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14 I cavalieri di Ekebù - Biblioteca civica di Rovereto

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passioni una intensità travolgente: ma è la molteplicità delle persone, delle passioni, delle visioni che non può<br />

stringersi nella rigida cerchia della scena lirica.<br />

E poi, il protagonista, prete spretato a causa dell’abuso <strong>di</strong> bevande alcooliche, instabile, violento, pur<br />

presentando innegabile fondo <strong>di</strong> bontà, <strong>di</strong> poesia, <strong>di</strong> eroismo, non è eroe lirico e non può avvincere e<br />

commuovere se non a traverso una acuta e continuata analisi psicologica quale può offrirci il libro mercé la<br />

riproduzione <strong>di</strong> episo<strong>di</strong>i e pensieri e atti in cui si manifesta e si definisce l’anima e il cuore <strong>di</strong> Gösta. Né il<br />

successivo suo appassionarsi per una non breve serie <strong>di</strong> figure femminili, <strong>di</strong>verse ma ugualmente attraenti nella<br />

varietà profonda dell’immagine, del sentimento, del carattere, culminanti nella adorabile contessa Elisabetta,<br />

può trovare adeguata rievocazione scenica; sarebbe anzi causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio e turbamento il loro affermarsi, e lo<br />

spettatore <strong>di</strong>sorientato e affaticato non sopporterebbe un problema psicologico che il fatale schematismo degli<br />

scorci lascerebbe insolubile.<br />

Che <strong>di</strong>re poi dei <strong>cavalieri</strong> <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong>, <strong>di</strong> quella dozzina <strong>di</strong> buontemponi, parassiti, impenitenti adoratori <strong>di</strong><br />

Venere e Bacco, le cui fisionomie appaiono oscillanti e livide a traverso la fiamma azzurrastra del "punch",<br />

creduli come fanciulli, entusiasti, crudeli, viziosi, e poi redenti dalla sacra virtù del lavoro Schiera tumultuosa,<br />

devota e ingrata <strong>di</strong> apostati, che non esitano a sacrificare quella rude comandante la cui mano buona li sollevò<br />

investendoli del cavalierato della sua terra, dando luce e sicurezza alla loro povera vita, turbati e convinti della<br />

meschina finzione <strong>di</strong>abolica <strong>di</strong> Sintram, mentre dalla morte serena della donna redenta riconquistano la vita<br />

propria, animatrice e gioiosa.<br />

Sarebbe occorso un miracolo per accogliere nella pratica sintesi dello scenario melodrammatico la<br />

fantasmagoria lussureggiante cui l’arte stupenda <strong>di</strong> Selma Lagerlöf ha conferito così impetuosa ricchezza <strong>di</strong><br />

vita, in una serie <strong>di</strong> evocazioni <strong>di</strong> paesaggi caratteristici nei quali le persone acquistano rilievo nitido e colore<br />

brillante e caldo e si muovono e stanno con naturale efficacia. Ho letto il libretto <strong>di</strong> Arturo Rossato; e, in verità,<br />

è da riconoscere che egli ha ingegnosamente risoluto il <strong>di</strong>fficile problema: è certo che ha dovuto rinunziare a<br />

moltissimi elementi <strong>di</strong> grande importanza e interesse; ha limitato la attività erotica <strong>di</strong> Gösta Berling al solo<br />

amore <strong>di</strong> Anna, la quale, nell’ultima parte, si sostituisce a Elisabetta prendendone il posto e le intenzioni; ha<br />

fatto appena ricordare con brevi frasi l’epica scena dell’accanito, terrificante inseguimento dei lupi nella gelida<br />

notte <strong>di</strong>etro la slitta pericolante; ha dovuto sopprimere ogni menzione della inondazione e del crollo della <strong>di</strong>ga; e<br />

tante altre scene ed episo<strong>di</strong> in<strong>di</strong>menticabili. Invece ha dato inatteso sviluppo alla breve scena del quadro<br />

plastico, chiuso col bacio <strong>di</strong> Gösta, sostituita con una rappresentazione in cui v’è tutta una scena <strong>di</strong> preparazione<br />

e poi un lungo <strong>di</strong>alogo amoroso con Anna, e quin<strong>di</strong> la ampia ripresa delle espressioni appassionate <strong>di</strong> Gösta,<br />

