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S O S L O G I S T I C A<br />
A G E N O V A<br />
PIL, UN INDICATORE<br />
VERITIERO, ANZI NO!<br />
Il Prodotto interno lordo rappresenta davvero una misura dello<br />
sviluppo di un Paese? Alla domanda ha risposto il convegno annuale<br />
Chi il 1° dicembre è riuscito ad<br />
arrivare a Genova nonostante<br />
la nevicata, nella splendida<br />
cornice del salone del Maggior<br />
Consiglio del Palazzo Ducale, ha potuto<br />
seguire il sesto convegno internazionale<br />
di SOS-LOGistica, associazione<br />
per la logistica sostenibile.<br />
Moltissimi gli interventi<br />
di estremo interesse. Finalmente<br />
quest’anno sono molti i casi<br />
concreti di interventi realizzati<br />
(la compagnia Messina, che attrezza<br />
il terminal cargo con generatori<br />
per poter spegnere i<br />
motori delle navi in porto; BLG<br />
Logistics, che ha dovuto sviluppare<br />
la logistica di supporto per le turbine<br />
da piazzare nel mare del Nord con<br />
pali lunghi 60 metri e basamento da 850<br />
tonnellate; Volvo che ha realizzato in<br />
Belgio una fabbrica senza CO2 per la<br />
produzione di trattori; Nestlé Waters<br />
che rivede in chiave di impatto ambientale<br />
tutti gli approvvigionamenti, ecc.).<br />
Ma, in questo contesto economico,<br />
con una bassa crescita del PIL (almeno<br />
per l’Italia), ha destato forte interesse la<br />
provocazione che Orazio Carabini (Sole<br />
24 Ore) ha rivolto a Jean Paul Fitoussi,<br />
noto economista e consulente del governo<br />
francese, responsabile della<br />
Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi (alla<br />
quale hanno partecipato due premi Nobel,<br />
Joseph Stiglitz, ospite d’onore al<br />
convegno SOS-Logistica del 2007 e<br />
Amartya Sen, ospite d’onore al convegno<br />
SOS-Logistica del 2006) che ha concluso<br />
i lavori nel settembre 2009: “ha<br />
ancora un senso utilizzare il PIL come<br />
misura dello sviluppo di un paese?”<br />
Tale indice<br />
misura la quantità<br />
di beni e servizi,<br />
ma non la loro<br />
qualità, che nei<br />
servizi pubblici<br />
è essenziale<br />
di Giovanni Leonida<br />
Domanda interessante,<br />
anche<br />
perché i giornali<br />
italiani hanno dato<br />
poca evidenza<br />
ai risultati (scaricabili<br />
dal sito<br />
www.stiglitz-senfitoussi.fr/en/index.htm).<br />
Ricordiamo<br />
che ci sono<br />
tre modi per calcolare il PIL: 1) somma<br />
delle componenti della spesa finale (dei<br />
privati più spesa pubblica); 2) valore<br />
della produzione, meno i consumi intermedi;<br />
3) somma dei redditi dei fattori<br />
di produzione (reddito da lavoro dipendente<br />
più risultato di gestione più<br />
imposte dirette). I tre risultati dovrebbero<br />
dare lo stesso valore. Il PIL misura la<br />
produzione “mercantile”. Se un agricoltore<br />
cinese produce per autoconsumo<br />
non conta nel PIL, ma se va in città e diventa<br />
un consumatore di beni prodotti<br />
da un altro entra nel PIL. La forte crescita<br />
del PIL della Cina è in parte spiegata<br />
dalla migrazione verso le città.<br />
Fotolia.com<br />
I problemi del PIL come misura sono<br />
però ben maggiori. Nelle economie moderne<br />
esso è composto per lo più di servizi<br />
(Italia 71%, Francia 78%, Regno Unito<br />
76%, Germania 69%, Stati Uniti 77%).<br />
E la produzione di molti servizi è calcolata<br />
sul loro costo, non sulla qualità. È<br />
così per la sanità (16% PIL negli USA,<br />
11% in Francia e Germania, 9% in Italia),<br />
l’istruzione (Italia al 4,5%, media Ocse al<br />
5,7%), la difesa e l’ordine pubblico (Italia<br />
uguale a circa il 6%), ecc. e persino<br />
per le lotterie (Italia pari a 3,5%).In generale<br />
tutte produzioni “governative” o<br />
“pubbliche”, sulla cui efficienza ci sono<br />
forti dubbi. Per non parlare del sommerso,<br />
che l’Istat (2008) ha stimato pari<br />
al 17,5% del PIL (ma non viene incluso).<br />
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