimilazione culturale, per cui gli immigrati diverrebbero<br />

membri a pieno titolo della società solo grazie all’interiorizzazione dei valori e dei<br />

modelli di comportamento del popolo ospitante. Viceversa, l’enfasi è posta sulla sfera<br />

pubblica: l’integrazione non implica una totale rinuncia alla propria identità culturale,<br />

ma solo un far proprie la lingua e la tradizione politica di un popolo, assieme al suo<br />

retroterra valoriale.<br />

All’immigrato si richiede una collaborazione fondata sulla reciprocità, necessaria per<br />

partecipare alla vita economica, sociale e culturale. In questo contesto non trovano<br />

spazio i cd. inintegrabili di cui parla Sartori 19 , coloro che non vogliono assolutamente<br />

integrarsi con il Paese, rimanendo ancorati alla cultura di appartenenza anche nei<br />

principi universali, i fondamentalisti che minano alla sicurezza del Paese, con i quali<br />

nessuna forma di dialogo potrà essere attivata soprattutto quando si ha a che fare con<br />

estremismi che sfociano nella violenza terroristica che lo Stato deve combattere con<br />

assoluta fermezza.<br />

La definizione adottata dal legislatore italiano riproduce sostanzialmente quella, coeva,<br />

sociologica di Vincenzo Cesareo, secondo cui l’integrazione viene definita appunto<br />

come un processo multidimensionale – economico, culturale, sociale e politico –<br />

finalizzato alla pacifica convivenza, fondato sul reciproco rispetto delle diversità a<br />

condizione che queste non ledano i diritti fondamentali e non mettano a rischio le<br />

istituzioni democratiche 20 . Cesareo ribadisce che l’integrazione necessita di tempo, in<br />

quanto essa è una meta che non si acquisisce una volta per tutte ma viene costantemente<br />

perseguita. L’integrazione si declina a più livelli: economico, culturale, sociale e<br />

19 Cfr. G. Sartori, Pluralismo, multiculturalismo ed estranei. Saggio sulla società multietnica, Milano<br />

2000, p. 99.<br />

20 Si veda V. Cesareo, Quale integrazione?, in V. Cesareo e G.C. Blangiardo (a cura di), Indici di<br />

integrazione, Milano 2009, pp. 11-28.<br />

32


politico ed è bidirezionale, in quanto essa non riguarda solo gli immigrati ma anche e<br />

congiuntamente i cittadini del Paese ricevente 21 .<br />

2. L’ integrazione degli stranieri nell’Unione Europea.<br />

Il legislatore del 2009, nell’introdurre la definizione dell’integrazione e nel disciplinare<br />

l’accordo di integrazione come strumento pattizio tra Stato e immigrati, si è allineato<br />

alle nuove politiche di integrazione adottate dall’Unione Europea e degli altri Paesi<br />

europei che hanno precedentemente realizzato esperienze analoghe, su cui ci si è<br />

soffermati nel capitolo secondo.<br />

L’Unione Europea ha, infatti, tra le sue finalità, la promozione dell’integrazione dei<br />

cittadini stranieri, anche se soltanto con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel<br />

2009, sono state poste le basi giuridiche per la promozione e l’integrazione a livello<br />

europeo.<br />

L’articolo 79,4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sancisce che “il<br />

Parlamento Europeo ed il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa<br />

ordinaria, possono stabilire misure volte ad incentivare e sostenere l’azione degli Stati<br />

membri al fine di favorire l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano<br />

legalmente nel loro territorio, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle<br />

disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.<br />

Precedentemente, dai trattati istitutivi della Comunità sino al Trattato di Maastricht,<br />

entrato in vigore nel 1993, non compaiono mai riferimenti espressi alle politiche per<br />

favorire l’integrazione degli stranieri. Sarà il Trattato di Amsterdam (entrato in vigore<br />

nel 1999) ad introdurre le prime disposizioni per l’adozione di provvedimenti che<br />

tutelano le diversità tra i popoli.<br />

L’integrazione, intesa come inclusione del cittadino di Paesi terzi, è stata comunque<br />

presa più volte in esame, nel corso degli anni, dal Consiglio Europeo, che ha assunto,<br />

21 Così V. Cesareo, Si fa presto a dire integrazione, ma è necessario partire dalle persone e dai contesti,<br />

in Libertàcivili, 2, 2010.<br />

33


nel tempo, significative determinazioni di indirizzo in materia. Già con il Consiglio di<br />

Tampere (Finlandia 1999), i Capi di governo dell’Unione hanno convenuto che la<br />

politica di integrazione debba fondarsi sulla concessione ai cittadini dei Paesi terzi di<br />

diritti ed obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione Europea; nel Consiglio<br />

dell’Aja (Olanda 2004) è stata evidenziata la necessità di un maggiore coordinamento<br />

tra le politiche nazionali di integrazione e le iniziative dell’Unione Europea in questo<br />

settore; a Stoccolma (Svezia 2009) è stato ribadito che le politiche di integrazione degli<br />

Stati membri devono essere sostenute mediante lo sviluppo di “strutture e strumenti per<br />

lo scambio di conoscenze e di coordinamento con altri settori politici pertinenti, quali<br />

l’occupazione, l’istruzione e l’inclusione sociale”. Il Consiglio Europeo ha inoltre<br />

invitato la Commissione ad individuare moduli europei per sostenere il processo di<br />

integrazione e per sviluppare indicatori fondamentali per il monitoraggio dei risultati<br />

delle politiche di integrazione.<br />

Nel Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo del 2008 il Consiglio Europeo ha invitato<br />

“gli Stati membri … ad attuare, secondo le procedure e con i mezzi che ritengano<br />

adeguati, politiche ambiziose per favorire l’integrazione armoniosa, nel paese<br />

ospitante, dei migranti che hanno la prospettiva di stabilirvisi durevolmente; tali<br />

politiche, la cui attuazione richiederà un reale sforzo da parte dei paesi ospitanti,<br />

dovranno basarsi sull’equilibrio tra i diritti dei migranti (in particolare l’accesso<br />

all’istruzione, al lavoro, alla sicurezza e ai servizi pubblici e sociali) e i loro doveri<br />

(rispetto delle legge del paese ospitante). Esse comporteranno misure specifiche per<br />

favorire l’apprendimento della lingua e l’accesso all’occupazione, fattori essenziali<br />

d’integrazione; porranno l’accento sul rispetto delle identità degli Stati membri e<br />

dell’Unione europea, nonché dei valori fondamentali quali i diritti dell’uomo, la libertà<br />

d’opinione, la democrazia, la tolleranza, la parità uomo-donna e l’obbligo di<br />

scolarizzazione dei figli ….” (I, lett. g).<br />

Vi è stata, quindi, nel corso degli ultimi due decenni una forte sollecitazione delle<br />

istituzioni comunitarie alla promozione dell’integrazione dei cittadini stranieri. La<br />

Commissione Europea ha tradotto tali sollecitazioni dando luogo ad un’intensa attività<br />

di armonizzazione delle politiche di ciascun Stato membro, all’individuazione di best<br />

34


practices, alla selezione di indicatori comuni, fornendo ai Governi nazionali gli<br />

strumenti per poter intervenire più efficacemente.<br />

E’ stato istituito il Fondo europeo per l’integrazione, che ha consentito a ciascuno Stato<br />

di finanziare iniziative concrete per favorire il processo di integrazione e di inclusione<br />

dei cittadini stranieri.<br />

Nel luglio 2011 la Commissione ha inviato una Comunicazione al Parlamento europeo,<br />

al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni,<br />

rinnovando l’Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi, già adottata<br />

nel 2005. Il documento ribadisce la concezione dell’immigrazione intesa come fattore di<br />

sviluppo sociale e culturale, in cui l’Europa è chiamata a gestire la diversità e il<br />

multiculturalismo che caratterizzano la società tramite un’integrazione più efficace degli<br />

immigrati. Nel testo si legge come la strategia Europa 2020 (con cui la Commissione ha<br />

fissato gli obiettivi per rilanciare l’economia dell’Unione Europea nel prossimo<br />

decennio) e il programma di Stoccolma riconoscano le potenzialità dell’immigrazione ai<br />

fini di un’economia sostenibile e competitiva ed individuino come chiaro obiettivo<br />

politico la reale integrazione degli immigrati regolari sostenuta nel rispetto e dalla<br />

promozione dei diritti umani.<br />

Nell’Agenda viene sottolineata la natura dell’integrazione quale processo dinamico e<br />

bilaterale di adeguamento reciproco degli immigrati e delle società ospiti. Il documento,<br />

alla luce dei risultati finora ottenuti in questo settore dagli Stati membri e delle<br />

problematiche ancora irrisolte (disoccupazione, soprattutto femminile, esclusione,<br />

disparità di rendimento scolastico), ribadisce la necessità di integrare attraverso la<br />

creazione di condizioni favorevoli alla partecipazione economica, sociale, culturale e<br />

politica degli immigrati.<br />

La Commissione ritiene che le politiche di integrazione debbano realizzarsi con azioni<br />

da sviluppare attraverso la partecipazione, a livello locale e con il coinvolgimento dei<br />

Paesi terzi. L’integrazione deve avvenire “dal basso”, a contatto con le realtà locali, in<br />

modo da sostenere l’apprendimento della lingua, i percorsi introduttivi, l’accesso<br />

all’impiego, all’istruzione e alla formazione professionale e la lotta alla discriminazione,<br />

35


tutti fattori che mirano ad integrare la partecipazione degli immigrati alla società.<br />

L’integrazione implica che la società ospite si impegni a rispettare i diritti e la cultura<br />

degli stranieri e ad informarli dei loro obblighi, ma nel contempo, da parte loro, gli<br />

immigrati devono dare prova di voler integrarsi e rispettare le regole e i valori della<br />

società in cui vivono.<br />

Elemento centrale del processo di integrazione è che i migranti godano degli stessi<br />

diritti e abbiano le stesse responsabilità dei cittadini dell'Unione Europea. L'integrazione<br />

deve iniziare nei luoghi in cui le persone si incontrano ogni giorno (posto di lavoro,<br />

scuola, spazi pubblici, ecc.). La Commissione ritiene che le misure volte a rafforzare la<br />

partecipazione democratica potrebbero comprendere la formazione, l’agevolazione del<br />

voto dei migranti in occasione delle elezioni comunali, la creazione di organismi<br />

consultivi locali, regionali e nazionali o anche la promozione dell'imprenditorialità,<br />

della creatività e dell'innovazione.<br />

E’ evidente, però, che sono le competenze linguistiche ad aprire le porte a migliori<br />

opportunità di lavoro, favorendo i contatti sociali e assicurando indipendenza ai<br />

migranti. Questo aspetto è particolarmente importante per le donne immigrate, che<br />

altrimenti possono ritrovarsi relativamente isolate. L'Agenda europea per l'integrazione<br />

sottolinea che la formazione linguistica e i programmi di accoglienza devono essere<br />

accessibili finanziariamente e geograficamente.<br />

Il processo di integrazione richiede una stretta collaborazione tra i governi nazionali,<br />

che rimangono responsabili della definizione delle loro politiche di integrazione, e le<br />

autorità locali o regionali e gli attori non statali, che spesso sono competenti per<br />

l'attuazione concreta delle misure di integrazione. L’Unione Europea sostiene tali<br />

misure attraverso finanziamenti per la promozione dell'integrazione a livello locale.<br />

36


3. L’approvazione dell’emendamento della Lega Nord 18.07 all’ AS 733 introduttivo<br />

dell’accordo di integrazione e l’adozione del regolamento attuativo ex art. 4-bis,<br />

comma 2, del D.Lgs. n. 286/1998.<br />

La legge 15 luglio 2009, n. 94 citata, recante “Disposizioni in materia di sicurezza<br />

pubblica”, oltre a prevedere anche una serie di misure in materia di immigrazione molto<br />

restrittive, in particolare il reato di immigrazione clandestina, ha introdotto l’accordo di<br />

integrazione (art. 4-bis del D.Lgs. 286/1998) ed il test di lingua per il rilascio del<br />

permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (cd. carta di soggiorno, art.<br />

9, comma 2-bis del D.Lgs. 286/1998).<br />

Se l’integrazione è, come si è visto, un processo, l’accordo di integrazione è la forma di<br />

realizzazione di questo processo 22 .<br />

La nascita dell’accordo di integrazione è stata segnata da un acceso dibattito<br />

parlamentare che ha visto come protagonista il partito dell’allora Ministro dell’Interno<br />

Roberto Maroni, la Lega Nord.<br />

Sebbene nella norma compaia, come si è detto, per la prima volta la definizione di<br />

integrazione prima richiamata, le intenzioni della Lega Nord, rivolte, come si legge<br />

negli atti parlamentari, verso un cambio di rotta della politica migratoria italiana rispetto<br />

al passato, miravano ad abbandonare il “buonismo di Stato del centrosinistra”, come fu<br />

definito dal presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord al Senato, Federico<br />

Bricolo, e mostrare piuttosto “il volto cattivo del legislatore nei confronti degli stranieri<br />

irregolari” 23 .<br />

Proprio le parole del Senatore Bricolo sui temi dell’integrazione testimoniano come<br />

l’accordo nasca dalla decisione leghista di voler differenziare marcatamente gli stranieri<br />

regolari, ai quali si chiedeva la sottoscrizione dell’accordo medesimo, dagli stranieri<br />

irregolari che non si volevano integrare. Il permesso di soggiorno a punti, come fu poi<br />

battezzato il nuovo istituto, sarebbe servito, quindi più che ad integrare gli stranieri<br />

22 Si veda E. Codini, A proposito dell’integrazione e del relativo accordo, in Libertàcivili, 6 2011, Roma,<br />

p. 118, che parla di baricentro dell’integrazione.<br />

23 Si veda http://www.leganord.org.<br />

37


egolari, a creare un discrimen tra i regolari e quelli irregolari. Non a caso per Bricolo<br />

l’integrazione vuol dire che “chi viene a casa nostra deve rispettare le nostre leggi e si<br />

deve adeguare al nostro modo di vita.”.<br />

Il cd. pacchetto sicurezza 2009 fu proposto dai Ministri dell’Interno e della Giustizia e<br />

venne approvato in Senato in prima lettura il 5 febbraio 2009, poi modificato dalla<br />

