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EDIZIONE STRAORDINARIA - Radio Radicale

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2<br />

AGENDA COSCIONI - <strong>EDIZIONE</strong> <strong>STRAORDINARIA</strong><br />

CAPITOLO 1<br />

Fatta la Costituzione<br />

ne inizia la disapplicazione<br />

Da subito i partiti che nell’Assemblea Costituente hanno elaborato e votato la<br />

Costituzione, si adoperano per svuotarla, vanificarla, impedirne l’attuazione: le regole<br />

democratiche che i deputati costituenti hanno posto alla base della Carta fondamentale<br />

dello Stato sono, da subito ed ampiamente, disattese. E' così che parte la prima<br />

cancellazione dello stato di diritto1. Coloro che con calore si proclamano custodi della<br />

Costituzione e che la dichiarano intoccabile, dimenticano di confrontarsi con essa e di<br />

ricordare tutte le violazioni che la Carta fondamentale ha subito fin dalla sua entrata in<br />

vigore il 1° gennaio 1948.<br />

La mancata<br />

abrogazione della<br />

legislazione fascista<br />

Da quella data, 1° gennaio 1948 e per molti anni<br />

ancora, coesistono una Carta fondamentale con<br />

intenti democratici e, di fronte ad essa, tutta la legislazione<br />

ordinaria, approvata durante il fascismo,<br />

ampiamente incostituzionale. Inutilmente si chiede,<br />

da parte del Partito d’Azione oltre che di pensatori<br />

e studiosi, l’abrogazione della legislazione fascista<br />

e la modifica, per gradi della preesistente legislazione<br />

dello stato liberale. Questo ritardo genera<br />

in molti casi la “assuefazione” alla logica che ispira<br />

le leggi del regime: ne è un esempio la riforma<br />

della legge sulla stampa del 1963 che, istituendo<br />

l’Ordine, ribadisce e ulteriormente irrigidisce l'esistenza<br />

e le regole dell'Albo dei giornalisti, istituito<br />

nel 1923 da Mussolini per controllare la stampa e<br />

impedirne la libertà.<br />

La tardiva<br />

e parziale attuazione<br />

dell’ordinamento<br />

costituzionale<br />

L'Ordinamento dello Stato delineato nella Costituzione<br />

non è stato attuato prontamente in tutti<br />

gli organi previsti. In particolare i ritardi nell’attuazione<br />

della Costituzione hanno riguardato proprio<br />

gli istituti pensati dal costituente come correttivi<br />

1949: Giuseppe Maranini<br />

“Le nuove forze associative<br />

scaturenti dalla lotta<br />

economica si politicizzano<br />

influendo sulla vita dei<br />

partiti in modo così decisivo<br />

da rendere ormai<br />

anacronistiche e impossibili<br />

libere e spontanee correnti<br />

di opinione, quali<br />

una volta erano in sostanza<br />

i partiti. I partiti dell’epoca<br />

nuova, si presentano<br />

come organismi disciplinati,<br />

dotati di burocrazia,<br />

finanza, stampa, inevitabilmente<br />

collegati alle<br />

organizzazioni economiche,<br />

sindacali, lobbistiche<br />

delle quali riflettano le<br />

lotte e gli interessi. Veri<br />

Stati nello Stato, ordinamenti<br />

giuridici cioè autonomi,<br />

essi mettono in crisi<br />

con il loro particolarismo<br />

e talvolta con il loro<br />

illiberalismo il debole<br />

Stato liberal-parlamentare,<br />

al quale si presenta un<br />

compito ben più grave di<br />

quello per il quale era attrezzato;<br />

non si tratta più<br />

di difendere l’individuo<br />

contro l’individuo, ma si<br />

tratta di difendere l’individuo<br />

e la legge contro potenti<br />

organizzazioni.<br />

Queste a loro volta traggono<br />

sempre nuovo alimento<br />

dal senso di panico<br />

potenziale che pervade gli<br />

individui a causa della<br />

carenza di diritto garantito<br />

dallo Stato. L’individuo,<br />

sentendosi indifeso<br />

dall’ordinamento statale,<br />

cerca negli ordinamenti<br />

minori e particolari la<br />

