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EDIZIONE STRAORDINARIA - Radio Radicale

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26<br />

AGENDA COSCIONI - <strong>EDIZIONE</strong> <strong>STRAORDINARIA</strong><br />

CAPITOLO 12<br />

Il “caso” dei plenum<br />

mancanti<br />

All’inizio degli anni 2000, due violazioni della Costituzione minano il funzionamento<br />

di organi costituzionali di primaria importanza. Il primo grave vulnus riguarda la<br />

mancata elezione da parte del Parlamento, per 17 mesi, dei giudici costituzionali di<br />

sua spettanza. Il secondo è costituito dal mancato plenum della Camera dei<br />

deputati nella XIV legislatura.<br />

Corte costituzionale<br />

La Costituzione (articolo 135) è tassativa nel fissare<br />

in 15 i membri di cui si compone la Corte<br />

costituzionale. Accade invece che la Consulta<br />

operi e deliberi con soli 13 membri e, quindi, in<br />

assenza del plenum costituzionale dal 21 novembre<br />

2000 al 24 aprile 2002, da quando cioè scadono<br />

il mandato del presidente Cesare Mirabelli e<br />

del vice-presidente Francesco Guizzi.<br />

E’ al Parlamento, in seduta comune, che spetta di<br />

reintegrare il plenum. Per l'elezione è richiesta la<br />

maggioranza dei due terzi dei componenti dell'Assemblea<br />

per i primi due scrutini; la maggioranza<br />

dei tre quinti a partire dal quarto scrutinio.<br />

Il Parlamento si riunisce ben 19 volte, ma ogni<br />

tentativo naufraga sull’impossibilità di trovare un<br />

accordo tra i partiti e le coalizioni. Solo il 24 aprile<br />

2002, i due giudici costituzionali sono finalmente<br />

eletti. Per ottenere questo risultato sono<br />

occorsi 7 giorni di sciopero della fame e della sete<br />

di Marco Pannella, nell’ambito di un’iniziativa<br />

nonviolenta che prosegue successivamente per il<br />

reintegro del plenum della Camera dei deputati.<br />

La storia si ripete nel 2008, quando il giudice costituzionale<br />

Romano Vaccarella si dimette il 4<br />

maggio 2007 e il plenum della Corte rimane vacante<br />

per oltre diciassette mesi. Sarà sostituito da<br />

Giuseppe Frigo, eletto giudice costituzionale il 21<br />

ottobre 2008, alla fine di una lunghissima trattativa<br />

tra i partiti e 22 votazioni del Parlamento andate<br />

a vuoto.<br />

Camera dei deputati<br />

La Costituzione<br />

(articolo 135) è<br />

tassativa nel fissare<br />

in 15 i membri di<br />

cui si compone la<br />

Corte<br />

costituzionale.<br />

Accade invece che<br />

la Consulta operi e<br />

deliberi con soli 13<br />

membri e, quindi, in<br />

assenza del<br />

plenum<br />

costituzionale dal<br />

21 novembre 2000<br />

al 24 aprile 2002.<br />

La Costituzione (articolo 56) sancisce che la Camera<br />

dei deputati sia composta da un numero fisso<br />

di 630 membri e prescrive che neppure un solo<br />

seggio resti vacante nel corso dell’intera legislatura:<br />

lo si desume dalla lettera della norma, ma anche<br />

dalla giurisprudenza costituzionale sull’ammissibilità<br />

dei referendum elettorali.<br />

La legge elettorale del 1993 prevede che l’elezione<br />

dei membri della Camera dei deputati avvenga in<br />

collegi uninominali per un numero pari al 75 per<br />

cento del totale, ma anche in circoscrizioni proporzionali<br />

(con liste plurinominali bloccate) per il restante<br />

25 per cento dei seggi. Le liste presentate dai<br />

partiti nelle circoscrizioni possono essere collegate,<br />

con un legame espresso e formale, a candidature<br />

dei collegi uninominali. All’attribuzione dei seggi<br />

per la quota proporzionale hanno diritto solo le<br />

liste che in ambito nazionale hanno ottenuto almeno<br />