Camera dei deputati e, infine, tornato al Senato per essere definitivamente approvato in<br />

seconda lettura il 2 luglio 2009.<br />

In Commissione al Senato (sedute delle Commissioni riunite I – Affari Interni e<br />

costituzionali e II - Giustizia), nella notte del 5 novembre 2008 venne approvato<br />

l’emendamento 18.07, a firma Bricolo e altri esponenti della Lega Nord, che prevedeva<br />

l’introduzione dell’articolo 4-bis del Testo unico sull’immigrazione, contenente la<br />

definizione di integrazione e il conseguente accordo di integrazione che l’avrebbe<br />

disciplinata.<br />

Potrebbe apparire paradossale che in un legge dedicata al problema della sicurezza nel<br />

nostro Paese trovi spazio l’integrazione degli immigrati, ma così non è.<br />

L’integrazione, nelle intenzioni della maggioranza parlamentare di allora, veniva<br />

concepita come strettamente connessa alla sicurezza: lo strumento dell’accordo sarebbe<br />

stato lo spartiacque dell’immigrazione sicura e controllata da quella irregolare e<br />

clandestina da perseguire in modo rigoroso (introduzione del reato di immigrazione<br />

clandestina).<br />

In tal senso si esprimono altri esponenti leghisti oltre a Bricolo, quali il Senatore<br />

Vallardi nella seduta in aula del 12 novembre 2008, in cui afferma che l’accordo di<br />

integrazione nasce proprio dalla necessità di dare maggiore sicurezza al nostro Paese,<br />

nella convinzione che con tale strumento “gli stranieri potranno dimostrare di saper<br />

convivere civilmente nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione, magari anche<br />

rispettando i nostri usi, costumi e tradizioni” 24 .<br />

24 Particolarmente acceso è stato il dibattito parlamentare. In particolare la portata simbolica e ideologica<br />

dell’accordo in esame è stata sostenuta dagli esponenti del partito della Lega Nord, che ne hanno fatto un<br />

punto fondamentale del loro programma politico. Per tali posizioni e, viceversa, per i rilievi mossi nei<br />

38


Sulla stessa linea già il Senatore Mazzatorta, sempre della Lega Nord, che, nella seduta<br />

antimeridiana dello stesso giorno, 12 novembre 2008, ebbe ad invitare le opposizioni<br />

che si lamentavano della rigorosità dell’accordo di integrazione come strumento di<br />

controllo “a guardarvi attorno, a guardare all’Europa, ad esempio dell’accordo di<br />

integrazione repubblicana previsto dalla legge francese, molto ma molto più rigoroso<br />

rispetto alla nostra proposta……ma certamente l’accordo di integrazione va nel senso<br />

di responsabilizzare lo straniero che si presenta alle nostre frontiere e chiede di essere<br />

ammesso nel nostro territorio” 25 .<br />

Le critiche, anche molto aspre, che sono state avanzate dall’opposizione in Parlamento<br />

al provvedimento durante l’iter di approvazione della legge 94/2009 non si sono tradotte<br />

in un confronto approfondito sulle tante questioni sostanziali sollevate dall’idea di un<br />

obbligo giuridico di integrazione a carico dello straniero. I profili si sono concentrati<br />

prevalentemente sull’incompatibilità della riserva di legge rinforzata in tema di<br />

condizione giuridica degli stranieri ex art. 10, comma secondo della Costituzione.<br />

Il nuovo articolo 4-bis del Testo Unico sull’immigrazione prevede, dunque, che lo<br />

straniero sottoscriva un impegno volto a conseguire, entro il “periodo di validità del<br />

permesso di soggiorno” 26 , specifici obiettivi di integrazione misurati in crediti mentre<br />

per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo viene<br />

richiesto il superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua<br />

italiana.<br />

Il legislatore ha quindi ritenuto che la conoscenza della lingua italiana sia il segno più<br />

evidente del grado di integrazione dello straniero che ha stabilito di risiedere nel nostro<br />

Paese. A ciò si aggiunge la partecipazione alla “sessione di formazione civica e di<br />

confronti del nuovo istituto già durante i lavori preparatori, si vedano gli interventi del Sen. Vallardi, Atti<br />

Senato, XVI legislatura, seduta dell’Assemblea, 12 novembre 2008, resoconto stenografico n. 90; Sen.<br />

Bricolo, Atti Senato, XVI legislatura, seduta dell’Assemblea, 2 luglio 2009, resoconto stenografico n.<br />

232. Si vedano, per l’opposizione, gli interventi dei Senatori Casson, Atti Senato, XVI legislatura, seduta<br />

dell’Assemblea, 12 novembre 2008, resoconto stenografico n. 89 e Ceccanti, Atti Senato, XVI legislatura,<br />

seduta dell’Assemblea, 18 novembre 2008, resoconto stenografico n. 94.<br />

25 Si veda nota precedente.<br />

26 In sede di regolamento, il termine per l’adempimento degli impegni assunti dallo straniero è stato<br />

fissato in due anni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, prorogabili di un ulteriore anno, v.infra.<br />

39


informazione sulla vita civile in Italia”, di durata “non inferiore a cinque ore e non<br />

superiore a dieci ore”.<br />

Entrambi gli adempimenti appaiono certamente coerenti, anche se possiamo dire non<br />

esaustivi, con l’obiettivo di promuovere la convivenza tra italiani e stranieri nel rispetto<br />

dei valori costituzionali, così come richiamati nella definizione di integrazione in<br />

questione.<br />

L’articolo 4-bis citato, comma 2, si limita, però, ad indicare solo alcune caratteristiche<br />

dell’accordo di integrazione (articolato in crediti, la cui perdita determina la revoca del<br />

permesso e l’espulsione ad eccezione di determinate categorie di soggetti), rinviando ad<br />

un atto di natura regolamentare la definizione dei criteri e delle modalità per la sua<br />

sottoscrizione.<br />

In dottrina ed anche nel dibattito parlamentare sulla legge n. 94 del 2009 27 sono stati<br />

sollevati dubbi sulla legittimità della norma in questione per violazione della riserva di<br />

legge rinforzata, in quanto, prevedendo la norma un’ampia discrezionalità al<br />

regolamento nella definizione della disciplina dell’accordo di integrazione, si violerebbe<br />

l’articolo 10, comma 2, della Costituzione, che prevede che “la condizione giuridica<br />

dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati<br />

internazionali” 28 .<br />

Potrebbe obiettarsi a tale impostazione che la presente riserva di legge è comunque<br />

relativa e dunque il rinvio a fonti secondarie, regolamentari, ai fini del completamento<br />

della disciplina di determinate fattispecie, sarebbe consentito, anche se l’articolo 4-bis<br />

effettivamente non indica neanche i criteri di massima da seguire per la regolazione di<br />

dettaglio con la norma di rango secondario.<br />

Altro aspetto singolare, ma comunque in linea con la tesi sposata dalla maggioranza<br />

parlamentare che ha approvato il testo di legge in questione che dà all’integrazione una<br />

27 Si veda l’intervento del Sen Casson in Assemblea il 12 novembre 2009.<br />

28 M.C. Locchi, L’accordo di integrazione tra lo Stato e lo straniero (art.4-bis T.U. sull’immigrazione n.<br />

286/1998) alla luce dell’analisi comparata e della critica al modello europeo di “integrazione forzata”,<br />

in Rivista dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, 1/2012, in<br />

www.associazioneitalianadeicostituzionalisti.it/.<br />

40


lettura in termini di sicurezza, è la collocazione della definizione di integrazione e<br />

dell’accordo medesimo, inseriti correttamente nel Testo unico sull’immigrazione, vale a<br />

dire in un corpus organico certamente appropriato ma all’inizio del Titolo II, rubricato<br />

“Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato”,<br />

anziché all’interno del Titolo V, Capo IV, dedicato alle politiche di integrazione sociale.<br />

Si assiste ad una commistione di politiche di ingresso e politiche di integrazione allo<br />

scopo di voler certificare che la definizione di integrazione e la conseguente misura<br />

adottata dell’accordo di integrazione debbono rispondere più a profili di sicurezza che a<br />

quelli di inclusione.<br />

E’ stato, infatti, correttamente osservato 29 che l’inserimento in quella parte del Testo<br />

Unico delle norme sull’integrazione non derivi da una svista o errore di drafting ma il<br />

palese intento di realizzare uno strumento molto poco contrattualista, orientato verso<br />

aspetti attinenti alla legittimità del permesso di soggiorno piuttosto che all’integrazione.<br />

All’indomani della pubblicazione della legge n. 94, la stesura del testo regolamentare fu<br />

affidata, in seno al <strong>Ministero</strong> dell’Interno, ad un gruppo di lavoro costituito presso il<br />

Dipartimento per la libertà civili e l’immigrazione (che ha visto la partecipazione anche<br />

di un rappresentante del Dipartimento della pubblica sicurezza).<br />

La redazione del testo regolamentare è stata condizionata dall’ordine del giorno accolto<br />

dal Governo durante l’iter di approvazione della legge n. 94/2009, contenente numerose<br />

indicazioni di dettaglio. Si tratta dell’ordine del giorno A.S. 733, n. G45.100 (testo 2),<br />

presentato dal Senatore Mazzatorta, della Lega Nord, e accolto dal Governo nella seduta<br />

dell’Assemblea del Senato della Repubblica n. 143 del 5 febbraio 2009.<br />

L’ordine del giorno in questione prevedeva di riferirsi a livelli di conoscenza della<br />

lingua secondo gli standard minimi definiti nel Quadro di riferimento Europeo Comune<br />

per le lingue del Consiglio d’Europa, di contemplare l’adesione alla Carta dei valori<br />

della cittadinanza e dell’integrazione di cui al Decreto del <strong>Ministero</strong> dell’Interno 23<br />

aprile 2007, di richiedere la conoscenza delle regole fondamentali dell’ordinamento<br />

29 Si veda P. Morozzo della Rocca, Entra in vigore l’accordo (stonato) di integrazione, in Gli Stranieri,<br />

3/2011, pp. 7-24.<br />

41


giuridico, di prevedere la possibilità di incrementare i crediti (a seguito di superamento<br />

di un corso attestante il raggiungimento degli obiettivi di integrazione sottoscritti,<br />

ovvero dimostrando un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita<br />

della comunità nazionale e locale) o di ridurli (per effetto di condanne penali, gravi<br />

illeciti amministrativi o tributari), di imporre corsi di integrazione nel caso di perdita di<br />

oltre la metà dei crediti.<br />

In sostanza, l’ordine del giorno Mazzatorta finì per dettare i contenuti del regolamento<br />

attuativo, prevedendo, tra l’altro, l’adesione alla Carta dei valori della cittadinanza e<br />

dell’integrazione, adottata con decreto del <strong>Ministero</strong> dell’Interno del 23 aprile 2007.<br />

L’inserimento dell’adesione alla Carta conferisce a tale documento una rilevanza<br />

“ufficiale” nel nostro ordinamento altamente simbolica, per i suoi richiami ai valori<br />

costituzionali che abbiamo ritrovato nella definizione normativa di integrazione, di cui<br />

si è parlato sopra.<br />

La Carta, come si legge nella sua Introduzione, tende a dare un concetto unitario di<br />

cittadinanza e di convivenza tra le diverse comunità nazionali, etniche e religiose,<br />

radicate negli ultimi anni sul territorio italiano, e viene considerata un patto tra cittadini<br />

e immigrati in vista di una integrazione che vuole conciliare il rispetto delle differenze<br />

di cultura e di comportamento legittime e positive con il rispetto dei valori comuni.<br />

Il documento è composto di sette sezioni, in cui la prima e l’ultima delineano i<br />

principali elementi identitari del nostro Paese, dal punto di vista storico-documentale e<br />

del ruolo che l’Italia svolge nel campo internazionale. In particolare, vengono delineati i<br />

valori su cui si fonda la società italiana, iscritti nella Costituzione, che, con le Carte<br />

europee e internazionali sui diritti umani, rappresenta il principale riferimento dell’Italia<br />

contemporanea, e definisce ad un tempo il rifiuto di ogni forma di totalitarismo e di<br />

antisemitismo e lo spirito di accoglienza verso altre popolazioni e culture. “La<br />

Costituzione - si legge nella Carta– è fondata sul rispetto della dignità umana ed è<br />

ispirata ai principi di libertà ed eguaglianza validi per chiunque si trovi a vivere sul<br />

territorio italiano”. Le altre sezioni sono dedicate ai principali problemi che le società<br />

multiculturali devono affrontare nel definire il proprio rapporto con la realtà<br />

42


dell’immigrazione e nel tracciare il cammino che deve essere percorso perché gli<br />

immigrati possano conseguire l’obiettivo della cittadinanza: “dignità della persona,<br />

diritti e doveri”, “diritti sociali, lavoro e salute”, “scuola, istruzione, informazione”,<br />

“famiglia e nuove generazioni”, “laicità e libertà religiosa”. Fondamentale è il richiamo<br />

ai principi generali di eguaglianza tra cittadini e immigrati per la definizione di un<br />

progetto di integrazione.<br />

E’ importante sottolineare che in ciascuna sezione le formulazioni sono rivolte sia ai<br />

cittadini italiani, perché prendano consapevolezza della nuova fase storica che si è<br />

aperta con il multiculturalismo della società, sia agli immigrati per individuare meglio le<br />

loro aspettative, definire i loro diritti, indicare i valori e i doveri cui tutti devono<br />

attenersi per la realizzazione dell’integrazione.<br />

Durante la redazione del regolamento di attuazione sono state riscontrate difficoltà in<br />

ordine alle possibili conseguenze derivanti dal mancato pieno raggiungimento dei<br />

crediti necessari per l’assolvimento dell’accordo, in ragione della necessità di assicurare<br />

un’efficacia dissuasoria per gli immigrati inadempienti.<br />

Lo schema di regolamento è stato concertato dagli altri Ministeri competenti (<strong>Ministero</strong><br />

dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca e il <strong>Ministero</strong> del lavoro e delle politiche<br />

sociali) ed è stato portato all’esame della Conferenza unificata, che ha espresso un<br />

parere negativo sulla base dei rilievi mossi da alcune Regioni, oltre che da ANCI,<br />