sua garanzia e a quegli<br />

ordinamenti paga il tributo<br />

di obbedienza che lo<br />

Stato non sa più esigere”.<br />

Giuseppe Maranini, dalla<br />

lezione inaugurale dell’Anno<br />

Accademico universitario<br />

di Firenze, 1949-1950<br />

dal titolo: “Governo parlamentare<br />

e partitocrazia”.<br />

Dopo il Ventennio<br />

fascista non vi è<br />

vera e propria<br />

soluzione di<br />

continuità. Accade<br />

solo che al partito<br />

unico del Fascio<br />

subentri il “fascio”<br />

unico dei partiti.<br />

alla forma di governo parlamentare, in quanto limiti<br />

strutturali al potere della maggioranza: il<br />

controllo di costituzionalità delle leggi e sui conflitti<br />

tra poteri dello Stato (la Corte costituzionale),<br />

l’autonomia dell'ordine giudiziario nell'esercizio<br />

della giurisdizione (il Consiglio superiore della<br />

magistratura), le autonomie territoriali con potestà<br />

legislativa (le Regioni), il controllo popolare<br />

sulle scelte legislative di maggioranza (il referendum<br />

abrogativo).<br />

Le Regioni e la loro mancata attuazione costituiscono<br />

la clamorosa inadempienza del dettato degli<br />

articoli 114-133. I più illuminati costituzionalisti<br />

e docenti insistono affinché le elezioni per<br />

i consigli regionali si tengano contemporaneamente<br />

a quelle per il primo Parlamento repubblicano.<br />

E’ invece approvata la VIII disposizione<br />

transitoria, la quale stabilisce che le elezioni regionali<br />

siano “indette” entro un anno dalla entrata in<br />

vigore della Costituzione, cioè il 1° gennaio 1949.<br />

Si giunge però al mese di dicembre 1948 senza nessuna<br />

novità in proposito. Si hanno in quel mese<br />

due iniziative: la prima è di rinvio - unica ipotesi a<br />

quel punto possibile – contenuta nel disegno di<br />

legge costituzionale presentato dal repubblicano<br />

Giulio Bergmann al Senato, che intende prorogare<br />

all’8 ottobre 1949 il termine stabilito dalla VIII<br />

disposizione; la seconda, del Governo, che presenta<br />

due disegni di legge il 10 dicembre, firmati dal<br />

Presidente del Consiglio. Uno intende dettare<br />

“Norme per la elezione dei consigli regionali e degli<br />

organi elettivi delle amministrazioni provinciali”,<br />

viene accompagnato dalla procedura d’urgenza.<br />

L’altro ha come scopo quello di provvedere alla<br />

normativa per la costituzione e il funzionamento<br />

delle Regioni”. Sui due testi inizia in Commissione<br />

un dibattito inconcludente e contraddittorio.<br />

In questo clima viene presentata alla Camera, il 16<br />

luglio 1949, dal democristiano Roberto Lucifredi,<br />

la proposta di legge (n. 699) “Proroga del termine<br />

per l’effettuazione delle elezioni dei consigli regionali<br />

e degli organi elettivi delle amministrazioni<br />

provinciali”. Tra rinvii e dimenticanze solo 22 anni<br />

dopo vengono eletti i consigli delle Regioni ordinarie,<br />

che si aggiungono a un ordinamento già<br />

esistente, con un danno mai più recuperato per la<br />

architettura ordinamentale disegnata dai costituenti.<br />

Il Senato, previsto nel dibattito in seno alla Commissione<br />

dei 75 e nelle sue successive articolazioni<br />

come la Camera delle autonomie, si riduce nella<br />

composizione e nelle funzioni a una copia della<br />

Camera dei deputati. Nell'art. 60 della Costituzione<br />

ha una durata diversa: sei anni invece di cinque.<br />

Ma l’elezione delle due Camere per la seconda legislatura<br />

repubblicana si svolge contemporaneamente<br />

il 7 giugno 1953: l'artificio è quello dello<br />

scioglimento anticipato del Senato. Si introduce di<br />

fatto una rilevante modifica istituzionale senza<br />

neppure darle la dignità di un’apposita legge costituzionale<br />

preceduta da un dibattito parlamentare.<br />

