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14 I cavalieri di Ekebù - Biblioteca civica di Rovereto

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imme<strong>di</strong>atamente un brano lirico, o prestare attenzione ad una frase ironica o ad un accenno eroico che<br />

d’improvviso si presenta a chi l’ascolta.<br />

Lo Zandonai in questa sua ultimissima opera si è trovato forse <strong>di</strong>nnanzi a questa <strong>di</strong>fficoltà non lieve <strong>di</strong><br />

saltare <strong>di</strong> continuo da un argomento ad un altro e la fusione dell’opera d’arte ne ha certo sofferto nel suo<br />

insieme, <strong>di</strong>fficilmente costringibile entro una quadratura definita che le desse un assetto ben geometricamente<br />

esatto.<br />

Gli slanci lirici sono sparsi in tutti e quattro gli atti <strong>di</strong> questa poderosa opera ma non hanno modo <strong>di</strong> nascere<br />

da una emozione sottile che si ingran<strong>di</strong>sca a mano a mano per giungere ad un apogeo <strong>di</strong> sentimento, generando<br />

uno stato d’animo ascendente e <strong>di</strong>lagante. E questo è forse il <strong>di</strong>fetto principale <strong>di</strong> questi Cavalieri cui manca una<br />

linea interna che ne sia uno scheletro robusto.<br />

Intorno dunque a questo colosso senza una visibile ossatura interna, l’autore <strong>di</strong> Francesca ha lavorato <strong>di</strong><br />

cesello e <strong>di</strong> bulino con, innegabilmente, molto talento. L’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Sintram al primo atto sottolineato da un<br />

sottile e stridulo movimento ritmico che interrompe la grigia monotonia dell’inizio dell’opera è <strong>di</strong> un effetto<br />

originale, brillantemente messo in valore sia dal punto <strong>di</strong> vista del colore esterno che del contenuto psicologico;<br />

l’entrata della Comandante e la scena che ne segue (il racconto <strong>di</strong> Giosta <strong>di</strong> marca assai palesemente italiana<br />

stile melodramma), il coro delle ragazze fresco [e] leggermente russeggiante, la Canzone dei <strong>cavalieri</strong>,<br />

indovinatissimo brano sonoro <strong>di</strong> una bacchica e voluta pesantezza che chiude l’atto, sono elementi riusciti dal<br />

punto <strong>di</strong> vista teatrale e pittorico ed hanno in sé delle qualità <strong>di</strong> effetto assai rimarchevoli. Nel secondo atto il<br />

mosaico <strong>di</strong>venta ancor più fantastico e gli episo<strong>di</strong>i e i sottoepiso<strong>di</strong>i (li chiamerò così perché sono parte degli<br />

episo<strong>di</strong>i medesimi) si rincorrono con una frenesia che abbaglia ma anche <strong>di</strong>sturba la serenità <strong>di</strong> chi ascolta.<br />

La scena del teatro è forse musicalmente la parte più riuscita dell’opera, dove Zandonai si è lasciato andare a<br />

cantare assai liberamente senza freno e senza scrupoli. Questa scena cantata da Anna e da Giosta, con un<br />

accompagnamento <strong>di</strong> striduli ottoni e <strong>di</strong> soffocati legni, appena caricaturale, cui fa da contrasto un a solo<br />

cantabile <strong>di</strong> violino, è <strong>di</strong> un effetto veramente originale, <strong>di</strong>vertente e poetico, né le nuoce l’entrata <strong>di</strong> Sintram<br />

che l’interrompe e il finale dell’atto in cui il sentimentalismo torna a far capolino leggermente più stanco.<br />

Buono d’effetto il coro dei <strong>cavalieri</strong> della prima parte del terz’atto, adagiantesi tristemente sulle modulazioni<br />

<strong>di</strong> un violino e sulle scalette della celeste; rumorosa e un po’ convenzionale la scena <strong>di</strong> Belzebù impersonato da<br />