UNCEM e UPI.<br />

In particolare, le Regioni hanno lamentato i costi di organizzazione dei corsi di<br />

formazione civica, sebbene lo schema di regolamento prevedesse solo la possibilità di<br />

stipulare accordi interistituzionali per favorire l’attuazione delle disposizioni del<br />

regolamento (sessione di formazione iniziale, svolgimento di corsi di formazione e dei<br />

test di verifica) ed il coinvolgimento dei Consigli territoriali per l’immigrazione per la<br />

valutazione del fabbisogno di formazione linguistica e culturale nonché per<br />

promuovere, nell’ambito delle competenze spettanti alle Regioni ed agli Enti locali, le<br />

iniziative di formazione effettivamente rispondenti alle esigenze delle comunità<br />

straniere presente nei rispettivi territori.<br />

43


Anche il Consiglio di Stato ha mosso alcune obiezioni connesse alla previsione della<br />

sottoscrizione dell’accordo da parte dei minori infrasedicenni.<br />

In sede di stesura del regolamento era stato, inoltre, previsto un limite di età, 65 anni,<br />

per la sottoscrizione dell’accordo che è stato poi espunto.<br />

4. Il binomio integrazione-sicurezza<br />

Le politiche italiane in materia di immigrazione, in occasione dell’adozione della<br />

normativa in materia di accordo di integrazione, sono state ispirate, come abbiamo<br />

visto, a un modello di inclusione degli stranieri in funzione della sicurezza.<br />

Il connubio integrazione-sicurezza è stato più ampiamente descritto nel Piano per<br />

l’integrazione nella sicurezza. Identità e incontro, adottato dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno,<br />

dal <strong>Ministero</strong> delle Politiche sociali e dal <strong>Ministero</strong> dell’Istruzione e dell’Università e<br />

della Ricerca il 10 giugno 2010.<br />

Si tratta di un documento che “si accompagna all’Accordo di integrazione”, come si<br />

legge nelle sue premesse.<br />

Il testo esalta i concetti di integrazione e sicurezza, accoglienza e legalità per indicare<br />

che l’incontro tra culture non è possibile senza ordine e garanzia delle basilari regole di<br />

convivenza. Si profilano cinque assi (scuola, lavoro, alloggio e governo del territorio,<br />

servizi sociali, minori e seconde generazioni) su cui si muove l’integrazione, fondati<br />

sull’apprendimento della lingua italiana e dei valori costituzionali.<br />

Si parte, quindi, in linea con la definizione normativa dell’integrazione, dalla<br />

consapevolezza che è possibile avere vera integrazione solo se si ha la capacità di capire<br />

e di essere capiti, dove la scuola è il luogo primario di integrazione.<br />

La conoscenza ed il rispetto della nostra Carta costituzionale e dei valori in essa<br />

contenuti sono alla base del processo di integrazione; a ciò si aggiunge la conoscenza<br />

della nostra vita civile ed il rispetto delle leggi che nascono dallo stesso impianto<br />

costituzionale. Diventa quindi fondamentale far conoscere questi valori all’immigrato<br />

nei primi mesi di sua permanenza in Italia.<br />

44


Il nostro Paese, partendo dalle esperienze concrete, ha avviato, con l’attuale Governo<br />

“cd. dei tecnici”, politiche in materia di immigrazione mirate a realizzare sempre di più<br />

una integrazione “sistematica”, avvalendosi delle risorse disponibili e degli strumenti di<br />

monitoraggio per la valutazione dei risultati che via via vengono conseguiti.<br />

Non è un caso che sia stato nominato un Ministro per l’integrazione, il quale, proprio in<br />

occasione di un convegno tenutasi alla Camera dei Deputati, dal titolo L'immigrazione e<br />

l'integrazione: una sfida da vincere per l'Europa” ha ribadito che “… si deve uscire da<br />

una concezione emergenziale nell'approccio con l'immigrazione. Un nuovo ministero<br />

dell'integrazione vuole proprio segnare una nuova fase –appunto quella<br />

dell'integrazione-, non emergenziale nel considerare la presenza di non italiani sul<br />

suolo del nostro Paese”.<br />

Per avere un approccio “sistemico” all’integrazione degli stranieri occorre che, in<br />

concreto, gli attori in campo, ricorrendo a tutti gli strumenti a propria disposizione<br />

(banche dati, fondi), agiscano in sinergia tra loro.<br />

Dobbiamo avere la consapevolezza che questa è la partita che l’Italia dovrà giocare nei<br />

prossimi anni e che non potrà permettersi di perdere.<br />

45


Capitolo IV<br />

L’accordo di integrazione: la disciplina e la fase di prima applicazione<br />

1. Quadro normativo e ambito di applicazione.<br />

La disciplina dell’accordo di integrazione è contenuta nel decreto del Presidente della<br />

Repubblica 14 settembre 2011 n. 179 recante “Disciplina dell'accordo di integrazione<br />

tra lo straniero e lo Stato, a norma dell'articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle<br />

disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello<br />

straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”.<br />

Il decreto in questione, che rientra nel genus dei regolamenti attuativi previsti in via<br />

generale dall’art. 17, comma 1, della legge 400/1988, stabilisce (art. 1, comma 1): “i<br />

criteri e le modalità per la sottoscrizione da parte dello straniero dell'accordo di<br />

integrazione (…), nonché i casi straordinari di giustificata esenzione dalla<br />

sottoscrizione” e “disciplina, altresì, i contenuti, l'articolazione per crediti e i casi di<br />

sospensione dell'accordo, le modalità e gli esiti delle verifiche a cui esso è soggetto e<br />

l'istituzione dell'anagrafe nazionale degli intestatari degli accordi di integrazione”.<br />

Per quel che attiene specificamente all’ambito di applicazione temporale e soggettivo<br />

della normativa in esame, l’art. 2, comma 2 prevede che l’accordo di integrazione sia<br />

sottoscritto da tutti gli stranieri che abbiano compiuto i 16 anni di età e che, a partire dal<br />

10 marzo 2012 (data di entrata in vigore del DPR 179/2011 30 ), “faccia[no] ingresso per<br />

la prima volta nel territorio dello Stato italiano” e presenti[no] istanza di rilascio di un<br />

permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno” 31 .<br />

30 Ai sensi dell’art. 14 del DPR 179/2011: “Le disposizioni del presente regolamento si applicano a<br />

decorrere dal centoventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale<br />

della Repubblica italiana”.<br />

31 Ex art. 2, commi 8 e 9 “Non si fa luogo alla stipula dell'accordo ai fini del rilascio del permesso di<br />

soggiorno e, se stipulato, questo si intende adempiuto, qualora lo straniero sia affetto da patologie o da<br />

disabilità tali da limitare gravemente l'autosufficienza o da determinare gravi difficoltà di apprendimento<br />

linguistico e culturale, attestati mediante una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica<br />

o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale”. “Non si procede alla sottoscrizione<br />

dell'accordo per: a) i minori non accompagnati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio<br />

1983, n. 184, e successive modificazioni, ovvero sottoposti a tutela, per i quali l'accordo è sostituito dal<br />

46


Da quanto fin qui esposto possono trarsi due prime conclusioni rilevanti ai fini<br />

dell’inquadramento giuridico della peculiare fattispecie di accordo delineata dal<br />

legislatore:<br />

a) a differenza di quel che avviene generalmente nel nostro ordinamento, le parti<br />

contraenti (id est lo Stato italiano e lo straniero che abbia i requisiti di cui sopra), oltre<br />

ad essere parti necessarie, hanno un obbligo giuridico di stipulare l’accordo;<br />

b) le previsioni contenute nella legge e soprattutto nel regolamento non hanno<br />

efficacia retroattiva: 32 nessun accordo dovrà quindi essere concluso da chi abbia fatto<br />

ingresso nel territorio italiano prima del 10 marzo 2012.<br />

2. Sottoscrizione, contenuto ed efficacia.<br />

Veniamo ora all’analisi delle modalità di stipula e sottoscrizione dell’accordo, del suo<br />

contenuto e della sua efficacia.<br />

Tali profili sono disciplinati dall’art. 2 del DPR 179/2011 che prevede che l’accordo sia<br />

stipulato - contestualmente alla presentazione dell’istanza di rilascio del permesso di<br />

soggiorno – in conformità al modello di cui all’allegato A al DPR 179/2011 - avente<br />

medesima efficacia e valore normativo - in duplice originale, di cui uno redatto nella<br />

lingua indicata dallo straniero 33 .<br />

L’accordo è stipulato:<br />

a) in Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo, presso lo sportello unico per<br />

l’immigrazione - cui, peraltro, è affidata la gestione delle fasi successive del rapporto<br />

completamento del progetto di integrazione sociale e civile di cui all'articolo 32, comma 1-bis, del testo<br />

unico; b) le vittime della tratta di persone, di violenza o di grave sfruttamento, per le quali l'accordo è<br />

sostituito dal completamento del programma di assistenza ed integrazione sociale di cui all’articolo 18<br />

del Testo Unico”.<br />

32 In sede di redazione del testo finale dell’art. 4-bis (specificamente del comma 2) sono stati accolti i<br />

rilievi di chi sosteneva l’illegittimità costituzionale di una previsione legislativa che imponesse la stipula<br />

dell’accordo e l’assunzione degli obblighi da esso scaturenti nei confronti dei soggetti che fossero entrati<br />

nel territorio italiano anteriormente all’entrata in vigore della legge 94/2009. In questo senso, si vedano<br />

gli interventi dei Senatori Casson e Ceccanti già menzionati in nota 24.<br />

33 Ove ciò non fosse possibile “l’originale da consegnarsi allo straniero sarà redatto in lingua inglese,<br />

francese, spagnola, araba o cinese, albanese, russa o filippina secondo la preferenza indicata<br />

dall’interessato” : art. 2, comma 1 DPR 179/2011.<br />

47


nascente dall’accordo medesimo – nell’ipotesi di presentazione di istanza di permesso<br />

di soggiorno per lavoro subordinato o per ricongiungimento familiare;<br />

b) in Questura nelle rimanenti ipotesi.<br />

In tutti i casi, per lo Stato l’accordo è stipulato dal Prefetto o da un suo delegato 34<br />

L’accordo che abbia come parte un minore di età compresa tra i sedici e i diciotto anni è<br />

sottoscritto anche dai genitori o dai soggetti esercenti la potestà genitoriale regolarmente<br />

soggiornanti nel territorio nazionale 35 .<br />

Una volta stipulato, l’accordo ha durata biennale, prorogabile di un altro anno 36 . E’, in<br />

ogni caso, possibile sospenderne o prorogarne l’efficacia, a domanda e previa<br />

presentazione di idonea documentazione, “per il tempo in cui sussista una causa di<br />

forza maggiore o un legittimo impedimento al rispetto dell’accordo, (…) derivante da<br />

gravi motivi di salute o di famiglia, da motivi di lavoro, dalla frequenza di corsi o<br />

tirocini di formazione, aggiornamento od orientamento professionale ovvero da motivi<br />

di studio all’estero” 37<br />

Dalla sottoscrizione dell’accordo nascono obblighi reciproci a carico delle parti<br />

contraenti 38 .<br />

Da un lato, infatti, lo straniero si impegna: 39<br />

a) ad acquisire una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente almeno al livello<br />

A2 di cui al quadro comune europeo di riferimento per le lingue, emanato dal Consiglio<br />

d’Europa;<br />

b) ad acquisire una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione<br />

della Repubblica, dell’organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche,<br />

34 Art. 2, comma 1 DPR 179/2011.<br />

35 Art. 2, comma 2 DPR 179/2011.<br />

36 Art. 2, comma 7 e art. 3 allegato A DPR 179/2011<br />

37 art. 8 DPR 179/2011.<br />

38 Per espressa previsione normativa (art. 2, comma 5 e art. 1, comma 2 allegato A DPR 179/2011) la<br />

sottoscrizione dell’accordo di integrazione vale come adesione alla Carta dei valori della cittadinanza e<br />

dell’integrazione di cui al decreto del Ministro dell’Interno 23 aprile 2007, Carta di cui lo straniero si<br />

impegna a rispettare i principi.<br />

39 Art. 2, comma 4 e art. 1 allegato A DPR 179/2011.<br />

48


nonché della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della<br />

scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali;<br />

c) a garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione da parte dei figli minori;<br />

d) ad assolvere gli obblighi fiscali e contributivi 40 .<br />

Dall’altro lato, invece, lo Stato si obbliga: 41<br />

a) ad assicurare il godimento dei diritti fondamentali e la pari dignità sociale delle<br />

persone, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche<br />

e di condizioni personali e sociali, prevenendo ogni manifestazione di razzismo e di<br />

discriminazione; ad agevolare, inoltre, l'accesso alle informazioni che aiutano i cittadini<br />

stranieri a comprendere i principali contenuti della Costituzione italiana e<br />

dell'ordinamento generale dello Stato;<br />

b) a garantire, in raccordo con le Regioni e gli Enti locali, il controllo del rispetto delle<br />

norme a tutela del lavoro dipendente, il pieno accesso ai servizi di natura sanitaria e<br />

relativi alla frequenza della scuola dell'obbligo;<br />

c) a favorire il processo di integrazione dello straniero attraverso l'assunzione di ogni<br />

idonea iniziativa, in raccordo con le Regioni, gli Enti locali, le organizzazioni dei datori<br />

di lavoro e dei lavoratori e l'associazionismo no profit.<br />

d) ad assicurare allo straniero, entro i tre mesi successivi alla stipula dell’accordo, a cura<br />

dello sportello unico per l’immigrazione, la partecipazione gratuita a una sessione di<br />

formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia, di durata non inferiore alle<br />

cinque e non superiore alle dieci ore 42 43 .<br />

40 Dubbi possono sollevarsi circa la necessità che, al fine di considerare adempiuto l’accordo di<br />

integrazione, debbano risultare assolti gli obblighi fiscali. L’assolvimento degli obblighi in questione,<br />

infatti, non è richiamato quale condizione necessaria ai fini dell’adempimento dell’accordo né nell’art. 6<br />

del DPR 179/2011, né dall’art. 5 del relativo allegato A. Si è, pertanto, propensi a ritenere che in nessun<br />

caso il mancato assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi possa dar luogo ad inadempimento<br />

dell’accordo.<br />

41 Art. 2, comma 6 e art. 2 allegato A DPR 179/2007.<br />

42 Le Prefetture, per la realizzazione delle sessioni formative, potranno concludere accordi, ai sensi<br />

dell’art. 10 del DPR 179/2011, diretti a porre in essere, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e<br />

strumentali disponibili a legislazione vigente, forme di collaborazione tra lo sportello unico per<br />

l’immigrazione e la struttura territorialmente competente dell’ufficio scolastico regionale, i centri<br />