Solo nel febbraio 1958 (alla vigilia delle elezioni<br />

per la terza legislatura) dopo un improduttivo dibattito<br />

sulle diverse proposte di riforma della seconda<br />

Camera, si approva la legge 64 del 27 febbraio<br />

1958 che stabilisce in cinque anni la durata<br />

del Senato, cancellando ulteriormente la diversificazione<br />

tra le due Camere.<br />

Il Referendum popolare abrogativo è un istituto<br />

previsto e fortemente sostenuto da grande parte<br />

dei costituenti, ma per la legge applicativa si dovrà<br />

aspettare fino al 1970. Il voto referendario si affianca<br />

con pari dignità a quello elettivo nello schema di<br />

Costituzione che il presidente, Meuccio Ruini,<br />

presenta alla Commissione dei 75 in seduta plenaria<br />

il 28 novembre 1946, a conclusione dei lavori<br />

delle sottocommissioni. Si legge infatti, in quello<br />

schema sotto il titolo III sui “Diritti politici”: diritto<br />

di voto; di referendum; di iniziativa legislativa;<br />

di petizione”.<br />

Il testo della Costituzione inserisce l’istituto referendario<br />

nella sezione che riguarda “La formazione<br />

delle leggi”, viene quindi riconosciuto al popolo<br />

- soggetto cui appartiene la sovranità ex art. 1 - di<br />

partecipare al potere legislativo attraverso la possibilità<br />

di abrogare in tutto o in parte le leggi approvate<br />

dal Parlamento.<br />

L'art. 75, circostanziato e preciso, stabilisce - comma<br />

secondo - le leggi sulle quali non è possibile<br />

chiedere il referendum, sancendo così che su tutto<br />

il resto il ricorso a questo istituto è ammissibile. Il<br />

quinto e ultimo comma dell'art. 75 recita: “La legge<br />

determina le modalità di attuazione del referendum”.<br />

Dunque sono solo le modalità di attuazione<br />

sulle quali deve intervenire la legge ordinaria.<br />

L'unico controllo che il legislatore costituente affida<br />

alla magistratura riguarda la regolarità delle firme<br />

e delle procedure di raccolta e, nel merito, che<br />

il contenuto delle leggi sottoposte a referendum<br />

abrogativo non sia compreso nelle tre fattispecie di<br />

legge (solo tre) stabilite nel secondo comma dell'art.<br />

75. E' noto come le diverse leggi per così dire<br />

attuative dell'art. 75 che si sono susseguite nel tempo<br />

(sempre più restrittive fino a quella che consente<br />

al ministro “competente” di chiedere la sospensione<br />

degli effetti abrogativi del referendum per sei<br />

mesi, confondendo così oltretutto il potere esecutivo<br />

con quello legislativo) abbiano calpestato il diritto,<br />

l'impegno civile e politico e la volontà di milioni<br />

di elettori.<br />

La Corte costituzionale, l’organo fondamentale cui<br />

spetta il vaglio di legittimità costituzionale delle<br />

leggi e da cui avrebbe dovuto dipendere una rapida<br />

e manifesta soluzione di continuità con la legislazione<br />

del regime fascista, viene istituita solo nel<br />

1956, otto anni dopo la promulgazione della Costituzione.<br />

Il Consiglio Nazionale dell’ Economia<br />

e del Lavoro (Cnel) entra in funzione nel 1957, il<br />

Consiglio Superiore della Magistratura nel 1958.<br />

L’interregno precedente all’attuazione di parti fondamentali<br />

della Costituzione repubblicana rischia<br />

di pregiudicare la natura e la tenuta democratica<br />

della giovane Repubblica, con il mantenimento in<br />

vigore dei codici e della legislazione fascista e la pericolosissima<br />

distinzione operata dalla Corte di<br />

Cassazione – nel suo interim di vicarietà fino all’istituzione<br />

della Corte costituzionale – nel distinguere<br />

tra norme costituzionali prescrittive e norme<br />

meramente programmatiche.<br />

I partiti e i sindacati. Appena approvata, la Costi-

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