il 4 per cento dei voti (soglia di sbarramento).<br />

Accade che le due più importanti coalizioni, per<br />

arginare gli effetti di un meccanismo ulteriore - che<br />

sottrae voti nella quota proporzionale alle liste collegate<br />

a un candidato risultato vincente nella quota<br />

maggioritaria - colleghino diversi candidati, nei<br />

collegi uninominali considerati vincenti, a cosiddette<br />

“liste civetta” della quota proporzionale, create<br />

ad hoc confidando nel fatto che non prenderanno<br />

parte alla ripartizione dei seggi nella quota proporzionale,<br />

non raggiungendo il quorum del 4 per<br />

cento.<br />

Nelle elezioni del 13 maggio 2001, l’utilizzo di<br />

queste liste “fantasma” crea un problema a Forza<br />

Italia, che nella quota proporzionale raccoglie il<br />

29,5 per cento dei voti su scala nazionale: i seggi<br />

assegnati sono maggiori rispetto al numero di candidati<br />

presenti nelle sue liste. La legge prevede in<br />

questo caso che i seggi per i quali non ci sono candidati,<br />

siano attribuiti ai “migliori perdenti” nei<br />

collegi uninominali collegati alla lista che ha superato<br />

lo sbarramento del 4% nella circoscrizione<br />

proporzionale, ma FI non ha candidati collegati,<br />

se non a “liste civetta” che non hanno raggiunto il<br />

quorum.<br />

A questo punto, sempre secondo la legge, i seggi<br />

non attribuiti vanno ridistribuiti alla lista stessa nella<br />

quota proporzionale, dove essa ha ottenuto i<br />

maggiori resti, naturalmente nel caso vi siano non<br />

eletti. In tal modo, 5 dei 7 candidati mancanti per<br />

FI sono recuperati nelle circoscrizioni Marche,<br />

Emilia-Romagna, Puglia e Lazio 1 (due seggi).<br />

Rimangono però ancora da attribuire due seggi e<br />

l’Ufficio centrale elettorale presso la Corte di Cassazione<br />

ripartisce fra le altre liste sopra il quorum i<br />

seggi non assegnati; cosicché, viene attribuito un<br />

seggio ulteriore ai Ds e alla Margherita. Accade<br />

quindi che “obbedendo” a questo regolamento i<br />

voti di cittadini espressi per Forza Italia servano a<br />

eleggere due parlamentari di partiti differenti e, addirittura,<br />

appartenenti alla coalizione avversaria.<br />

Ma anche questo non basta a completare il plenum<br />

della Camera, perchè 4 candidati di FI sono<br />

già proclamati eletti sia nell’uninominale, sia in<br />

una o più circoscrizioni proporzionali, mentre altri<br />

3 sono eletti in più di una circoscrizione proporzionale,<br />

situazione questa diversa da quella già<br />

“risolta” dalla Cassazione. Così in totale sono 11 i<br />

seggi “rimasti vacanti”, per i quali si devono individuare<br />

i “subentranti”.<br />

La Giunta delle elezioni della Camera è incaricata<br />

di sbrogliare la complicata matassa; trascorrono le<br />

settimane e i mesi, ma non si riesce a trovare alcuna<br />

soluzione, fino a quando Marco Pannella non<br />

solleva pubblicamente la questione con uno sciopero<br />

della fame e della sete, iniziativa che segue cronologicamente<br />

ma che è strettamente legata a quella<br />

per denunciare l’altro mancato plenum, quello<br />

della Consulta.<br />

La Camera dei deputati esce dalla sua inerzia e, il<br />

15 luglio 2002, stabilisce di mantenere definitivamente<br />

l’assenza di plenum, data la difficoltà riscontrata<br />

nell’assegnare gli 11 seggi vacanti (diventati<br />

nel frattempo 12 per la morte di un deputato di FI<br />

eletto al proporzionale). Lo stato di illegalità permane,<br />

ma almeno lo si riconosce ufficialmente, e si<br />

prende atto formalmente che non si è in grado di<br />

risolverlo.

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