49


3. Articolazione dell’accordo per crediti. Disciplina.<br />

I profili di maggiore interesse della normativa in materia di accordo di integrazione<br />

sono quelli che afferiscono alle modalità di adempimento dell’accordo stesso; ed infatti,<br />

perché esso possa dirsi adempiuto da parte dello straniero, non basta il rispetto degli<br />

obblighi precedentemente analizzati, occorrendo all’uopo un quid pluris.<br />

Il legislatore, ancora una volta sulla scia di quanto avvenuto in altri Paesi europei, ha<br />

previsto degli obblighi supplementari a carico dell’immigrato che, qualora adempiuti,<br />

avranno l’effetto di attribuire allo stesso un numero di crediti di diverso ammontare, ma<br />

comunque proporzionali “ai livelli di conoscenza della lingua italiana, della cultura<br />

civica e della vita civile in Italia certificati anche a seguito della frequenza con profitto<br />

di corsi o percorsi di istruzione, di formazione professionale o tecnica superiore, di<br />

studio universitario e di integrazione linguistica e sociale ovvero del conseguimento di<br />

diplomi o titoli comunque denominati aventi valore legale di titolo di studio o<br />

professionale” 44 .<br />

L’accordo di integrazione è quindi articolato per crediti, il che ha fondamentali risvolti<br />

pratici, poiché solo allo straniero che, all’esito della verifica di cui all’art. 6 del DPR<br />

179/2011, abbia conseguito un numero di crediti pari o superiore a trenta (dovrà però –<br />

come vedremo - aver conseguito i livelli di conoscenza della lingua italiana e della<br />

cultura civica e della vita civile italiana indicati dall’art. 2, comma 4 del DPR<br />

179/2011), sarà rilasciato un apposito attestato comprovante l’estinzione dell’accordo<br />

per adempimento totale. 45<br />

provinciali per l’istruzione degli adulti, le altre istituzioni scolastiche statali operanti a livello provinciale<br />

e, se del caso, le altre amministrazioni ed istituzioni statali, comprese le università.<br />

43 In ogni caso, la cooperazione avviata con la stipula dell’accordo di integrazione non si esaurisce al<br />

momento della verifica del suo adempimento: l’art. 7 del DPR 179/2011 prevede, infatti, che “allo<br />

straniero che alla scadenza dell’accordo risulti aver raggiunto un numero di crediti finali pari o<br />

superiore a quaranta sono riconosciute agevolazioni per la fruizione di specifiche attività culturali e<br />

formative. A tale scopo il <strong>Ministero</strong> dell’interno trasmette, con cadenza semestrale, al <strong>Ministero</strong> del<br />

lavoro e delle politiche sociali i dati relativi agli accordi di integrazione”.<br />

44 Art. 4 DPR 179/2011.<br />

45 Art. 6, comma 5 e art. 5, comma 2 lett. a) allegato A DPR 179/2011. Il provvedimento di cui agli<br />

articoli citati è adottato dal Prefetto o da un suo delegato.<br />

50


Ciò posto, è utile procedere a un’analisi delle modalità con le quali lo straniero può<br />

acquisire nuovi crediti, o, viceversa, perdere crediti in precedenza maturati.<br />

Già in sede di sottoscrizione dell’accordo, allo straniero vengono assegnati sedici crediti<br />

corrispondenti al livello A1 di conoscenza della lingua italiana parlata ed al livello<br />

sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, secondo quanto<br />

previsto ai punti 1 e 2 dell’allegato B al DPR 179/2011 46 . Tali crediti vengono<br />

confermati all’atto della verifica dell’accordo, nel caso in cui siano accertati i<br />

sopraindicati livelli di conoscenza della lingua italiana parlata e della cultura civica e<br />

della vita civile in Italia. In mancanza, si procede alla corrispondente decurtazione. In<br />

ogni caso, la mancata partecipazione alla sessione di formazione civica e di<br />

informazione di cui all’articolo 3 del DPR 179/2011, darà luogo alla perdita di quindici<br />

dei sedici crediti assegnati. 47<br />

Acquista crediti, nella misura indicata dall’allegato B al DPR 179/2011, lo straniero<br />

che:<br />

a) frequenta corsi di italiano;<br />

b) partecipa a corsi di formazione professionale, anche nel Paese d’origine;<br />

c) consegue titoli di studio validi nel territorio della Repubblica italiana;<br />

d) si iscrive al Servizio sanitario nazionale, effettuando la scelta del medico di<br />

base;<br />

e) stipula un contratto di locazione o di acquisto di un immobile per uso abitativo,<br />

o certifica l'accensione di un mutuo per l' acquisto di un immobile;<br />

f) svolge attività economico-imprenditoriali, di docenza o di partecipazione alla<br />

vita sociale.<br />

Perde, viceversa, crediti, nella misura indicata dall’allegato C al DPR 179/2011, lo<br />

straniero che:<br />

a) subisce una sentenza penale di condanna anche non definitiva;<br />

b) subisce l’applicazione, anche non definitiva, di misure di sicurezza personali;<br />

46 Art. 2, comma 3 e art. 4, comma 1 allegato A DPR 179/2011.<br />

47 Art. 3, comma 3 e art. 4, comma 3, allagato A. DPR 179/2011.<br />

51


c) è destinatario dell’irrogazione, in via definitiva, di sanzioni pecuniarie di<br />

importo non inferiore a diecimila euro in relazione a illeciti amministrativi e tributari.<br />

Quanto alle modalità di verifica dell’accordo, un mese prima della scadenza dei due<br />

anni, lo sportello unico per l’immigrazione, previa comunicazione allo straniero, avvia il<br />

relativo procedimento con la verifica dei crediti sulla base della documentazione<br />

presentata dall'interessato o acquisita d’ufficio. 48 In assenza di idonea documentazione,<br />

l'interessato potrà chiedere di essere sottoposto ad un apposito test presso lo sportello<br />

unico per l’immigrazione, allo scopo di far accertare il proprio livello di conoscenza<br />

della lingua italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia. 49<br />

L’inadempimento all’obbligo di istruzione dei figli minori, salva la prova di essersi<br />

comunque adoperato per garantirne l’adempimento, determina la perdita integrale dei<br />

crediti assegnati all’atto della sottoscrizione e di quelli successivamente conseguiti e la<br />

risoluzione dell’accordo per inadempimento, con conseguente revoca o rifiuto di<br />

rinnovo del permesso di soggiorno ed espulsione dello straniero. 50<br />

Evidente è qui la finalità del legislatore di incentivare in maniera particolarmente<br />

incisiva il rispetto del fondamentale obbligo di istruzione dei minori in un’ottica di<br />

promozione dell’integrazione dei c.d. stranieri di 2° generazione: a questi ultimi, nati<br />

all’estero o addirittura nel territorio italiano, potenziali aspiranti cittadini italiani, il<br />

legislatore dimostra di tenere particolarmente, approntando tutta una serie di strumenti<br />

volti a consentire il pieno sviluppo della personalità in condizioni di parità, quanto<br />

meno formale, con i cittadini italiani.<br />

La verifica dell’accordo si conclude con l’attribuzione dei crediti finali e con<br />

l’assunzione di una delle seguenti decisioni:<br />

48 In caso di permesso di soggiorno della durata di un anno, un mese prima della scadenza, si procede alla<br />

verifica della partecipazione alla sessione di formazione civica e di informazione. Qualora sia accertata la<br />

mancata partecipazione, lo sportello unico provvede alla decurtazione di quindici crediti e rinvia ogni<br />

ulteriore determinazione all’esito della verifica (art. 6, comma 3 DPR 179/2011).<br />

49 Art. 6, comma 1 e 5, comma 1 allegato A DPR 179/2011. Da rilevare che lo svolgimento del test anche<br />

in lingua tedesca, oltre che in lingua italiana, per gli stranieri residenti nella Provincia di Bolzano, è<br />

valutabile ai fini del riconoscimento di crediti ulteriori ai sensi del punto 8 dell’allegato B.<br />

50 Art. 6, comma 4 e art. 5 comma 4, allegato A DPR 179/2011.<br />

52


a) estinzione dell’accordo per adempimento, qualora si registrino crediti superiori a<br />

trenta e conseguimento del livello A2 della conoscenza della lingua italiana parlata e del<br />

livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia; se i<br />

crediti conseguiti sono pari o superiori a quaranta, allo straniero sono riconosciute<br />

agevolazioni per la fruizione di specifiche attività culturali e formative; 51<br />

b) proroga dell’accordo per un anno, alle medesime condizioni, se i crediti finali sono<br />

superiori a zero ma inferiori a trenta (id est non sono stati conseguiti i livelli della<br />

conoscenza della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile in Italia).<br />

La nuova verifica verrà effettuata un mese prima della scadenza dell’anno di proroga.<br />

Qualora non sia comunque adempiuto l’accordo, il Prefetto decreterà l’inadempimento<br />

parziale, di cui l’autorità competente potrà tenere conto per l’adozione dei<br />

provvedimenti discrezionali in materia di immigrazione; 52<br />

c) risoluzione dell’accordo per inadempimento se i crediti finali sono pari o inferiori a<br />

zero. In tal caso, atteso che l’adempimento dell’accordo costituisce il presupposto della<br />

permanenza del permesso di soggiorno, conseguiranno la revoca o il diniego di rilascio<br />

del titolo di soggiorno e, quindi, l’espulsione dello straniero dal territorio nazionale. 53<br />

Qualora, peraltro, lo straniero non sia espellibile, si terrà conto dell’inadempimento<br />

dell’accordo per l’adozione dei provvedimenti discrezionali in materia di<br />

immigrazione. 54<br />

In ogni caso, l’efficacia dell’accordo può essere sospesa o prorogata, su richiesta del<br />

cittadino straniero, in presenza di gravi motivi di salute, gravi motivi di famiglia, motivi<br />

di lavoro, frequenza di corsi o tirocini di formazione, aggiornamento od orientamento<br />

professionale, motivi di studio all’estero.<br />

51 Art. 6, comma 5, lett. a) e art. 5, comma 2, lett. a) allegato A. DPR 179/2011.<br />

52 Art. 6, comma 5, lett. b) e art. 5, comma 2, lett. b) allegato A DPR 179/2011.<br />

53 Art. 6, comma 5, let. C) e art. 5, comma 2, let. c) allegato A DPR 179/2011.<br />

54 Art. 6, comma 8 DPR 179/2011.<br />

53


L’accordo decade comunque di diritto qualora il Questore disponga il rifiuto del<br />

rilascio, la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per carenza<br />

originaria o sopravvenuta dei requisiti di legge. 55<br />

Non sono soggetti a verifica i cittadini stranieri che hanno firmato l’accordo di<br />

integrazione ma che, al momento della verifica, sono titolari di una delle seguenti<br />

tipologie di permesso di soggiorno: permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di<br />

asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, permesso di<br />

soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, carta di soggiorno per familiare<br />

straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché lo straniero titolare di altro permesso<br />

di soggiorno che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. 56<br />

4. Le circolari ministeriali<br />

All’indomani della pubblicazione del regolamento, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno –<br />

Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha emanato una circolare indirizzata<br />

ai Prefetti 57 in cui, nel richiamare l’attenzione sull’avvenuta pubblicazione del<br />

regolamento, ha annunciato la predisposizione, da parte del Dipartimento, del sistema<br />

informatico per la gestione della procedura, prevista dal regolamento, e dei moduli per<br />

la formazione iniziale da somministrare ai neo immigrati in una delle lingue da loro<br />

conosciute. Dopo questa circolare è seguita una direttiva congiunta del Ministro<br />

dell’Interno e del Ministro per la cooperazione internazionale ed integrazione, con la<br />

quale sono state evidenziate le finalità e i punti di forza del regolamento ma è stato<br />

anche dato un indirizzo che, di fatto, ha derogato a quanto disposto dal regolamento<br />

stesso 58 .<br />

55 Ciò appare comprensibile ove si consideri che l’accordo – rectius, il rispetto dell’accordo – è un<br />

elemento costitutivo della fattispecie permesso di soggiorno per cui, venendo a mancare quest’ultimo,<br />

verrà a mancare anche la necessità dell’accordo.<br />

56 Indicazioni in tal senso sono contenute nella direttiva a firma congiunta del Ministro dell’Interno e del<br />

Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione emanata il 2 marzo 2012.<br />

