14 I cavalieri di Ekebù - Biblioteca civica di Rovereto
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sua guida ha suonato con una morbidezza, una nitidezza, una vivacità <strong>di</strong> suoni e <strong>di</strong> ritmi come la partitura<br />
richiedeva. La vita musicale della nuova opera si è sprigionata dall’orchestra in piena fulgida luce. Mirabili <strong>di</strong><br />
effetto le sonorità piene e vibranti, senza che mai il tono <strong>di</strong> esse fosse calcato su una facile volgarità per<br />
accrescere l’effetto <strong>di</strong>namico; soffusi <strong>di</strong> poesia tutti gli squarci lirici, e con tale espressività che il canto poté<br />
sempre sciogliersi in armonico <strong>di</strong>segno associato al comento orchestrale. Edoardo Vitale ha veramente sentita<br />
quest’opera e ne ha rivissuta l’intima essenza musicale con un’intelligenza e una sensibilità <strong>di</strong> cui mostrò<br />
intendere la portata, la significazione l’illustre autore, che volle al prezioso suo collaboratore <strong>di</strong>mostrare il vivo<br />
grato animo con parole che rappresentano la migliore critica, il migliore omaggio.<br />
Né da meno furono gli interpreti della scena. Maddalena Bugg, nelle vesti <strong>di</strong> Anna, cantò con una poesia<br />
accorata e con accenti deliziosi. La sua voce ebbe agilità e risonanze <strong>di</strong> così gradevole effetto che pareva<br />
l’anima del personaggio si confondesse con l’anima melica. Ogni suo canto si illeggiadrì del bel suono della sua<br />
voce, cui accresceva fascino un senso <strong>di</strong> accorata espressione. E con quelle sue modulazioni, con quella<br />
profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sentimento ella rese <strong>di</strong> Anna ogni moto dell’anima, tutto lo spirito musicale. Dopo la romanza<br />
ebbe molti applausi.<br />
La Sadun fu una Comandante forte e rude e con le sue note basse conferì al personaggio un tono <strong>di</strong> fierezza.<br />
Nell’ultimo atto trovò accenti <strong>di</strong> accorata mestizia.<br />
Il tenore Merli può associare il clamoroso successo conseguito in quest’opera a quello dell’Aida. “Radamès”<br />
quale egli si rivelò senza emuli. Di Giosta intese il dramma e lo rivisse col canto e con la interpretazione<br />
mirabilmente. La sua voce così spontanea, così generosa, così educata e così insinuante ubbidì alle asperità<br />
dell’ardua tessitura docilmente, e ne trionfò. La espressività del suo canto non fallì mai e si cimentò<br />
vittoriosamente in tutti i brani, così in quelli lirici come in quelli drammatici. Espressività <strong>di</strong> patetico abbandono<br />
e <strong>di</strong> esultanza, che trovarono l’ugola preziosa sensibile e capace <strong>di</strong> spandere il canto in armonia dal suono. I suoi<br />
acuti magnifici pareva si spandessero con una facilità tanto pro<strong>di</strong>giosa da produrre un go<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> cui l’arte<br />
vocale da qualche tempo non è più pro<strong>di</strong>ga. E così è giustificato l’applauso clamoroso che l’interruppe dopo il<br />
racconto al primo atto, ch’egli rese con tutta l’anima e la possanza della gola; e dopo il duetto con Anna al terzo<br />
atto, nel quale la voce trovò accenti <strong>di</strong> largo ampio respiro.<br />
Un Cristiano <strong>di</strong> superbo rilievo fu il baritono Parvis, che come sempre rivelò <strong>di</strong> non sapere <strong>di</strong>ssociare l’arte<br />
del canto da quella dell’interpretazione. Egli scolpì il personaggio con tratti <strong>di</strong> tipica rappresentazione,<br />
conferendovi un che <strong>di</strong> rude e <strong>di</strong> forte. Il suo canto parve dare un tono <strong>di</strong> vivacità espressiva alla interpretazione.<br />
Non un segno, non una pausa, non un particolare sfuggì allo stu<strong>di</strong>o e all’intuizione <strong>di</strong> questo artista che onora la<br />
scena lirica col suo temperamento versatile e con il suo spirito <strong>di</strong> cantante.<br />
Di Sintram il basso Dentale rese la vivacità <strong>di</strong>abolica con intelligenza e misura. Tutti i tratti dello strano<br />
personaggio furono riprodotti con il canto e la mimica ottimamente. E del personaggio intese l’aspetto umano e<br />
quello fantastico.<br />
Olga De Franco, nella duplice veste <strong>di</strong> Ostessa e <strong>di</strong> Madre, si fece molto onore, artista <strong>di</strong> sensibilità e dalla<br />
intonata e morbida voce <strong>di</strong> mezzo soprano, eguale e armoniosa nei vari registri. Nella drammatica scena al terzo<br />
atto ella cantò con così commossi accenti che produsse un vero brivido, quel brivido <strong>di</strong> cui sono capaci le artiste<br />
che cantano con l’anima.<br />
Bene il basso Iulio.<br />
Caratteristico il gruppo dei Cavalieri, e cioè: Nar<strong>di</strong>, Marcotto, Pellegrino, Tegi [sic], De Petris, Uxa, Giusti,<br />
Soffiantini, Pastocchi, Freita [sic].<br />
Lodevoli: Dorina Tesorieri, Laura Lauri, Margherita Benincori, Gualda Caputo.<br />
Il coro, istruito dal maestro Consoli, cantò con un impeto e una intelligenza che suscitarono la più viva<br />
ammirazione. Il Consoli è stato un collaboratore prezioso del successo che ha arriso alla nuova opera.<br />
I due “a solo” per violino furono resi dal prof. Oscar Zuccarini con maestria e con penetrante spirito<br />
musicale zandonaiano e sovratutto con una purezza <strong>di</strong> suono e una perfetta intonazione che valsero all’insigne<br />
strumentista la più ampia lode. Né bisogna <strong>di</strong>menticare i maestri Ricci e De Fabritiis, che cooperarono [con] il<br />
maestro Vitale durante le prove.<br />
La messa in iscena fu curata, oltre che dalla signora Emma Carelli, dal comm. Carlo Clausetti, l’autorevole<br />
<strong>di</strong>rigente della Casa Ricor<strong>di</strong>. Il Clausetti, che alla vivida cultura musicale unisce buon gusto ed esperienza<br />
teatrale, è riuscito a far muovere le masse con una verità sorprendente e a non trascurare nessun particolare<br />
scenico perché l’opera avesse il risalto che il libretto consigliava.<br />
Le scene caratteristiche sono state ispirate dai bozzetti dell’illustre pittore comm. Augusto Carelli.<br />
La cronaca della serata<br />
Ed ecco poche note <strong>di</strong> cronaca sulla serata.<br />
Alle ore 20.35 il maestro Edoardo Vitale dà inizio allo spettacolo. Nella sala buia si fa un silenzio religioso.<br />
L’attenzione è viva ed intensa. I primi applausi scoppiano calorosi e si prolungano per qualche minuto dopo il<br />
racconto <strong>di</strong> “Giosta”, cantato dal tenore Merli con foga appassionata. Come l’atto si chiude, con la canzone dei<br />
I <strong>cavalieri</strong> <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong>/16