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EDIZIONE STRAORDINARIA - Radio Radicale

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8<br />

AGENDA COSCIONI - <strong>EDIZIONE</strong> <strong>STRAORDINARIA</strong><br />

CAPITOLO 3<br />

Una Repubblica fondata<br />

sul Regime dei Partiti<br />

L’ Articolo. 49 della Costituzione recita “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi<br />

liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica<br />

nazionale.” Mentre per i referendum i partiti pongono regole particolarmente restrittive,<br />

per quanto riguarda se stessi non stabiliscono alcuna regola: l’unico intervento<br />

legislativo è quello per garantirsi finanziamento di Stato.<br />

Giuseppe Maranini<br />

e la partitocrazia<br />

Giuseppe Maranini pone fin dall’immediato dopoguerra<br />

il problema della partitocrazia. A suo avviso,<br />

il neonato regime repubblicano rischiava di<br />

essere travolto dalla debolezza delle istituzioni formali<br />

rispetto alle istituzioni di fatto (partiti e sindacati)<br />

e per questo sollecita il rafforzamento degli<br />

istituti di garanzia da porre a presidio della Costituzione.<br />

Riconoscendo il pregio della presenza<br />

di una Corte costituzionale e di una piena indipendenza<br />

della magistratura, ritiene necessario affiancare<br />

a questi poteri di garanzia il rafforzamento<br />

del prestigio delle istituzioni, garantendone<br />

una piena autonomia rispetto ai partiti. Alla base<br />

pone la necessità di una regolamentazione giuridica<br />

dei partiti e la necessità di far emergere un<br />

profilo coerentemente parlamentare della forma<br />

di governo, ovvero quella di rafforzare i poteri impliciti<br />

del Presidente, la riforma del sistema elettorale<br />

in senso uninominale maggioritario, per innescare<br />

una dinamica di competizione aperta nel<br />

sistema politico. Introduce il termine “partitocrazia”<br />

proprio ponendo l’attenzione sul fatto che i<br />

partiti hanno il potere di controllare lo Stato senza<br />

essere controllati.<br />

La formulazione dell’art. 49 è il frutto della convinzione,<br />

formatasi tra i Costituenti, secondo cui la<br />

funzione dei partiti politici e delle altre formazioni<br />

sociali dovrebbe favorire l’affermazione di una democrazia<br />

matura, che per il tramite degli stessi partiti<br />

garantirebbe contemporaneamente la proposta<br />

politica e una funzione di controllo dell’azione<br />

Nel momento in cui<br />

i partiti - con la sola<br />

eccezione dei<br />

Radicali -<br />

inseriscono nel<br />

proprio statuto il<br />

divieto di iscrizione<br />

ad altre formazioni<br />

politiche, di fatto<br />

eliminano il diritto<br />

costituzionale alla<br />

libertà di<br />

associazione.<br />

dei rappresentanti. Questo secondo aspetto, complementare<br />

al primo, da svolgere al di fuori delle<br />

sedi istituzionali, si fonda sulla necessità di una partecipazione<br />

attiva dei cittadini alla vita politica del<br />

Paese, non limitandosi al mero momento elettorale,<br />

ma garantendo loro una partecipazione continua<br />

alla vita politica, nonché l’esercizio effettivo<br />

dei diritti politici.<br />

Oligarchie di partito<br />

e negata libertà<br />

di associazione<br />

Nel momento in cui i partiti - con la sola eccezione<br />

dei Radicali - inseriscono nel proprio statuto il<br />

divieto di iscrizione ad altre formazioni politiche,<br />

di fatto eliminano il diritto costituzionale alla libertà<br />

di associazione.<br />

Il processo di partecipazione democratica è ulteriormente<br />

limitato attraverso la promulgazione di<br />

leggi elettorali che consentono alle oligarchie di<br />

partito di nominare i candidati che saranno eletti<br />

grazie a liste bloccate senza preferenze. Contemplando<br />

la compatibilità di incarichi istituzionali<br />

con incarichi di responsabilità politica nel partito,<br />

inoltre, i partiti portano gli eletti a rispondere innanzi<br />

tutto al partito prima ancora che al popolo<br />

elettore, disattendendo così quanto stabilito dall’articolo<br />

67 della Costituzione che recita: “Ogni<br />

membro del Parlamento rappresenta la Nazione<br />

ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.<br />

L’introduzione nel 1974 (Legge n. 195) di finanziamenti<br />

pubblici ai partiti come pura elargizione<br />

istituzionalizza, a carico dello Stato, il sostentamento<br />

delle strutture dei partiti piuttosto che il sostegno<br />

all’iniziativa politica. Tale legge riconosce i<br />

contributi ai partiti rappresentati in Parlamento,<br />

penalizzando quindi le nuove formazioni politiche<br />

e la partecipazione all’interno dei partiti che, dotati<br />

di ingenti risorse pubbliche, rafforzano l’apparato<br />

burocratico divenendo sempre più oligarchici.<br />

La giustificazione data per l’istituzione dei finanziamenti<br />

pubblici ai partiti, a fronte degli scandali<br />

per tangenti emersi nel 1965 con il caso Trabucchi<br />

e nel 1973 con lo scandalo petroli, era rassicurare<br />

l’opinione pubblica che il sostegno dello Stato<br />

avrebbe risolto le esigenze finanziarie dei partiti organizzati,<br />

stroncando la corruzione e la collusione<br />

con i grandi interessi economici. La legge viene approvata<br />

in soli 16 giorni con il consenso di tutti i<br />

partiti, fatta eccezione per i liberali.<br />

Gli scandali degli anni successivi (caso Lokheed,<br />

Sindona e altri) dimostrano che la legge non ha<br />

avuto alcun effetto moralizzatore.<br />

Referendum<br />

del 1978<br />

L’11 giugno 1978 gli elettori sono chiamati al voto<br />

sul referendum proposto dai Radicali per l’abrogazione<br />

della Legge 195/74. I partiti che invitano<br />

a votare “No” rappresentano il 97% dei voti e i Radicali<br />

l’1,1. Il referendum non passa, ma la percentuale<br />

dei voti favorevoli è molto alta, il 43,6%. I<br />

promotori del referendum abrogativo del finanziamento<br />

pubblico ai partiti sostengono che lo Stato<br />

deve favorire tutti i cittadini attraverso i servizi, le<br />

sedi, le tipografie, la carta a basso costo e quanto<br />

necessario per “fare politica”, non per garantire le<br />

strutture e gli appartati di partito, che devono essere<br />

autofinanziati dagli iscritti e dai simpatizzanti.<br />

Il sistema dei partiti continua a ignorare l’orientamento<br />

prevalente dell’opinione pubblica e del loro<br />

stesso elettorato e nel 1980 tenta il raddoppio

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