57 Circolare n. 8496 del 6 dicembre 2011<br />

58 Direttiva del 2 marzo 2012<br />

54


Si tratta della sottoscrizione dell’accordo da parte dei titolari di permesso di soggiorno<br />

per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per<br />

motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di<br />

carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché degli<br />

stranieri titolari di altro permesso di soggiorno che hanno esercitato il diritto di<br />

ricongiungimento familiare. Per tali categorie di soggetti, l’articolo 4 bis del T.U.<br />

immigrazione prevede che non si possa procedere, in caso di perdita dei crediti, alla<br />

revoca del permesso di soggiorno e alla conseguente espulsione. Ebbene, come già<br />

precisato nel precedente paragrafo, con la direttiva, i due Ministri hanno disposto che,<br />

stante la inapplicabilità della sanzione dell’espulsione (prevista in caso di totale perdita<br />

dei crediti), si può evitare di procedere alla verifica dei crediti raggiunti da coloro i quali<br />

si trovano in tali condizioni.<br />

Con una terza circolare, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha poi<br />

fornito i dettagli operativi delle procedure di stipula e di gestione del procedimento,<br />

informazione sulla predisposizione in 19 lingue (in misura dunque molto superiore alle<br />

8 del regolamento) del materiale video riguardante la sessione di formazione civica da<br />

somministrare entro i primi tre mesi dall’ingresso dello straniero, nonché sulla<br />

destinazione di cospicue risorse del Fondo europeo per l’integrazione al finanziamento<br />

progetti di formazione linguistica e di educazione civica. A tali risorse possono attingere<br />

anche le Regioni e le Province autonome per realizzare “piani regionali finalizzati ad<br />

assicurare un sistema integrato per la formazione linguistica e l’orientamento civico<br />

degli stranieri e ad implementare azioni di sistema volte a promuovere l’erogazione di<br />

servizi di formazione linguistica, educazione civica ed orientamento sviluppando e/o<br />

consolidando i processi organizzativi e le relative reti locali di governance” 59 .<br />

E’ stata anche adottata una circolare del Dipartimento della Pubblica sicurezza con la<br />

quale sono stati forniti i necessari chiarimenti per gli uffici immigrazione delle<br />

Questure, presso i quali dovranno essere stipulati gli accordi di integrazione da parte<br />

59 Circolare n. 1683 del 5 marzo 2012<br />

55


degli stranieri che non sono tenuti a presentarsi presso gli sportelli unici per<br />

l’immigrazione 60 .<br />

Da ultimo è stata emanata una recentissima circolare del Dipartimento per le libertà<br />

civili e l’immigrazione, in cui vengono fornite, tra l’altro, indicazioni operative in<br />

ordine alle sessioni di formazione civica e di informazione, ai criteri e alle modalità di<br />

svolgimento dei test per l’assegnazione dei crediti relativi alla conoscenza della lingua<br />

italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia, nonché alla realizzazione dei<br />

progetti pilota volti a favorire l’efficacia, l’economicità e la sostenibilità organizzativa<br />

dei procedimenti di integrazione linguistica e sociale 61 .<br />

5. La prima fase di attuazione: le esperienze nella provincia di Firenze e in quella di<br />

La Spezia<br />

Con l’entrata in vigore dell’accordo di integrazione le Prefetture, attraverso gli sportelli<br />

unici per l’immigrazione, sono state chiamate a un’intensa attività al fine di dare<br />

attuazione alla nuova normativa. Si tratta di un impegno gravoso, realizzato, senza oneri<br />

aggiuntivi per lo Stato, attraverso la costante ricerca di sinergie istituzionali tra i vari<br />

soggetti coinvolti.<br />

Si ritiene utile riportare, a titolo esemplificativo, le esperienze delle Prefetture di Firenze<br />

e La Spezia, sedi di servizio di due degli estensori del presente elaborato.<br />

5.1. Firenze<br />

Nella provincia di Firenze il sistema dell’Accordo di integrazione è stato ampiamente<br />

illustrato in apposite sedute del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione (CTI) ed è<br />

stata creata una sezione ad hoc nel sito del CTI, www.immigrazione.regione.toscana.it,<br />

dove sono state raccolte le notizie, le norme, le circolari e le brochure relative<br />

all’Accordo.<br />

60 Circolare n. 1869 del 7 marzo 2012<br />

61 Circolare n. 6831 del 6 novembre 2012.<br />

56


Sono state calendarizzate, fin dal mese di giugno 2012, le prime sessioni di formazione<br />

civica e di informazione sulla vita civile in Italia, suddividendole per gruppo linguistico.<br />

Alla data del 20 novembre 2012 si sono svolte in Prefettura sessioni nelle lingue cinese,<br />

araba, albanese, inglese e spagnola, mentre per le altre minoranze linguistiche la<br />

Prefettura si è avvalsa del Centro Territoriale Permanente (CTP) presso la scuola media<br />

Beato Angelico, sede di CTP, dove è disponibile un laboratorio multimediale con 26<br />

postazioni per la fruizione individuale del “pacchetto video”.<br />

Sono stati sottoscritti 1.689 accordi, 983 stranieri hanno partecipato alle sessioni<br />

“monolingua” e 188 alle sessioni multilingua presso la suddetta scuola; inoltre per 443<br />

stranieri sono state previste sessioni nei prossimi tre mesi, senza oneri per la finanza<br />

pubblica, in quanto i funzionari stessi della Prefettura hanno assicurato lo svolgimento<br />

delle sessioni.<br />

In relazione al contenuto del pacchetto multimediale è stata rilevata una criticità<br />

principale dovuta al fatto che ogni riferimento agli organi di governo locale riguarda la<br />

Regione Emilia Romagna in quanto Ente che ha messo a disposizione le risorse per la<br />

realizzazione del “pacchetto video”; ciò ha causato momenti di incertezza tra i fruitori,<br />

successivamente superati attraverso la presentazione di slide raffiguranti la Regione<br />

Toscana e la provincia di Firenze.<br />

La segreteria del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione ha, infatti, predisposto<br />

alcune slide disponibili in albanese, arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo<br />

contenenti gli indirizzi dei siti internet afferenti la Regione Toscana, oltre ai diversi link<br />

per scaricare la Costituzione, la Carta dei Valori, norme, circolari e guide utili per<br />

l’adempimento dell’accordo, con particolare attenzione ai corsi di lingua italiana,<br />

all’iscrizione al Servizio sanitario regionale e all’obbligo scolastico.<br />

Inoltre, nel corso della sessione formativa, per favorire il processo di integrazione, sono<br />

state distribuite brochure, in diverse lingue, contenenti informazioni sulla salute e la<br />

sicurezza nei luoghi di lavoro, oltre che gli opuscoli “Informasalute” realizzati<br />

dall’INMP (Istituto Nazionale, Salute, Migrazioni e Povertà) e dal <strong>Ministero</strong> della<br />

57


Salute, con il finanziamento dei Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini di Paesi<br />

terzi.<br />

Altra problematicità è rappresentata dal fatto che gli stranieri in possesso del permesso<br />

di soggiorno per lavoro non hanno molto tempo a disposizione per seguire i corsi di<br />

lingua: ciò potrebbe comportare per gli stessi maggiori difficoltà a raggiungere il<br />

numero di crediti previsti, con il rischio di conseguenti sanzioni.<br />

La Prefettura ha formalizzato, in un apposito documento indirizzato al Dipartimento per<br />

le libertà civili e l’immigrazione del <strong>Ministero</strong> dell’Interno, una serie di proposte<br />

migliorative delle procedure collegate alla sottoscrizione dell’accordo d’integrazione.<br />

Più specificamente, è stata segnalata l’esigenza di integrare i contenuti del supporto<br />

multimediale, inserendo, ad esempio, una parte relativa al pagamento del contributo per<br />

il permesso di soggiorno e alla necessità della presenza del datore di lavoro al momento<br />

della presentazione del lavoratore presso lo sportello unico per l’immigrazione, per la<br />

sottoscrizione della richiesta del permesso di soggiorno. Inoltre, tenuto conto che il<br />

sistema dei crediti è finalizzato a favorire l’effettiva integrazione degli immigrati, è stata<br />

prospettata l’opportunità di prevedere specifici e ulteriori crediti connessi all’iscrizione<br />

anagrafica, per sottolineare il valore di questo adempimento, troppo spesso considerato<br />

non necessario da parte di alcune comunità di stranieri.<br />

Con riguardo al sistema informatico, sarebbe opportuno che lo stesso, in analogia a<br />

quanto previsto per il test per la lingua italiana, consentisse l’allocazione dei<br />

sottoscrittori dell’accordo secondo il CAP di residenza. Infatti, poiché tutti i CTP della<br />

provincia saranno presto coinvolti nello svolgimento delle sessioni di formazione civica<br />

e di informazione sulla vita civile in Italia, tale distribuzione risulterebbe estremamente<br />

utile per favorire la partecipazione alle sessioni formative nel luogo maggiormente<br />

vicino a quello di residenza.<br />

5.2. La Spezia<br />

Presso la Prefettura della Spezia, l’accordo di integrazione e la Direttiva congiunta del<br />

Ministro dell’Interno e del Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione<br />

58


del 2 marzo 2012 sono stati illustrati nel corso di un’apposita seduta del Consiglio<br />

Territoriale per l’Immigrazione, ritenuto la sede più consona per favorire la migliore<br />

conoscenza e diffusione della nuova normativa.<br />

Nell’occasione, sono state programmate mirate azioni di comunicazione volte a<br />

promuovere una capillare informazione sul territorio provinciale in modo da garantire<br />

una partecipazione consapevole degli stranieri.<br />

E’ stata, inoltre, acquisita la disponibilità delle associazioni che tutelano i migranti e<br />

delle associazioni dei cittadini stranieri, che si sono impegnate a dare la massima<br />

diffusione alla normativa e a prestare la loro collaborazione alla Prefettura, anche<br />

attraverso il coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità degli stranieri presenti<br />

sul territorio, e a fornire personale volontario di madre lingua e mediatori linguistici che<br />

possano essere presenti durante le sessioni di formazione civica, al fine di agevolare il<br />

cittadino straniero nel percorso formativo.<br />

Nel primo periodo di applicazione della nuova normativa, a causa dell’impossibilità di<br />

reperire strutture idonee, le sessioni di formazione civica si sono svolte presso lo<br />

sportello unico per l’immigrazione durante i giorni di chiusura al pubblico.<br />

Sono subito emerse grosse difficoltà poiché gli stranieri non comprendevano alcuna<br />

parola di italiano e, stante la lunghezza delle sessioni e l'impossibilità di interagire,<br />

riuscivano con estrema difficoltà a seguire con attenzione tutto il modulo.<br />

Su richiesta del CTI, hanno garantito la loro assistenza i mediatori culturali multilingue,<br />

associati a cooperative operanti nel settore, che si sono impegnati, senza oneri per<br />

l’Amministrazione, ad accompagnare gli stranieri nel percorso formativo.<br />

Già dalla prima sessione, i mediatori culturali, in collaborazione con le assistenti sociali<br />

della Prefettura, hanno opportunamente integrato il corso, fornendo puntuali indicazioni<br />

sui servizi offerti in ambito provinciale, soprattutto nei settori scolastico e sanitario. Ciò<br />

ha suscitato maggior interesse nei partecipanti e di conseguenza tale strumento viene<br />

ordinariamente utilizzato nello svolgimento delle sessioni di formazione civica.<br />

59


Successivamente la normativa in questione è stata approfondita nel corso di specifici<br />

incontri del Tavolo interistituzionale per l’Integrazione dei minori stranieri, coordinato<br />

dalla Prefettura, cui hanno partecipato dirigenti di Istituti scolastici e dei Centri per<br />

l’istruzione degli adulti della provincia, che hanno offerto di mettere a disposizione, a<br />

costo zero, strutture scolastiche e personale per la realizzazione di sessioni di<br />

formazione civica.<br />

Tale disponibilità è stata formalizzata con la sottoscrizione, nel mese di giugno, di un<br />

Protocollo di collaborazione interistituzionale tra il Prefetto e il Dirigente dell’Ufficio<br />

Scolastico Provinciale .<br />

Nel Protocollo, in particolare, sono stati individuati, in ambito provinciale, due Centri<br />

per l’istruzione degli adulti e tre Istituti scolastici presso le cui strutture è stato<br />

programmato lo svolgimento delle sessioni di formazione civica e di informazione sulla<br />

vita civica riservate agli stranieri che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione.<br />

Al 30 novembre 2012 risultano sottoscritti 328 accordi di integrazione e realizzate 56<br />

sessioni di formazione civica e di informazione in lingue differenti, di cui 33 presso lo<br />

sportello unico per l’immigrazione, 4 presso la sala multimediale della Provincia e 19<br />

presso gli istituti scolatici che hanno sottoscritto il citato protocollo.<br />

Sono state adottate specifiche misure organizzative per far fronte all’aggravio di lavoro<br />

per gli addetti allo sportello unico, determinato anche dalle difficoltà di fornire<br />

informazioni esaustive a utenti che si esprimono in lingue scarsamente conosciute e per<br />

le quali risulta difficoltoso reperire mediatori linguistici.<br />

Inoltre la sottoscrizione degli accordi, unita alle consuete attività di rilascio del<br />

permesso di soggiorno, ha comportato un allungamento dei tempi di permanenza degli<br />

utenti presso lo sportello unico (circa 40 minuti per ognuno di loro).<br />

Altre difficoltà sono state riscontrate nella gestione degli applicativi informatici relativi<br />

al rilascio del permesso di soggiorno e alla sottoscrizione dell’Accordo in quanto i<br />

software non dialogano, obbligando l’operatore dello Sportello a sospendere un<br />

applicativo e passare all’altro senza la possibilità di utilizzare i dati già inseriti.<br />

60


Capitolo V<br />

Tesi a confronto: i limiti dell’accordo di integrazione<br />

1. Il limite genetico<br />

L’accordo di integrazione è stato concepito dal legislatore del 2009 come lo strumento<br />

attraverso il quale integrare lo straniero legalmente residente nel nostro Paese.<br />