Sintram; superficiale invece e non vivificata affatto dall’emozione del musicista quella seguente della<br />

Comandante e relativa rivolta dei <strong>cavalieri</strong> avvinazzati ma improvvisamente <strong>di</strong>venuti, per grazia <strong>di</strong> Dio,<br />

moralisti, puritani e forse in realtà solamente comunisti, al miraggio della proprietà delle miniere e dei beni della<br />

Comandante.<br />

La notte nevosa del principio del secondo quadro ha in sé elementi <strong>di</strong> bella poesia grigia e nor<strong>di</strong>ca, e la breve<br />

scena <strong>di</strong> Sintram e della madre è <strong>di</strong> una robusta drammaticità.<br />

Poi subentra l’elemento amoroso e sentimentale, ma questa volta non desiderato e non sentito<br />

profondamente, sicché la romanza sulla porta cantata da Anna è <strong>di</strong> una pericolosa debolezza.<br />

Arriviamo così al quart’atto che musicalmente è forse il meno interessante, per quanto però indubbiamente il<br />

più quadrato. L’invocazione <strong>di</strong> pace <strong>di</strong> Giosta è non<strong>di</strong>meno <strong>di</strong> una bella enfasi, il coro dei <strong>cavalieri</strong> si inquadra<br />

con molta sottigliezza nel clima dell’atto e l’entrata della Comandante è <strong>di</strong> una certa efficacia.<br />

Ma quello che rialza però le sorti dell’ultimo atto, fatalmente monotono perché statico e non ricco d’azione,<br />

è il coro finale imperniato sulla canzone dei Cavalieri e validamente corroborato dallo scatenamento <strong>di</strong> tutti i<br />

martelli e del grande maglio delle fucine <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong> che rinforzano con i loro ritmi la pesante e lucente sonorità<br />

della pagina musicale più significativa del nuovissimo spartito.<br />

L’insieme dell’opera è dunque ricco <strong>di</strong> pregi, curato come sempre nello strumentale, arricchito <strong>di</strong> cori ben<br />

condotti; i personaggi sono scolpiti con tratti sicuri (ad eccezion fatta <strong>di</strong> quello della Comandante), ben<br />

in<strong>di</strong>viduati fra loro, drammaticamente e teatralmente riusciti, vivi <strong>di</strong> una vita loro, vita convenzionale del teatro<br />

melodrammatico, ma non confon<strong>di</strong>bili però con quella delle tante larve che popolano oggi giorno stesso i<br />

palcoscenici della nostra lirica.<br />

E i Cavalieri <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong>, se non sono un passo avanti nell’arte <strong>di</strong> Riccardo Zandonai, rappresentano però<br />

certamente un nobilissimo lavoro che può degnamente stare al confronto dei suoi fortunati predecessori.<br />

Il grande successo<br />

La tarda ora alla quale è finito lo spettacolo ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> parlare come vorremmo dell’ottima esecuzione<br />

dell’opera nuovissima <strong>di</strong> Zandonai, che ci ripromettiamo però <strong>di</strong> analizzare dopo la seconda rappresentazione.<br />

Diremo solo che Edoardo Vitale, alle prese con la lunga e complessa partitura, si è <strong>di</strong>mostrato ancor una<br />

volta l’animatore infaticabile dello spettacolo. A lui fecero degna corona il Merli nelle vesti <strong>di</strong> Giosta, il Parvis<br />

ottimo Cristiano, la Bugg, il Dentale e la Sadun. Buone tutte le parti minori, pur così importanti, <strong>di</strong>sciplinati i<br />

cori, riuscite le scene, alcune delle quali veramente belle.<br />

Il successo si delineò fin dal principio magnifico. Applausi a scena aperta e alla fine <strong>di</strong> ogni atto agli<br />

esecutori e all’autore, in numero tale che ci è impossibile <strong>di</strong> ricordarlo con precisione.<br />

I <strong>cavalieri</strong> <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong>/6

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