<strong>di</strong>mentico della parte, prorompente in un inno d’amore, interrotto dalle grida <strong>di</strong> Sintram.<br />

Pertanto, da un lato può sembrare sia stato, più che quale base salda, adottato come pretesto ad una azione<br />

esotica il romanzo-poema della Lagerlöf con la cernita dei materiali adattabili al tipo <strong>di</strong> "libretto", fatti rimanere<br />

insieme, saldati abilmente; ma non è stato possibile eliminare l’intonazione alcoolistica, orgiastica, l’acre odore<br />

dell’acquavite, mentre le figure, le macchiette originali, delineate con personale caratteristica evidenza, sono<br />

andate ammassandosi, trasformandosi in un gruppo corale, con carattere <strong>di</strong> omogeneità, pure presentando<br />

<strong>di</strong>fferenze d’abito.<br />

247<br />

Giorgio Barini, “I Cavalieri <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong>” <strong>di</strong> R. Zandonai, “L’Epoca”, 31.3.1925 - p. 3, col. 3-4-5<br />

A ragione si è detto e ripetuto che Arturo Rossato è riuscito a compiere un lavoro che poteva ritenersi<br />

impossibile, ricavando uno schema scenico organico da quell’ampio e tumultuoso romanzo <strong>di</strong> Selma Lagerlöf<br />

“La leggenda <strong>di</strong> Gösta Berling” in cui si agita in una stupenda molteplicità <strong>di</strong> figure e <strong>di</strong> visioni tutta l’anima<br />

della Svezia d’un tempo, eroica e folle, intessuta <strong>di</strong> contrasti, poetica e volgare, sentimentale e alcoolizzata: da<br />

cui balza fuori vivo e fremente, tutto ombre e luci, generoso e umiliato, Gösta, il “Signore dai <strong>di</strong>ecimila baci e<br />

dalle tre<strong>di</strong>cimila lettere d’amore”, il prete interdetto che nell’acquavite dorata cerca il sole e la morte e procede,<br />

tra i sorrisi e le lacrime delle belle fanciulle, parassita ingenuo, poeta avventuriero; ed al suo fianco la<br />

Comandante, tragica figura, ruvida e buona, che vide soffocato il suo sogno d’amore e ne prese aspra vendetta,<br />

aspramente scontata: lavoratrice e animatrice <strong>di</strong> lavoro, chiusa in una corta pelliccia, una pipa <strong>di</strong> creta fra i denti,<br />

un coltellaccio nel corpetto, corti e rigi<strong>di</strong> i capelli bianchi.<br />

Queste due figure giustamente campeggiano nel dramma musicale steso dal Rossato e musicalmente<br />

espresso da Riccardo Zandonai: e con i due assume importanza Anna, in cui è sintetizzato l’elemento femminile<br />

che a Giosta si volge, dandogli il cuore: le altre figure si uniscono quasi in amalgama corale formando una<br />

specie <strong>di</strong> sfondo plasticamente sentimentale dal quale si staccano Sintram, ciurmatore atteggiantesi a demonio;<br />

Cristiano, il capitano dei <strong>cavalieri</strong>, spavaldo e buono. Costoro si aggirano in un paesaggio nevoso, gelido, dal<br />

pallido sole: ed hanno atti e pensieri e tendenze che non rispondono ai nostri sentimenti, e, se pure ci interessano<br />

destando la nostra curiosa attenzione, non si accostano al nostro cuore, alla nostra anima. Assistiamo alle loro<br />

I <strong>cavalieri</strong> <strong>di</strong> <strong>Ekebù</strong>/2

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