In linea con gli altri Paesi europei e con gli orientamenti, espressi in documenti ufficiali,<br />

dell’Unione Europea, si è ritenuto che anche l’Italia potesse favorire l’integrazione degli<br />

immigrati attraverso un patto, un accordo appunto, tra lo Stato che riconosce l’altrui<br />

identità e lo straniero che vuole - ma dovremmo dire che deve – integrarsi.<br />

Nel nostro Paese l’accordo di integrazione presenta, però, un limite genetico, in quanto<br />

nasce in un contesto culturale in cui ancora sono forti le spinte di chi mira a<br />

salvaguardare l’unità e la compattezza sociale delle nostre istituzioni piuttosto che<br />

favorire una vera e propria inclusione degli stranieri. L’accordo è stato concepito come<br />

strumento di controllo della migrazione e molto poco come mezzo per dare opportunità<br />

di inserimento allo straniero.<br />

Già, come si è detto in altra parte di questo lavoro, l’inserimento della figura giuridica<br />

dell’accordo di integrazione nel Titolo II del Testo unico sull’immigrazione, dedicato<br />

alle politiche di ingresso, ed in particolare rubricato “Disposizioni sull’ingresso, il<br />

soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato”, anziché all’interno del Titolo<br />

V, capo IV, rivolto alla politiche di integrazione sociale, esprime la precisa volontà del<br />

legislatore del 2009.<br />

L’obiettivo era, infatti, quello di disciplinare, nel pacchetto sicurezza, una nuova e<br />

selettiva modalità di ingresso degli stranieri nel nostro Paese, puntando su una maggiore<br />

responsabilizzazione degli immigrati e una loro adesione ai valori e ai principi<br />

identitari della “cultura di casa”.<br />

61


L’articolo 4-bis, partendo da una inedita definizione normativa di integrazione<br />

implicherebbe un rapporto di reciprocità, nel rispetto dei valori costituzionali, che si<br />

viene ad instaurare tra Stato e straniero, fondato sulla volontarietà e non<br />

sull’imposizione.<br />

Il comma 2, del citato articolo 4-bis, nel prevedere che “i criteri e le modalità per la<br />

sottoscrizione (…) di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l’impegno<br />

a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità<br />

del permesso di soggiorno (…) la perdita integrale dei crediti determina la revoca del<br />

permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato (…)”,<br />

evidenzia chiaramente come si sia puntato a vincolare lo straniero verso un percorso<br />

obbligato, con sanzioni, anche gravi, quali l’espulsione dal territorio nazionale, in caso<br />

di inadempimento a tali doveri.<br />

Va detto, preliminarmente, che sono state espresse in dottrina e nel dibattito<br />

parlamentare che ha preceduto l’approvazione della legge n. 94 del 2009 molte<br />

perplessità sulla opportunità di costituire un secondo titolo di soggiorno, che si<br />

affiancherebbe al consueto permesso di soggiorno, condizionandone l’efficacia.<br />

2. Gli altri limiti<br />

Al di là delle opportunità politiche vi sono stati anche rilievi critici sul piano giuridico,<br />

con riferimento al rinvio, posto dall’articolo 4-bis, alla fonte secondaria regolamentare<br />

dell’individuazione dei criteri e delle modalità della sottoscrizione dell’accordo.<br />

Abbiamo già ricordato in altra parte del lavoro (si veda cap. III) che l’articolo 10,<br />

comma secondo, della Costituzione, prevede che “La condizione giuridica dello<br />

straniero è disciplinata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati<br />

internazionali”. Si tratterebbe di una riserva di legge rinforzata, dal punto di vista dei<br />

contenuti, che prevede la necessità che la legge sia conforme alle norme e ai trattati<br />

internazionali.<br />

62


Il fatto che il legislatore del 2009 abbia rinviato ad una fonte regolamentare<br />

implicherebbe una illegittimità costituzionale, che varrebbe anche se si ritiene che la<br />

riserva sia da intendersi relativa, posto che la norma primaria, non indicando i criteri, ha<br />

lasciato ampia discrezionalità sulla definizione dei contenuti alla fonte secondaria.<br />

Inizialmente era stata sollevata la questione relativa alla poca chiarezza dei destinatari<br />

dell’accordo di integrazione, e cioè se la norma riguardasse solo coloro che chiedono<br />

per la prima volta il permesso di soggiorno o anche coloro che ne richiedono il rinnovo,<br />

la conversione e che sono, in sostanza, già titolari del permesso di soggiorno scaduto.<br />

Il regolamento ha precisato che il termine “rilascio” è da riferirsi allo straniero “che fa<br />

ingresso per la prima volta nel territorio nazionale (…) e presenta istanza di rilascio<br />

del permesso di soggiorno (…) di durata non inferiore a un anno”.<br />

Come si è visto, due sono gli adempimenti centrali richiesti allo straniero nel primo<br />

biennio di soggiorno: “acquisire un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana<br />

parlata equivalente almeno al livello A2 di cui al quadro comune europeo”, partecipare<br />

a una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia “di<br />

durata non inferiore a cinque e non superore a dieci ore”.<br />

Entrambi gli adempimenti sono certamente coerenti con l’obiettivo di promuovere la<br />

convivenza tra cittadini italiani e stranieri nel rispetto dei valori costituzionali. La lingua<br />

è ovviamente uno strumento essenziale per la convivenza e per la partecipazione alla<br />

vita del Paese; lo stesso vale per l’informazione sulla vita civile e la formazione civica.<br />

Il livello A2 di conoscenza della lingua parlata risulta, però, abbastanza limitato. Tale<br />

livello non può consentire una partecipazione e una convivenza, trattandosi solo della<br />

capacità di formulare e comprendere frasi molto semplici che un immigrato che risiede<br />

nel territorio nazionale già raggiunge da solo dopo due anni.<br />

Il modello francese è parimenti poco efficace sotto questo profilo, mentre di livello<br />

certamente superiore è la disciplina dei corsi di integrazione in Germania dove si<br />

prevede il raggiungimento del livello B2 di conoscenza del tedesco dopo 600 ore di<br />

lezione.<br />

63


Analoghe considerazioni possono svilupparsi con riferimento alla sessione di<br />

formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia di durata non inferiore a<br />

cinque e non superiore a dieci ore. Si tratta di misure del tutto insufficienti se si pensa<br />

che in Germania sono previsti corsi su valori, diritto, cultura della società di 45 ore.<br />

Senza soffermarsi troppo sulle differenze con gli altri istituti di integrazione in uso nei<br />

Paesi europei, su cui si rinvia al capitolo II, si può notare come altrove il modello di<br />

integrazione non appaia così compresso come invece si presenta il nostro.<br />

Se leggiamo l’articolo 2 del regolamento, vediamo che lo straniero deve dimostrare di<br />

conoscere non solo i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana<br />

ma anche l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia, in<br />

particolare con riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del<br />

lavoro e degli obblighi fiscali.<br />

Si tratta di un impegno particolarmente gravoso se si considera che ci troviamo di fronte<br />

ad uno straniero di recente arrivo in Italia, con una conoscenza linguistica il più delle<br />

volte molto limitata.<br />

Peraltro, i percorsi di formazione linguistica e civica dovrebbero iniziare, secondo<br />

quanto richiesto dall’Unione Europea, già nel Paese di provenienza con il<br />

coinvolgimento anche delle istituzioni locali e attraverso pratiche - e non solo attività di<br />

studio come si richiede da noi - sui temi della partecipazione pubblica.<br />

La previsione, all’articolo 3, di una sessione gratuita di formazione civica da impartire<br />

ai sottoscrittori dell’accordo impone allo straniero un grande sforzo di apprendimento,<br />

in appena cinque ore, di tutte le conoscenze previste dagli articoli 2 e 3 del regolamento.<br />

E’ infatti impossibile pretendere che in appena cinque, massimo dieci, ore, lo straniero<br />

possa davvero acquisire, come il regolamento presume, tutte le conoscenze<br />

corrispondenti a: diritti e doveri degli stranieri in Italia, diritti e doveri reciproci dei<br />

coniugi, doveri dei genitori verso i figli secondo l’ordinamento giuridico italiano, anche<br />

con riferimento all’obbligo di istruzione, principali iniziative a sostegno del processo di<br />

64


integrazione degli stranieri nel territorio della provincia di residenza; normativa di<br />

riferimento in materia di salute e sicurezza del lavoro.<br />

La difficoltà di apprendimento acquista particolare importanza se si pensa che la<br />

sanzione, in caso di esito negativo della verifica, può comportare l’espulsione dello<br />

straniero dal territorio nazionale. Si tratta di una eccessiva rigorosità a cui non<br />

corrispondono adeguate garanzie di fruibilità dei corsi da parte dello Stato: sedi vicine,<br />

raggiungibili facilmente.<br />

L’articolo 4 rinvia agli allegati B e C per l’individuazione dei crediti da attribuire o<br />

diminuire al sottoscrittore dell’accordo, prevedendo che la decurtazione può verificarsi<br />

sulla base di pronunce anche non definitive. E’ evidente anche qui la rigorosità della<br />

norma soprattutto se si pensa che si potrebbero verificare situazioni di successive<br />

assoluzioni di stranieri nel frattempo già espulsi.<br />

E’ da rilevare ulteriormente la gravità della sanzione della perdita di tutti i crediti in<br />

caso di mancato adempimento dell’obbligo scolastico per i figli minori. Senza volersi<br />

soffermare sul dato che in Italia la dispersione scolastica è un fenomeno molto esteso e<br />

per nulla focalizzato sui soli stranieri, non si può non sottolineare che l’espulsione dello<br />

straniero inadempiente, oltre a produrre intuibili gravi ripercussioni sui minori, verrebbe<br />

a vanificare qualunque progetto di integrazione .<br />

Inoltre, nella disciplina dell’accordo di integrazione mancano reali e concreti vantaggi<br />

premiali che, invece, lo Stato dovrebbe riconoscere nei confronti dello straniero che<br />

consegue il percorso di integrazione e, in particolar modo, per coloro che abbiano<br />

maturato più crediti di quelli necessari (si potrebbe pensare che chi raggiunge crediti<br />

superiori a 30 possa rinnovare il permesso di soggiorno senza oneri).<br />

Ma soprattutto spicca un altro forte limite dell’accordo di integrazione: la mancanza<br />

della reciprocità, della sinallagmaticità.<br />

Il nostro accordo di integrazione, in realtà, non è un vero e proprio accordo ma un atto<br />

in cui, pur sottoscritto da entrambe le parti, solo un unico soggetto è chiamato ad<br />

impegnarsi: lo straniero. Gli obblighi a cui è tenuto lo Stato appaiono irrisori: un mero<br />

65


dovere di favorire l’adempimento da parte degli immigrati dei propri obblighi. In più va<br />

osservato che, a fronte degli obblighi gravanti sullo straniero, gli impegni dello Stato (in<br />

sostanza: creare sessioni di apprendimento della vita civile italiana) non devono<br />

comportare oneri aggiuntivi.<br />

Si è parlato, in dottrina, infatti, di una “forma contrattuale messa al servizio della<br />

disciplina amministrativa delle autorizzazioni al soggiorno, la quale unilateralmente ne<br />

determina il contenuto, perseguendo nel contempo un intento pedagogico di maggiore<br />

adesione dell’amministrato al programma statale…” 62 .<br />

Si è tentato di recuperare i termini della reciprocità prevedendo l’adesione alla Carta dei<br />

valori della cittadinanza e dell’integrazione, che è un allegato dell’accordo, e che<br />

dovrebbe dar luogo ad un vero e proprio “patto tra cittadini ed immigrati”.<br />

Il richiamo alla Carta, sebbene questa sia nata in un contesto emergenziale ed<br />

islamocentrico, potrebbe determinare l’instaurarsi di un nuovo rapporto tra Stato e<br />

straniero, in quanto, proprio attraverso l’adesione alla Carta, l’Italia si dovrebbe<br />

impegnare a garantire, più concretamente, l’eguaglianza e promuovere lo sviluppo di<br />

chiunque si trovi a vivere sul territorio, a sostenere chiunque subisca discriminazioni, a<br />

estendere a tutti gli immigrati i diritti sociali, a promuoverne un cammino di<br />

integrazione rispettoso delle identità di ciascuno e che porti ad un’effettiva e piena<br />

partecipazione alla vita del Paese.<br />

Non sono mancati rilievi critici sull’adesione alla Carta in considerazione dei richiami<br />

in essa contenuti al cristianesimo e all’ebraismo su cui l’Italia e l’Europa si fondano. Si<br />

è ritenuto, infatti, che tali richiami in uno Stato che si professa laico, nel quale non<br />

dovrebbe esservi alcun favor per l’una o l’altra religione, darebbero luogo ad una<br />

contraddizione con la nostra Costituzione pluralista che riconosce la libertà religiosa.<br />

Tutti questi limiti che si rinvengono nell’analisi dell’accordo di integrazione,<br />

evidenziano come sia necessaria una revisione critica che sembrerebbe già avviata in<br />

sede amministrativa, in particolare con la direttiva congiunta dei Ministri dell’Interno e<br />

62 Si veda P. Morozzo della Rocca, Entra in vigore.., cit. ed ivi i riflessi di natura civilistica delle forme<br />

giuridiche contrattuali e pattizie.<br />

66


della Cooperazione internazionale e l’integrazione del 2 marzo 2012 indirizzata ai<br />

Prefetti. La direttiva sembra, infatti, spingersi verso una più compiuta concezione<br />

dell’accordo di integrazione, correggendo, in un certo senso, anche il tiro sulla natura<br />

dell’accordo medesimo.<br />

Infatti nella direttiva si fa richiamo alla connotazione giuridica di contratto a prestazioni<br />

corrispettive, assunta nei Paesi europei, in cui “lo straniero assume l’obbligo di<br />

integrarsi nello Stato in cui dimora, attraverso la conoscenza della lingua nazionale,<br />

dei principi fondamentali della Costituzione e dell’organizzazione e funzionamento<br />

delle istituzioni pubbliche e con la frequenza di corsi di formazione ed altro, mentre lo<br />

Stato assume l’obbligo di fornirgli a titolo gratuito o a condizioni particolarmente<br />

agevolate i corsi di formazione linguistica e culturale e servizi di orientamento”.<br />

67


Capitolo VI<br />

Tesi a confronto: l’accordo di integrazione; più luci che ombre<br />

1. Dall’atto di accusa al multiculturalismo ai contratti di integrazione<br />

L’introduzione dell’istituto dell’accordo di integrazione nell’ordinamento giuridico<br />

italiano va necessariamente “letta” nel contesto del dibattito internazionale su quello che<br />

è stato definito il “fallimento del multiculturalismo”.<br />

Leaders europei, da Tony Blair a David Cameron 63 , in numerose occasioni ufficiali,<br />

hanno sostenuto che il multiculturalismo ha fallito: in realtà, la sensazione è che<br />

quest’accusa sia dovuta all’accresciuta rilevanza dei temi legati all’immigrazione nelle<br />

agende politiche nazionali.<br />

Un po’ ovunque, infatti, si è registrata una maggiore concentrazione sul controllo degli<br />

ingressi e una lotta più dura al fenomeno dell’immigrazione irregolare.<br />

In un simile scenario, contrassegnato dalla pressante richiesta da parte delle opinioni<br />

pubbliche di chiusure e restrizioni, la maggior parte dei governi nazionali europei si è<br />

orientata nel senso di prendere le distanze dal credo multiculturalista, tornando a una<br />

visione e a una retorica politica di tipo assimilazionista, peraltro anch’essa in crisi.<br />

Con gli attentati del 2001 questo cambiamento di sensibilità politica è divenuto più<br />

evidente e pervasivo.<br />

E’ in questo nuovo contesto politico che sono sorti e si sono diffusi i contratti<br />

d’integrazione, sovente accompagnati da altre misure, caratteristiche di una più rigida<br />

disciplina in materia di accessi alla cittadinanza e di controlli propedeutici al rilascio del<br />

permesso di soggiorno.<br />

63 Dal discorso di David Cameron alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera (febbraio 2010):<br />

“Sotto la dottrina del multiculturalismo di Stato, abbiamo incoraggiato culture differenti a vivere vite<br />

separate, staccate l’una dall’altra e da quella principale. Non siamo riusciti a fornire una visione della<br />

società, alla quale sentissero di voler appartenere.”.<br />

68


Sarebbe ingenuo, oltre che ipocrita, negare che dietro i contratti di integrazione c’è una<br />

preoccupazione degli Stati riceventi circa la lealtà dei nuovi arrivati. Esiste, cioè,<br />

un’esigenza di “filtrare” gli immigrati sotto il profilo della disponibilità e della volontà<br />

di essere politicamente e socialmente leali nei confronti dei Paesi riceventi, sia sotto il<br />

profilo della sicurezza, che dell’identità culturale.<br />

La richiesta di lealtà è richiesta di adesione, o quanto meno di conformità alle norme e<br />

ai comportamenti in materia di sicurezza pubblica, ma anche al più difficilmente<br />

definibile complesso di istituzioni, di regole, di pratiche sociali, modalità di vivere, che<br />

hanno a che fare con una, vera o presunta, identità culturale.<br />

Le società europee appaiono frastornate dalla percezione di una crescente eterogeneità<br />

della popolazione insediata, per lingua, religione, usi, pratiche familiari, modalità di<br />

concezione dei rapporti fra generi. L’idea che la cosiddetta “superdiversità” 64 sia una<br />

minaccia per la coesione sociale induce a ritenere che qualcosa debba farsi non più per<br />

accettare o legittimare la diversità, quanto piuttosto per ricompattarla, per ricondurla a<br />

una pluralità compatibile di modelli di vita all’interno delle coordinate delle democrazie<br />

europee.<br />

E’ vero: non tutte le diversità sembrano essere nocive dal punto di vista della coesione<br />

sociale. Si pensi ai calciatori, agli artisti, ai cantanti, agli uomini d’affari, agli<br />

imprenditori. Ci sono categorie di stranieri, quelli riscattati dall’eccellenza individuale<br />

delle proprie prestazioni, o dal proprio censo, che sfuggono alla percezione di una<br />

diversità dirompente. Alcuni stranieri, da qualunque paese provengano, qualunque<br />

religione professino, sono ben accetti. Per dirla con uno slogan, “la ricchezza<br />

sbianca” 65 .<br />

64 L’insieme di tutte le variabili che concorrono, in maniera diversa, a creare nuove “categorie” di<br />

migranti tra loro profondamente dissimili è stato nella letteratura antropologica descritto col termine<br />

riassuntivo di “superdiversità” da Vertovec S., Super-diversity and its implications, in Ethnic and Racial<br />

Studies, Vol. 30, n. 6, novembre 2007,<br />

65 M.Ambrosini, L’integrazione degli immigrati e la questione della padronanza linguistica: il caso<br />

italiano in prospettiva europea in Atti del Seminario “L’ABC dell’accordo di integrazione”, Bologna,<br />

2012.<br />

69


E’ la diversità associata alla povertà che crea problemi e che viene avvertita come<br />

superdiversità dirompente. Si tratta, peraltro, della diversità delle maggioranze.<br />

Il discorso cognitivo sottintende tuttavia valenze politico-normative e identitarie. Esiste<br />

un dilemma che angustia i regimi sensibili ai diritti umani: all’esigenza di operare, per<br />

così dire, una selezione degli immigrati, si affianca, o meglio si contrappone, la<br />

consapevolezza della problematicità, sotto molteplici aspetti – giuridici,<br />

socioeconomici, etici - di una simile scelta politica.<br />

Si vuole individuare il grado di adesione a valori, ma uno Stato democratico non può<br />

sondare i valori. Si pone allora la necessità di individuare variabili, indicatori, che<br />

possano essere legittimamente verificati, misurati e che in qualche modo possano<br />

attestare la volontà politica e sociale di integrarsi, di vivere lealmente nel Paese<br />

ricevente.<br />

2. La coerenza degli impegni<br />

Nell’accordo di integrazione, le variabili assunte a indicatori vengono collocate<br />

nell’alveo di una nozione di integrazione che, come è stato più volte evidenziato, è vista<br />

non come una situazione, eventualmente posta come obiettivo, ma come un vero e<br />

proprio percorso scandito da impegni, reciproci, concernenti la partecipazione “alla vita<br />

economica sociale e culturale della società”.<br />

Si può dire che la risposta alla sfida della superdiversità venga ricercata nella richiesta ai<br />

nuovi arrivati di diventare “più simili” nei confronti della popolazione residente. Si è<br />

dunque in presenza di una richiesta di “assimilazione”, ma nel senso, per così dire,<br />

etimologico, del termine.<br />

Nel contesto attuale, infatti, la spinta all’assimilazione deve confrontarsi con i diritti<br />

umani e con la preoccupazione di integrare gli immigrati, e cioè di riuscire a realizzare<br />

ambiti di relazioni pacifiche, di reciproca accettazione, di buon vicinato.<br />

E’ allora sicuramente coerente con il quadro delineato la previsione dell’attribuzione di<br />

crediti a favore di quanti provvedano ad avviare e sostenere i figli agli studi, che è<br />

70


dovere di ogni genitore, italiano e straniero. L’insegnamento è diretto alla formazione<br />

della persona: frequentare corsi di studi scolastici costituisce il modo migliore per<br />

arricchire le proprie conoscenze, per sentirsi parte di una comunità e condividere con i<br />

compagni di corso diritti e impegni.<br />

Lo stesso dicasi per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale. La salute è un bene<br />

prezioso per l’umanità intera come per il singolo individuo. I trattamenti sanitari sono<br />

effettuati nel rispetto della volontà della persona, della sua dignità, tenendo conto della<br />

sensibilità di ciascuno. Cittadini italiani e immigrati hanno diritto ad essere curati<br />

gratuitamente nelle strutture pubbliche del nostro Paese.<br />

E nella medesima ottica si colloca la specifica previsione di premialità collegate al<br />

rispetto delle norme a tutela delle parti di contratti di compravendita o locazione di<br />

immobili, e alla partecipazione a programmi di formazione, quale fondamentale<br />

strumento di sviluppo e perfezionamento delle capacità lavorative.<br />

Un breve approfondimento meritano inoltre “la sessione di formazione civica e di<br />

informazione sulla vita civile in Italia”, prevista come primo passo da sostenere,<br />

gratuitamente, presso gli sportelli unici per l’immigrazione delle Prefetture, e gli<br />

ulteriori crediti conseguibili in relazione a livelli crescenti di conoscenza della cultura<br />

civica nel nostro Paese.<br />

In questo caso, non può non cogliersi il forte legame con il riferimento ai valori sanciti<br />

dalla Costituzione italiana, contenuto nell’art. 4-bis della legge n.94/2009, che funge<br />

innanzitutto da limite, nel senso che, ad esempio, il rapporto con la cucina o il modo di<br />

vestirsi degli italiani poco o nulla ha a che fare con l’integrazione, perché la convivenza<br />

secondo i valori costituzionali non dipende da questo.<br />

Per la verità, non è mancata la tendenza ad assumere come riferimento dell’integrazione<br />

un intero stile di vita considerato tipico del popolo ricevente. Ma già nella Scuola di<br />

Chicago l’interiorizzazione dei valori e dei modelli di comportamento della società non<br />

sempre è riferita alla totalità di quei valori e modelli.<br />

71


Nell’accordo di integrazione, affinché i migranti possano divenire membri a pieno titolo<br />

della società, non è pretesa un’interiorizzazione totale, né si chiede un’assimilazione<br />

culturale. L’enfasi viene posta su ciò che rileva nella sfera pubblica, implicando<br />

l’integrazione non già una totale rinuncia alla propria identità culturale, ma un’adesione<br />

ai diritti dell’uomo, all’eguaglianza, alla democrazia, allo stato di diritto e alla divisione<br />

dei poteri.<br />

Né si può pensare che si tratti di linee di azione inutili, perché gli immigrati già<br />

sarebbero preparati a riguardo o comunque si svilupperebbero processi spontanei di<br />

acquisizione: l’esperienza dimostra che non è così.<br />

3. Non solo conoscenza della lingua<br />

Ma è soprattutto attraverso la verifica del grado di conoscenza della lingua che lo Stato<br />

può svolgere quell’azione di “sondaggio” finalizzata, da un lato, a misurare la lealtà dei<br />

nuovi arrivati, dall’altro a promuoverne l’integrazione.<br />

Va detto che le ricerche realizzate in materia di integrazione dei migranti hanno<br />

considerato la capacità di comprendere e di farsi comprendere, per lo più, come uno<br />

strumento indispensabile perché il processo di inclusione si realizzi, piuttosto che un<br />

indicatore di integrazione a sé stante 66 . La conoscenza della lingua è vista come un<br />

importante tassello dell’intero puzzle, ma non basterebbe di per sé a dire che la persona<br />

è inserita o meno.<br />

Accanto alla conoscenza e all’utilizzo della lingua, l’indice di integrazione è costruito<br />

anche sulla base dell’accesso all’informazione, all’interesse per gli avvenimenti che<br />

accadono nel paese ricevente, al benessere auto-percepito e al senso di appartenenza.<br />

L’indicatore linguistico è significativo nella misura in cui viene calcolato insieme a<br />

quelli di integrazione sociale, politica ed economica. Ciò in quanto può verificarsi che<br />

una comunità o un singolo individuo risultino particolarmente integrati in una<br />

66 Tra queste: N. Acocella, E. Sonnino, Movimenti di persone e movimenti di capitali in Europa, Bologna,<br />

2003; Cesareo, Blangiardo, Indici di integrazione. Un'indagine empirica sulla realtà migratoria italiana.<br />

FrancoAngeli, 2010<br />

72


dimensione, ma non nelle altre: si pensi ai cinesi i quali, a fronte di un elevato livello di<br />

integrazione economica, raggiungono risultati molto bassi nel campo dell’integrazione<br />

culturale, sociale e politica.<br />

E’ fuori discussione, peraltro, che la base linguistica sia sicuramente utile per fare capire<br />

il proprio pensiero e le proprie esigenze e per cogliere quelle altrui. Nella complessità<br />

del processo di integrazione la padronanza linguistica rappresenta il principale<br />

strumento nelle mani dello straniero che si accinge a inserirsi nel tessuto della società di<br />

accoglienza.<br />

Questi elementi assumono rilievo fondamentale anche nei Paesi relativamente giovani<br />

dal punto di vista dell’immigrazione, come l’Italia, dove si constata la presenza di un<br />

multiculturalismo di fatto, quotidiano, che cammina e avanza ogni giorno,<br />

indipendentemente dalle leggi, dalla politica , dalle retoriche.<br />

Nelle scuole italiane sono presenti circa 800mila figli di famiglie immigrate. La<br />

multietnicità sarà un fattore preponderante nel nostro Paese, anzi lo è già. Con o senza<br />

cittadinanza, con o senza dotazione di diritti, il volto giovane dell’Italia sarà un volto<br />

plurale, un volto “a colori”. Nei mercati del lavoro, ma anche dell’imprenditoria, la<br />

componente degli immigrati cresce, persino in tempi di crisi, com’è avvenuto per effetto<br />

della regolarizzazione del 2009 e del decreto-flussi 2011. Sempre più frequentemente<br />

gli stessi rapporti di vicinato nei quartieri cittadini sono rapporti misti.<br />

La conoscenza della lingua e la sua certificazione possono allora essere concepite e<br />

valorizzate su una molteplicità di piani.<br />

Si consideri, innanzitutto, che alla conoscenza linguistica può essere riconosciuto un<br />

importante ruolo sul piano psicologico, dal momento che la possibilità di esprimersi, e<br />

di capire, conferisce alla persona quella forza in più per affrontare le molteplici<br />

difficoltà insite nel cammino verso l’accettazione da parte dell’altro.<br />

Vi è la tendenza a considerare il senso di paura dell’autoctono legato alla presenza dello<br />

straniero, tralasciando l’esistenza di un disagio opposto, rappresentato dal timore<br />

dell’immigrato di essere ingannato sulla base proprio della sua scarsa capacità di<br />

73


comprendere le sfumature del “detto e del non detto”. Dal punto di vista della società,<br />

l’apprendimento della lingua ufficiale da parte degli immigrati che risiedono sul<br />

territorio consente di diminuire i rischi legati alla formazione di ghetti e di “comunità<br />

chiuse”. 67<br />

Inoltre, pur con le difficoltà che la ricerca comporta, sembra piuttosto consolidato che<br />

chi conosce meglio la lingua del paese ricevente ha maggiori possibilità di trovare e<br />

conservare un lavoro e, in misura più limitata, di progredire nel mercato del lavoro.<br />

Quando gli imprenditori vengono interrogati sul perché gli immigrati non vengono<br />

promossi a qualifiche superiori, la risposta di gran lunga più ricorrente è “per carenza di<br />

conoscenze linguistiche”.<br />

Ma vi è un ulteriore aspetto, che è quello degli atti di cittadinanza, intesi non solo come<br />

atti della vita quotidiana, ma anche come atti di esercizio di determinate forme di<br />

partecipazione politica indiretta.<br />

L’esempio tipico è il sindacato. Per partecipare a questa forma di organizzazione della<br />

vita pubblica sono evidentemente indispensabili competenze linguistiche. Ma si pensi<br />

anche alle associazioni, che pure in Italia, come già in altri paesi, sono un tassello della<br />

governance della società multietnica. Tutte queste forme partecipative e gli atti di<br />

cittadinanza connessi richiedono un’adeguata competenza linguistica, e imparare<br />

l’italiano vuol dire essere più attrezzati per prendere parte attivamente alla vita pubblica,<br />

sociale e politica.<br />

Vi è, in definitiva, una correlazione diretta fra il livello di conoscenza della lingua e le<br />

diverse dimensioni dell’integrazione: il sapersi esprimere e il capire i propri<br />

interlocutori rappresenta un primo e importante canale di costruzione di una propria rete<br />

relazionale e di interazione nel mondo del lavoro, ma non solo.<br />

Gli studi realizzati in materia permettono di sottolineare come, anche se è<br />

intuitivamente rilevabile, esista un legame tra il livello di integrazione globale e, per<br />

esempio, l’anzianità migratoria, la presenza dei figli minori, la vicinanza culturale.<br />

67 M.D’Odorico, La conoscenza della lingua del paese di destinazione, in XVII Rapporto sulle<br />

migrazioni, Fondazione ISMU, 2011.<br />

74


Elementi, questi ultimi che richiamano un assiduo contatto con la società di accoglienza,<br />

e quindi con la cultura maggioritaria, reso più semplice sicuramente dalla conoscenza<br />

della lingua ufficiale.<br />

Va da sé che questi due fattori, ossia la possibilità di esprimersi e di comprendere e<br />

l’opportunità di inserirsi in contesti di interazione, si autoalimentano. Più una persona<br />

riesce a parlare con e a capire l’altro, più è in grado di creare situazioni di incontro e di<br />

dialogo utili per contribuire, a loro volta, a migliorare la padronanza linguistica.<br />

4. Perché SI’ all’accordo d’integrazione<br />

Nella circolare congiunta del Ministro dell’Interno e del Ministro per la cooperazione<br />

internazionale e l’integrazione del 2 marzo 2012, è enunciato il principio che una reale<br />

inclusione sociale si realizza attraverso la conoscenza dei principi fondamentali<br />

dell'ordinamento, dei valori espressi dalla carta costituzionale e del funzionamento delle<br />

istituzioni pubbliche, nonché della lingua dello Stato ospitante.<br />

Volendo esplicitare il principio con specifico riferimento al nostro Paese, si può<br />

sicuramente affermare che imparare l’italiano, andare a scuola, conoscere i principi<br />

fondamentali della Costituzione italiana, accedere ai servizi sanitari, prepararsi al<br />

lavoro, sono strumenti essenziali per esercitare i propri diritti ed i propri doveri secondo<br />

nuove e inderogabili regole di convivenza.<br />

Con la sottoscrizione dell’accordo di integrazione, il conseguimento di questi risultati<br />

diviene un obiettivo alla portata di tutti i cittadini stranieri, i quali assumono<br />

consapevolmente l’impegno a rispettare il sistema di crediti correlato all’istituto e<br />

introdotto per evitare che, come oggi purtroppo ancora accade, gli immigrati, anche<br />

dopo anni di soggiorno, mostrino carenze nella conoscenza dell'italiano o<br />

nell'educazione civica, o contribuiscano significativamente alla piaga dell'evasione<br />

scolastica.<br />

75


Per anni ai più diversi livelli istituzionali si è immaginato che gli stranieri emigrassero<br />

mossi da esigenze economiche congiunturali, coltivando esclusivamente l’aspirazione a<br />

tornare nel paese d’origine.<br />

Il varo dell’accordo di integrazione esprime, invece, la consapevolezza e l’ufficiale<br />

accettazione del dato di fatto della tendenza degli immigrati a radicarsi. Anzi, la<br />

disciplina configura il radicamento come l'ipotesi normale.<br />

E sarebbe estremamente ingeneroso sostenere che lo Stato non stia assumendo<br />

particolari impegni nell’intraprendere questo delicato e complesso percorso<br />

d’integrazione, che, nel reciproco interesse, è chiamato ad affrontare insieme ai nuovi<br />

arrivati.<br />

Si pensi, a titolo esemplificativo, che con decreto del 1° ottobre 2012, l’Autorità<br />

responsabile del "Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi" 2007-<br />

2013, a fronte di una dotazione complessiva del Fondo, per l’anno 2012, di 34 milioni<br />

di euro, ha destinato ben 19.500.000 euro alla realizzazione di interventi per la<br />

cosiddetta Azione 1, avente a oggetto proprio gli ambiti "Formazione linguistica ed<br />

educazione civica".<br />

E ancora. Nell’Accordo Quadro del 7 agosto 2012 tra il <strong>Ministero</strong> dell'Interno ed il<br />

<strong>Ministero</strong> dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Linee guida per la<br />

progettazione dei percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana<br />

predisposte dal <strong>Ministero</strong> dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), si afferma<br />

espressamente che un efficace svolgimento degli adempimenti previsti dal DPR<br />

n.179/2011 relativi, in particolare, alle sessioni di formazione civica e di informazione e<br />

ai test per l'assegnazione dei crediti relativi alla conoscenza della lingua italiana, della<br />

cultura civica e della vita civile in Italia, “si realizza attraverso il potenziamento della<br />

collaborazione interistituzionale”, e si conviene di incrementare l'offerta dei corsi, di<br />

cui all'articolo 6, comma 1 dell'Accordo, attraverso la promozione di specifici progetti<br />

pilota in coerenza con il piano nazionale degli interventi in materia di integrazione<br />

linguistica e sociale promosso da quei Ministeri.<br />

76


Conclusioni<br />

All’indomani dell’entrata in vigore dell’accordo di integrazione si sono levate voci<br />

fortemente critiche nei confronti dell’istituto e della sua adeguatezza a perseguire reali<br />

percorsi di integrazione degli immigrati.<br />

Non sono mancati ironici riferimenti a un accordo “stonato”, sbilanciato a carico degli<br />

stranieri, e come tale inidoneo a fungere da strumento attraverso il quale consentire ai<br />

nuovi arrivati di acquisire progressivamente piena consapevolezza dei doveri da<br />

osservare nel rispetto della società che li accoglie ma anche dei diritti loro<br />

riconosciuti 68 .<br />

Appare opportuno, invece, che gli aspetti sin qui considerati vengano compresi e<br />

valutati alla luce di un efficace ossimoro che è stato utilizzato proprio a proposito<br />

dell’accordo di integrazione: ci sono vincoli che emancipano 69 .<br />

Anche l’istruzione obbligatoria fu percepita come una costrizione, un vincolo, una<br />

forzatura che impoveriva le famiglie, private di un aiuto per le attività agricole e<br />

pastorali.<br />

Eppure, quel vincolo ha consentito l’emancipazione dall’analfabetismo e dalla<br />

sudditanza culturale nei confronti delle élite dominanti.<br />

La politica degli obblighi di apprendimento linguistico e degli altri impegni legati<br />

all’accordo di integrazione va, dunque, riconosciuta e valorizzata sotto questo aspetto:<br />

norme concepite anche, se non soprattutto, per rispondere alla crescente domanda di<br />

sicurezza, ma capaci di diventare risorse per l’integrazione e la promozione degli<br />

immigrati.<br />

La concreta realizzazione delle potenzialità contenute in queste norme dipenderà, come<br />

è inevitabile, dalla loro applicazione effettiva.<br />

68 Si veda, in proposito, Paolo Morozzo della Rocca, Entra in vigore l’accordo…cit.<br />

69 Si veda M. Ambrosini, Atti del Seminario “L’ABC dell’accordo di integrazione, cit.<br />

77


Dipenderà da aspetti quali la progettualità, le forme di accompagnamento, la pedagogia<br />

interculturale.<br />

Ma anche dal rapporto con altre misure di integrazione: la sicurezza abitativa, la qualità<br />

dei quartieri e della vita urbana, la stabilità del lavoro, perché i progetti formativi, per<br />

avere successo, necessitano di un minino di radicamento e di tranquillità delle persone<br />

che vi sono coinvolte.<br />

Dipenderà, infine, dalla capacità dello Stato di sensibilizzare i cittadini italiani sulla<br />

necessità di favorire la pacifica convivenza e di rinnovare il loro naturale spirito di<br />

accoglienza, nel rispetto delle diversità culturali.<br />

E dalla disponibilità di ognuno di noi a rimuovere ogni pregiudizio e a riconoscere il<br />

grande contributo che l’immigrazione ha già offerto ed è in grado di offrire al benessere<br />

economico e sociale delle nostre comunità e dell’intera Nazione.<br />

78


Bibliografia<br />

ACOCELLA N. – SONNINO E.<br />

AMBROSINI M.<br />

Movimenti di persone e movimenti di capitali in<br />

Europa, Bologna 2003<br />

L’integrazione degli immigrati e la questione della<br />

padronanza linguistica: il caso italiano in<br />

prospettiva europea, in Atti del Seminario L’ABC<br />

dell’Accordo di integrazione, Bologna 2012<br />

CARRA F. - FIORINI P. Il contratto di integrazione in Francia:<br />

un’esperienza quinquennale, in XVII Rapporto<br />

sulle migrazioni, Fondazione ISMU (a cura di),<br />

2011<br />

CESAREO V.<br />

CESAREO V. – BLANGIARDO<br />

G.C.<br />

CESAREO V. – BLANGIARDO<br />

G.C.<br />

CODINI E.<br />

Si fa presto a dire integrazione, ma è necessario<br />

partire dalle persone e dai contesti, in<br />

Libertàcivili, 2, 2010<br />

Indici di integrazione. Quale integrazione? Milano<br />

2009<br />

Indici di integrazione. Un’indagine empirica sulla<br />

realtà migratoria italiana, Milano 2010<br />

A proposito dell’integrazione e del relativo<br />

accordo, in Libertàcivili, 6, 2011<br />

D’ODORICO M. La conoscenza della lingua del Paese di<br />

destinazione, in XVII Rapporto sulle migrazioni,<br />

Fondazione ISMU (a cura di), 2011<br />

FINOTELLI C.<br />

GARTON ASH T.<br />

HABERMAS J. – TAYLOR C.<br />

Integrare senza un modello: l’integrazione degli<br />

stranieri in Spagna, in XVII Rapporto sulle<br />

migrazioni, Fondazione ISMU (a cura di), 2011<br />

Il crogiolo degli dei che annulla le razze, in<br />

Internazionale, 8/2003<br />

Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento,<br />

Milano 1998<br />

79


LEONE R.<br />

LOCCHI M. C.<br />

MELOTTI U.<br />

MONTAGNA N.<br />

MOROZZO DELLA ROCCA P.<br />

NASSO S.<br />

SARTORI G.<br />

SILIPRANDI L.<br />

STRATI B.<br />

VERTOVEC S.<br />

ZORZELLA N.<br />

Immigrazione e marginalità sociale: l’integrazione<br />

come risposta alla devianza, in Instrumenta,<br />

32/2007<br />

L’accordo di integrazione tra lo Stato e lo<br />

straniero (art.4-bis T.U. sull’immigrazione n.<br />

286/1998) alla luce dell’analisi comparata e della<br />

critica al modello europeo di “integrazione<br />

forzata”, in Rivista dell’Associazione italiana dei<br />

costituzionalisti, 1/2012.<br />

L’Immigrazione in Europa: un confronto fra le<br />

politiche nazionali, in Cittadinanza europea, Roma<br />

2002<br />

Multiculturalismo, politiche di integrazione e big<br />

society nel Regno Unito, in XVII Rapporto sulle<br />

migrazioni, Fondazione ISMU (a cura di), 2011<br />

Entra in vigore l’accordo (stonato) di integrazione,<br />

in Gli stranieri, 3/2011<br />

Al via l’Accordo di integrazione fra lo straniero e<br />

lo Stato, in Libertàcivili, 1, 2012<br />

Pluralismo, multiculturalismo ed estranei. Saggio<br />

sulla società multietnica, Milano 2000<br />

Impatti delle nuove politiche di integrazione in<br />

Germania: il ruolo della conoscenza della lingua,<br />

in XVII Rapporto sulle migrazioni, Fondazione<br />

ISMU (a cura di), 2011<br />

Immigrazione e multiculturalismo. Principi etici<br />

per un dialogo necessario, in Instrumenta,<br />

31/2007<br />

Super-diversity and its implications, in Ethnic and<br />

racial studies, vol. 30. n. 6, 2007<br />

L’Accordo di integrazione tra limiti e opportunità,<br />

in Atti del Seminario L’ABC dell’Accordo di<br />

integrazione, Bologna 2012<br />

80

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!